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    Djokovic ferma le auto green: no allo sfruttamento delle miniere di litio in Serbia

    Già con la testa al prossimo torneo di Dubai, occasione d’oro per scacciare via i pensieri dal polverone dell’esclusione dagli Australian Open, Novak Djokovic è in questi giorni al centro di un’altra bufera. Ad innescare la miccia sarebbe stata la sua adesione ad alcune proteste contro lo sfruttamento delle miniere di Litio in Serbia da parte del colosso minerario anglo-australiano Rio Tinto. 
    Guerra alla multinazionale
    Mentre Roger Federer è impegnato tra un trofeo e l’altro a sponsorizzare celebri marchi automobilistici come Mercedes, il suo collega e rivale Djokovic continua ad avere i riflettori puntati ma non per le sue gesta tennisiche. Il campione si è recentemente schierato contro una delle più grandi miniere di litio del continente europeo, attualmente non esplorabile dopo la decisione del governo serbo di revocare i permessi necessari per rintracciare i depositi. Come è noto il litio, materiale principale per la creazione delle batterie delle le auto elettriche, si sta progressivamente tramutando in oro, data la travolgente espansione delle vetture “green”.
    Questione diplomatica
    Ad interessarsi della miniera era stato Rio Tinto, colosso minerario anglo-australiano il quale prevedeva l’estrazione di circa 64mila tonnellate di litio all’anno, con l’obiettivo di investire nella produzione di batterie in Europa collaborando con il produttore slovacco InoBat. Immediata la reazione delle associazioni ambientaliste, alle quali si è aggiunto il sostegno di Novak Djokovic poco più di un mese fa, mostrando tutto il suo dissenso attraverso le pagine social. Il governo serbo, d’accordo con il suo campione, avrebbe avanzato l’idea di non permettere al tennista di ritornare in patria nonostante la bufera riguardante la sua presunta mancata vaccinazione. Ad avere la meglio, come è ormai noto, è stata però l’Australia che ha scelto di squalificare e rimandare a casa l’atleta, fatto che, come affermato dal suo allenatore, ha profondamente segnato il serbo.
    In attesa di conoscere gli sviluppi di questa vicenda che si è tramutata quasi in incidente diplomatico la palla è passata in mano al governo della Sserbia, il quale ha revocato ogni licenza concessa alle multinazionali straniere per sfruttare le miniere di litio.
    Messi inquina meno di Ronaldo: per la sua Antonela sceglie la Mini elettrica LEGGI TUTTO

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    Dakar 2022, la scossa Audi accende il deserto

    Cambiare non e? mai facile. Ci vuole coraggio, determinazione e un po’ di denaro. Questo almeno la vita delle persone normali. Se trasferiamo tutto nel mondo del business, il denaro necessario solitamente diventa una quantita? industriale. Figuriamoci in un universo come quello dell’auto dove il sistema ideativo e produttivo e? nato all’inizio del secolo scorso. Eppure l’auto sta cambiando, un po’ per scelta consapevole, un po’ per l’obbligo imposto dalle normative, soprattutto europee, che prevedono lo stop alla vendita di vetture con motore endotermico e ibrido a partire dal 2035. Gli analisti valutano che al 2030 gli investimenti dei costruttori nell’elettrificazione della mobilita? si aggireranno intorno ai 500 miliardi di dollari. Mostruoso.
    Cosi?, inevitabilmente, anche l’anima sportiva del prodotto auto sta seguendo questa metaformofosi: Formula 1, endurance, fino alla Formula E, dall’ibridizzazione all’elettrico puro, il percorso e? stato avviato. E a questo sommovimento generale non poteva sottrarsi nemmeno la Dakar. Entro il 2030 – in tutte le categorie – dovranno partecipare solo veicoli a bassissime emissioni. Ancora prima, dal 2026, la partecipazione dei piloti e?lite, cioe? i top driver di auto e moto, sara? ammessa solo a bordo di prototipi rigorosamente green. E allora tanto valeva portarsi avanti col lavoro.
    Cosa che Audi, che all’avanguardia della tecnica c’e? di default, ha fatto alla sua maniera portando sulle dune una vettura, cioe? un’astronave, rivoluzionaria da qualsiasi parte la si rivolti come l’Audi RS Q e-tron. Un debutto doppio alla Dakar e con una trazione puramente elettrica che segna una svolta epocale. Qualcuno si sta meravigliando che la RS Q e-tron stia incontrando qualche problema di gioventu? nel deserto. Ma l’errore e? madornale. Intanto, perche? gia? a meta? Dakar 2022, sono state centrate la prima storica vittoria con Sainz al terzo stage e altri due podi. Risultati pazzeschi, considerando che il progetto, non la macchina, ha appena un anno di vita, che la prima accensione dell’astronave risale appena al 30 giugno 2021 con poco piu? di 180 giorni per testare le tre vetture affidate al dream team costruito intorno a Peterhansel, Sainz (17 Dakar vinte in due) ed Ekstrom.
    Non a caso, l’Audi RS Q e-tron non ha partecipato ad altre gare prima della Dakar,. Insomma, per i miracoli bisogna rivolgersi da qualche al- tra parte. Anche perche?, l’Audi RS Q e-tron e? davvero un capolavoro di ingegneria meccanica ed elettronica. Quattro motori, tre elettrici, 2 MGU, una per asse dedicati alla trazione, un’altra a fungere da ricarica per la batteria ad alto voltaggio da 50 kWh (e 350 kg) coadiuvata in questo senso dal quarto motore un 2.0 TFSI quattro cilindri turbo a iniezione diretta di benzina, perche? nel deserto (come in citta?) non e?… facile trovare wallbox o colonnine per la ricarica. Una scelta d’avanguardia, quella portata avanti dagli ingegneri di Ingolstadt come da tradizione. Tecnicamente, la sintesi perfetta di tutte le gloriose esperienze sportive di Audi. Dai successi nei rally con la trazione quattro, a quelli nell’endurance con il primo ibrido vittorioso a Le Mans e senza dimenticare i successi a emissioni zero in Formula E. Un’avanguardia gestita peraltro dal team piu? vincente di sempre alla Dakar il Q Motorsport di Sven Quandt. L’avanguardia, proprio in quanto tale, deve pagare un prezzo con la complessita? di tutto il progetto trasferito nel deserto. Una potenza di sistema di 680 cv, necessita di protezioni dello stesso livello per evitare che i piloti possano avere problemi (eufemismo) con l’alta tensione su cui sono seduti a guidare. Dentro l’abitacolo ci sono 4 chilometri di cavi, sei sistemi di raffreddamento e un elabatorissimo sistema di protezione, che diventa tripla nel sottoscocca a difesa della batteria. Senza contare la tutela del powertrain e dei piloti che a bordo hanno 8-9 display tra cui uno, il Monitor ISO che li avverte real time di eventuali sbalzi della tensione.
    Un’astronave dal peso di 2 tonnellate. Non una piuma sul deserto, insomma. Ma dopo questo intelligente debutto, siamo sicuri che l’anno prossimo l’Audi stupira? con qualche altro effetto speciale, sicuramente piu? leggero. Cambiare il mondo, anche nel deserto, non e? facile e soprattutto non e? gratis. LEGGI TUTTO

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    Auto elettriche e ibride, non ci sarà l'ecobonus per il 2022

    Un brutto colpo da incassare visto che le misure sono da sempre richieste a gara voce da tutto il comparto, da tutte le associazioni legate alla filiera automobilistica, e che sono serviti a svecchiare un po’ il parco circolante italiano, il più vecchio d’Europa. Una riconferma avrebbe incentivato l’acquisto di auto ibride plug-in ed elettriche, povere di emissioni di Co2, e avrebbe permesso agli automobilisti di rottamare, e quindi sostituire, le vetture ultradecennali con quelle di ultima generazione a basso impatto ambientale.
    Le polemiche dopo la notizoa
    L’unica certezza al momento è l’istituzione di un fondo di 150 milioni di euro per l’anno 2022: “da destinare al sostegno degli operatori economici del settore del turismo, dello spettacolo e dell’automobile, gravemente colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19”. Così come resta invariato il bonus fiscale del 60% per il retrofit elettrico, con un limite di 3.500 euro: chi decide di installare un motore elettrico al posto di un propulsore endotermico. 
    Scelte, quelle prese dal Governo, che fanno molto discutere: senza il rinnovo degli incentivi, la strada verso la transizione ecologica si fa ancora più frastagliata. Toccherà quindi al ministro Cingolani l’arduo compito di vedersi approvare fuori dalla Legge di Bilancio delle nuove misure straordinarie a sostegno dell’automotive per l’anno che sta arrivando, prima che sia troppo tardi e prima che migliaia di posti di lavoro vengano messi a rischio.
    Italia, stop alla vendita di auto endotermiche entro il 2035 LEGGI TUTTO

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    Hyundai sprint sull'elettrico: stop allo sviluppo dei motori termici

    L’obiettivo di Hyundai non è certo un mistero: produrre 1 milione di auto elettriche vendute in tutto il mondo nel 2025 e 1,7 milioni nel 2026. Ma per fare questo c’è bisogno di accelerare i lavori e serve una riorganizzazione profonda. Ed è così che si fanno sempre più nette le posizioni della Casa sudcoreana sui suoi progetto elettrico e sullo sviluppo dei sistemi fuel cell.
    A essere coinvolto è soprattutto il reparto sviluppo e ricerca motori termici di Namyang, nome celebre nella sua lettera iniziale perché presente sulle sportive Hyundai N. Secondo quanto riportato dai media coreani, il Business Korea e il The Korea Economic Daily, il 17 dicembre scorso è stata chiusa l’attività di sviluppo di nuovi motori endotermici, per spostare i tecnici sui progetti legati all’elettrificazione.
    Sviluppo dei motogeneratori del futuro, sviluppo di nuove celle per le batterie, a questi compiti lavoreranno i 12 mila addetti del centro Ricerca e sviluppo riconvertito.
    Riassetto manageriale
    Rumours supportati da fonti interne, dopo che proprio il 17 dicembre il Gruppo Hyundai ha presentato un profondo riassetto manageriale che, tra gli altri, ha visto l’uscita di Albert Biermann da direttore del centro Ricerca e sviluppo, per diventare consulente esterno Hyundai. Biermann ha lavorato anche alle Hyundai N, portando un bagaglio di competenze di valore, provenienza BMW M.
    La vendita continua
    I programmi di Hyundai sull’elettrificazione, così come di KIA, sono noti e guardano a un futuro da marchi solo elettrici. Lo stop all’attività di sviluppo nel centro dedicato ai motori endotermici certo non comporta il taglio istantaneo dell’offerta Hyundai endotermica. Anche altre case sono state indicate allo stop dello sviluppo di nuove famiglie di motori benzina e diesel per concentrarsi sull’elettrico, in una proposta di unità tradizionali che continuerà affiancando la sempre più ampia fetta di elettrificazione proposta in gamma.
    Secondo il The Korea Economic Daily, infatti, un piccolo gruppo di tecnici del reparto R&D di Namyang sarebbe rimasto per adattare gli attuali motori termici negli anni a venire. Va detto come Hyundai-KIA sia reduce da un recentissimo passato di innovazioni sostanziali sui propri motori benzina, come ad esempio l’1.6 T-GDI, proposto con una raffinata soluzione di controllo della durata di apertura variabile delle valvole.
    Auto elettriche: i modelli con più autonomia (in autostrada) LEGGI TUTTO

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    Stop alle endotermiche nel 2035, Unrae: “Una bomba inattesa”

    Poi, perchè è un controsenso dopo la chiara opposizione manifestata dalla maggioranza dei Costruttori che non hanno firmato il documento/impegno proprio per la data del 2035 alla COP26, infine perchè se metti un paletto del genere devi almeno essere pronto a garantire una strategia a lungo termine di sostegno alla vendita delle auto meno inquinanti, che magari arriverà, ma quando? Come? E invece niente, solo una presa di posizione… politica (ideologica?).
    Una situazione che definire preoccupante è riduttivo per chi ogni giorno deve fare i conti con il calo delle vendite mentre ancora sta metabolizzando la delusione per il mancato inserimento proprio di quella strategia, magari estesa, all’interno della Legge di Bilancio.
    Cosa contesta l’Unrae
    Michele Crisci, Presidente dell’Unrae, l’associazione delle Case estere (oltre che presidente e AD di Volvo Italia) è sconfortato: “Lo ammetto – sospira – è stata una ‘bomba’ inattesa. Anche se di fatto il Ministro Cingolani l’aveva quasi anticipata in un recente evento. Sia chiaro, siamo di fronte a un copia e incolla del FitFor55 dell’UE. E la cosa lascia davvero attoniti. Ma come, il Governo italiano non recepisce mille altre indicazioni dell’Europa, tipo, sempre in tema auto, l’adeguamento alla fiscalità europea, e questa sì? Sarebbe ora di smetterla con i proclami e di mettere mano ad una seria agenda delle cose da fare. Posso essere d’accordo o contrario all’indicazione del CITE, ma dimmi anche cosa devo fare da qui al 2035. La realtà è che manca una strategia coerente di lungo termine. È come leggere un libro al contrario, si parte dalla pagina finale, invece di risolvere prima i tanti nodi che ci sono”.
    In tutto questo continua a latitare la chiarezza sugli incentivi: anzi, l’unica certezza è che a oggi, non ci sono. “Adesso stanno discutendo gli emendamenti alla Legge di Bilancio, ma andrà a finire come al solito che avremo due soldi a gennaio che a febbraio saranno già esauriti. Così non servono a nulla. Da manager d’azienda, la prima cosa che mi sento di dire è che non si riesce a fare il budget…”.
    Il ruolo centrale che spetta all’Italia
    Insomma, deluso da questo Governo?”Devo dire di sì. Quello precedente, anche con i suoi difetti, con i 5 Stelle che si opponevano a tutto, alla fine il PD trovava la maniera di farli ragionare. Qui ormai non capiamo più nulla. Un Ministro come Giovannini (Trasporti) che dice di voler aumentare i treni veloci, di volerli far arrivare nei porti per risolvere il problema della mobilità, significa che non conosce la realtà del nostro Paese. Giorgetti (Svilluppo) e il suo vice Frattini ci avevano garantito lo stanziamento di 1 miliardo all’anno fino al 2025. Il Ministro Franco (Finanza) deve sempre fare i suoi conti, mi rendo conto non sia facile trovare i soldi.Ma si prenda una decisione e si inizino a fare delle cose”.
    Quanto può pesare il costruttore Nazionale, oggi Gruppo Stellantis, su una decisione del genere?”Immagino tanto, ma mi interessa relativamente. Qui bisogna uscire dall’equivoco. Se il mercato italiano continua a rimanere sotto la quota di 1 milione e quattrocentomila macchine vendute all’anno, tutti gli altriCostruttori avranno sempre meno interesse a portare vetture in Italia. Mentre Stellantis ha i suoi mercato abbastanza chiarti: FCA vende solo in Italia, PSA quasi tutto in Francia e poco in Italia. Il nostro Paese deve tornare a essere il terzo mercato europeo, altrimenti le conseguene in termini di posti di lavoro non sono valutabili. Spero che qualcuni se ne renda conto”. LEGGI TUTTO

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    Nuova MINI 2023, anticipazioni sulla prossima serie benzina ed EV

    Quella che annuncia la presentazione della prossima generazione della 3 porte è una Mini completamente rivoluzionata. Al punto tale da far dimenticate la purezza della Mini R53 e della R56 con l’unità N18. Per una conferma serve però attendere fino al 2023, così da scoprire nuova MINI Cooper nelle sue interpretazioni classiche. Tali perché 3 porte, Cooper S, John Cooper Works, successivamente ancora Cabriolet. Sarà ancora un progetto con motori turbo benzina e diesel, affiancati dalla seconda generazione di Mini elettrica.
    Architettura FAAR
    Tutte nasceranno su architettura FAAR, come anche il successore del suv Countryman, a sua volta con motori termici e ibridi plug-in. Si diceva di una purezza del concetto Mini oramai appannaggio della prima e (parzialmente) della seconda generazione. All’attuale Mini si è contestato l’incremento eccessivo delle dimensioni, del peso ancora di più, pur riconoscedole prestazioni velocistiche superiori (leggi le novità del restyling John Cooper Works). Di certo è un modello pienamente premium, “di lusso” nel segmento d’appartenenza per materiali e interni. S’è dispersa quell’essenzialità del ritorno sulla scena.

    Dimensioni: cosa cambia
    La nuova Mini 2023 avrà dimensioni leggermente inferiori, il dato è anticipato da un tre quarti posteriore visivamente molto più compatto se paragonato alla serie f56. Resta da verificare meglio se anche lo sbalzo anteriore avrà beneficiato di una riduzione. Poi, quanto saprà alleggerirsi rispetto al modello sul mercato? L’impronta di stile dei primi muletti camuffati introduce fari davvero molto grandi sul frontale, dove gli specchietti sono naturalmente provvisori. 
    LEGGI ANCHE – A ottobre crolla il mercato dell’auto
    Un completo reset è atteso nel disegno degli interni, dove si intravede un elemento a sbalzo al centro della plancia. Mini ha anticipato una elevatissima possibilità di personalizzazione, al pari di una tela da “disegnare” a proprio piacimento.

    Con Countryman ecco un crossover
    Quel che sappiamo della prossima generazione della famiglia Mini 2023-2024 è l’arrivo di un secondo crossover urbano, un segmento B più compatto della nuova Countryman; sarà un modello prodotto in Cina dalla joint venture con Great Wall, mentre Mini 3 porte e Countryman saranno prodotte in Gran Bretagna.
    Nel 2025, poi, verrà presentato l’ultimo modello del marchio con un motore termico, dopodiché il rinnovamento generazionale porterà a un marchio esclusivamente elettrico dal 2030. Quanto alla tipologia motorizzazione sui volumi venduti, già nel 2027 Mini punta a realizzare il 50% delle vendite con modelli elettrici. LEGGI TUTTO

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    Polestar, la sfida a Porsche è tutta elettrica

    È riuscita a separarsi da Volvo, costruendo una propria identità e proiettandosi già verso un 2030 che, per molti marchi, significherà rivoluzione, o meglio, conversione a una produzione esclusivamente elettrica, perlomeno in Europa (e perlomeno al giorno d’oggi). Protagonista è Polestar, che però palesa ben altra ambizione: giungere a una produzione che sia neutrale in termini di CO2 emessa. Non solo un “prodotto finito” a zero emissioni, ma un processo di produzione che non impatti sull’ambiente. 
    Polestar 2 è il primo progetto davvero pensato per essere “di grande serie”, altri arriveranno nei prossimi anni, dalla Polestar 3 alle successive 4 e 5. Numeri dietro ai quali si nasconde una strategia descritta da Thomas Ingenlath, a.d. del marchio. Ad Auto Motor und Sport indica dove sarà il marchio tra 5 anni: “Fino ad allora a nostra gamma comprenderà 4-5 modelli. Stiamo sfidando Porsche per realizzare le migliori auto sportive premium elettriche”.
    Guarda la galleryPolestar Precept: gli scatti
    SUV e berlina: ecco il programma
    Il tratto sportivo resta tra i fattori identificativi Polestar, chiarissimi nella prima Polestar 1, una super ibrida plug-in di fatto laboratorio di design per introdurre il brand. Con Polestar 5 scopriremo l’interpretazione di una sportivissima quattro porte (in foto il concept Precept) chiamata a rivaleggiare con Porsche Taycan. Arriveranno anche i suv, prima di allora, dove a Stoccarda si preparano a svelare il Macan elettrico Polestar presenterà  la 3 e successivamente la 4, suv-coupé.
    Polestar indipendente dalla casa madre
    Un cliente Polestar che verrà attratto “pescando” tra quanti oggi acquistano auto premium tedesche e con motorizzazioni convenzionali, prevede Ingenlath. “Siamo in un viaggio che è ben lontano dal dirsi concluso. L’offerta di modelli crescerà nei prossimi anni e questo consentirà al marchio di presentarsi sotto una luce del tutto diversa. A quel punto usciremo ancor di più dall’ombra del marchio Volvo e verremo percepiti ancor più indipendenti”.
    Una percezione importante, alla quale però potrebbe subentrare un supporto nella produzione di parte dei modelli presso stabilimenti europei di proprietà della casa svedese, piuttosto che importare la produzione dalla Cina. Uno scenario sul quale Ingenlath si è detto possibilista, legato ai volumi di vendita e in un’ottica di riduzione delle emissioni dal trasporto delle auto dalla Cina in Europa. LEGGI TUTTO

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    smart crossover elettrico, non solo il Concept #1: ecco il modello di serie

    Guarda la gallerySmart Concept #1 al Salone di Monaco
    Dal concept al modello di serie cambia pochissimo
    Queste le coordinate del concept, destinato a diventare modello di serie nel 2022. Ecco, un 2022 che – con un po’ di immaginazione – è già realtà nei modellini CAD registrati presso l’ufficio brevetti europeo e apparsi online.
    L’impianto del concept resta fedele, gli elementi distintivi del tetto “a mo’ di cappellino”, i fari a tutta larghezza, le portiere con maniglie a filo con la carrozzeria. Non si registrano sostanziali variazioni, se non nel posizionamento degli specchietti sullo sportello anziché al montante e per la soluzione prevedibile delle portiere posteriori incernierate al montante centrale e non al posteriore, come proposto da Concept #1.
    Ritocchi marginali interessano anche la fascia paraurti, dove la griglia inferiore integra parte dei sensori degli Adas. 
    Sotto le forme, simpatiche, del crossover smart andrà l’architettura modulare di Geely, la SEA, in una configurazione dalla quale si attende un’autonomia di marcia di circa 450 km. LEGGI TUTTO