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    La denuncia di Carreno: “Sono sicuro che il mio grave infortunio derivi dalle palle che usiamo”

    Pablo Carreno

    Pablo Carreno rientra sul tour Challenger dopo uno stop di 9 mesi e accusa chiaramente le condizioni di gioco e in particolare le palle adottate e il loro cambio continuo per il grave infortunio al gomito che l’ha tenuto fuori per tutta la stagione. Il nativo di Gijon infatti dopo un’estate 2022 super, sfociata con la splendida vittoria al Masters 1000 canadese, ha iniziato ad accusare seri problemi al gomito lo scorso novembre durante la Coppa Davis che l’hanno forzato prima a una preparazione invernale modesta, quindi a vero calvario nei primi tornei dell’anno. Una sola vittoria in tre tornei giocati, quindi la decisione di fermarsi dopo la brutta sconfitta rimediata al Challenger di Alicante da Pedro Martinez. È iniziato così per lui un anno nerissimo, che ha raccontato ai media spagnoli nel corso del Challenger di Malaga. Chiara la sua accusa: il suo grave infortunio dipende dalle palle, già aspramente criticate da quasi tutti i giocatori.
    “È un anno complicato, a parte questo, non sono rimasto mai del tutto fermo” racconta Carreno. “Ho continuato ad allenarmi, cercando di recuperare. A volte sono stato fermo, ma non per più di quattro settimane. Mi stavo riprendendo e sembrava che le cose si fossero messe nel verso giusto, ma poi il gomito è peggiorato e mi sono dovuto fermare di nuovo, quindi sono tornato di nuovo in campo in allenamento… È stata particolarmente dura a livello mentale perché più di una volta mi sentivo quasi pronto a tornare, e invece non ce l’ho fatta. Ho provato a tornare a Indian Wells, poi a Madrid, poi a Winston-Salem, e alla fine è stato la settimana scorsa (Challenger di Alicante, ndr)”.
    Pablo è tornato, ma il dolore continua a perseguitarlo, anche se meno intenso: “Sì, mi dà fastidio, soprattutto quando finisco di giocare, col riposo va meglio. Per ora sembra che il dolore sia sotto controllo. Dovrò convivere con il dolore almeno per un po’ e spero di gestirlo e che alla fine scompaia”.
    Ecco l’attacco diretto e senza mezzi termini alle palle usate nei tornei: “Sono sicuro che le palle siano la causa del mio infortunio. Ad esempio, prima del Roland Garros mi stavo allenando con alcune palline all’Accademia per riprendermi dall’infortunio e tutto stava andando bene, stavo giocando dei set e le cose erano ok. Quindi sono passato alle palline del Roland Garros per iniziare ad allenarmi con le condizioni da torneo e dopo 20 minuti mi sono dovuto fermare di nuovo perché il gomito era in fiamme. È chiaro che le palle sono molto diverse e il continuo cambio di palle ha un’influenza. La settimana scorsa abbiamo giocato con un marchio, questa settimana stiamo giocando con un altro… Nel circuito Challenger è ancora peggio, perché se ne cambiano di più, ma anche sull’ATP tour si cambiano troppe palle. Non facciamo nemmeno due tornei praticamente uguali. Nello stesso tour australiano o su terra battuta puoi cambiare la marca delle palline. Sia la palla adottata che il loro continuo cambio provocano infortuni“.
    Carreno non trova granché di positivo in quest’annata davvero sfortunata: “Aspetti positivi? Direi niente. Forse a livello personale ho avuto più tempo per me stesso, per stare con la mia famiglia, con mia moglie. La verità è che è stato un anno molto complicato con pochissime cose positive. Tanti anni fa ho avuto un infortunio molto grave alla schiena, prima di diventare un professionista, avevo solo 19 anni. Ora ne ho 32 ed è chiaro che non sono allo stesso punto della mia carriera. Forse ora ti aiuta un po’ a capire che il tennis non è l’unica cosa nella vita. Quando avevo 19 anni il mio unico obiettivo era tornare a gareggiare, giocare ancora ad ogni costo. Ora la visione che ho è diversa. La mia priorità è recuperare bene piuttosto di tornare il prima possibile”.
    Dopo Medvedev, Tsitsipas, Fritz e tantissimi altri giocatori che da mesi si lamentano per queste palle pesanti, che si “ingrossano” dopo pochi scambi e diventano difficili da controllare e dure da spingere, adesso anche Carreno passa all’attacco e lo fa con accuse chiare e dirette. Alcuni addetti ai lavori negli scorsi mesi si sono “divertiti” in alcuni tornei a postare sui social due palle da gara, una accanto all’altra, la prima appena tolta dal tubo, vergine; la seconda fuoriuscita dal campo dopo pochi minuti di palleggi. Beh, le condizioni della seconda erano impietose, come se fosse stata maltratta in ogni modo. L’aspetto più “grottesco” della situazione è che non si trovi il modo di porre un rimedio. Tutti si lamentano, il gioco è diventato troppo duro, imperano scambi di potenza che penalizzano non solo lo spettacolo ma soprattutto le articolazioni e muscoli degli atleti. È così complicato fare un passo indietro e tornare a palle più durevoli, meno dure e pesanti? 
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    Sinner traccia gli obiettivi: “Ho lavorato bene dopo US Open. Non mi interessano paragoni col passato, la sfida è con me stesso”

    Jannik Sinner, n.4 del ranking ATP (foto Getty Images)

    Jannik Sinner è appena arrivato a Shanghai con un volo interno alla Cina, attorniato anche dagli appassionati locali che l’hanno riconosciuto e fermato per molte foto condivise sui social. Il nuovo n.4 al mondo piace, diverte, è un personaggio assolutamente positivo che appassiona in tutto il mondo. La stampa internazionale ha celebrato ieri e oggi la grande vittoria al 500 di Pechino, “apre nuovi orizzonti all’italiano e nel 2024 per lui il limite è solo il cielo” scrive il bravo collega statunitense Chris Oddo.
    Intervistato dal Corriere della Sera, Jannik ha parlato della sua bella vittoria restando assolutamente con i piedi per terra, ed evitando – con classe – di tornare sulle sterili polemiche del post Davis. Un periodo che Sinner ha speso in silenzio, a lavorare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non solo per il grandissimo risultato ottenuto battendo uno dopo l’altro il n.2 e 3 del mondo – Alcaraz e Medvedev – ma soprattutto per il suo tennis ancor più aggressivo, incisivo e spettacolare. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista, i più salienti.
    “Del successo di Pechino vado fiero del modo in cui sono stato in campo. I primi due giorni in Cina non mi sentivo bene per niente, poi i problemi con Evans, un po’ meglio con Nishioka, il vomito con Dimitrov. Ho saputo superare le difficoltà, con Alcaraz e Medvedev stavo finalmente bene. Ho imparato dagli errori e mi sono piaciuto” racconta Jannik. “Errori? Quelli commessi all’Open Usa e prima, quando ho vinto il Master 1000 di Toronto e subito dopo sono uscito al primo turno a Cincinnati. Per me è importante non ripeterli. A Shanghai cercherò di vincere almeno un match…”.
    “Le Finals sono l’obiettivo della stagione, ci siamo quasi. Con il lavoro di quest’anno siamo già avanti, poi ci sarà l’investimento sul 2024. Ci vuole equilibrio, nel tennis. La settimana positiva di Pechino può aprirmi altre porte”.
    Capitolo polemiche Davis, Sinner risponde così: “Non so se ho voglia di parlare di questo però sì, sono contento di come mi sono allenato dopo l’Open Usa. Non è che in due settimane ti inventi niente, eh, voi il lavoro non lo vedete ma c’è: giornate lunghissime, tra campo e palestra, io mi sento bene solo se alla fine sono stanco morto, perché vuol dire che mi sono allenato nel modo giusto. Vincere un torneo non cambia la vita ma convalida la bontà di quello che fai. Ho provato cose nuove e servito una percentuale più alta, ma non basta. E non significa che servirò sempre così. La scelta di non andare in Davis alla fine serviva a quello, la programmazione si fa in base agli obiettivi. La differenza che avverto ancora è fisica: i miei movimenti in campo possono migliorare, volée, servizio, tutto può crescere. Non sono arrivato al picco, proprio no“.
    N.4 del ranking, uguagliato Panatta: “La storia la conosco, però andare oltre i risultati degli altri non mi dice niente. Non mi interessano i paragoni con il passato, cioè: voglio diventare forte io, Jannik Sinner, la sfida è con me stesso e la storia la costruisco per me, per nessun altro. Mi interessa condividere questi momenti con le persone che credono in me, i miei parenti e il mio staff. Solo questo conta. Poi vedremo quanto oltre i miei limiti riuscirò a spingermi”.
    Molto interessante la risposta seguente, sul miglioramento continuo e la conoscenza di se stesso, obiettivo superiore anche al battere Djokovic: “Sono impegnato a conoscere il mio cervello, ma serve tempo. Mi interessa capire il 100% di come funziona il mio, soprattutto nelle difficoltà, quando sono stanco o nervoso. Le settimane dopo New York le ho investite anche sulla mia testa e a Pechino spero si sia notato. A Montecarlo lavoro con Formula Medicine: è un modo diverso di allenare la mente. Proverò a riprodurre il modello a Shanghai, che sarà un test importante, sperando che Pechino non sia stato solo un caso!
    Risposte lucide, coerenti e di alto profilo, che raccontano alla perfezione come Sinner sia una persona di livello, consapevole delle sue forze e debolezze, pronto a dare tutto in campo e palestra per raggiungere grandi obiettivi. Non superare altri, ma superare se stesso.
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    Ruud e il “muro” top3

    Casper Ruud (foto Getty Images)

    Casper Ruud sta vivendo una stagione fatta di alti e bassi, decisamente inferiore alla sua straordinaria annata 2022. Un solo titolo vinto (Estoril), una grande finale giocata (Parigi) e conseguente un calo in classifica, attualmente n.9, mentre 12 mesi fa era addirittura al secondo posto del ranking. Il norvegese lo scorso anno alzò tre trofei, ma soprattutto disputò le finali di Roland Garros, Miami, Finals di Torino e US Open, torneo che quest’ultimo che lo portò a una partita dal diventare n.1 al mondo. Non ce la fece, battuto in finale da Carlos Alcaraz (divenne lo spagnolo n.1). Una carriera di grande livello che potremmo definire – finora – “a un passo da…”.
    Restano risultati notevoli, figli di un tennis terribilmente consistente ed efficace ma anche faticoso, e con una sensazione netta: a Casper sembra sempre mancare qualcosa per battere i migliori. Infatti Ruud, anche quello del 2022, è fortissimo contro i tennisti di classifica inferiore ma stenta ad imporsi quando di fronte c’è un vero campione. Tutto sembra legato alla mancanza nel suo gioco di un’arma “letale”, un colpo con il quale può fare la differenza senza affidarsi a quel pressing costante che i big riescono a gestire.
    C’è un dato statistico rilevato dal collega argentino Lautaro Miranda che conferma la difficoltà di Ruud contro i più forti. Il norvegese in carriera ha disputato 11 partite contro un tennista classificato in quel momento tra i primi 3 giocatori al mondo: le ha perse tutte e non ha mai vinto nemmeno un set. Un dato sorprendente vista la forza e costanza di Ruud, ma che certifica come il vertice del tennis al momento resti un “muro” per lui invalicabile.
    Questa la lista dei giocatori top3 affrontati da Ruud, con altrettante nette sconfitte:
    Federer – (Roland Garros 2019)Djokovic – (Roma 2020, ATP Finals 2021, Roma 2022, Roland Garros 2023)Thiem – (Roland Garros 2020)Medvedev – (Maiorca 2021, ATP Finals 2021)Tsitsipas – (Toronto 2021)Nadal – (ATP Finals 2022)Alcaraz – (Pechino 2023)
    Soluzioni? Non facili… Casper è un grande atleta, bravissimo a lavorare su ogni aspetto del suo gioco per alzare il livello e arrivare tra migliori, dove merita assolutamente di stare. Sembra complicato fare un ulteriore salto di qualità insistendo solo sulla costanza e intensità, probabilmente la strada maestra potrebbe essere quella di inserire nel suo gioco schemi un po’ più offensivi, per sorprendere gli avversari e avere un piano B quando la sola grande pressione non riesce a stroncare la resistenza del big di turno. Un percorso non facile, ma vista la sua professionalità e voglia di vincere, è molto probabile che provi a cambiare qualcosa per rilanciarsi.
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    Il record storico di Jannik Sinner per il tennis italiano

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    Superlativo, dominante, fortissimo. Un Jannik Sinner sontuoso ha demolito il nipponico Nishioka negli ottavi di finale del China Open, volando nei quarti del 500 cinese. Numeri straordinari per l’azzurro nel match, ma sono ben altri i numeri che esaltano l’annata e il tennis del grande talento altoatesino.
    Quella contro Yoshihito è stata la vittoria n.30 in stagione sui campi in sintetico e il 12esimo approdo nei quarti di finale nel 2023. Il secondo set vinto per 6-0 è quarto “bagel” inflitto nell’anno a un avversario (terzo sul cemento).
    Un altro dato è ancor più impressionante, e davvero storico. Quella di oggi a Pechino è la sua vittoria n.46 in stagione (a fronte di 13 sconfitte). Per il terzo anno consecutivo (2021, 2022 e 2023) Jannik ha vinto almeno 45 match all’anno, mai nessun tennista italiano nell’Era Open era riuscito a vincere così tanti match per tre anni di fila. Segnale evidente di qualità e continuità di prestazione.

    Match point 👇Y. Nishioka vs. J. Sinner – Beijing#tennis pic.twitter.com/wgnr8t4MdN
    — SuperTennis TV (@SuperTennisTv) October 1, 2023

    Nella classifica live, Sinner ha 4465 punti al settimo posto, mentre Rublev (già eliminato a Pechino) è a 4515. Solo 50 punti di differenza, Se Jannik approderà in semifinale nel torneo cinese, con i 180 punti guadagnati (altri 90 rispetto agli attuali) sarà sicuro di superare il russo e tornare al n.6, suo best ranking toccato lo scorso 14 agosto.
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    Schwartzman, crisi senza fine

    Diego Schwartzman (foto Getty Images)

    Per chi ha ancora negli occhi l’eccezionale prestazione di Schwartzman agli Internazionali d’Italia 2020, quando sconfisse niente di meno che El Rey Rafa Nadal sull’amato rosso, o tante altre splendide vittorie dell’argentino, è incredibile constatare la crisi nerissima nella quale Diego è sprofondato da molti mesi. Il 31enne albiceleste ha perso all’esordio anche a Pechino, battuto da Zverev. Un pessimo avversario per iniziare un torneo, ma Schwartzman si è fermato al primo turno quest’anno per ben 15 volte. Sommando anche i suoi ultimi 4 tornei del 2022 (tutte sconfitte all’esordio), sono ben 19 le “grandi L” subite nel primo match dei suoi ultimi 28 eventi disputati. Davvero una miseria per un giocatore che grazie a due gambe formidabili e tanta intensità è stato in grado battere i migliori giocatori, issarsi al n.8 del ranking ATP e vincere 4 tornei.
    Attualmente è al n.133 della classifica mondiale. Il nativo di Baires è sprofondato in una crisi così profonda, sia tecnica che di fiducia, che non sarà per lui affatto facile uscirne e ritrovare una condizione accettabile, degna del suo ottimo talento. Ha certamente fatto molta fatica ad arrivare nel grande tennis, c’è una parte di usura fisica e mentale importante, ma è davvero singolare assistere ad un crollo così fragoroso in soli 18 mesi.
    È uscito all’esordio nei tornei di Tel Aviv, Anversa, Vienna, Parigi Bercy, Auckland, Cordoba, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, Phoenix, Estoril, Madrid, Cagliari, Roma, Lione, Washington, New York, Zhuhai e Pechino. Il miglior risultato del “Peque” nel 2023 è stato il terzo round del Roland Garros, dove ha perso contro il greco Stefanos Tsitsipas. Il suo bilancio è un misero 9-22.
    Nel ranking dello scorso 3 ottobre era n.17, e dal marzo 2018 a fine 2022 era sempre stato tra i migliori 25 al mondo. In più interviste, già dallo scorso autunno, ha parlato dei suoi problemi e soprattutto della terribile frustrazione per l’incapacità di invertire la rotta, nonostante a suo dire non abbia affatto diminuito intensità e qualità del lavoro. Afferma di giocare ancora un buonissimo tennis in allenamento, ma in partita niente funziona.
    È di pochi giorni fa la notizia della rottura del rapporto di collaborazione con il suo allenatore, il connazionale Juan Ignacio Chela. In precedenza, a New York, aveva tracciato un bilancio durissimo della sua situazione, dopo l’ennesima battuta d’arresto al primo turno contro il francese Arthur Rinderknech. “Provo sentimenti molto brutti, in tutti i sensi: nel tennis, nella concentrazione, nell’atteggiamento. Negli Slam dove di solito trovo buon gioco sono stato scandaloso, qua la mia peggior partita. È un brutto anno e questa partita è stata coerente con la stagione”, ha affermato con brutale franchezza al magazine argentino El Grafico. “Mi è davvero difficile ritrovare buone sensazioni. L’anno è brutto, ho perso molte posizioni in classifica e non mancano più molti tornei per invertire la rotta. Speri sempre di scendere in campo e fare clic, riaccendere la luce e sentirti di nuovo bene in partita, ma oggi come negli altri eventi ha vinto la frustrazione. Se scendo in campo con un atteggiamento negativo, si complica tutto”. Un’analisi davvero franca e dura della propria situazione, che gli fa onore ma che non lascia affatto tranquilli per il suo futuro sportivo.
    Diego ha raccontato in passato la sua storia travagliata, i tanti problemi economici che l’hanno fatto esplodere tardi. La sua famiglia fu colpita duramente dalla crisi economica, che coincide con l’infanzia del tennista. Gli Schwartzman, membri della buona borghesia della capitale, attivi in vari settori commerciali, persero tutto e tirare avanti divenne difficile, ancor più sostenere il sogno sportivo del piccolo Diego. La madre Silvana ha sempre creduto nella carriera del figlio, ha fatto grandi sacrifici ed economie su tutto, arrivando a produrre e vendere braccialetti di gomma durante le partite del figlio. “Erano due competizioni in una” ha raccontato El Peque al sito ATP, “Quando impari a vincerle entrambe, salvare una palla break o un match point è più facile”. Pochi soldi, e tanti che gli consigliavano di smettere vista la bassa statura. Niente, Dieguito è stato più forte di ogni difficoltà, e possiamo dire ce l’ha fatta. Anche per questo spiace oggi ritrovare un ragazzo così corretto e con una storia così complessa in una crisi così profonda. Animo Diego!
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    ATP 500 Pechino: Arnaldi domina Wolf, eccellente prestazione dell’azzurro

    Matteo Arnaldi (foto Getty Images)

    Personalità, qualità tecnica e fisica, lucidità nel trovare la giocata corretta per la situazione in campo senza esagerare, con misura e sostanza. Quanto piace e convince il tennis di Matteo Arnaldi, autore di un’altra prestazione maiuscola all’ATP 500 di Pechino, dove all’esordio ha demolito JJ Wolf con un secco 6-2 6-2 che ben spiega la nettissima differenza tra i due giocatori nel corso del match. L’azzurro ha condotto la partita con un tennis pratico, razionale e molto efficace, giocando alla perfezione i suoi turni di servizio – non ha concesso alcuna palla break e solo 9 punti complessivi al rivale – e strappando ben 4 break in risposta. È stato perfetto nel contenere le sfuriate del 24enne di Cincinnati, non regalando niente e portandolo spesso a colpire da posizioni scomode, provocandone i troppi errori. Wolf ha provato all’avvio ad aprire gli angoli e muovere Matteo, ma l’azzurro è andato “a nozze” con quel tipo di gioco, bravo ad anticipare i colpi e quindi spostare a sua volta l’americano, mettendolo in grave difficoltà viste le sue modeste doti difensive. Troppa fretta e pochissima misura nell’accelerare la palla hanno condannato JJ a una pesante sconfitta.
    Di partita ce n’è stata davvero poca, perché fin dalle prime battute si è intuito la nette differenza di solidità ed efficacia tra i due. Wolf è il classico “colpitore” da cemento: se trova la giornata in cui sente bene la palla e può colpire da fermo, dal centro del campo, e soprattutto prende ritmo con la prima di servizio, può essere un tennista scomodo da affrontare. Forte di buoni turni di servizio, si mette a sparare a tutta in risposta e, se gli stanno in campo, può diventare pericoloso. Purtroppo per lui, il suo castello tecnico-tattico si è sgretolato come sabbia al vento, il vento del tennis terribilmente efficace e risoluto di Arnaldi. Wolf ha servizio male (solo il 50% di prime in campo) e soprattutto sulla seconda di servizio è stato assai negativo. Oltre al servizio, ha fatto pochissimo in risposta, vinto la miseria di 4 punti contro la prima di Matteo e solo 5 sulla seconda, praticamente niente.

    Early candidate for shot of the week in Beijing pic.twitter.com/kT6Bff5j61
    — José Morgado (@josemorgado) September 28, 2023

    Ma c’è stato molto di più del rendimento sui colpi d’inizio gioco a condannare l’americano. Arnaldi è stato nettamente superiore nello scambio, rapido nell’arrivare bene sulla palla, anche sulle accelerazioni angolate di Wolf, e rigiocare colpi che hanno mandato all’aria l’avversario, incapace di scattare rapido col primo passo e trovare una corretta distanza per colpire in sicurezza. Ha sparacchiato tanto e male lo statunitense, troppi errori (10) a fronte di soli 8 vincenti. Matteo invece ha chiuso con 22 winner e 9 errori, altro dato eccellente, che si aggiunge al 61% di punti vinti sulla seconda dello statunitense e il 75% di punti vinti sulla propria seconda di servizio. Arnaldi ha dominato il match, è stato lucido, pratico, sbagliato pochissimo con massimo rendimento in ogni suo colpo. Troppo falloso e fragile il rivale, ma il merito in gran parte della prestazione così sicura ed efficace dell’azzurro.
    Al prossimo turno Arnaldi aspetta il vincente di Jarry vs. Tsitsipas, sarà tutt’altra partita, una bella sfida in ogni caso. La sensazione è che dovremo abituarci a commentare prestazioni di questo livello, intelligenza e sostanza da parte di “Arna”. Più lo vedo giocare, più sono convinto che Matteo si stia rendendo conto, match dopo match, di quanto sia forte… Una consapevolezza che lo porterà molto, molto in alto.
    Marco Mazzoni

    La cronaca
    Il match inizia con Wolf al servizio. L’americano è super aggressivo, serve forte e spinge a tutta fin dai primissimi punti. A 15 muove lo score. Ottimo anche il primo game di battuta di Arnaldi, tiene in mano l’iniziativa accelerando bene col diritto, 1 pari. Lo schema di Wolf è chiaro: dal centro del campo fa correre l’azzurro, una palla destra e la seguente a sinistra, apre molto gli angoli. Sul 40-30 nel terzo game arriva una magia di “Arna”: prova la smorzata, JJ ci arriva e spara un diritto che supera Matteo, bravo a mettere la racchetta dietro la schiena e rimandare la palla di là a campo aperto. Un successivo errore dello statunitense regala all’italiano la prima palla break del match. Non passa la palla corta di Wolf, BREAK Arnaldi, 2-1 e servizio. Molto bene Matteo in quest’avvio, i suoi colpi sono precisi, profondi, è rapidissimo nell’arrivare coi piedi sulla palla e comandare lo scambio, 3-1. Appena Wolf perde il comando nello scambio i suoi limiti di mobilità sono evidenti, gli manca la rapidità per fare il primo passo sulla palla, soprattutto sul lato sinistro. Arnaldi è perfetto al servizio, con una stop volley perfetta chiude un altro game a zero per il 4-2. In tre turni di servizio non ha ancora perso un punto, 12-0 (5 con la prima, 7 con la seconda dato questo eccezionale). Nel settimo game sul 30 pari Wolf commette un doppio fallo, troppa rotazione nell’effetto “kick” la palla scappa lunga ed è di nuovo palla break per l’azzurro. Se la gioca in modo chirurgico Matteo: risposta cross di rovescio, quindi altro rovescio ancor più stretto e carico di spin, Wolf arriva scomposto e cerca un improbabile accelerazione lungo linea che nemmeno trova il corridoio. Doppio BREAK Arnaldi, 5-2 e servizio. Fantastico Matteo, chiude 6-2 un set dominato, nel quale ha perso il primo punto al servizio sul 40-0. Tutto ha funzionato bene nel suo tennis, in spinta e nella copertura del campo, ha comandato il gioco con colpi rapidi, profondi, incisivi, mettendo a nudo i punti deboli dell’americano, gran colpitore ma con poca qualità in difesa. 40% di prime palle in campo per JJ, troppo poche.
    Secondo set, Wolf inizia alla battuta. Non un game comodo, sul 30 pari è costretto spingere al massimo, anche sul net, per sbaragliare l’ottima difesa di Arnaldi. Troppi errori in spinta del 24enne di Cincinnati, consapevole di non reggere una gara di corsa con il ligure, prende troppi rischi. Un altro diritto sparacchiato via con troppa fretta gli costa un’immediata palla break. La salva Wolf buttandosi a rete al termine di uno scambio prolungato. Uno smash malamente tirato lungo (col sole in faccia) costa a JJ un’altra palla break. Niente, è davvero impreciso col diritto d’attacco, tanta fretta nel trovare il vincente. L’americano concede il BREAK che manda avanti l’azzurro 1-0 e servizio. Dopo 50 minuti di tennis perfetto, arrivano le prime sbavature di “Arna”, un regalo col diritto e un doppio fallo. Rimonta bene da un pericoloso 15-30, ritrovando precisione, per il 2-0. Wolf continua ad alternare grandi accelerazioni e brutti errori. L’ennesimo disastro di tocco sul net ai vantaggi gli costa un’altra palla break. Stavolta JJ se la gioca con più cautela, attacco con margine e volée sicura a chiudere. Gli è fatale la seconda PB, stavolta è il diritto a tradirlo, una scudisciata sparata a mezza rete con zero equilibrio. Arnaldi ringrazia e vola avanti 3-0 con DUE BREAK, il match sembra già in ghiaccio, anche perché l’azzurro nei suoi game è una macchina, colpisce con anticipo e accuratezza, comanda ma senza rischiare troppo. Un Ace e un doppio fallo, ma soprattutto un’altra splendida accelerazione di rovescio cross che Wolf guarda sfilare vincente, senza nemmeno provarci. 4-0 Arnaldi. Il match scorre senza altri sussulti fino al termine. Matteo serve per chiudere sul 5-2, con un altro ottimo turno di servizio, senza alcun patema, chiude l’incontro e vola al secondo turno, dove attende il cileno Jarry o Tsitsipas. Bravo Matteo!

    [Q] Matteo Arnaldi vs [Q] J.J. Wolf ATP Beijing Matteo Arnaldi66 J.J. Wolf22 Vincitore: Arnaldi ServizioSvolgimentoSet 2M. Arnaldi 15-0 15-15 30-15 40-15 40-305-2 → 6-2J. Wolf 0-15 15-15 30-15 40-15 40-305-1 → 5-2M. Arnaldi 15-0 30-0 30-15 40-154-1 → 5-1J. Wolf 0-15 15-15 30-15 40-154-0 → 4-1M. Arnaldi 15-0 15-15 30-15 ace 40-15 40-30 df3-0 → 4-0J. Wolf 0-15 15-15 ace 30-15 ace 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A2-0 → 3-0M. Arnaldi 0-15 15-15 15-30 df 30-30 40-301-0 → 2-0J. Wolf 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A0-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 1M. Arnaldi 15-0 ace 30-0 40-0 40-15 40-305-2 → 6-2J. Wolf 15-0 30-0 30-15 30-30 30-40 df4-2 → 5-2M. Arnaldi 15-0 30-0 ace 40-03-2 → 4-2J. Wolf 0-15 15-15 30-15 40-15 40-303-1 → 3-2M. Arnaldi 15-0 30-0 40-02-1 → 3-1J. Wolf 0-15 15-15 30-15 30-30 40-30 ace 40-40 40-A1-1 → 2-1M. Arnaldi 15-0 30-0 40-00-1 → 1-1J. Wolf 15-0 30-0 40-0 40-150-0 → 0-1
    !DOCTYPE html >Statistiche Partita Tennis: Arnaldi vs Wolf

    Statistiche
    Arnaldi
    Wolf

    Aces
    4
    3

    Double Faults
    3
    1

    First Serve
    21/41 (51%)
    28/56 (50%)

    1st Serve Points Won
    17/21 (81%)
    18/28 (64%)

    2nd Serve Points Won
    15/20 (75%)
    11/28 (39%)

    Break Points Saved
    0/0 (0%)
    2/6 (33%)

    Service Games Played
    8
    8

    Return Rating
    213
    44

    1st Serve Return Points Won
    10/28 (36%)
    4/21 (19%)

    2nd Serve Return Points Won
    17/28 (61%)
    5/20 (25%)

    Break Points Converted
    4/6 (67%)
    0/0 (0%)

    Return Games Played
    8
    8

    Net Points Won
    6/8 (75%)
    6/13 (46%)

    Winners
    22
    8

    Unforced Errors
    9
    10

    Service Points Won
    32/41 (78%)
    29/56 (52%)

    Return Points Won
    27/56 (48%)
    9/41 (22%)

    Total Points Won
    59/97 (61%)
    38/97 (39%)

    Max Speed
    207 km/h128 mph
    218 km/h135 mph

    1st Serve Average Speed
    186 km/h115 mph
    181 km/h112 mph

    2nd Serve Average Speed
    151 km/h93 mph
    139 km/h86 mph LEGGI TUTTO

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    Laver Cup, “anno zero”

    Rod Laver insieme ad alcuni dei protagonisti a Vancouver

    Discussa, seguita, amata, osteggiata. Da alcuni esaltata. Si è detto e scritto di tutto e di più sulla Laver Cup, esibizione creata dal team manageriale di Roger Federer nel 2017 e giunta quest’anno alla sua sesta edizione, in scena da questa sera a Vancouver, ma di sicuro l’evento che segna l’inizio dell’autunno non lascia indifferente il mondo della racchetta. Nonostante lo scetticismo di molti – giustificatissimo – la Laver Cup ha riscosso anno dopo anno un successo enorme, crescente. Lo dicono gli ascolti in tv, tra i più alti registrati dai broadcaster di tutto il mondo; lo conferma il botteghino, con biglietti pagati a peso d’oro praticamente sold out settimane (a volte mesi) prima dell’evento, nonostante prezzi esagerati per una “esibizione”. La portata della manifestazione ha finito per dargli pure un posto ufficiale nel calendario ATP, pur non assegnando punti. Fu a suo tempo una corta di certificazione, tutt’altro che scontata.
    Laver Cup è sinonimo di Roger, colui che ha pensato che sarebbe stato bello ricreare anche nel tennis una sorta du Ryder Cup, uno dei massimi eventi della stagione del golf, con un team europeo che sfida in una tre giorni di gare quello del resto del mondo. Affare questo ancor più centrato in un’epoca moderna dominata dai giocatori europei (l’ultimo vincitore Slam non nato nel vecchio continente è Del Potro, anno 2009…). La potenza del “marchio” Federer è stata sicuramente decisiva ad imporre un’esibizione che ha un senso logico, copiando un altro evento di enorme tradizione e successo, ma non è stato solo questo ad essere la sua fortuna. Vari sono infatti i suoi punti di forza: 1) un formato eccellente, innovativo, che punta sull’aspetto squadra per creare show. La Davis è (anzi, era…) la massima manifestazione a squadre, ma… “che figata” vedere Roger e Rafa che esultano insieme, giocano il doppio insieme, danno consigli a Tsitsipas, Berrettini o Zverev. Non c’è un altro momento dell’anno in cui puoi vedere questo. 2) bellissimo il campo, le luci, le grafiche, l’atmosfera. Ha fatto scuola, copiato da lì a poco da molti. Con quel già iconico campo di colore quasi nero, da late-show. Chi ha studiato visivamente l’evento, è da Oscar. 3) le vagante di dollari investiti, anche da sponsor che hanno fiutato il business sicuro, è aiutato non poco a tenere in piedi la baracca e coinvolgere i migliori. 4) la presenza dei migliori ha finora tenuto in vita la Laver Cup, non c’è un altro weekend in cui potevi vedere moltissimi dei giocatori più amati tutti insieme, giocando insieme, con uno spirito leggero, di squadra, a fare spettacolo in campo.
    Già, i migliori. Quest’anno, dopo il commovente addio di Federer arrivato proprio nella Laver Cup 2022 di Londra, i migliori non ci sono. C’è Roger sì, ma a far da anfitrione, uomo immagine, non ci sarà in campo (almeno questo sappiamo… che colpaccio di scena sarebbe invece ritrovarlo all’improvviso almeno in doppio… ma non credo accadrà). Che ne sarà della Laver Cup senza Roger, Rafa, Novak, Andy e via dicendo? Reggerà l’urto di un anno con ottimi giocatori, ma non esattamente le icone della disciplina? Manca pure Kyrgios, che è amato e parimenti odiato, ma lui da solo è capace di muovere lo show in un evento che sembra cucino su misura per la sua taglia.
    Ci sono tutte le idee e programmi affinché la LC vada avanti negli anni, contratti firmati, ecc. Ma… se quest’edizione che vede come star Rublev, Shelton, Auger-Aliassime, Tiafoe, Hurkacz, Ruud e Fritz fosse un flop clamoroso di presenze e soprattutto ascolti tv, sicuramente ci saranno dei ripensamenti.(Federer in campo a Vancouver alla Laver Cup in un evento per ragazzi)

    🎾 A Roger Federer comeback on the cards? Who says no? (Ok, maybe his knee says no) 😝😭
    📸 scottrintoulpro IG pic.twitter.com/USwP4FyKbd
    — Olly 🎾🇬🇧 (@Olly_Tennis_) September 21, 2023

    Ritengo che l’aspetto che più ha distinto l’evento dal resto dell’annata tennistica è il tennis stesso prodotto dai giocatori. È un’esibizione, quindi non ci sono in palio punti in classifica, quindi zero stress. Ma quando si affrontano i migliori, beh, nessuno ci sta a perdere in nome dello show… Quindi i campioni delle passate edizioni giocavano match discretamente tirati ma senza il coltello tra i denti, concedendo colpi allo spettacolo. Potevi vedere Rafa tirare dei vincenti clamorosi e fare serve and volley quasi perfetti, un Campeon meno “duro” rispetto al resto dell’anno produrre un tennis più leggero e divertente, lasciando l’ascia di guerra nel borsone ed esaltando la sua mano fatata. Idem per Nole e tutti gli altri. Si vedeva in ogni match competizione vera ma senza lacrime e sangue, e questo tennis un po’ meno estremo e muscolare è piaciuto tantissimo al pubblico, che poi tra un punto e l’altro aveva pure l’happening delle reazioni degli altri nelle panchine. Uno spettacolo, ovviamente, puro entertainment, ma la gente si è divertita e va benissimo così.
    A poche ore dall’avvio della Laver Cup c’è curiosità per scoprire se i protagonisti di quest’anno, forti ma non icone del gioco, riusciranno a ricreare le stesse emozioni e pathos delle annate scorse. Sarà un aspetto decisivo per il futuro dell’evento, perché senza divertimento e seguito, nessuna manifestazione può avere un futuro. Di sicuro gli organizzatori cercheranno per il 2025 di recuperare qualche big, e presentare i giovani che più sono seguiti e interessano, Alcaraz, Sinner, Rune, oltre Shelton che sarà a Vancouver. La loro presenza avrebbe dato alla Laver Cup 2023 tutt’altra vetrina.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Demonizzare i nostri campioni fa male solo a noi stessi

    “L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”. Così Treccani definisce la parola Cultura. Ancora: “l’idealizzazione, e nello stesso tempo la scelta consapevole, l’adozione pratica di un sistema di vita, di un costume, di un comportamento, o, anche, l’attribuzione di un particolare valore a determinate concezioni o realtà, l’acquisizione di una sensibilità e coscienza collettiva di fronte a problemi umani e sociali che non possono essere ignorati o trascurati”.
    Cultura equivale a pensiero, a riflessione. A quello che ci eleva sulle cose e ci pone come esseri sociali, consapevoli, con conseguenti comportamenti e azioni. Cultura nella vita, e Cultura Sportiva.
    Già, la Cultura Sportiva. Quanto ne avremo bisogno… a tutti i livelli, dal mondo Pro a quello di base. Lo sport può essere scuola di vita, palestra per fisico e mente. Deve esserlo, ha un valore ancor più importante in questa società così mutevole, volubile e disgregata, dove la gente si isola nelle false certezze dell’hi-tech e perde umanità. Lo sport invece aggrega, ti insegna a stare al mondo e nel mondo. Insegna comportamenti e modelli, insegna ad esser un individuo sano nel corpo e nella mente, pronto a relazionarsi e vivere le proprie azioni sociali in modo consapevole. Insegna il valore del rispetto e dei ruoli, a spingerci a dare del nostro meglio per vincere e, soprattutto, il rispetto. Insegna a vincere e deve insegnare a perdere, cosa quest’ultima ancor più importante in un contesto sociale che premia solo il migliore, dimenticando o peggio deridendo tutti gli altri.
    Perché questa introduzione sociologica su di un sito di tennis? Perché ultimamente nel nostro mondo sportivo è in corso una campagna di demonizzazione dei nostri migliori atleti, tennisti inclusi. Uno sport al contrario quello del criticare a tutti i costi, del creare casi che non esistono pur di far parlare, cliccare, discutere all’infinito sugli s-t-r-a-m-a-l-e-d-e-t-t-i social.
    Il diritto di critica è parte inviolabile della libertà personale e di stampa, sempre deve essere tutelato. È fondamentale che ci sia, altrimenti saremo in un regime. Ma… c’è un abisso tra la critica costruttiva, quella che si basa su fatti oggettivi e che porta i lettori a pensare, a farsi un’opinione, e quella che invece ha come unico scopo il demonizzare una persona senza che questa abbia realmente compiuto azioni riprovevoli, buttando in un calderone infuocato di tutto e di più pur di trovare il modo per screditare il soggetto (o i soggetti) in questione. Atleti che tra l’altro hanno “fatto il proprio dovere” (per dirla nei termini degli inquisitori) più e più volte negli anni scorsi, che hanno regalato grandi emozioni nelle rassegne più importanti delle proprie discipline, fatto sognare tifosi, raggiunto grandi risultati con lavoro, rispetto e impegno. Esempi totalmente positivi di sport e di vita. Critiche quindi pretestuose, totalmente fuori fuoco, che nuocciono non tanto al soggetto quanto all’ambiente e/o alla squadra stessa. Allo sport in toto.
    Chi opera questo tipo di campagne sbaglia doppiamente. In primis perché demonizzare qualcuno ha quasi sempre l’effetto opposto: finisci per creare nella maggior parte di chi ti legge una reazione contraria, visto che una larga fetta di chi riceve tali informazioni ha – per fortuna – una discreta capacità di pensiero e capisce immediatamente che tutto quest’ambaradan è un architettura che si regge sul nulla. Per secondo, sbaglia perché può innescare il dubbio in chi è meno attrezzato per valutare, portandolo a seguire la corrente dei colpevolisti, incancrenendo una visione già distorta di partenza e magari stimolando alcuni di loro ad armare guerre social inutili e dannose, che finiscono per amplificare una faccenda sbagliata in partenza e inquinare ancor più acque agitate. Ma c’è un errore e un problema di fondo. Quello della Cultura Sportiva.
    Perché creare delle campagne così dure contro un campione dello sport che non ha fatto praticamente niente di nuovo e soprattutto niente di male? Basta conoscere le basi dello sport per capirlo. Siamo in un mondo libero, per fortuna. Si può scegliere di cambiare rotta, allenatore, fidanzarsi con chi si ama, non sentirsi più parte di un progetto per visione diversa di principi, o disertare una competizione per mille motivi. Oltretutto in una competizione a squadre mai si perde per colpa dell’assenza di un singolo, chi ha fatto sport può confermarlo assolutamente. E perché allora montare casi, campagne di stampa e social così dure e ripetute? Non c’è cultura sportiva che possa spingere a questo, ma esattamente l’opposto. Eppure succede da tempo, sempre più spesso.
    Tornando per un secondo al nostro amato tennis e restando alla stretta attualità, i nostri amici spagnoli non hanno potuto disporre in Davis di Carlos Alcaraz la scorsa settimana, e hanno perso malamente, in casa, di fronte al proprio pubblico. Una brutta batosta. Non c’è stato un solo media nazionale che si è azzardato a criticare con durezza la scelta del n.2 del mondo. Oltre i Pirenei la faccenda è stata trattata come meritava, analizzando i perché di una sconfitta patita in campo e non per le assenze, e quelle assenze sono state ben spiegate. Questo modo di trattare le cose dimostra conoscenza dello sport e delle sue dinamiche storiche ed attuali. È rispetto della persona, è esempio di divulgazione sportiva basata su Cultura Sportiva. Tutti noi, nessuno escluso, abbiamo tanto da imparare…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO