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    Medjedovic, non solo servizio: “Sono migliorato soprattutto dal punto di vista fisico”

    Hamad Medjedovic (foto RSI)

    C’è grande interesse in Serbia (e non solo) per il giovane Hamad Medjedovic, recente vincitore delle NextGen ATP Finals in Arabia con un percorso netto. Il 20enne di Novi Pazar, attualmente n.113 del ranking ATP e non lontano dal suo best di 102 toccato lo scorso ottobre, ha impressionato nella kermesse under 21 dell’ATP per attitudine,  colpi e un servizio davvero notevole. Un tennis che lo pone come grande speranza del “post-Djokovic” nel paese balcanico.
    Il talentoso Medjedovic è sotto i fari dei riflettori fin da giovane età. Il suo primo maestro Edis Fetic si accorse ben presto di avere tra le mani un potenziale ottimo giocatore, il tempo sulla palla, la sua abilità nel gioco e nell’apprendimento erano superiori alla media. Per questo sottopose a soli 9 anni il suo giovanissimo talento agli occhi di Bogdan Obradovic, coach e soprattutto capitano della squadra serba di Coppa Davis vincente nel 2010. Obradovic rimase colpito dal bambino, tanto che da lì a poco tutto cambiò nella vita del piccolo Hamad. Accompagnato dal padre Eldin, Medjedovic si spostò a Belgrado per affinare gioco e fisico all’accademia di Obradovic. Qua attirò l’attenzione di Novak Djokovic: il n.1 decise subito che questo ragazzino meritava il massimo supporto per sostenerne il talento, tanto da decidere di aiutarlo finanziariamente e anche come mentore, con varie sessioni di allenamento insieme quando si trovava a Belgrado. Spesso Hamad si è allenato al Novak Tennis Center (ora è stato chiuso), esperienze fondamentali che l’hanno fatto crescere, fino all’approdo con il suo attuale coach Viktor Troicki, ex numero 12 al mondo.
    Il 2023 è stata un’annata di crescita per Medjedovic: ha vinto tre Challenger, ha passato le qualificazioni al Roland Garros e a Wimbledon e ha raggiunto due semifinali a livello ATP, a Gstaad e Astana. In un’intervista a Tennis Majors, Medjedovic ha tracciato la rotta che l’ha portato ad un passo dalla top 100. “Il mio più grande miglioramento quest’anno è stato dal punto di vista fisico. Passare dai Futures a Challenger e ATP richiede tutt’altra forza e resistenza, le partite sono lunghe, dure, ogni avversario è di qualità”.
    In molti match Hamad ha mostrato qualità tecniche notevoli, meno in stabilità e continuità di prestazione. Proprio su questi aspetti si sta concentrando nell’ultimo periodo, consapevole che sia il passo successivo che deve compiere: “Abbiamo lavorato esattamente su questo in ogni allenamento” confessa il serbo. “Viktor mi segue passo passo, è costantemente al mio fianco, mi ammonisce affermando che non posso permettermi di commettere errori su colpi facili. Per questo lavoriamo tanto sulle ripetizioni. C’è grande comunicazione con Viktor, ha pazienza con me”.

    Fighting 🔥 with 🔥#NextGenATPFinals pic.twitter.com/U50fAncr2w
    — Tennis TV (@TennisTV) December 2, 2023

    Troicki è rimasto soddisfatto soprattutto dalla crescita al servizio del suo pupillo. I 69 Ace tirati alle NextGen Finals sono un bottino di tutto rispetto… “Sta arrivando ad essere un tennista che può fare la differenza al servizio. Può servire vere bombe, lo sappiamo, ma la sua percentuale di prime palle calerebbe se pensasse solo a tirare a tutta. La settimana scorsa è stato fantastico in tutto e per tutto” commenta Troicki. “Ha fatto bene anche in risposta, è stato aggressivo, cercando di prendere l’iniziativa. Durante gli scambi ha mantenuto la sua posizione: ogni volta che è ben posizionato in campo, può attaccare, essere aggressivo e questo di solito si riflette positivamente sul gioco e quindi risultati”.
    In effetti quel che impressiona nel tennis di Medjedovic è la qualità nei colpi di inizio gioco, guarda caso dove nel tennis del 2023 si fa la differenza e si vincono le partite… Ma non bastano servizio e risposta se commetti troppi errori. Per questo il mantra nel lavoro del serbo è uno solo: consistenza. “Capita ancora che la percentuale della mia prima di servizio scenda molto o che commetta qualche errore stupido con il dritto regalando punti al mio avversario. Questa sarà l’enfasi del mio lavoro durante la off-season. Per quanto riguarda il mio rovescio, sento di essere migliorato molto con Viktor, era una sorta di buco nel mio gioco che stiamo eliminando” commenta Hamad.
    Djokovic resta l’idolo, il modello, un amico e mentore (oltre che principale sponsor in anni di crescita), ma oggi Medjedovic ringrazia soprattutto Troicki, vedendo che il lavoro quotidiano con il suo coach sta fruttando ottimi risultati e progressi. “Viktor è un allenatore fantastico. È sempre lì per me, dentro e fuori dal campo, parliamo molto ed è fondamentale. È molto diretto nella comunicazione, niente giri di parole, va diretto al punto e mi dice la verità in faccia, che mi piaccia o no, cosa che rispetto e apprezzo“ afferma Hamad.
    Lo sbarco in top100 sarà il primo obiettivo per il 2024, ma sembra cosa ormai certa e anche rapida. Dove possa spingersi la prossima stagione è da verificare. Sembra possedere qualità molto interessanti, soprattutto se riuscirà ad aggiungere quella “consistenza” necessaria a restare in partita contro gli avversari più duri, quando non puoi vincere solo spaccando la palla o a furia di servizi. Deve sicuramente vivere esperienze di alto livello, incluso digerire dure sconfitte per capire cosa non funziona a livello di gioco, di gestione mentale e di attitudine in campo. Passi necessari per l’esplosione definitiva al massimo livello. Medjedovic sembra aver tutto quel che serve per poter ambire ai grandi palcoscenici, da calcare da protagonista.
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    Prize Money 2023: domina Djokovic, Sinner quarto. 69 i tennisti con oltre 1 milione di dollari guadagnati in stagione

    Novak Djokovic con la coppa di Parigi (foto Getty Images)

    Tre Slam su quattro e finale a Wimbledon, ATP Finals, 56 vittorie e 7 sconfitte con 7 titoli vinti complessivamente. Il 2023 di Novak Djokovic è una delle sue migliori stagioni in carriera, che gli ha permesso di chiudere nuovamente l’annata da n.1. Risultati pazzeschi che valgono al serbo anche uno scontato primato nella classifica stagionale dei Prize Money. Novak infatti ha intascato la cifra astronomica di 15,952,044 dollari, quasi tutti in singolare (solo 15,947 dollari ottenuti con le rare apparizioni in doppio), che portano il suo totale in carriera a ben 180,643,353 dollari, che lo rendono il tennista più ricco di sempre a livello di guadagni da tornei. Nettamente staccato Nadal con i suoi 134,640,719 dollari.
    La classifica dei Prize Money nelle prime posizioni ricalca quasi fedelmente il ranking ATP: secondo Alcaraz (10,753,431$), terzo Medvedev (9,239,679$), quarto Sinner (8,349,392$), quinto Rublev. Al sesto posto c’è Zverev, che sorpassa Tsitsipas (sesto ATP ma settimo per guadagni), poi Rune, Hurkacz e Fritz, decimo.
    Lorenzo Musetti è ventesimo (1,971,124 $), Lorenzo Sonego si piazza al n.37 per Prize money (1,313,408 $), e Matteo Arnaldi 73esimo (955,735 $). Matteo Berrettini ha giocato molto poco, ma il buon Wimbledon disputato gli consente attestarsi al n.65 per guadagni nel 2023 (1,028,055 dollari complessivi).
    Sono stati 69 i tennisti con un Prize Money complessivo nel 2023 superiore al milione di dollari: l’ultimo è il tedesco Altmaier con 1,009,986 $. Appena fuori (n.70) Andy Murray, con i suoi 997,741 $. Il centesimo nella classifica dei guadagni è il russo Shevchenko con 722,812 $. Al n.200 c’è Dalibor Svrcina con 273,086 $, appena prima di Luca Nardi con 272,596 dollari.
    Sono 12 gli specialisti del doppio capaci di superare quota 1 milione di dollari nel 2023: comanda Joe Salisbury (1,255,887$) seguito da Rajeev Ram (1,254,982$), Austin Krajicek (1,245,247$), tutti a zero introiti in singolare ma ottimi guadagni con i doppi, posizionati rispettivamente al n.42, 43 e 44 della classifica generale. Tra i migliori, il giocatore che ha ottenuto il maggior Prize Money in doppio è Rublev, per lui ben 368,363 dollari. Curioso che Alcaraz e Medvedev abbiano uno zero a guadagni in doppio in stagione.
    Questa la top 20 completa dei tennisti con maggiori Prize Money nel 2023 sul tour ATP.

    Tra i “milionari” anche il cinese Zhizhen Zhang (45esimo con 1,093,371 $), diventa il primo tennista del gigante asiatico a superare questa soglia per Prize money. Il connazionale Juncheng Shang invece è quello più giovane con maggior Prize money: per il 18enne (n.185 ATP) 407,479 dollari.
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    Davis Cup, un sogno diventato realtà. Una vittoria azzurra che viene da lontano…

    26 novembre 2023, l’Italia vince la Coppa Davis

    4 dicembre 1998. Io c’ero. Sembra impossibile, sembra ieri, invece sono passati quasi 25 anni… In quel freddo venerdì pomeriggio, nel grigiore di una Milano che più grigia non si può, nella pancia del Forum di Assago c’è tutta l’Italia tennistica e non solo, a supportare Andrea Gaudenzi, Davide Sanguinetti, Diego Nargiso e Gianluca Pozzi, la nostra squadra di Coppa Davis capitanata da Paolo Bertolucci. In palio la Coppa Davis 1998, col sogno di riportarla in Italia dopo l’unico successo targato ’76, quando il “braccio d’oro” di Paolo, il talento di Adriano, la sostanza di Corrado e il tocco di Tonino prevalsero a Santiago, l’unica insalatiera della nostra storia. Di fronte una Svezia non così stellare come ai tempi d’oro di Wilander & Edberg, ma c’è tanta sostanza nel tennis di Norman e nel diritto assassino di Gustafsson. Impossibile dimenticare le ore passate a sostenere lo sforzo di Gaudenzi in quel primo infinito e maledetto singolare. Andrea è tosto, Magnus ancor più. Il tendine della spalla dell’attuale Presidente dell’ATP fa crack dopo ore e ore di battaglia, sul 6 pari del quinto set, non c’era il tiebreak allora, era una Davis d’antan. Cala il silenzio, disperazione. Di fatto la nostra finale termina lì, in quel dolore di Andrea e di tutti i presenti, nel Forum o in tv. Sanguinetti vince solo 5 games contro un Gustafsson troppo forte sul rosso, anche se indoor, e poi al sabato il forte doppio vichingo fa calare il sipario. È solo l’anticipo del dramma sportivo che avrebbe vissuto la squadra italiana di Davis.
    Da lì a poco quella buona generazione di giocatori cala e vive un weekend a dir poco disastroso il 23 luglio 2000, a Mestre. L’Italia cade malamente nello spareggio salvezza per mano del Belgio dei fratelli Rochus, è la prima retrocessione nella “serie B” della Davis, eravamo l’unica nazionale ad esser stati sempre del World Group. Io c’ero, insieme al mio sconforto e alla netta sensazione che la discesa fosse appena iniziata… Nessuna risalita, anzi nel 2003 tocchiamo il fondo, crollando nel Gruppo II con una terribile sconfitta in Zimbabwe. L’inferno dura solo un anno, nel 2005 torniamo sul Gruppo I, ma bisogna aspettare fino al 2011, di nuovo a Santiago del Cile (già, proprio Santiago…) affinché la nazionale trascinata da Fognini torni nel World Group. Non molte soddisfazioni per diversi anni, solo la semifinale in Svizzera nel 2014, ma in realtà, sotto sotto, già da tempo qualcosa si muove.
    Lo spettatore che guarda il tennis in tv non se ne accorge, ma in realtà, in molti club di periferia e non, si sta costruendo pian piano un nuovo movimento. E i tempi per ottenere risultati al vertice sono lunghi. Serve lavoro, tanto, capacità e visione. Il tutto guidato dal Presidente Binaghi che è uomo di sport e manager, conosce il mondo ed è determinato ad arrivare in vetta, convinto che seminando bene, lavorando coi circoli piccoli e grandi, stimolando l’eccellenza, si possa costruire e risalire. È stato criticato, osteggiato, deriso pure, ma alla fine aveva ragione lui. Con lavoro e capacità di tanti ottimi maestri e club, con un’importante sinergia d’intenti, risolvendo problemi ed errori – tanti ne sono stati commessi, ma chi non fa niente mai sbaglia… – si è creata una base, un movimento, una mentalità di lavoro per esaltare il talento dei ragazzi. Si è costruito una serie di team vincenti, di giocatori che sono cresciuti e che, stimolandosi l’un l’altro, hanno alzato il livello generale. Molti tornei in Italia a fare da veicolo per la crescita. È sbocciato quel circolo virtuoso necessario a sostenere il talento e chi lavora bene.
    Se poi ti nasce un Jannik Sinner, e hai la bravura e fortuna di farlo crescere in un ambiente sano e dove si conosce l’alto livello come da Riccardo Piatti, si finisce per vincere. Ma sarebbe sbagliato e semplicistico relegare il trionfo di ieri a Malaga in Davis in un solo “effetto Sinner”. Non è così. Jannik è la nostra punta di diamante, è il fuoriclasse che eleva tutto il gruppo, è colui che ha talento e forza per battere il più forte dell’epoca moderna, Mr. Djokovic, nel match sul quale Nole aveva puntato tutta la parte finale del suo stellare e irripetibile 2023. E così trionfare. Sinner è decisivo, ma senza la grinta di tutta la squadra, capace di rialzarsi dal “disastro” col Canada a Bologna nei gironi a settembre, senza la pazienza di Capitan Volandri nel compattare il gruppo e far esplodere di nuovo la vivacità di Sonego, il talento di Musetti e la qualità di Arnaldi, a Malaga a giocarci la coppa non ci saremmo mai andati. Ed è ancor più corretto tornare all’inizio della gestione Volandri, con le esperienze del 2021 e del 2022, necessarie e formative per vincere oggi, e anzi, ancor più indietro…
    “Forza del gruppo, capacità di passare attraverso le difficoltà, disponibilità. Su questi punti fermi Filippo Volandri ha costruito un capolavoro in tre anni da capitano di Coppa Davis. Fin dalla sua nomina, a gennaio del 2021, i pilastri del Volandri-pensiero non sono cambiati”, così scrive l’amico e bravissimo collega Alessandro Mastroluca su Supertennis, e condivido ogni sillaba del suo pensiero. Forza del gruppo, resilienza, capacità di reazione, disponibilità. Queste sono le chiavi della vittoria di questa meravigliosa e indimenticabile Final 8 di Malaga, che non potremo mai dimenticare. Nel 2021 a Torino abbiamo perso contro la Croazia nel doppio decisivo, Fognini e Sinner hanno ceduto al fortissimo duo Nikola Mektic-Mate Pavic, i migliori. Ci fu tanta delusione, Fabio è un doppista “doc” e campione Slam col “Bole”, ma non ci fu troppa intesa con Jannik, un Sinner ancora acerbo. Però fu un’esperienza importante, anche se negativa. Formativa. Nel 2022 rischiammo di uscire a Bratislava, con Sonego e di nuovo il doppio k.o., ma quella volta fu il talento di Musetti a salvarci, e fu un’altra esperienza che ha rafforzato il gruppo. Un gruppo che poi l’anno scorso nei gironi a Bologna ha battuto una dopo l’altra Croazia, Argentina e Svezia, ed è volato a Malaga superando nei quarti il forte team USA, col capolavoro di Bolelli–Fognini su Paul-Sock. Il Canada ci superò in semifinale, col tanto discusso doppio Berrettini–Fognini, sconfitto da Auger Aliassime–Pospisil. Altro boccone amaro, e polemiche non finire, ma situazione negativa dalla quale abbiamo imparato. Solo perdendo s’impara, è la dura ma giusta legge dello sport.
    Solo vivendo esperienze, come singoli e poi come squadra, si matura, si impara, si cresce. È cresciuto Volandri nella gestione di un gruppo che ci ha portato in finale a Malaga, facendo da parafulmine mille volte, motivando tutti, dando grinta e serenità, maturando scelte difficili, con coraggio e visione. È cresciuto a dismisura Sinner, tennista che oggi, 27 novembre 2023, possiamo considerare serenamente come il miglior tennista al mondo visto che negli ultimi mesi ha battuto tutti i migliori e l’ha fatto più volte, alzando la Davis ed arrivando ad un passo dal vincere le Finals a Torino. La vittoria di Jannik su Novak in semifinale sabato è entrata nei libri d’oro come una delle imprese sportive più alte della storia dello sport italiano. Sinner è diventato leader, forte e silenzioso. Non ha risposto con classe immensa alla marmaglia che ha cercato – invano – di infangarlo, e ha fatto parlare il campo, la sua racchetta, i suoi colpi meravigliosi, che hanno fatto esplodere il tennis nelle case di tutti gli italiani come mai prima. Classe infinita. Jannik ha trascinato Sonego nei doppi, esaltandone le qualità e dandogli quella sicurezza di cui aveva bisogno per tirare fuori il suo meglio. Ha dato serenità a tutto il gruppo, capace di superare difficoltà e diventare vincente. Un gruppo che ha accolto anche Berrettini, non ci dimentichiamo del Matteo-nazionale, che vogliamo fortissimamente rivedere sparare missili sportivi dal 2024 e tornare una delle punte di diamante del nostro team di Davis. Mancava Fognini, e bene ha fatto il Presidente Binaghi ai microfoni di Sky a ricordarlo a caldo, perché Fabio ha dato tanto negli anni e si è sempre speso per la maglia azzurra.
    Io c’ero a Malaga, almeno col cuore e la penna. Abbiamo tutti insieme vissuto un’avventura straordinaria, indimenticabile, che ci ha arricchito come poche altre cose. E pazienza se questa insalatiera è un filo meno scintillante del passato… La nuova formula in fondo piace poco, ma ha reso la competizione ancor più difficile, non hai alcun margine di errore con soli tre match, uno dopo l’altro. Si può discutere quanto vogliamo, e a ragione, sul cambiarla, sul tornare almeno in parte ai match casa – trasferta che erano l’essenza della competizione, ma alla fine quando giochi con la maglia azzurra addosso, è qualcosa di unico, qualcosa che ti tocca dentro e provoca emozioni indescrivibili.
    Emozioni che i nostri giocatori hanno vissuto sulla propria pelle, in campo e panchina, e che li renderà ancor più forti e sicuri l’anno prossimo, quando in Davis saremo la squadra da battere e nei tornei del tour saremo sicuramente protagonisti. Emozioni che avremmo voluto vivere quel 4 dicembre 1998, quando la spalla di Gaudenzi fece crack e furono solo lacrime. “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.” Parole e musica di Michael Jordan, uno dei più grandi sportivi di sempre. Beh, allora questa fantastica Davis 2023 di Malaga abbiamo iniziata a vincerla ad Assago, a Mestre, in Zimbabwe, a Santiago, a Bologna. È una vittoria che viene da lontano.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    SINNER STELLARE!!! DEMOLISCE DE MINAUR E REGALA LA COPPA DAVIS ALL’ITALIA, SECONDA “INSALATIERA” DOPO IL ’76

    Jannik Sinner a Malaga (foto Getty Images)

    È TUTTO VERO, L’ITALIA VINCE LA COPPA DAVIS 2023!!!!! JANNIK SINNER DOMINA LE FINAL 8 DI DAVIS CUP!!!Jannik Sinner implacabile, fortissimo, irreale per qualità e sostanza. Nel secondo singolare di Italia – Australia, Jannik demolisce Alex De Minaur dando un’altra dimostrazione di forza incredibile, con ancora nelle gambe la fatica della super impresa di ieri in semifinale contro la Serbia di Djokovic. Vince, anzi domina l’australiano 6-3 6-0, porta il punto decisivo di una Final 8 in cui è stato il miglior giocatore del mondo. Per distacco. Superiore a tutto e a tutti. Jannik si è caricato sulle spalle la squadra, leader di un team di talento, giovane e bellissimo, che riporta la mitica “insalatiera” in Italia dopo la leggendaria vittoria del 1976 a Santiago del Cile, con il mitico quartetto Panatta, Barazzutti, Bertolucci e e Zugarelli. I nuovi eroi del tennis italiano sono Jannik Sinner, Matteo Arnaldi, Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego, Simone Bolelli e pure un Matteo Berrettini purtroppo solo a tifare, con Capitan Volandri che ha retto critiche (a volte esagerate) e condotto il team alla vittoria, tenendo fermi i ragazzi e guidandoli nella tensione delle partite, sempre altissima.
    Questi ragazzi sono entrati nella storia del tennis italiano. E Jannik Sinner è il volto del tennis azzurro, è l’immagine più bella di un tennista fantastico, grande lavoratore, grande talento. Grandissimo e vincente Campione. La partita vinta da Sinner su De Minaur è l’ennesima dimostrazione di che razza di tennista sia diventato Jannik. Una macchina infernale da tennis, fortissimo, completo, a tratti straripante. Alex ha fatto tutto bene, al massimo delle proprie possibilità, ma è stato letteralmente schiantato in ogni settore di gioco dalla potenza incredibile dell’azzurro, sempre più sicuro e offensivo. Ha servito bene, ha risposto meglio, ha dominato i tempi di gioco e condotto la partita in tutta la sua durata. Mai s’è avuta la sensazione che il match si potesse complicare, Jannik voleva chiuderla in bellezza, voleva vincere questo match, regalarsi e regalare all’Italia intera una gioia che mancava da troppi anni.
    Sinner è la punta di diamante di una nazionale giovane, ricca, di grande potenziale, che ha tutto per continuare a vincere anche in futuro, sia come squadra che per successi individuali sul tour. Abbiamo giocatori diversi, buoni per tutte le superfici, in grado abbinarsi e completarsi tra loro. E abbiamo vinto Matteo Berrettini, col suo recupero saremo ancora più forti e completi. Avevamo – giustamente – paura del doppio, nostro punto debole da troppo tempo. Qua la magata di Volandri, puntando sulla strapotenza di Sinner che ha dato a Sonego quella sicurezza necessaria a scatenare la sua esplosività. Siamo felici che oggi non ce ne sia stato bisogno, perché il doppio era l’eventuale match decisivo ed era lo spauracchio perché gli australiani avevano proprio nella coppia il loro punto forte, da giocarsi nel momento decisivo. Non è servito per fortuna, ma la sensazione è che questo Sinner si sarebbe di nuovo caricato sulla spalle tutti e avrebbe trionfato ancora. Questo Sinner non ha limiti. Non ha limiti.
    Dopo 47 anni il team azzurro torna ad alzare il più antico trofeo per nazioni a squadre all sports, forse un filo “sbiadito” rispetto ai fasti del passato, ma la difficoltà di questa competizione resta altissima, non puoi sbagliare niente, e le emozioni di giocare con la maglia del tuo paese resta qualcosa di superiore. Come le emozioni che Sinner e compagni ci hanno regalato. Emozioni purissime che è un privilegio vivere e raccontare.
    Avremo tempo nei prossimi giorni per analizzare a freddo questa vittoria storica, che premia Jannik e tutto il nostro movimento, cresciuto a dismisura negli anni e che ci rende non solo Campioni 2023 in Davis ma nazione leader a livello mondiale. Grazie ragazzi, Grazie Jannik per averci permesso di vivere e raccontare una pagina indimenticabile del nostra storia sportiva.
    Marco Mazzoni

    La cronaca
    De Minaur inizia al servizio e trova un gran game in apertura, gambe velocissima, e via in attacco, 1-0. Più laborioso il primo turno di servizio di Sinner, sembra un filo imballato sulle gambe, lo sforzo di ieri (incredibile match con Djokovic e poi il doppio) forse si fa sentire. 1 pari. Nel terzo game Jannik mette in moto il turbo diritto, con una “sassata” micidiale si prende il punto dello 0-30. Sul 30 pari Alex affretta l’attacco col diritto, palla break Sinner! È al limite nella spinta l’australiano, unico modo per lui per stare dietro a Jannik. Il BREAK arriva subito, apre l’angolo Sinner, attacca col back di rovescio e il lob di De Minaur è lungo. 2-1, già avanti Jannik. Fantastico come Sinner impone dei ritmi pazzeschi, come si abbassa sulle ginocchia per colpire con equilibrio, anticipo e forza diritti  micidiali. Il pressing di Jannik è superiore alla fenomenale capacità di De Minaur di coprire il campo. Sbaglia una volée non impossibile l’azzurro e poi un affondo, si va ai vantaggi, ma poi il forcing è irresistibile. 3-1 Sinner. Encomiabile l’australiano, tatticamente gioca alla perfezione: rischia col rovescio, attacca col diritto, taglia la palla e apre l’angolo, arriva benissimo sulla palla, ma quando Sinner impatta a massima velocità non ce n’è, ha una potenza superiore, e con la profondità che trova è difficilissimo imporsi. Tra un gran game in spinta Alex, resta in scia 2-3. Fantastico il diritto di Jannik a demolire un gran lob di De Minaur, primo turno a zero e 4-2. Il livello di Sinner è Mostruoso, un diritto micidiale poi una difesa sugli angoli perfetta. 6 punti di fila, e 0-30, Alex non sa letteralmente cosa fare per tenere fermo e sbaragliare l’azzurro. Strappa una palla del doppio break Jannik, ma si salva con un Ace l’australiano. Non manca certo il coraggio al “canguro”, accelera a tutta a trova un vincente di rovescio splendido. Urla un C’mon a pieni polmoni De Minaur, 3-4. All’improvviso due errori di Jannik nell’ottavo game, 0-30. Suona l’orchestrina Aussie. Trova un’Ace sul 15-30, ma poi sbaglia un rovescio banale in scambio, colpito con poche gambe. Palla break De Minaur! Spinge col diritto da sinistra, lungo linea preciso e potente Jannik, la cancella. Trova poi un gran diritto cadendo indietro, misterioso come l’abbia tenuta così profonda e precisa. 5-3 Sinner. Il nono game si apre con una bordata di diritto di Sinner terrificante, Alex è fermo a 5 metri dalla palla. Incredibile potenza e precisione. Poi un altro diritto a tutta dal centro, incontenibile. 0-30. Spinge Sinner, profondissimo, non contiene l’aussie, 0-40 e Tre Set Point Sinner! Chiude al secondo, grande risposta e via con un passante ravvicinato che De Minaur non può gestire. 6-3 Sinner, una dimostrazione di forza e superiorità totale. 67% di prime in campo per l’azzurro, ma i numeri non contano granché, Jannik è superiore, domina il campo con una potenza e controllo superiori alle pur ottime qualità difensive del rivale.
    Secondo set, Sinner to serve. Solido l’azzurro, lo scambio sul 30 pari è foto della forza di Jannik, uno scambio “a-la-Djokovic” per controllo ma con velocità ancora superiore. 1-0 Sinner. È spaventoso vedere quanto ci prova De Minaur, come muove il gioco, si prende rischi, fa tutto bene, ma alla fine è Sinner a reggere e controbattere. Con una gran difesa strappa la palla break ai vantaggi. Se la prende, cambiando diagonale nello scambio, un rovescio lungo linea che manda a gambe all’aria la resistenza dell’australiano. Un BREAK per il 2-0 Sinner, in totale controllo del tempo di gioco, e del match. Consolida il vantaggio con un altro ottimo turno di servizio, pure con qualche imprecisione, ma lo score segna 3-0. Mancano solo 3 games. Tre. E Jannik incanta, disegna il campo col rovescio, prima cross poi lungo linea. De Minaur è disarmato, non ha modo di arginare lo Tsunami-Sinner. Sul 30-40 c’è la palla del doppio break. Se la gioca benissimo Alex, corre a rete e tocca benissimo, ottimo schema, applausi. Ma Sinner vuole chiuderla qua: trova un passante di rovescio in allungo, trovando controllo del corpo e della palla in modo pazzesco, e la palla muore sulla riga. Irreale questo vincente, pazzesco. Palla Break #2. Se la gioca da campione Jannik, risponde e pressa, sempre più profondo, sempre più potente, la difesa di Alex non può reggere. BREAK Sinner, 4-0, siamo all’ultimo chilometro, già Jan vede lo striscione del traguardo. Con un Ace al T Jannik porta lo score sul 5-0, irresistibile. Anche in risposta tira tutto a tutta Jannik, è padrone del campo Ai vantaggi strappa il primo MATCH POINT! Appena lunga la risposta di Sinner… Parità. Con un’altra bordata di diritto dal centro, indifendibile, arriva il Secondo Match Point!!! Annulla anche questo De Minaur, un rovescio a tutta che tocca la riga. Chiude al terzo Match Point, sfonda Jannik, VINCE, ABBIAMO VINTO!!!! Che weekend, che Final 8. Che Jannik Sinner, ma che squadra. Italia torna sulla vetta del mondo. Che emozioni!!!

    A. De Minaur 🇦🇺 vs J. Sinner 🇮🇹ITF Finals A. de Minaur30 J. Sinner66 Vincitore: J. Sinner ServizioSvolgimentoSet 2A. de Minaur 15-0 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A 40-40 40-A df0-5 → 0-6J. Sinner 15-0 30-0 40-0 40-15 df 40-30 ace0-4 → 0-5A. de Minaur 15-0 ace 15-15 15-30 30-30 30-40 40-40 40-A0-3 → 0-4J. Sinner 15-0 30-0 40-0 ace 40-15 40-300-2 → 0-3A. de Minaur 0-15 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A0-1 → 0-2J. Sinner 15-0 30-0 30-15 30-30 40-30 ace0-0 → 0-1ServizioSvolgimentoSet 1A. de Minaur 0-15 0-30 0-40 15-403-5 → 3-6J. Sinner 0-15 0-30 15-30 30-30 ace 30-40 40-40 A-403-4 → 3-5A. de Minaur 0-15 0-30 15-30 30-30 30-40 40-40 ace A-402-4 → 3-4J. Sinner 15-0 30-0 40-02-3 → 2-4A. de Minaur 0-15 15-15 30-15 30-30 40-301-3 → 2-3J. Sinner 0-15 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 A-401-2 → 1-3A. de Minaur 0-15 0-30 15-30 30-30 30-401-1 → 1-2J. Sinner 0-15 15-15 ace 30-15 30-30 40-30 40-40 A-40 40-40 A-401-0 → 1-1A. de Minaur 15-0 30-0 40-00-0 → 1-0 LEGGI TUTTO

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    Davis, primo singolare di Italia – Serbia: Arnaldi, Sonego o Musetti?

    Il team azzurro di Coppa Davis a Malaga

    “Only the brave happen to arrive where the angels can’t tread”, ovvero “solo i coraggiosi arrivano dove gli angeli non osano spingersi”. L’iconica frase del poeta britannico Alexander Pope calza a pennello per le sfide più ardue del nostro amato tennis, Davis Cup inclusa. Il team azzurro ha di fronte una semifinale davvero impegnativa contro Novak Djokovic e compagni. Compagni, già… Chi ipotizzava che SuperNole dovesse caricarsi sulle spalle l’intera nazione – ne avrebbe di certo il Phisique du Role…- per alzare la sua seconda insalatiera in carriera è rimasto deluso, pure i compagni saranno un fattore non da poco. L’ottima prestazione prodotta da un Kecmanovic risvegliatosi da un lungo periodo “no” contro Draper complica ancor più i piani in Casa Italia. Dando per scontato che Jannik Sinner sarà chiamato a ripetere l’impresa clamorosa di battere un Djokovic in condizioni strepitose, la domanda che anima il dibattito tra gli appassionati azzurri è: chi giocherà il primo match tra Arnaldi, Sonego e Musetti? Bella domanda…
    Non abbiamo alcuna risposta, sia ben chiaro. Filippo Volandri scioglierà i dubbi alle ore 11, un’oretta prima dell’inizio delle ostilità a Malaga. Gli allenamenti hanno solo confuso le idee ai presenti. Tutti si sono allenati con buon ritmo, incluso Bolelli, escluso da quel doppio al quale era atteso per far spazio alla maggior vivacità atletica ed agonistica di Sonego, ormai discreto “uomo Davis”, qualche caduta ma anche grandi risalite. Non è affatto facile fare un pronostico, e non è nemmeno nelle nostre intenzioni farlo. Quel che è invece interessante è provare ad analizzare quel che i tre alfieri azzurri possono dare in campo, presumibilmente ancora contro Mionir, ex n.1 junior e poi autore di fiammate d’autore come momenti di bassa totalmente inspiegabili. Dopo un periodo passato con David Nalbandian, il serbo è tornato nella penombra, ma non ha affatto disimparato come si gioca a tennis, anzi. È l’identikit del tennista “da Davis”, ossia uno con qualità nel braccio ma che per motivi vari nell’arco della stagione manca di continuità, e che se lo prendi e butti in campo in un contesto che lo esalta e responsabilizza può darti tanto. Bingo… Battere Draper giovedì non era cosa facile, anzi è stato contro pronostico. I suoi colpi sono stati intensi, precisi, ha servito pure bene e spesso imposto al britannico un ritmo così alto da disarmarlo. Il campo poi non è così rapido, la palla salta abbastanza, quindi uno che non è esattamente uno scattista come lui a Malaga si trova proprio bene…
    Sonego, Musetti o Arnaldi quindi? “Il campo è piuttosto simile a quello di Parigi Bercy” afferma Volandri a Supertennsi. Le sensazioni dai match lo confermano: indoor, quindi discretamente veloce, ma non troppo. I tagli funzionano benino, il topspin pure perché la palla non scivola via come a Torino, ma s’impenna quel che basta per prendere rotazione. Questa è una considerazione basilare per ipotizzare chi tecnicamente potrebbe scendere in campo come n.2 azzurro. Sottolineiamo: tecnicamente. Solo il team, i giocatori e Volandri sanno davvero come stanno Muso, Arna a Sonny, chi è più pronto alla pugna mentalmente e fisicamente. Questo in Davis conta se non tutto molto, pertanto la scelta del primo singolarista italiano potrebbe basarsi principalmente su questi aspetti. E scegliere per Volandri sarà complesso… “E’ difficile, non ce lo nascondiamo. Se vinci un singolare hai ragione, se lo perdi con tre match point non ce l’hai, se ieri Sonego e Sinner avessero perso, ci averebbero detto che avrebbe dovuto giocare tutto il mondo tranne loro due” afferma Filippo. Come dargli torto.
    Ma alla fine una scelta è da fare, uno tra Arnaldi, Sonego e Musetti giocherà il primo singolo alle ore 12, contro un serbo, probabilmente Kecmanovic. Chi gioca? Prima di arrivare a una nostra conclusione, si potrebbero inquadrare così le tre possibili alternative: Arnaldi è la scelta di sostanza, Sonego quella più emotiva, Musetti quella più legata alla compatibilità tecnica.
    Arnaldi contro Van de Zandschulp ha perso, ma nessuno può rimproverargli alcunché. Ha giocato quasi tre ore contro un super servizio, prendendosi rischi e giocando il match sino alla fine. Ha perso col massimo impegno, non sfruttando tre match point, per scelte (solo un paio, a dire il vero) rivedibili. Del resto, “Only the Brave”, solo rischiando e provandoci è arrivato a un passo dalla vittoria, è andata male. Pazienza, è la legge dello sport, quindi lo stesso applaudiamo Matteo. Riproporlo in campo vs. Kecmanovic potrebbe essere la scelta più logica, visto che a livello di tenuta fisica e mentale il ligure sta dando ampie garanzie. Come testa, voglia di lottare e quantità di prestazione, è ormai già una piccola certezza. Tuttavia, ha Arnaldi il tennis per mettere in difficoltà un buon Miomir? Sulla carta qua qualche dubbio viene. Kecmanovic è un grande colpitore, pulito, ama il ritmo. Arnaldi dovrebbe giocare un match a dir poco Garibaldino, attaccare a tutta, variare continuamente coi tagli e venire a rete, a sfidare un passante molto buono. E sulle diagonali il serbo potrebbe sovrastare l’azzurro. Se il serbo può aggredire le palle pulite e non sempre profonde dell’italiano, la partita potrebbe diventare molto difficile e lo scenario è plausibile. Servirebbe un Arnaldi in versione US Open, che gioca a tutta e tutto gli sta in campo. Possibile, ma non facile da realizzare. Quindi scegliere Arnaldi vuol dire puntare sulle qualità mentali e prestazionali, meno su aspetti di gioco puro.
    Con Sonego la faccenda cambia, si ribalta. Lorenzo è un super agonista, ma riesce a portare in campo la sua versione Superman quando è al top fisicamente. Se le sue caviglie scattano come molle e diventa l’entusiasmante “polpo” difensivo, se la forza nelle gambe ne sostiene servizio e attacchi a tutta col diritto. Se Sonego invece ha qualche acciacco ed è meno esplosivo, tutto il suo tennis si deprime esponenzialmente, e la sua gladiatoria vis pugnandi non basta più a coprirne qualche limite tecnico. Dopo il doppio, da lui ben giocato nel secondo set (trascinato dalla locomotiva-Jannik), si è detto in forma, a posto, ma in realtà chi è a Malaga continua a parlare di sue condizioni non al top. Scegliendo Sonego si punta sull’aggressività, sulla voglia di vincere, sulle emozioni di chi può trasformarsi con la maglia azzurra, ma se la partita diventasse molto dura fisicamente, e potrebbe diventarlo, è forse un azzardo. E si complicherebbe pure l’eventuale scelta nel doppio, terzo match che potrebbe essere decisivo come giovedì.
    Capitolo Musetti, il più spinoso ma forse intrigante. Lorenzo viene da settimane negative, inutile girarci intorno. Una bella vittoria su Khachanov non può bastare a riabilitare un trend al ribasso, con più prestazioni modeste come tennis e soprattutto spirito. Vederlo uscire sconfitto a testa bassa è stato ancor peggio della sconfitta stessa, ed è accaduto più di una volta. Rischiarlo in Davis potrebbe essere un azzardo da Casinò, con tanta pressione da gestire, ma… se andiamo a vedere il tennis e le condizioni, il gioco di “Muso” è l’esatto antidoto alle doti di Kecmanovic. Cambi di ritmo, diritto top e poi via a tutta più secco, tagli col rovescio e quindi accelerazioni improvvise, il tutto alternato a discese a rete e smorzate. Kec ama il ritmo, ti monta sopra col ritmo; Musetti è colui che ha nel braccio le frecce per non darti alcun ritmo, fartelo perdere e mandarti in bambola. Fisicamente dicono che sia tirato a lucido, potente e reattivo. Ma come sta “di testa”? Questo è il punto di domanda… La Davis oggi per Lorenzo potrebbe esser quel che nei giochi di carte si chiama All In, ossia o la va o la spacca. Buttarlo in campo potrebbe essere l’asso nella manica, il jolly che fa saltare il banco, o un autogol totale. Fatale. L’aria della Davis e la maglia azzurra potrebbe essere una scossa per lui, come accadde in passato a Bratislava, quando fu buttato dentro assai giovane in un match assai importante, e lui tirò fuori il meglio di quel che allora aveva, che era già tanto. L’occasione potrebbe essere quella giusta, inattesa quanto intrigante, quella che riaccende la sua luce e lo riporta ad essere quel talento che tanto ci ha entusiasmato. Ma anche bel rischio. Un grande rischio. I precedenti tra l’altro sono 2-0 a favore di Lorenzo, uno disputato sul duro…
    L’Italia ha di fronte una sfida difficile, e questa nuova formula della Davis non ti consente alcun margine d’errore, come in passato con i 4 singolari e un doppio. La Davis del 2023 è tutto e subito. Dare il massimo, rischiare. Only the Brave, si diceva. Allora, se sarà Kecmanovic, perché non provare la carta Musetti? Only the Brave…
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    Wawrinka critica gli Slam: “Non ridistribuiscono niente rispetto ai guadagni che generano. PTPA? Non serve un sindacato”

    Sta Wawrinka (foto Haute Living)

    Il 2023 si sta avviando alla conclusione con due dati di fatto: il dominio incredibile di Novak Djokovic e le pesanti critiche ricevute dagli organi di governo su moltissimi fronti, dai guadagni alle palle, passando per superfici, calendario, organizzazione e tanto altro ancora. Stavolta a finire nel ciclone mediatico non sono ATP e WTA ma i tornei dello Slam. Stan Wawrinka infatti non è stato affatto tenero con i 4 Major in un’intervista rilasciata all’autorevole quotidiano L’Equipe, nella quale punta il dito sullo strapotere dei quattro eventi più importanti della stagione. Secondo lo svizzero, i quattro Slam generano profitti enormi e non ridistribuiscono affatto questa ricchezza ai giocatori; non si parlano tra di loro, prendono decisioni in modo univoco senza mai sentire il parere di chi scende in campo e produce lo spettacolo. Uno Stan davvero pungente, riportiamo alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Gli Slam non ridistribuiscono abbastanza al tennis rispetto ai guadagni enormi che generano“, afferma Wawrinka, “e hanno davvero troppo potere, tutto perché guadagnano così tanti soldi. Gli Slam sono i tornei dove si scrive la storia del tennis… Sono gestiti dalle federazioni più ricche, che non ridistribuiscono molto. Inoltre tra loro non c’è comunicazione… Gli introiti degli Slam oggi sono molto importanti, ma la percentuale restituita ai giocatori è ridicola rispetto al totale. Non è aumentata quasi per niente. Stiamo parlando di prize money, non della percentuale pagata. Allo stesso tempo, i ricavi sono aumentati in modo significativo. I tornei del Grande Slam sono focalizzati solo sui loro interessi, il proprio Paese e la propria Federazione. Oggi siamo bloccati, lo saremo fino al giorno in cui i giocatori diranno stop“.

    Stanislas Wawrinka milite pour que les tournois majeurs redistribuent plus d’argent au monde du tennis tout en souhaitant que les joueurs soient plus intégrés dans les processus de décisions. Avant d’en arriver à une situation de blocage > https://t.co/6byTbi18br pic.twitter.com/4ziqrfNDyn
    — L’ÉQUIPE (@lequipe) November 21, 2023

    Wawrinka ritiene di non aver visto alcun progresso dalla nascita della PTPA di Novak Djokovic, aggiungendo che non crede che i giocatori abbiano bisogno di un sindacato. “Non abbiamo bisogno di un sindacato dei giocatori, abbiamo bisogno della presenza dei giocatori sui tavoli decisionali. Un esempio? Tennis Australia si è svegliata una mattina e ha detto: ‘Inizieremo la prima domenica, è così, grazie e arrivederci’. Qualcuno ci ha chiesto cosa ne pensavamo? No. Tutto funziona così. Dall’esterno osservi e pensi che questo non è normale! Significa che non lavoriamo insieme. Il vero problema del tennis è che la maggior parte delle cose vengono fatte per reazione a qualcosa già deciso. Nessuno anticipa nulla. Dobbiamo coinvolgere i giocatori nelle discussioni per spiegare loro le ragioni di quel che si intende fare”.
    Stan parla di uno dei temi caldi, la palle tanto criticate quest’anno. “Pariamo delle palle, i tornei non vogliono mettersi d’accordo perché hanno tutti uno sponsor diverso, e allo stesso tempo dobbiamo ancora lottare per averne abbastanza con cui allenarci. È un circolo vizioso. Sono nel circuito da vent’anni e parliamo sempre degli stessi problemi. Il problema con il tennis è che ci sono troppe governance, troppe entità diverse (ITF, tornei del Grande Slam, ATP, WTA, ndr) che badano solo ai propri interessi. Non lo dice nessuno, ma oggi il vero problema del tennis sono gli Slam, hanno troppo potere” conclude lo svizzero.
    Wawrinka è noto per il suo tennis potente e la sua lingua pungente. Quest’intervista non passerà certo inosservata, visto che coinvolge gli Slam, considerati quasi intoccabili dagli stessi giocatori. Per un tennista (uomo o donna), riuscire anche solo a partecipare ai quattro Major significa chiudere l’annata abbondantemente in attivo sulle spese, visto che il prize money del primo turno di uno Slam è sostanzioso. Wawrinka invece spara alto, considerando quell’assegno solo come un “contentino”, briciole rispetto agli enormi introiti generati ogni anno da Wimbledon, Roland Garros, US Open e Australian Open. E interessante anche la “sparata” contro la PTPA di Djokovic: non un sindacato per protestare, quella non è la soluzione, ma la presenza fissa ai tavoli decisionali con il potere di dire e indirizzare le scelte. Che Stan stia già pensando ad un “dopo” da paladino dei diritti degli ex colleghi?
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    “Nei combined le donne non sono protagoniste. Il tennis femminile deve crescere con le sue proprie gambe”

    Macarena Miranda (foto ADN Radio)

    “Negli eventi combined le donne non sono protagoniste. Il tennis femminile deve crescere con le sue proprie gambe”. Quest’affermazione piuttosto forte ed interessante viene da Macarena Miranda, ex pro cilena e oggi direttrice del WTA 125 di Colina, vinto lo scorso weekend dalla ceca Sara Bejlek sulla francese Diane Parry. Miranda è stata intervistata dal collega Sebastian Varela per Clay, una lunga e interessante intervista nella quale la direttrice del torneo si sofferma su molti temi di attualità legati al tennis rosa e alla situazione in America Latina. Secondo la direttrice, il tennis femminile ha un potenziale enorme non sfruttato, è indispensabile investire nei piccoli tornei per far crescere giovani interessanti e radicare nuovi personaggi locali, e allo stesso tempo investire sulla comunicazione per raccontare meglio la bellezza e fascino del tour rosa, senza necessariamente rincorrere quello maschile. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista.
    “Siamo riusciti a riproporre un bel torneo 125, evento di una categoria che contribuisce molto all’ecosistema del tennis femminile” dichiara Miranda. “La WTA sembra  finalmente consapevole che tutti i tornei, dai 125 a salire fino ai 1000, contribuiscono al tennis. Ci hanno messo un po’ a capirlo, ma ora stanno dando maggiore slancio ai piccoli eventi. Si sono resi conto che se non si lavora sulla base, se non ci si preoccupa delle ragazze che sono tra la posizione 80 e 250 nel ranking, sarà molto difficile che in futuro emergano nuove giocatrice e future campionesse. La tenniste vengono qua a caccia di punti necessari per entrare agli Australian Open, ma chi ha provato il torneo l’anno scorso è rimasto molto contento. Che una tennista importante come Sherif sia tornata in quello che è stato l’anno migliore della sua carriera (ha quasi raggiunto la top 30) è fantastico. Abbiamo avuto anche Nadia Podoroska, Sara Errani e altre di livello. Il tennis femminile al di là dei nomi invita a stupirsi. Quest’anno è stato il cinquantesimo anniversario della WTA, ma abbiamo ancora moltissima strada davanti”.
    “Cosa ha il tennis femminile rispetto a quello maschile? Mi piace molto il modo in cui vengono gestiti gli scambi. Guarda la spinta che le donne ci mettono. La forza e la determinazione, l’impeto. Le donne hanno ancor più “garra”, siamo davvero guerriere in campo”.
    Questo il pensiero della direttrice in merito al crescente interesse del mondo arabo per il tennis. “Lo vedo come qualcosa di positivo. Può essere un modo per dimostrare che è possibile, che una donna ce la può fare. Penso alla popolazione femminile di quei luoghi e immagino che lo sport possa rappresentare una svolta. Quella popolazione forse vede le vite delle atlete come molto lontane, provenienti da un altro mondo e non da quello arabo. Cerco di pensare positivo, sul possibile impatto che donne vincenti possano avere in quei contesti difficili”.
    “Eventi combined? C’è un pubblico che si ripete, che può apprezzare entrambi gli spettacoli, ma in entrambi c’è un pubblico per così dire “prigioniero”, ed è diverso. Il tennis femminile deve percorrere il proprio cammino, deve crescere con le sue proprie gambe. Penso che negli eventi combined, e a maggior ragione in quelli più piccoli, le donne perdono importanza. Vorrei che le tenniste siano le protagoniste. È possibile farlo sfruttando correttamente la loro immagine, facendo conoscere storie, personaggi, raccontare bene il loro gioco. Le WTA Finals? Beh, quest’anno non sono andate proprio come si sperava… ma preferisco guardare il lato positivo e penso che la WTA abbia capito che tutti i tornei, dal 125 ai 1000, contribuiscono al tennis”.
    Un pensiero originale e interessante, che merita di essere condiviso e valutato. Si parla sempre più insistentemente di una maggior fusione tra tour ATP e WTA, soprattutto per logiche economiche, ma effettivamente c’è una larga fetta di appassionati di tennis maschile che non sono granché interessati a quello femminile. A volte solo per mera ignoranza, nel senso di non conoscenza delle giocatrici e del loro tennis. Per questo investire maggiormente nella comunicazione, raccontando fascino e potenziale delle giocatrici, potrebbe essere una via diversa ma assai virtuosa, invece di rincorrere gli uomini sugli stessi eventi e rischiando così di esser semplicemente “oscurate” dal maggior peso mediatico dei colleghi.
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    Le 10 cose che resteranno delle ATP Finals 2023

    Il Pala Alpitour di Torino (foto Marco Mazzoni)

    Le ATP Finals 2023 sono andate in archivio con il successo dell’immenso Novak Djokovic, in un’edizione che resterà legata per sempre al nome e alle imprese di Jannik Sinner. Di seguito le 10 cose che non potremo dimenticare di quest’avventura incredibile.
    1 – Non è più un sogno, è realtà. Per troppo tempo ipotizzare che un tennista italiano potesse entrare nel Gotha del tennis internazionale a giocarsi i titoli più ambiti o addirittura il vertice del ranking è stato solo un sogno, troppo ardito per rischiare di diventare realtà, quasi peccato anche il solo sussurrarlo… Il 2023 di Jannik Sinner e la chiusura della sua straordinaria stagione spazzano via ogni indugio. Sinner merita il suo posto tra i migliori, ha tutto quel che serve per restarci e migliorare ancora, andando a vincere i più grandi appuntamenti della disciplina. Non è riuscito nell’impresa di trionfare nella terza edizione delle Finals a Torino, ma ha battuto 4 top10 nel torneo, 8 di fila dallo scorso settembre. Ha battuto tutti gli attuali top 10, andando a stanarli con un tennis di altissima qualità, adattandolo anche alle esigenze. Troppo bravo. Jannik Sinner dal 2024 scenderà in campo in ogni appuntamento con l’obiettivo di arrivare fino in fondo. Non gli manca niente. Quando hai un talento come il suo puntare al massimo non è arroganza, è la normalità.
    2 – Djokovic infinito. Mai commettere l’errore di dare per morto il più grande vincente e lottatore dello sport. Jannik l’ha battuto nel girone. Quella sconfitta è stata un detonatore, ha fatto esplodere dentro di lui ancor più voglia di vincere, di rivincita. La correttezza di Sinner l’ha portato in semifinale – poteva esser eliminato se l’azzurro avesse mollato nel terzo set vs. Rune… – e negli ultimi due incontri Novak ha alzato il livello in modo fantastico, battendo il futuro della disciplina, prima Carlos, poi Jannik. Gli anni passano, per suo stesso dire saranno Alcaraz e Sinner portare avanti lo sport nei prossimi anni, ma al momento questo fantastico tiranno non ancora alcuna voglia di abdicare. Enorme.
    3 – Un torneo di qualità totale, destinato a proseguire. Le ATP Finals, giunte al terzo anno a Torino, sono una scommessa ampiamente vinta ma il Presidente Binaghi ha dichiarato che nel 2025 quest’avventura non finirà. Gaudenzi è stato più cauto sull’argomento “futuro”, pur riconoscendo che mai come a Torino le Finals sono state “abbracciate” dalla città, dal paese, da quell’amore italico che travolge e sorprende. Spalti pieni, atmosfera incredibile, una città bella come Torino che si è tirata a lucido e ha accolto tutto e tutti con una precisione e qualità assolute. Chi ha vissuto almeno una giornata delle Finals torna a casa arricchito. Speriamo che Binaghi vinca anche quest’ennesima scommessa, perché a noi il masters in Italia piace da matti…
    4 – Alcaraz col fiato “corto”. Carlos ha Torino ha esordito alle Finals e come era “classico” per il suo più noto connazionale Nadal è arrivato a fine stagione piuttosto scarico, fisicamente e mentalmente. Le similitudini tra i due grandi spagnoli non sono poi così tante, giocando un tennis completamente diverso, ma entrambi chiedono il massimo a corpo e testa, tanto che dopo US Open le loro prestazioni sono calate. Ferrero, coach di Alcaraz, ha affermato un concetto molto chiaro: “Se vuoi essere il migliore devi comportarti come il migliore ed essere professionale tutto l’anno. È quello che è e dobbiamo accettarlo. Questo è il calendario che abbiamo”. Carlos aveva parlato di una certa stanchezza dopo mesi intensi di grandi battaglie. Probabilmente nel team dell’iberico ci saranno alcuni ripensamenti e aggiustamenti, per migliorare la gestione delle energie di Alcaraz.
    5 – Occhio a Rune in salute. Ha penato per mesi con una schiena mal messa Holger Rune, ma appena è tornato a posto si è rivisto subito quell’acerrimo lottatore che può diventare una vera spina nel fianco. È servito il miglior Sinner per scrollarselo di dosso, in una partita che non valeva più niente per Jannik e che, col senno di poi, forse sarebbe stato “meglio” aver lasciato correr via. E non solo per eliminare Djokovic, ma soprattutto per risparmiare energie che in finale sono mancate. Col senno di poi non si scrivono le pagine di storia, quindi inutile continuare con altre congetture. Quel che è certo è che Rune ha dato segnali importanti di ripresa. Vedremo se il lavoro con Boris Becker porterà benefici al suo tennis, ancora un po’ grezzo in varie situazioni. Nel 2024 il danese potrebbe essere l’outsider di lusso in ogni grande torneo.
    6 – Tsitsipas, così non va. Non è uscito “benissimo” dalle ATP Finals Stefanos Tsitsipas. Che sia una persona complessa è risaputo, ma affermare nel giro di due giorni “Sto benissimo, sono pronto a competere, chi mette in giro certe voci?” e poi “Ho fatto molte visite, ho malissimo alla schiena, è un dolore che non potevo gestire” è alquanto singolare. Ma c’è qualcosa di assai ben più grave della sua brutta uscita dal torneo… Visto dal vivo, la sua palla “non va”. Non va più come nel recente passato. Diamogli il beneficio del dubbio per condizioni fisiche non al meglio, ma sono mesi e mesi che il suo tennis langue, ormai messo in crisi da moltissimi avversari, non solo dai big. Confrontato alla velocità di palla e intensità di Sinner, il gioco del greco pareva non una ma due categorie indietro. Urge ritrovare la miglior forma fisica, ma anche qualcosa di nuovo, altrimenti la carriera di Tsitsipas rischia di entrare in un crepuscolo anticipato, e sarebbe un vero peccato.
    7 – Campo veloce, spettacolo assicurato. Tutti i giocatori sono stati concordi: il campo di Torino è stato il più rapido dell’anno, anche più dell’erba. Che qualità media c’è stata nei match delle Finals? Altissima. Ci sono state partite disumane dominate solo da Ace? Nessuna. È l’ennesima conferma che le condizioni medie sul tour sono troppo, troppo lente. Velocizzare di nuovo il gioco deve essere il primo obiettivo dal 2024. Basta pantani.
    8 – Ascolti tv, il tennis “tira”. 6 milioni e 686mila spettatori per Sinner in finale. Numeri altissimi anche per gli altri match trasmessi dalla Rai nel torneo. Abbiamo il personaggio, certo, ma è forse il momento di capitalizzare tutto ciò riportando un po’ più di tennis sulla tv pubblica. Abbiamo Supertennis, che è stato uno strumento indispensabile a costruire il nuovo “boom” della disciplina in Italia, ma averlo sulla tv di stato è oggettivamente un’altra cosa. Oltretutto pare che dal 2024 quasi tutto il tennis sarà su Sky Sport, vedremo che accordi verrano trovati per la distribuzione dei tornei. Ma forse avere almeno parte degli Slam in chiaro su “mamma Rai” potrebbe essere un ritorno terribilmente gradito e importante.
    9 – Via il doppio, dentro le ragazze? È stato uno degli argomenti di discussione a Torino nelle pause tra i vari match delle Finals. Viste le disastrose condizioni affrontate dalle migliori al mondo a Cancun per le WTA Finals, e la scintillante organizzazione del Masters maschile, beh, ipotizzare una pronta fusione dei due tornei potrebbe essere un’ancora di salvataggio per il tour femminile. I doppisti potrebbero farsene una ragione, ma c’è un rischio concreto: sarebbe brutto se l’evento femminile, una volta integrato a quello maschile, passasse parimenti in secondo piano. Il pubblico probabilmente apprezzerebbe, e anche i cari biglietti per sedersi nel Pala Alpitour avrebbero un valore maggiore. Pro e Contro, ce ne sono tanti. Gaudenzi continua a parlare di maggior integrazione tra i due circuiti. Vedremo.
    10 – Voto 10 al pubblico. Sinner è stato portato per mano, con un calore indescrivibile, sino alla finale. Ma rispetto alle “medie” e tristezze a cui abbiamo assistito in passato, pochi sono stati i momenti di scorrettezza a danno degli altri giocatori con l’italiano in campo. Lo stesso Rune ha ringraziato gli spettatori a Torino, e detto da uno che praticamente ha sempre da ridire col pubblico… La speranza è che l’esempio di Sinner, la correttezza fatta persona, possa essere un veicolo per gli stessi tifosi, per vivere la disciplina con vero spirito sportivo. Calore sì, cattiveria no. Sarebbe un’altra super vittoria targata Jannik.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO