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    Thiem: “Spero di tornare competitivo per vincere gli Slam, altrimenti smetterò”

    Dominic Thiem

    Dominic Thiem ha finalmente brillato all’ATP 250 di Gijon, in corso questa settimana in contemporanea al torneo indoor di Firenze. Per suo stesso dire quella contro Sousa è stata la sua miglior prestazione dopo l’infortunio al polso che l’ha costretto a un lungo stop e una difficile riabilitazione. L’avversario non era tra i più temibili, ma è piaciuto assai il tennis del viennese. Erano mesi e mesi che l’austriaco non riusciva a produrre un tennis così consistente, offensivo e carico di quella potenza, intensità ed energia che l’avevano portato ai vertici della disciplina, con la vittoria a US Open e le finali raggiunte a Parigi e Australian Open.
    Intervistato dal quotidiano iberico AS, Dominic ha parlato a 360° del suo momento, di quanto sia stato difficile ritrovare il suo miglior tennis e dei suoi obiettivi. È consapevole che sarà molto difficile, ma vuole tornare competitivo negli Slam, altrimenti crede sia meglio farsi da parte. Ecco alcuni estratti del suo pensiero.
    “Finalmente il polso sta bene. Tornare al 100% mi è costato molto, sono stato molto tempo senza giocare al meglio. Il diritto era sparito, da essere un colpo molto buono era crollato quasi zero, mi ci è voluto molto lavoro per riaverlo. Ora sono su una strada molto buona”.
    Per molti osservatori rovescio era il suo punto di forza, anche se lui non la pensa proprio così: “Il rovescio? Penso che sia migliorato un po’ nell’ultimo mese, il che è importante per me perché anche se il mio rovescio è sempre stato un buon colpo, nella fase migliore della mia carriera costruivo il punto e cercavo più il vincente con il diritto. E dopo l’infortunio tutto questo non ha più funzionato. Quindi ho dovuto chiedere molto di più al rovescio. Era l’unico colpo con cui riuscivo a fare la differenza. Ora che a poco a poco la spinta sta tornando, può essere un’ottima combinazione per me”.
    Ricordano a Dominic che in passato ha battuto Roger, Rafa e Novak cinque volte ciascuno. Passare da quel livello alle sconfitte nei primi turni in così poco tempo deve esser stato difficile da digerire… “Sono momenti molto diversi. La mia carriera è divisa in due, prima e dopo l’infortunio. La prima parte è stata incredibile. Sono stato in grado di battere tutti i migliori, vincere molti tornei, persino un Grande Slam. E poi è arrivato l’infortunio e la mia traiettoria si è fermata. La fase attuale da un certo punto di vista è un’esperienza molto interessante perché devo essere in grado di competere di nuovo con tanti ragazzi in gamba, cercando di arrivare a giocarmela contro i migliori e questo è un bene. Ovviamente le partite e le vittorie contro Federer, Nadal e Djokovic mi stanno aiutando, perché sono state una bella esperienza e mi ricordano che giocatore ero, dove voglio tornare”.
    “Tornare a lottare per uno Slam? È quello che voglio, ho la convinzione di potercela fare. Altrimenti rinuncerei alla mia carriera. Ero in al vertice, tra i primi tre in classifica. Ho la sensazione di essere in grado di lottare ancora per i grandi titoli, per gli Slam e di poter battere chiunque. Altrimenti, tutto questo duro lavoro non avrebbe senso per me. Spero l’anno prossimo di poter tornare a quel livello, ora che sto finalmente bene”.
    Stare tanti mesi senza giocare gli è costato molto, ha perso la motivazione: “Quando giochi male, le cose non vanno, è difficile tenere alta la motivazione e tornare in giorno in campo senza vedere miglioramenti. Per me è stato difficile. Non vedevo molto tennis quando sono stato costretto ai box, era difficile non stare là con gli altri. Tutto questo sembra alle spalle”.
    “Ritiro? No, seriamente non c’ho mai pensato. Sono ancora molto giovane, penso di aver davanti a me altri anni positivi”.
    “Alcaraz? È il più giovane numero uno della storia e vincitore degli US Open da teenager, è un tennista eccezionale. Sta cambiando il tennis, perché a New York e in altri tornei lui era sempre lì, in attacco, andando a rete, giocando ogni punto senza paura e con ritmi altissimi. Penso che questo sia qualcosa di nuovo”.
    Non sarà facile per Thiem ritrovare quella combinazione di intensità, forza e determinazione che l’hanno portato sul trono di New York e super competitivo in tutti i grandi tornei. Anche nei suoi anni migliori, la sensazione che esprimeva il suo tennis è sempre stata quella di una notevole “fatica”. Ha chiesto di tutto di più alla sua testa e al suo fisico per arrivare al livello di Novak e compagni, spremendo ogni goccia di quel che aveva. Tanta forza, abnegazione, ma poca fluidità e tempo sulla palla, quindi per generare velocità c’ha sempre messo forza, fatica, intensità, scambiando fin troppo e quindi facendo chilometri e chilometri. Ha migliorato il suo tennis negli anni, crescendo soprattutto al servizio, ma non è mai davvero riuscito a passare da quel tennis muscolare di pressione e intensità ad un gioco più rapido e meno dispendioso nella ricerca del punto e anche in difesa. Bravissimo nell’arrivare con i suoi mezzi tra i migliori del mondo, ma la storia del gioco insegna che quando hai un tennis che ti spreme così tanto, arrivi a toccare l’apice e poi sei costretto a fermarti, ritrovare quella estrema motivazione per tornare a quei livelli è molto, molto difficile. Glielo auguriamo, perché Thiem nei suoi anni migliori è stato protagonista grandi battaglie contro Roger, Rafa e gli altri, regalando grande spettacolo.
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    Del Potro: “Vivere senza tennis è dura. Ero n.3 del mondo, poi il k.o. al ginocchio e ho perso tutto”

    Juan Martin Del Potro

    Quando ami qualcosa con tutto te stesso, affronti mille difficoltà cercando di superare ogni ostacolo, è dura accettare che sia finita. Una situazione comune a molti tennisti (e sportivi) costretti a gettare la spugna contro la propria volontà per colpa di infortuni troppo gravi per andare avanti. C’è chi riesce a voltare pagina, trovando altre vie per vivere una vita serena e soddisfacente, e chi invece soffre terribilmente l’aver dovuto abbandonare quella vita per la quale aveva investito tutte le proprie energie.
    Juan Martin Del Potro, indimenticabile e sfortunatissimo campione argentino, si è ritirato lo scorso febbraio per colpa di terribili problemi alle ginocchia, ma il tempo che passa non riesce a sanare le ferite al fisico e soprattutto al suo cuore, infranto dal dolore per esser stato costretto a terminare quella passione e vita per la quale ha lottato con tutte le proprie forze.
    In una breve intervista rilasciata al Sun, ha raccontato la sua situazione attuale, con un ginocchio che non ne vuol sapere di guarire e la sofferenza per quella vita sportiva che gli manca terribilmente. Una condizione che fa enorme fatica ad accettare.
    “Recentemente mi sono recato in Svizzera per un altro consulto medico con uno specialista. Ho iniziato una nuova cura, quella che mi era stata consigliata da diversi tennisti professionisti, ma finora non ho avuto un solo risultato positivo. Immaginate quanto sia dura la sensazione che niente stia funzionando dopo ogni tentativo, che si tratti di un trattamento o di un intervento chirurgico. La frustrazione che provo quando le cose non funzionano è difficile da spiegare. Come sempre mi illudo, voglio aspettare, ho fiducia in ogni nuovo trattamento che provo, ma ogni volta che fallisce è un duro colpo da mandare giù. Questo è il mio quotidiano negli ultimi tre anni e mezzo, nonostante gli interventi chirurgici e trattamenti che ho provato, non è mai successo niente di positivo. Adesso posso solo camminare, non riesco a correre nemmeno sul tapis roulant. Anche il solo salire e scendere le scale mi provoca dolore, non posso nemmeno guidare l’auto per molto tempo senza dovermi fermare per sgranchirmi le gambe per via del dolore. Questa è la mia realtà, è molto difficile, molto triste, ma continuo a cercare modi per migliorare. La mia nuova sfida è cercare un modo per vivere meglio, anche psicologicamente, nonostante i miei problemi fisici”.
    Una situazione per niente facile quella vissuta dalla “Torre di Tandil”, come lo hanno sempre chiamato in patria. Ma il suo racconto si fa ancor più duro quando parla dei problemi psicologici che affronta per via di questa situazione, che non riesce ad accettare.
    “La verità è che dal punto mentale non riesco ad accettare una vita senza tennis. Non ho avuto un passaggio graduale per questo, non mi sono preparato, non ho idea di cosa abbiano fatto gli altri giocatori per vivere questo processo e cambiamento in modo sereno. Io non ci riesco. Ero il numero 3 al mondo, finché all’improvviso mi sono rotto le ginocchia ed eccomi qui, senza niente. Ho perso tutto quello che per me era importante”.
    Un dolore costante, sul quale Juan Martin sta cercando di lavorare. “Per tutto questo tempo ho cercato di recuperare, di ritrovare la salute e tornare a giocare, come ho fatto con qualsiasi altro infortunio, e in vita mia ne ho passate di tutti i colori. Finché stavolta è stato troppo, e a Buenos Aires ho detto basta. Da allora sto cercando di ritrovare me stesso, ma sono ancora lì, bloccato in quel processo di riflessione. Continuo a chiedermi quali cose potrebbero piacermi. Quando parlo con altri atleti mi dicono che alcuni hanno impiegato anni per assimilare tutto questo, mi raccontano come si sono preparati. È quello che sto facendo adesso”.
    Parole davvero toccanti, che raccontano quanto DelPo amasse il gioco e la vita del tennista. Possiamo solo augurargli di trovare la forza per accettare la sua situazione e trovare nuovi stimoli per andare avanti, magari fissando un nuovo obiettivo in quel mondo del tennis dal quale non riesce a staccarsi totalmente.
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    Bentornato Hyeon Chung

    Hyeon Chung

    A volte ritornano… Il torneo ATP 250 di Seoul, oltre a Ruud, Shapovalov, Evans e Norrie, segna una gradita presenza. Nel tabellone di doppio il sudcoreano Soonwoo Kwon farà coppia con il connazionale Hyeon Chung, al rientro sul tour Pro dopo un autentico calvario. Prima problemi agli occhi, quindi una spalla KO che l’ha costretto ad una lunghissima e difficile riabilitazione, il tutto nel mezzo della pandemia. Il coreano è finalmente tornato ad allenarsi con buona continuità dalla scorsa estate ed ha scelto l’evento nel proprio paese per tornare in campo. L’ultimo torneo disputato da Chung era stato Roland Garros 2020, sconfitto al secondo turno delle qualificazioni. Già allora il suo tennis era sceso come qualità, in preda a vari problemi fisici che l’avevano costretto a diradare assai le proprie apparizioni e scivolare oltre la posizione n.150 in classifica.
    Un vero peccato per Hyeon, che nel 2018 era balzato nel tennis di vertice toccando la posizione n.19 in classifica, dopo aver disputato la semifinale agli Australian Open. Un torneo pazzesco quello per il coreano: aveva superato infatti uno dopo l’altro Medevedv, Zverev e Djokovic, mettendo in mostra una mobilità fantastica, una risposta notevolissima e una capacità nel passare da difesa ad attacco da vero campione. Dopo aver battuto nei quarti Sandgren, si era arreso in semifinale a Roger Federer (poi vincitore del torneo), letteralmente svuotato dalle maratone disputate.
    Hyeon si era rivelato al grande pubblico alla primissima edizione delle NextGen Finals di Milano. In un evento a cui parteciparono talenti come Rublev, Medvedev e Shapovalov, Khachanov, “zitto zitto” il coreano s’era fatto largo, impressionando per qualità tecniche e motorie. Non un colpo che ti faceva sobbalzare sulla sedia, ma un tennis completo, continuo, sostenuto da agilità e reattività notevolissime. Impatti puliti, pronto anche a venire avanti a prendersi il punto, il coreano era un tennista difficile da battere perché non ti regalava niente ed era pronto a lottare su ogni punto. Hyeon sembrava un tennista destinato ad entrare tra i migliori 20 giocatori al mondo (per un pelo c’è riuscito) ma soprattutto restarci a lungo.
    Non era arrivato a questi risultati “per caso”. Chung da ragazzo aveva segnato risultati di prestigio: vinse l’Eddie Herr International e l’Orange Bowl (under 12), completando la propria formazione tecnica in Florida – insieme al fratello – all’Accademia di Nick Bollettieri. In molti lo ricorderanno per la finale disputata e persa contro Quinzi a Wimbledon junior. Quindi lo sbarco nel tennis professionistico, dove si era imposto piuttosto rapidamente: 9 successi in tornei Challenger, la semifinale a Melbourne e i quarti di finale a Indian Wells e Miami nel 2018, la sua miglior stagione, con conseguente best ranking. Non è riuscito a vincere un torneo ATP, ma a quel tempo sembrava solo una questione di tempo.
    Purtroppo i mille problemi fisici l’hanno prima limitato e quindi escluso dai giochi per tantissimo tempo. Di lui si erano completamente perse le tracce. Rarissime le dichiarazioni sul proprio stato di salute e percorso di recupero. Fa davvero piacere ora ritrovarlo in campo, pronto a tornare in una competizione ATP, anche se per ora solo in doppio.
    All’agenzia nazionale Yonhap ha dichiarato: “Era davvero troppo tempo che aspettavo questo momento. Non ho idea di come giocherò, ma di sicuro darò il meglio di me stesso. Non ho ancora giocato partite ufficiali, quindi è difficile dire come sarò fisicamente ed è presto per confrontarmi con il 2018. Da un certo punto di vista, penso di essere mentalmente in una posizione migliore rispetto a quella di allora. Quando ero al mio massimo in carriera, devo dire che non apprezzavo il tennis come adesso. Ora sono davvero grato per il semplice fatto di rimettere piede in campo. Mi sono allenato molto duramente negli ultimi due mesi, ma mi sono divertito così tanto che volevo mangiare e dormire sul campo! Non vedo l’ora di giocare e provare di nuovo la sensazione della partita. Poi vedremo”.
    Dopo questo piccolo antipasto casalingo, la speranza è che Chung possa riprendere la propria carriera dal 2023, finalmente in salute. La famiglia l’aveva spinto a giocare a tennis sotto consiglio dei propri medici, che vedevano nel tennis un ottima disciplina per “allenare la vista”, dato che il piccolo Hyeon era nato con un deficit visivo importante. Quella pallina, finché è stato sano, la vedeva e centrava assai bene… Bentornato Hyeon!
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    Djokovic, Roma preludio di Parigi?

    Novak Djokovic a Roland Garros 2021

    Djokovic suona la sesta sinfonia a Roma. Una vittoria limpida quella al Foro Italico, segnata da un crescendo continuo che l’ha portato ad alzare la prima coppa del 2022. Un’annata a dir poco travagliata per il serbo, ma che ora sembra aver preso la piega giusta. Oggi contro Tsitsipas non ha nemmeno dovuto giocare il suo miglior tennis. C’ha messo del suo il greco, con un inizio a tratti imbarazzante per i tanti errori. Nel primo set Novak ha lussureggiato sugli errori dell’avversario. Poi la prima di servizio di TsiTsi ha iniziato a funzionare e grazie ad una distrazione del serbo abbiamo avuto almeno un discreto secondo set. Tuttavia il campo ha parlato chiarissimo: appena Djokovic ha alzato i ritmi e si è messo a menare le danze negli scambi col suo pressing, si è preso i punti. E la partita.A una settimana da Roland Garros, questo Djokovic in crescita è il favorito per difendere la Coppa dei Moschettieri vinta l’anno scorso, proprio battendo Tsitsipas in finale? Nì…Non è una risposta diplomatica, è la realtà dei fatti al 15 maggio. Il prossimo Roland Garros si appresta ad essere quanto mai incerto, con più di un possibile favorito.Nadal, il padrone di casa, ha sofferto una ricaduta al piede proprio a Roma. Non possiamo sapere come si presenterà al Bois de Boulogne. Di sicuro vincere uno Slam duro come Parigi zoppicando potrebbe essere troppo anche per la sua assoluta resilienza. Dobbiamo solo aspettare e vedere come si presenterà a RG22. Se il piede tiene, resta sempre lui l’uomo da battere.La mente corre veloce all’Alcaraz dominante visto a Madrid. E in tutto il 2022. Lui il favorito a Parigi? È certamente uno dei favoriti, ma uno Slam è diverso da un Masters 1000. Il suo gioco è esploso con una prepotenza incredibile, ma vincere un Major vuol dire giocare 7 grandi partite 3 su 5, con testa e fisico. Devi tenere altissima l’intensità e la concentrazione. Carlitos ha tutto quel che serve per riuscirci, eccetto una cosa: l’esperienza. Potrebbe bruciare le tappe e farcela, magari giocando quel tennis intenso e spettacolare che ha demolito la concorrenza nelle ultime settimane. Ma non ci dimentichiamo la sconfitta a Monte Carlo… In una giornata non così brillate ha sbagliato tantissimo, si è perso, è risalito e crollato di nuovo. Cose che capitano. Potrebbe capitargli a Parigi, per tutti gli avversari sarebbe un colpaccio estrometterlo.Gli altri? Ci sono. Nonostante la prestazione così così, Tsitsipas ha dimostrato ampiamente l’anno scorso di poter vincere a Roland Garros. C’è arrivato vicinissimo, gli è mancato un solo set. Aveva di fronte un uomo in Missione, ha vissuto quell’esperienza e quest’anno sarà ancor più determinato. Zverev potrebbe trovare la quadra, ha talento e fisico per farlo, anche se finora negli Slam si è inceppato più volte. Medvedev sarà appena al rientro, difficile vederlo da corsa in un torneo che si disputa sulla superficie a lui meno congeniale.C’è pure Jannik Sinner. A Parigi 2020 si è “presentato in società”, dimostrando di aver le qualità per stare coi migliori. Sta vivendo un passaggio personale e tecnico non facile, pensarlo come tra i possibili favoriti è un po’ ardito, ma sognare in fondo non costa nulla.Djokovic sogna il 21esimo Slam. Razionalmente sembra più probabile che possa farcela a Wimbledon che a Parigi. Ma attenzione al “Djoker”, perché a Roma è tornato quello vero. Soprattutto nella (splendida) partita contro Auger-Aliassime ha impressionato per la continuità del suo tennis, ottimo in ogni fase di gioco. Intenso, continuo, salito al servizio e cresciuto fisicamente, in quella che era la sezione più indietro nella sua prestazione. Al Foro Italico ha vinto una serie buone partite, che di sicuro lo hanno aiutato a crescere ancora sul piano fisico. È tornato a giocare bene, non al massimo ma a buonissimo livello. E quando lui gioca, non gioca mai per perdere.
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    Il n.1 è tornato

    Novak Djokovic

    “Wow…this is good tennis”. Parole e musica di Chris Evert, scritte nel corso del quarto di finale serale agli Internazionali BNL d’Italia 2022 tra Auger-Aliassime e Djokovic. Bel tennis, sì, soprattutto per merito di Felix che è riuscito giocare ad un livello molto alto e ha costretto Djokovic a dare del suo meglio per sconfiggerlo. La partita è stata intensa, ricca di scambi davvero duri, anche spettacolari. Il giovane canadese da quando ha intrapreso una nuova strada con l’ausilio di Toni Nadal ha spiccato il volo. Ha preso consapevolezza dei propri mezzi, ha rafforzato moltissimo il rendimento della prima di servizio. Soprattutto ha razionalizzato il suo gioco, spogliandolo di fasi inutili che lo appesantivano, andando all’essenziale. Impressionante come ora riesca ad essere incisivo (a tratti letale) col primo colpo dopo un ottimo servizio. Bravissimo.Ma alla fine, com’è come non è, la grande W te la ritrovi a fianco di Novak. Ora possiamo ufficialmente dirlo: Novak è tornato. C’ha messo un po’, era scontato che fosse così. Anche se sei una sorta di extraterrestre con racchetta, un’assenza così prolungata dalla competizione finisci per pagarla. Ha sofferto “Nole”, ha perso. Ma ha ritrovato pian piano quella intensità e sensazioni che gli mancavano.
    Non si può dire a che punto sia, quanto Djokovic sia lontano dal suo massimo, ma certamente è tornato a giocare quel tennis terribilmente completo ed intenso che stronca gli avversari. In diverse fasi del quarto di finale di ieri sera ha ripreso il controllo totale del campo, del gioco, del ritmo. Ha portato FAA a giocare alle sue velocità di crociera, con quella intensità e profondità che ci costringono a rincorrere, aprire una fetta di campo, sbagliare perché non ce la fai più o perché vuoi disperatamente uscire da quella morsa. Il tiebreak che ha deciso la partita è stata una sinfonia di tennis granitico. Brutale. Chissà cosa deve essere passato per la testa a Felix, bravissimo a rimontare e forzare il rivale al “decider”. Dai, ora servo bene e ce la posso fare… Invece ha trovato dall’altra parte delle rete un muro. In questo sport il muro tende a vincere…
    È salito di fiducia Novak, di sensazioni, ma anche di fisico. Era evidentemente indietro nelle scorse settimane. L’aveva dichiarato senza mezzi termini dopo il crollo verticale partito contro Rublev. “Qualcosa non mi corpo non va”. È riuscito a rimettersi a posto, ad allenarsi con la massima intensità, riportando il suo corpo ad un livello davvero alto. Ieri sera Felix tirava tutt’altro che piano, è stato molto bravo a spingere diagonale per poi strappare all’improvviso col lungo linea. Ha fatto alcuni gran bei punti, ma nella maggior parte degli scambi Djokovic c’è arrivato, si è difeso con ordine, testa e qualità.
    Non è ancora il miglior Djokovic, ma è tornato. Oggi contro Ruud avrà un’altra battaglia, più fisica che tecnica. A questo punto è lui il vero favorito per vincere il suo sesto titolo a Roma. Parigi si avvicina. Tutti parlano (giustamente) di Alcaraz. Ma attenzione… chi vorrà alzare la coppa dei Moschettieri dovrà fare i conti con il campione in carica.
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    Sinner ritrova Tsitsipas e affronta se stesso

    Jannik Sinner, prima volta ai quarti a Roma

    Non tutte le partite sono uguali. Ci sono degli incontri che rievocano ricordi, momenti di passaggio. Rotture. Quando ti ritrovi di fronte lo stesso avversario, qualcosa dentro si scatena e può darti una forza incredibile come far salire la tensione alle stelle e bloccarti. Qua sta la forza del giocatore nell’affrontare la situazione, prenderla di petto e superarla. Sboccia un fiore in quel momento: è la crescita. Tutto questo potrebbe accadere oggi a Jannik Sinner, opposto nei quarti di finale degli IBI22 (sua prima volta) a Stefanos Tsitsipas.
    Lo scorso gennaio in Australia, Jannik si trovò al di là della rete uno Stefanos indiavolato. Nella notte italiana arrivarono immagini sconfortanti, il “dio greco” dominò il campo e la partita. Servì in modo impeccabile, super aggressivo al primo colpo dopo la battuta col diritto a prendersi l’angolo e via avanti in campo a chiudere. Una velocità nei tempi di gioco per lui non usuale che stritolò il game plan di Sinner. Jannik voleva sfidare il forte rivale portando sul ritmo, sulla progressione soprattutto sul lato sinistro, dove il rovescio di Stef è bellissimo dal punto di vista estetico ma non così incisivo perché colpito con poco anticipo. Voleva spingerlo a giocare molte palle, tanti scambi, e stritolarlo palla dopo palla. Purtroppo la velocità di esecuzione e aggressività di Tsitsipas furono superiori e l’azzurro non riuscì non solo a girare la partita, ma nemmeno ad entrarci. Dominato.
    Quella secca sconfitta lasciò strascichi infausti, scorie pesanti come macigni. Sinner si sentì probabilmente impotente. Quel che era stato preparato nel pre-partita non funzionò; non trovò la contromossa per girare la partita. Quella sconfitta fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso, andando a guastare definitivamente il rapporto tecnico con Riccardo Piatti. Da lì a poco, arrivò la clamorosa rottura, la svolta con Vagnozzi, tanti dubbi e nuove prospettive.
    È una nostra intuizione che sia stata proprio quella sconfitta netta a provocare il cambio di rotta, la dolorosa separazione, ma è ben fondata da più fonti. Problemi e dubbi che già aleggiavano nella testa di Jannik divennero più chiari e lo spinsero all’addio.
    Da allora sono passati alcuni mesi, vissuti tra il Covid, il recupero, un nuovo corso da costruire. Serve pazienza e lavoro per vedere i risultati con Vagnozzi. È evidente che Sinner stia provando cose diverse, ne abbiamo parlato ieri. Un gioco più offensivo, qualche variazione, un tennis meno ancorato sulla progressione, più libero se vogliamo. “Se potessi scegliere chi essere per un giorno in campo, sarebbe Federer”. Beh, grazie… a chi non piacerebbe quella manina, la sua velocità di intuizione e creazione di gioco, per dar libero sfogo a creatività ed emozioni. Emozionarsi giocando per emozionare gli altri. Jannik crescendo sta iniziando ad esternare sempre più pensieri e sensazioni, forse anche per questo ha voluto svincolarsi da un piano tennistico efficace ma piuttosto rigido per trovare, anche in campo, se stesso.
    Oggi troverà di fronte un tennista in grande forma, che sul “rosso” gioca benissimo e che gli provocherà una tempesta di emozioni, e ricordi. Vedremo come giocherà la partita. La sensazione è che sarà una partita totalmente diversa da quella di gennaio. Non so se vincerà o meno, ma di sicuro proverà a sfidare Stefanos su altri piani, forse per dimostrare a se stesso di aver fatto la scelta giusta nel cambiare rotta, indipendentemente dalla vittoria o sconfitta oggi. Buona partita a tutti.
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    Quando pensi di aver visto tutto, e …arriva Alcaraz

    Carlos Alcaraz

    Brutale. Alcaraz domina Zverev in finale al Masters 1000 di Madrid, dando una dimostrazione di forza e superiorità incredibile. Quasi “inquietante” per i suoi avversari. In questo momento Carlitos, classe 2003 da Murcia, è il più forte tennista del mondo. Affermazione forte, ma Alcaraz è ancor più forte delle parole, che a fiumi da stasera invaderanno di nuovo il web e carta tennistica. Alcaraz ha domato Nadal, Djokovic e Zverev nel torneo, vittorie una diversa dall’altra ma accomunate da un aspetto tecnico che misura la qualità e livello pazzesco raggiunto dallo spagnolo in questo momento: il gioco l’ha sempre fatto lui. È stato Carlos a prendere rischi, a costringere gli avversari a contro mosse, spesso al limite, per restargli vicino. Si è avuta netta la sensazione che nemmeno i grandissimi avversari sapessero davvero come superarlo, come metterlo in grave difficoltà.
    Alcaraz mi aveva impressionato lo scorso anno a Milano alle NextGen, perché in quel contesto “soft” aveva provato in campo ed allenamento molte cose nuove. Oltre alle rincorse difensive spettacolari, alle pallate a tutta, alla velocità in campo, provava tempi di gioco allucinanti, quasi azzerati. Anticipo totale, arrivo sulla palla con il timing perfetto per sparare colpi potenti, con grande rischio. Diritto, rovescio, direttrice, non importa come e dove, quasi tutto gli riusciva, sia accelerando al massimo che lavorando la palla a grande velocità. In un millisecondo la sua testa processava posizione in campo, distanza dalla palla, righe dall’altra parte del campo abbinate alla posizione del rivale, trovando la soluzione migliore per incidere. Per prendersi il punto. Tempo di attesa: nessuno. Palle interlocutorie: non previste. Una macchina infernale.
    Alla fine del torneo meneghino, si pensava che se fosse riuscito a tenere quei ritmi di allenamento anche contro i migliori, sarebbe stato complicato anche per loro resistere. Ancora alla risposta la palla volava un po’ via, col servizio non trovava la misura. Lo guardava allenarsi ridendo sotto i baffi JC Ferrero, dicendo a bassa voce “non sappiamo nemmeno noi quali siano i suoi limiti”. Beh, un vecchio adagio dice che i record sono fatti per essere battuti, e l’unico limite è il cielo. In questo periodo Carlos ha toccato il cielo con un dito, sta iniziando a prendersi i primi record, i primi grandi successi. Ma la sensazione netta è che sia giù ben avviato a prendersi tutto.
    Alcaraz impara con una velocità folle, supera i problemi del suo gioco migliorando partita dopo partita. Quei momenti di furia agonistica dove sparacchiava sono quasi scomparsi. Al servizio è sempre più continuo, e la risposta può toglierti la racchetta di mano o spazzolare le riga, tanto veloce da travolgere le scarpe dell’avversario che è appena atterrato dopo il servizio. Come lo batti uno così? Molto, molto difficile… Servire come un treno, “a la Sampras” doc, della serie non fargliela toccare o quasi, variando così tanto da non fargli prendere lo scambio. Non è un caso che il nostro ottimo Matteo Berrettini ce l’abbia fatta in Australia. Sgonfiare la palla come è riuscito in parte Djokovic in semifinale, e poi strappare all’improvviso… ma lui può anticipare e rendere tutto inutile. Oppure provare a farlo giocare solo dritto per dritto, perché se lo porti a giocare negli angoli ti disintegra, perché quando sbraccia la palla subito dopo la rete si abbassa e diventa imprendibile. Berrettini riuscì anche a sfondarlo col diritto a Melbourne, ma da allora Alcaraz è ancora cresciuto. Sarà molto, molto intrigante vederlo anche sui prati, perché con quella razza di anticipo e gioco di piedi, beh, questo potrebbe essere da corsa fin da subito pure lì. Le aperture non sono cortissime, ma compensa con una velocità e reattività psicomotoria incredibile.
    La bellezza del tennis è che riesce sempre a sorprenderti, anche quando pensavi di aver visto già tutto. Carlitos Alcaraz sta alzando di nuovo l’asticella della competizione. Il suo avvento rischia di diventare una di quelle fratture storiche, un momento in cui tutto svolta e non è più lo stesso.
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    Medvedev giocherà a Ginevra

    Daniil Medvedev

    Buone notizie per Daniil Medvedev. Il n.2 del ranking mondiale, fermo da alcune settimane per problemi a un’ernia, scenderà in campo al prossimo torneo di Ginevra, al via la settimana precedente al Roland Garros. L’ha annunciato il torneo svizzero, che assegna la prima wild card proprio al russo.

    |Will play at the Gonet Geneva Open 2022
    Find our complete press release here ➡️ https://t.co/B3uXY07Y9T #wildcard #gonetgenevaopen #atpgva #atp #medvedev #daniilmedvedev #tennis #atptour #geneva #geneve #suisse #switzerland pic.twitter.com/vVNkoDgOEv
    — Gonet Geneva Open (@genevaopen) May 6, 2022

    Al Parc des Eaux-Vives saranno presenti anche Ruud, Shapovalov e Thiem, un draw niente male per un torneo a ridosso di uno Slam.
    A questo punto, sembra scontata la presenza di Medvedev a Roland Garros. Visto che sarà costretto a rinunciare a Wimbledon per la dura decisione di Londra sugli atleti russi, Daniil cercherà di rifarsi sul rosso parigino, dove finora non è mai andato oltre quarti di finale (sconfitto da Tsitsipas lo scorso anno), miglior prestazione dopo 4 uscite consecutive al primo turno.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO