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    Ayrton Senna, un’eredità mai raccolta

    Estoril, Portugal.19-21 September 1986.(L-R) Championship contenders Ayrton Senna (Team Lotus), Alain Prost (McLaren TAG Porsche), Nigel Mansell and Nelson Piquet (both Williams Honda).Ref-86 POR 11.World Copyright – LAT Photographic

    Oggi, primo maggio si ricorda la scomparsa di Ayrton Senna, un rituale che si svolge, purtroppo, da 26 anni che sembrano 26 minuti. Sul brasiliano si discute se sia stato il più grande di tutti i tempi o meno, una discussione che non avrà mai una risposta definitiva come tutti gli appassionati sanno nel profondo; troppo difficile paragonare piloti di diverse epoche ed ordinarli gerarchicamente in una classifica che poi, in fin dei conti, non dice nulla. Nonostante ciò, Ayrton è sempre lì, e noi ci ricordiamo dell’immenso talento di pilota, sì, ma anche e soprattutto di un uomo che è riuscito a far breccia nei cuori degli appassionati proprio grazie al suo essere uomo, tra forze e debolezze.

    Quella che Ayrton ha lasciato 26 anni fa è un’eredità pesante, pesantissima che forse nessuno aveva l’onere e l’onore di raccogliere: ogni pilota è diverso, nessuno potrà mai essere uguale ad un altro nel bene e nel male, nonostante l’appiattimento delle personalità degli ultimi anni, un argomento che richiederebbe considerazioni a sé stanti. Certo è che se partiamo proprio da quel maledetto 1994, non riusciremo a trovare un pilota, una scintilla dell’essere in grado di avvicinarsi a quella del campione paulista.
    Innanzitutto, Michael Schumacher: il pilota che si avvicina di più in termini meramente tecnici a Senna, quello che avrebbe potuto scrivere la pagina di storia più bella della storia di questo sport proprio grazie alla rivalità con Ayrton che stava cominciando proprio quell’anno. Una storia mai scritta che, per certi versi, ha condannato Michael a vincere, tantissimo, in maniera schiacciante ma senza quella personalità ambigua e difficile del brasiliano. Uno come noi. Schumi, invece, è sempre stato considerato un robot, un computer infallibile la cui poca empatia lo ha sempre fatto rimanere diverso, molto diverso da Senna. Poi sarà soggettivo capire se ciò è un bene o un male.

    Fernando Alonso, il samurai, l’uomo che non molla mai, forse quello che caratterialmente più si avvicina ad Ayrton, con la voglia di vincere scritta nel DNA, una determinazione da far paura: troppe, però, le scelte sbagliate dall’asturiano, troppi i detrattori, troppi quelli che lo accusano di essere stato un cattivo uomo squadra.
    Sebastian Vettel, un mini Schumacher che quando la giornata è perfetta si trasforma in Kaiser, ma quando qualcosa va storto si butta giù, si deconcentra e sbaglia. Una forza mentale che dimostra di avere a corrente alternata, per questo considerato uno Schumi riuscito non perfettamente; due mondi totalmente distanti con Senna.
    Infine, Lewis Hamilton: che impressione vedere quel suo casco verdeoro, simbolo dell’immenso rispetto e amore che l’inglese nutre nei confronti di Ayrton, un idolo che non ha mai conosciuto. Tanta l’ammirazione, poche, pochissime le cose in comune con il brasiliano: a partire dalla capacità di Lewis di dire sempre la parola giusta in tutte le situazioni, senza però riuscire a far discutere, senza magari farsi volere più bene in maniera artificiosa ma essere più personaggio. Le enormi capacità di guida del pilota non si discutono, un talento cristallino. Ma manca il pepe, il litigio, la voglia di primeggiare a qualsiasi costo e con qualunque mezzo lecito o illecito. Manca, insomma, quella componente in più che ci fa dire “Che bastardo quell’Hamilton, ma che pilota, che uomo”.
    Ma forse è giusto così: un altro Senna sarebbe solo una copia e quasi mai la copia ha lo stesso sapore dell’originale. Meglio così. Come già accennato, è inutile fare paragoni in questo sport, si prende ciò che si ha. Il brasiliano ha lasciato un’eredità che nessuno ha raccolto, ma forse che nessuno ha voluto raccogliere. Anche per questo, ci manchi Ayrton… LEGGI TUTTO

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    F1, Ayrton Senna: ecco perché non smetteremo mai di ringraziarlo

    1 maggio 2020: ricorrenza della morte di Ayrton Senna. Il contributo di Valeria Biotti, autrice del libro “Ayrton Senna, un dio immortale alla ricerca della felicità”.

    In questo mondo immobile, che sembra trattenere il respiro in attesa di tempi migliori, il 1 maggio ci coglie quasi di sorpresa.
    È una data dalle mille sfaccettature e dai molteplici significati. Per noi amanti della Formula Uno, poi, ha un gusto particolare. Il sapore amaro di una medicina che non avremmo mai dovuto bere, che ci aggredisce lo stomaco e i ricordi ancora dopo 26 anni.
    Ne avrebbe 60, oggi, Ayrton. Se la sua monoposto non avesse tirato dritto ad Imola, quel giorno, se tutto non si fosse sospeso in quell’attimo maledetto ed eterno.
    Ecco perché oggi la ricorrenza della scomparsa di un grande pilota – gioia del mondo intero e dolore dei suoi avversari – fa ancora più male. Succede sempre, quando la vita e la morte procedono improvvisamente appaiate, quando rimaniamo attoniti e basiti di fronte alla nostra fragilità di uomini.
    Senna è stato enorme nella vita come nella morte. Straordinario nella sua ricerca perfezionista della vittoria ed eroico nella cura quotidiana di un Paese, il Brasile, che in lui aveva riposto sogni e speranze. Come suggeritogli dal Dio che lo ha guidato e istradato, il Beco ha fatto sì che i piccoli e i poveri avessero di che mangiare e fiducia: cibo del corpo e dell’anima.
    Potremmo raccontare del record di Pole, dei Mondiali, del dualismo con Prost e delle battaglie per una F1 più sana e sicura. Di come abbia dominato la pioggia, l’asfalto, curvato il tempo. E per questo è stato magnifico poter scrivere “Ayrton Senna, un dio immortale alla ricerca della felicità” (Diarkos, 2020). Ma oggi il senso della vita e l’essenza delle cose risiede nel ricordare un grande personaggio – sportivo e umano – che nelle sue luci e ombre ha onorato ciò in cui credeva.
    Se nelle pagine che ho potuto dedicargli ho avuto il privilegio di dar voce a chi lo ha conosciuto, amato, sofferto, raccontato, è perché Ayrton ha lasciato un segno indelebile.

    Per questo e per le emozioni che valgono una vita, tutti noi non smetteremo mai di ringraziarlo. LEGGI TUTTO

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    Vettel come Prost: riuscirà il tedesco dove fallì il francese?

    C’era una volta, agli albori degli anni 90, un pilota che lottava a bordo di una Ferrari contro un rivale che pareva imbattibile. Si impegnava e tanto per vincere il suo quinto titolo con la Rossa di Maranello, un traguardo ambito da tutti, ma non ci riuscì perché davanti a sé aveva lo strapotere di […] LEGGI TUTTO