La Formula 1 sbarcherà anche in Florida per ospitare il Gran Premio di Miami a partire dal 2022. Nella città dove, negli anni ’80, era ambientato il telefilm cult “Miami Vice” con Don Johnson. Sarà un circuito cittadino che si snoderà intorno all’Hard Rock Stadium, patria sportiva della squadra di football americano dei Miami Dolphins e del torneo Masters 1000 di tennis. Tutto bello, ma una domanda sorge spontanea: era davvero necessario?
Per spiegare il perché di cotanta scelta ci viene in soccorso una canzone dei Pink Floyd, tanto per rimanere nel tema delle citazioni. “Money“, ovviamente. I soldi fanno la differenza. Sembra un po’ di riaffrontare in chiave motoristica l’argomento sportivo della settimana, quello della Superlega, progetto imploso in un attimo ma che ha prepotentemente riproposto un tema. E non solo nel calcio. Gli sport sono diventati schiavi del denaro? Evidentemente sì.
Se la prova madre nel mondo del pallone si è rivelata essere la creazione della Superleague, nella Formula 1 il preferire circuiti asettici a tracciati storici e spettacolari ne ha fatto le veci. Si va a correre a Miami, a Riyadh, a Sochi e via discorrendo mentre circuiti veri come Imola, il Mugello, il Nurburgring e tanti altri vengono considerati semplicemente come tappabuchi. Di lusso per gli appassionati. Giocattolini senza profitto per i vertici.
C’è chi vive di Formula 1 e chi ci si arricchisce. Senza guardare in faccia ai valori dello sport. Perché ci si dimentica facilmente che il Circus, oltre ad avere una importante e innegabile parte economica, è uno sport. Ma ciò passa in secondo piano di fronte all’avidità, di fronte al più classico, ma mai così veritiero, cliché del vil denaro. Liberty Media sta facendo cose discrete per questo mondo ma soprattutto cose altamente discutibili. Due quelle principali e una più grave dell’altra.
In primis, mettere la testa sotto la sabbia nei confronti delle richieste degli appassionati. Senza i tifosi, senza la gente, questo sport non esisterebbe. E si sta giocando col fuoco da questo punto di vista. Lo ha ampiamente dimostrato il calcio questi giorni. Non c’è bisogno di snaturare la Formula 1 per renderla più appetibile al pubblico. Basterebbe ascoltarlo di più. Quello stesso pubblico che chiede semplicemente di rendere la F1 più semplice, più spartana se vogliamo, ma più vera e umana.
Il secondo aspetto è quello più imbarazzante per Liberty Media. Battaglie per l’uguaglianza, per i diritti, per le pari opportunità. Una presa di posizione netta del Circus contro le repressioni. Fin qui tutto bene. Ma la teoria seguirà la pratica? Il dubbio è stato fugato dal momento dell’annuncio del GP d’Arabia Saudita per quest’anno. Le auto più veloci del mondo sbarcheranno in uno stato dove i diritti degli uomini sono rispettati a corrente alternata e nel quale le donne sono considerate poco più che degli oggetti.
Ipocrisia, portami via. Far buon viso a cattivo gioco sembra essere ormai diventata la moda dei grandi capitalisti sportivi, che di sportivo non hanno nulla. Anzi, lo sport in sé ormai viene visto come un mezzo per raggiungere un obiettivo economico. E se ciò vuol dire distruggere la competizione poco male per loro. Si asciugheranno le lacrime con delle banconote di grosso taglio. Questo deve però far prendere una posizione ancora più netta a quei tifosi di tutto il mondo che hanno a cuore la Formula 1. Cosicché questi grandi “signori” che di grande hanno solo il conto in banca, possano rendersi conto che senza di loro, senza di noi, tutto questo non esisterebbe. Peccato ci si debba sempre sbattere la testa prima di rendersi conto di cosa sta succedendo.
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/OoLbKksPe1g/miami-why-ce-nera-davvero-bisogno-il-circus-si-allontana-sempre-di-piu-dalla-gente.php