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    Tsitsipas vs. Djokovic, una finale per la storia, speriamo non scontata

    Stefanos Tsitsipas, seconda finale Slam in carriera

    Melbourne, Rod Laver Arena, ore 9.30, meglio 9.45. Scatterà la prima palla della finale 2023 degli Australian Open, primo Slam della stagione. In palio tra Novak Djokovic e Stefanos Tsitsipas ci sarà molto, molto di più di un “semplice” titolo Major. Se a trionfare sarà il serbo, alzerà il suo 22esimo trofeo di uno Slam, uguagliando il grande rivale Nadal e tornando anche n.1 al mondo nel ranking mondiale, riprendendosi il trono ceduto lo scorso giugno a Medvedev dopo 373 settimane al vertice (non consecutive), record all time. Si riapproprierebbe a tutti gli effetti di quel ruolo di miglior tennista al mondo che, nonostante i brevi periodi passati in cima da Medvedev e Alcaraz nel ranking e da Nadal per titoli Slam, la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori e colleghi complessivamente gli riconosce. Se invece arriverà la sorpresa, la vittoria di Tsitsipas, avremo un nuovo campione Slam, il primo greco ad alzare la coppa di un Major e un nuovo n.1 al mondo. Comunque vada, questa sfida scriverà una pagina importante nella storia del nostro sport.
    È una finale attesa, tra il super favorito della vigilia, arrivato al match per il titolo dopo una corsa incredibile con solo un set perso e la miseria di 50 game ceduti in sei incontri, e il rivale sulla carta più accreditato, forte di tre semifinali “down under”, una condizione fisica strepitosa e di un livello di gioco importante mostrato nel corso delle due settimane. Attesa molto, ma… sarà anche incerta? La risposta è “nì”. Domenica c’è un chiaro, chiarissimo favorito: Novak. La vittoria del greco sarebbe una grandissima sorpresa, lo dicono i numeri, la storia dei loro precedenti e le sensazioni dal campo durante il torneo. Non è scontato che Djokovic vincerà, probabilmente non sarà una passeggiata (come vs. Medvedev nel 2021 o Nadal nel 2019, finali durate solo due ore e dominate in modo assoluto), ma tutto lascia ipotizzare un successo di “Nole”, magari in 4 o forse 5 set. Avventurarsi in pronostici è sempre difficile, proviamo a spiegare quel che ci spinge a questa conclusione, e quel che potrebbe fare Stefanos per far pendere la bilancia dalla sua parte.
    I confronti diretti sono abbastanza impietosi: 10 a 2 per Djokovic, con l’aggravante di 9 vittorie di fila per il 9 volte campione in Australia, le ultime 9. Diverse sfide sono state dure, complicate. L’ultima è stata disputata alle Finals di Torino, in condizioni indoor (dove Novak è davvero fortissimo), Djokovic vinse in modo limpido. Assai più lottata quella disputata pochi giorni prima, in semifinale a Bercy, con il serbo che la spuntò al tiebreak decisivo del terzo set. Negli Slam due confronti, entrambi a Roland Garros, entrambi in cinque set: la semifinale 2020 e la finale 2021, quando Stefanos volò due set in vantaggio prima di subire la rimonta del serbo. È la dimostrazione (forse) che Tsitsipas sulla lunga distanza riesce ad esser più efficace, a recuperare eventuali pause nel suo gioco, ma finora manca ancora la grande W accanto all’head to head nello Slam. Le due vittorie di Tsitsipas vs. Djokovic sono arrivate entrambe sul cemento Outdoor, ma sono match piuttosto datati (2018 e 2019), in due Masters 1000 (Canada e Shanghai).
    Si giocherà sulla Rod Laver Arena, in condizioni praticamente perfette per il tennis di Djokovic, tanto che su quel campo ha perso una manciata di incontri, l’ultimo contro Chung nel 2018. Da allora 27 vittorie consecutive per lui. Dominio assoluto. Novak ama la velocità di gioco di quel campo, il rimbalzo della palla, condizioni che gli consentono di difendere, di ribaltare gli scambi, di attaccare e soprattutto imporre quel ritmo che stritola gli avversari palla dopo palla. Cosa potrà fare quindi Tsitsipas, alla sua seconda finale Slam, per mettere in difficoltà e provare a sconfiggere il più forte nel suo torneo? Dovrà fare un match al limite della perfezione, terribilmente intenso, continuo, offensivo, riuscendo a mascherare la sua debolezza a sinistra con schemi rapidi d’attacco in modo da non finire inchiodato sulla diagonale di rovescio, dove il gap a favore del rivale è enorme.
    Stefanos dovrà innanzitutto servire benissimo. I numeri sono impietosi: per battere un buon Djokovic in uno Slam servono almeno due prime su tre in campo con il 75% di punti vinti. Se il rendimento del servizio sarà inferiore, l’impresa è quasi impossibile. Altrettanto importante sarà la risposta: se Novak potrà impostare lo scambio nella maggior parte dei suoi turni di battuta, avvicinandosi alla riga di fondo e impostando quegli scambi a velocità medio alta, con un po’ di rotazione e sulla diagonale di rovescio, strappare il break per il greco sarà difficilissimo. Quindi Tsitsipas dovrà cercare di rispondere con profondità, per allontanare il rivale dalla riga di fondo e quindi fare un passo avanti per entrare col colpo successivo, con forza e angoli importanti.
    È noto che Tsitsipas abbia sul lato sinistro un punto di relativa debolezza, ancor più quando è costretto ad affrontare uno col rovescio bimane e fortissimo come Djokovic. Per “scappare” da questa situazione a lui sfavorevole, Stefanos deve aver la forza di sfidare il rovescio dell’avversario col suo diritto inside out da sinistra, veloce e profondo abbastanza da impedire a Novak di stringere di più l’angolo della diagonale, venendo così costretto a giocare anche lui un rovescio; quindi riuscire a girare lo scambio con un forte anticipo col diritto lungo linea per forzare Djokovic a tirare un diritto in corsa difensivo, colpo che da super-campione gestisce bene ma con meno sicurezza rispetto ad altre soluzioni. È in pratica lo schema che ha usato con buon successo Federer contro il serbo. Tsitsipas tuttavia non ha l’anticipo di Roger, quindi riuscire a trovare con continuità questa soluzione non sarà affatto facile. Dovrà correre, rincorrere, e trovare magari qualche altro tipo di variazione. Due potrebbero essere: un back di rovescio a volte molto lento e lungo, altre più corto e stretto, per muovere l’avversario in posizioni di campo diverse; oppure rischiare la discesa a rete per uscire dallo scambio, anzi, per non caderci dentro e venirne stritolato. Altro schema tutt’altro che facile, perché servono tempi di gioco ottimali e la scelta di quando forzare.
    La considerazione generale alla fine è una: per provarci il greco dovrà superarsi e forse nemmeno basterà. Il Djokovic ammirato nel torneo sembra fortissimo in ogni situazione tattica, difesa e attacco, colpi di inizio gioco inclusi, e se gioca con questa sicurezza e continuità, riuscirà a trovare la chiave per scardinare ogni tentativo del greco. Anzi, di ogni rivale sul globo. E alzerà meritatamente lo Slam n.22. Probabilmente soffrirà un po’, perché Tsitsipas è un avversario vero, forte, determinato e molto cresciuto e convinto dei propri mezzi. Ma forse non riuscirà a tenere l’acceleratore a tutta per il tempo necessario a staccare “Nole” e tagliare il traguardo per primo. Di sicuro il primo set sarà molto importante: se Novak partisse fortissimo e mettesse la testa avanti vincendo nettamente il primo set, potrebbe essere una mazzata talmente forte da tramortire le certezze del greco e comprometterne la partita.
    Che Vinca il migliore. Speriamo di assistere a un tennis di qualità, degna conclusione di uno Slam ricco di sorprese.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    McEnroe: “La nuova Davis? Uno spettacolo triste”. Possibile il coinvolgimento di Tiriac dal 2024?

    Coppa Davis

    Il mondo del tennis continua ad interrogarsi sul futuro della Coppa Davis dopo la clamorosa (e pesante) rottura dell’accordo tra ITF e Kosmos, con sicuri strascichi legali e la grande incertezza di quel che ne sarà della più antica competizione nazionale a squadre, per il 2023 e gli anni a venire. Visto che il Presidente dell’ITF David Haggerty aveva legato il suo mandato a questa scommessa evidentemente persa, e che la sua carica sarà rinnovata nella stagione, sembra scontato che la Davis 2023 si svolgerà col formato duramente criticato attualmente in vigore, e che la nuova dirigenza dell’ITF affronterà come prima emergenza un nuovo formato, nuove regole e, forse, un nuovo partner.
    È ancora troppo presto per stilare delle ipotesi, anche se uno dei possibili nuovi presidenti della federazione internazionale potrebbe essere Dietloff von Arnim, capo della Federtennis tedesca e da sempre oppositore della riforma “haggertiana” con la società di Piqué. In quel caso, sicuro un rinnovamento totale.
    C’è chi ipotizza per il rilancio dal 2024 un coinvolgimento di Ion Tiriac, vulcanico personaggio estremamente influente nel mondo del tennis, ex proprietario del torneo di Madrid e uno dei più feroci oppositori della svolta del 2019. Il rumeno infatti, commentando la nuova formula, ha affermato al New York Times: “Cambiando il format della Coppa Davis hanno rovinato 120 anni di tradizione. Dovrebbero essere condannati a vita per quello che hanno fatto. È uno scherzo e un peccato. Hanno rovinato il gioiello del tennis”. Tiriac negli anni ha dimostrato capacità organizzativa e visione. Certamente conosce il tennis come pochi altri essendo stato prima ottimo tennista (soprattutto in Davis, tra l’altro) e poi manager al massimo livello, quindi potrebbe essere un partner assai più affidabile di Kosmos per l’ITF per un rilancio o meglio contro rivoluzione. Tuttavia il parere e approvazione dei giocatori resta un fattore importante, anzi decisivo.
    Della vicenda se ne parla molto tra giocatori ed ex giocatori, oggi commentatori. Questo punto di vista di John McEnroe: “La questione Davis è pesante. Non so se dire che sono impressionato come sia finita, o solo decisamente depresso. Quando ero giovane la Davis era estremamente importante, sono stato incoraggiato a ottenere una borsa di studio da un’università per giocarla, mentre ora sembra che la competizione sia nei reparti per malati terminali. È incredibile come sia andata male la rivoluzione, ma non mi sorprende neanche un po’ perché ascolto storie assurde a riguardo da un paio d’anni, quindi non una è sorpresa che tutto sia fracassato”.
    “Abbiamo assistito a una sorta di mutilazione. È stato uno spettacolo molto triste. Ora ci sono altri eventi e la gente si rende conto che ci sono altre competizioni a squadre che sono molto importanti, tanto che la Davis sembra essere la meno considerata. Anche la Laver Cup è molto più interessante e seguita, e molto ben organizzata. È un vero happening, la Davis non lo è più. Ora hanno organizzato anche un evento in Australia (la United Cup), e ha funzionato bene. Ma adesso di queste competizioni a squadre ce ne sono troppe… Che l’accordo tra Kosmos e Davis sia saltato non mi sorprende affatto, perché non funzionava per nessuna delle due parti. È una cosa nata male e finita peggio”.
    Oltre al presidente della federazione francese, che per primo ha fatto trapelare la rottura dell’accordo tra ITF e Kosmos, dicendosi contento e sollevato (“il tennis si riprende la Davis”, disse), ora arrivano diversi pareri contrari alla rivoluzione del 2019. Tra questi quello di Augustin Calleri, presidente della Federtennis argentina (ma eletto dopo il 2019), che ha dichiarato alla stampa del suo paese nei giorni scorsi: “Il cambio di formato della competizione non rappresenta il tennis. Tutti sapevano che Davis aveva bisogno di un cambiamento, ma c’era un altro modo per generare gli stessi soldi rispettando maggiormente le tradizioni. Sarebbe stato meglio aspettare ancora per votare una modifica e confrontarsi a fondo con le federazioni. Non c’era onestà o trasparenza quando è stata cambiata”. Un parere oggi condiviso da molti, ma è doveroso sottolineare che quando fu organizzata ad Orlando nel 2019 la riunione tra Haggerty e i rappresentanti della maggior parte delle federazioni proponendo il cambiamento, i voti favorevoli alla rivoluzione furono schiaccianti… Sicuramente promesse poi non mantenute, ma anche miopia e scarsa visione per quel che ne sarebbe stato della “povera” Davis.
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    Australian Open: Djokovic è “l’uomo solo al comando”

    Novak con la coppa degli AO21

    “Un uomo solo al comando; la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Con questa storica frase il giornalista Mario Ferretti aprì la sua radiocronaca della Cuneo-Pinerolo, terz’ultima tappa del Giro d’Italia del 1949. Un’affermazione diventata leggendaria, che rubiamo e trasformiamo in salsa tennistica in “Un tennista è nettamente favorito per gli Australian Open; la sua t-shirt è quella del coccodrillo, il suo nome è Novak Djokovic”. Inutile girarci intorno: nonostante “Nole” abbia accusato qualche fastidio alla gamba, è lui il grande, grandissimo favorito per il primo Slam del 2023. Tanti, troppi i motivi che lo issano a futuro campione del torneo a lui più caro. Punta alla decima coppa, mai nessuno si è spinto tanto in avanti nel primo Slam dell’anno. Il suo tennis, un mix superbo di difesa e attacco, a tratti meccanicamente perfetto, è ideale per le condizioni del sintetico australiano. Dal 2008, anno del suo primo successo Slam, proprio a Melbourne, le sue sconfitte si contano sulle dita di una mano: 2009 (ritiro vs. Roddick), 2010 (l. Tsonga, nel suo anno difficile per i tanti cambiamenti tecnici oltre all’attrezzo), 2014 (l. Wawrinka, stellare il torneo di Stan), 2017 (l. Istomin al secondo turno, ma era palesemente in difficoltà) e 2018 (l. Chung, netto in tre set). Poi solo vittorie, battendo soprattutto Andy Murray ma anche Nadal, Medvedev, Thiem, e per la strada anche Federer e tutti i più forti avversari.
    Quando Djokovic arriva in Australia in salute, praticamente non lo batti. Questa è una sentenza, un po’ come Nadal a Parigi. Djokovic quest’anno è ancor più un uomo in missione. Vuole vincere lo Slam n.22, per poi puntare in stagione al ventitreesimo (incredibile a pensarci solo un lustro fa…) Major in carriera. Vuole tornare a vincere soprattutto per riprendersi quel trono da cui è stato scalzato non in campo ma da altro. Riaffermare la propria forza, forte di un finale di stagione scorsa clamoroso, quasi immacolato. Da n.1. Con buona pace di Alcaraz, e nonostante le dichiarazioni di facciata, tutti sanno che il vero n.1 del tennis oggi è ancora lui, Novak Djokovic. “Nole” vuole riprendersi tutto, nel suo torneo, vittoria, coppa, n.1. Tutto. E tutto lascia pensare che nessuno lo fermerà. Tuttavia… nessuno o quasi ipotizzava che potesse perdere allo US21, quando arrivò ad un passo dalla storia con la S grande, quel Grande Slam stagionale scappatogli di mano per troppa tensione. Sta a Novak stavolta esser più tosto di tutto e di tutti. Il suo tabellone è discreto: Dimitrov al terzo turno (Grigor ha giocato spesso molto bene a Melbourne), quindi probabilmente Carreno Busta e nei quarti uno tra Rublev, Rune o Kyrgios. Nick a casa sua può essere minaccioso, forse più un Rune per ora così così. Ma ripeto ancora: dipende da Novak. Se gioca al suo top, lo vedremo dritto in finale tra due settimane. 
    Contro chi? La parte alta è assai interessante, e di non facile pronostico. Rafa Nadal per una volta non ha fatto mani-avantismo, dicendosi felice della sua forma anche se non ha ancora vinto un singolo match nel 2023. Per assurdo il match più tosto è quello d’esordio: Jack Draper è uno dei giovani più migliorati nel 2022, è mancino, ha servizio, sta bene in campo e lotta. Tira forte e non soffrirà la diagonale col diritto mancino di Rafa. Ovviamente Nadal è favorito, ma è un match da prendere subito con il massimo dell’attenzione. Se il maiorchino passa, poi l’ostacolo potrebbe essere Khachanov o più verosimilmente Medvedev nei quarti. Re-match della finale 2022. Ma Daniil ha tanto da dimostrare, perché da mesi soffre e ha sempre pagato in tutti i match duri, punto su punto, con tiebreak e fasi tirate. Ancora nella sua testa aleggiano maligni i fantasmi della finale 2022, che ha un po’ “regalato” proprio a Nadal rimettendolo in pista quando l’iberico era aggrappato al match con l’ultima unghia del mignolo, sospeso nel precipizio della sconfitta.
    È assai più complicato e di difficile pronostico l’altro quarto di finale della parte alta, con Tsitsipas, Auger-Aliassime, Sinner, Norrie, Coric e Cerundolo. Proprio il croato e il britannico potrebbero essere due sorprese e lottare seriamente per un posto in SF contro Nadal. Speriamo possa arrivarci Sinner (o Musetti) ma è certamente lo slot di tabellone più complicato e meno prevedibile. Spesso nel primo Slam dell’anno c’è una grande sorpresa almeno in semifinale, pertanto consigliamo di monitorare attentamente quest’area. Tsitsipas è avvertito…
    Possibili outsider? Non è mai facile puntare su qualche underdog, ancor più nel primo Slam in stagione, con i tennisti ancora da verificare per condizione. Sarebbe bello vedere Zverev in grande ripresa, dopo aver patito un terribile infortunio in campo contro Nadal a Parigi. Nella parte bassa attenzione anche a Fritz, che in United Cup ha confermato di esser ormai un tennista pronto al grande risultato anche negli Slam. Finora il californiano ha raggiunto i quarti solo a Wimbledon 2022; il suo obiettivo sarà cercare la semifinale, affrontando probabilmente Ruud o Matteo Berrettini.
    Degli italiani abbiamo già trattato in altro articolo. Qua solo ricordiamo che Berrettini difende la semifinale 2022, ha un discreto tabellone ma deve stare attento al “solito” ottimo Bautista Agut di inizio stagione, e poi a Ruud, che per ora ha convinto ben poco nei primi match ma in uno Slam, tre su cinque, la musica cambia. Casper ormai è tennista di grande livello, ha disputato due finali Slam nel 2022 e quindi sarà uno dei giocatori da seguire. La speranza è che magari sia proprio un italiano, il vincitore dell’auspicabile derby Sinner – Musetti, ad essere la sorpresa del torneo, e portarsi molto molto avanti. Un sogno, ma con occhi ben aperti, se i due nostri saranno al 100% fisicamente. Ahi, quanto pesa questo fisico così delicato sotto il tricolore…
    Buon Australian Open a tutti
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Il sorteggio degli italiani all’Australian Open: incroci tricolore e qualche insidia

    Lorenzo Musetti, al best ranking questa settimana

    Sono dodici i tennisti italiani al via degli Australian Open 2023, equamente suddivisi tra uomini e donne, sei nel draw maschile, sei in quello femminile. Incroci “pericolosi”, perché in caso di vittorie, i nostri rappresentanti potrebbero infatti sfidarsi in tre derby: un Berrettini vs Fognini al secondo turno, come Trevisan vs. Giorgi se entrambe passeranno il primo match, e soprattutto un tanto intrigante quanto “terribile” Sinner vs. Musetti al terzo turno. C’è tuttavia un po’ di strada da fare per arrivare a queste sfide tricolori, e discretamente in salita. Infatti il sorteggio del primo Slam dell’anno per gli azzurri possiamo definirlo agrodolce, qualche match sulla carta non così difficile, altri insidiosi, qualcuno molto molto complicato. Del resto, siamo in uno dei quattro massimi appuntamenti stagionali, nessuno scenderà in campo dimesso o senza ambizione. Facciamo una breve analisi dei primi turni dei 12 italiani inseriti nei main draw, con qualche ipotesi di come potrebbe proseguire la loro strada in caso di successo all’esordio, seguendo l’ordine dei tabelloni dall’alto verso il basso.
    Nei draw maschile, capeggiato dal campione in carica Rafael Nadal (insidiosissimo primo turno vs. Draper!!!), Lorenzo Sonego è inserito nel terzo slot, quello delle tds Hurkacz e Shapovalov. Una posizione piuttosto scomoda, ma con un primo turno abbordabile contro il lusitano Nuno Borges (n.112 ATP). Non ci sono precedenti tra il torinese e il 25enne di Maia. Lorenzo ha iniziato l’anno con una sconfitta per ritiro vs. Medvedev. Se sarà in piena condizione fisica, parte favorito con la prospettiva di sfidare Hurkacz al secondo turno. Quello sarebbe un ostacolo piuttosto alto da superare, anche se Sonego ci ha abituato ad upset importanti in carriera.
    Lorenzo Musetti e Jannik Sinner sono le due testa serie del loro slot di tabellone, rispettivamente la n.17 e n.15. Lorenzo ha un esordio sulla carta discreto: il rientrante Lloyd Harris, buon giocatore ma appena tornato sul tour dopo un’operazione che gli ha fatto perdere 8 mesi lo scorso anno. Se il gigante sudafricano trovasse una giornata super al servizio, il match potrebbe farsi complicato, ma sarà importante valutare le condizioni dell’azzurro, che ha sofferto di problemi al braccio e spalla in Australia nei giorni scorsi. In caso di vittoria, prima di un affascinante match con Sinner troverebbe il vincente di Fucsovics – Coria. Il magiaro è in ribasso nell’ultimo periodo, ma è uno che sa giocare bene su questi campi, quindi sarebbe un rivale da prendere con le molle.
    Sinner curiosamente trova ancora Edmund, altro lungo degente al rientro, già battuto nel primo match del 2023, senza grandi problemi. Anche qua, più dell’avversario è da valutare la condizione fisica dell’altoatesino dopo il problema all’anca sofferto pochi giorni fa. Se Jannik starà bene, anche il secondo turno col vincente di Etcheverry-Barrere non dovrebbe essere un ostacolo particolare. Speriamo di arrivare a questo splendido e allo stesso tempo terribile derby azzurro tra i due nostri grandi talenti. Sarebbe un match affascinante e dal difficile pronostico.
    Nella parte bassa del tabellone è stato sorteggiato il bravissimo Mattia Bellucci, funambolo lombardo per la prima volta nel main draw di uno Slam dopo aver passato – alla grande – le quali. Per lui è già una grandissima vittoria, ma il sorteggio non è stato così terribile: ha pescato il francese Bonzi. Nessun precedente col 26enne transalpino, e soprattutto un’arma a suo vantaggio: la sorpresa. Magari Mattia, sulle ali dell’entusiasmo, potrebbe sorprendere col suo tennis vario ed estemporaneo il francese. Sognare non costa niente… In caso di vittoria, al secondo turno troverebbe quasi sicuramente il tosto Carreno Busta. Sarebbe un’altra esperienza importante per Bellucci, tutta da vivere.
    Nel penultimo slot del tabellone maschile troviamo gli ultimi due azzurri, Matteo Berrettini (testa di serie n.13) e Fabio Fognini. Per il romano, semifinalista lo scorso anno, esordio affascinante contro Andy Murray. Un giocatore che ovviamente non ha bisogno di presentazioni, ma ormai lontano da quel grandissimo difensore diventato n.1 nel 2016, “quarto uomo” dietro il trio di campioni insuperabili che ha dominato gli ultimi lustri del nostro sport al maschile. I due si sono affrontati lo scorso anno sull’erba, con Matteo che è uscito vincitore grazie a servizio e ottime discese a rete. Murray a Melbourne ha disputato ben 5 finali, tutte perse, ma la sensazione è che il Berrettini visto in United Cup sia nettamente favorito, solo una sua giornataccia al servizio potrebbe complicargli la vita. In caso di vittoria, al secondo turno potrebbe esserci Fabio Fognini, che però ha davanti a se un bruttissimo cliente: Thanasi Kokkinakis. Lo sfortunatissimo talento Aussie a casa sua è pericoloso come pochi, è in grande forma (ha appena battuto Rublev ad Adelaide). Fabio non è in buona condizione, forse deve “sperare” che Thanasi riesca a difendere il titolo ed arrivi a Melbourne un po’ stanco. È il primo turno più difficile sorteggiato da un nostro tennista.
    Prospettive di tabellone per i nostri? Prima di inoltrarci in qualsiasi altra previsione per Sinner e Musetti, è bene aspettare un loro eventuale derby, partita in cui potrebbe succedere di tutto, anche per le incerte condizioni fisiche di entrambi. Più netta invece la possibile traiettoria nel torneo di Berrettini. Matteo tutto sommato ha pescato “bene”. È dalla parte di Ruud, tennista contro il quale ha perso (male) allo scorso US Open, ma che ha recentemente battuto in United Cup. Sicuramente meglio di un Nadal o Djokovic come testa di serie forte. Se Matteo riuscisse a passare, nei quarti potrebbe trovare Taylor Fritz, o Sasha Zverev, altro tennista al rientro dopo un lunghissimo stop, le cui condizioni sono tutte da verificare. Un tabellone fino ai quarti quindi insidioso ma non terribile, sta a Matteo esplodere la sua potenza e farsi strada. È dalla parte di Djokovic, lo stra-favorito per il titolo, che ipoteticamente potrebbe trovare in semifinale. 

    Passando al tabellone femminile, vediamo il sorteggio delle nostre sei ragazze. Elisabetta Cocciaretto è nel secondo slot del tabellone, capeggiato da Iga Swiatek. Ha pescato maluccio la marchigiana: esordio contro la kazaka Elena Rybakina, n.23 del ranking e 22 del seeding, soprattutto campionessa a Wimbledon 2022. In Australia Elena vanta solo il terzo turno come miglior risultato (2020), mentre l’azzurra non ha ancora vinto un match nelle prime due presenze a Melbourne. La potenza della nativa di Mosca potrebbe esser troppo, ma Elisabetta è in ottima forma questa settimana. Partita difficilissima, ma chissà…
    Le altre cinque azzurre sono nella parte bassa del tabellone. Un grande applauso a Lucrezia Stefanini, ha passato le quali e si è regalata la prima presenza in assoluto nel main draw di uno Slam. La carmignanese ha pescato all’esordio la tedesca Tatjana Maria, n.71 WTA, contro cui ha perso l’unico confronto diretto (2019). Tutto sommato è una partita giocabile, ha dalla sua la positività del momento oltre all’ottima forma. Senza niente da perdere, può giocare a braccio sciolto e godersi l’esperienza. Brava! In caso di successo, avrebbe probabilmente la porta sbarrata dalla forte russa Kasatkina (n.8 del seeding).
    Match d’esordio sulla carta buono per Lucia Bronzetti, al best ranking questa settimana: Laura Siegemund, esperta tennista tedesca in tabellone grande al ranking protetto. È una sfida inedita, Lucia parte discretamente favorita, deve stare attenta all’esperienza (soprattutto nella lotta) della rivale, che ha già disputato tanti Slam in carriera. In caso di vittoria, Bronzetti troverebbe probabilmente la rumena Begu, partita questa piuttosto dura soprattutto sul piano fisico.
    Nel terzultimo slot di tabellone, ecco un potenziale secondo turno tra Trevisan e Giorgi. Tuttavia, non è affatto scontato che si arrivi al derby. Infatti le condizioni di Camila sono totalmente da verificare, e di fronte si troverà all’esordio Anastasia Pavlyuchenkova, in tabellone col ranking protetto visto il suo stop iniziato la scorsa primavera per infortunio. Se la russa scenderà in campo in buone condizioni, potrebbe essere un’avversaria tosta – ha pure raggiunto i quarti di finale per tre volte a Melbourne, quindi si trova bene in queste condizioni. Come sempre tuttavia, l’incontro dipenderà quasi in toto dalla Giorgi. Nel bene, e nel male. Se passerà, molto probabile la sfida con Martina, che forte della sua testa di serie n.21 e delle buone prestazioni in United Cup affronta Anna-Karolina Schmiedlova, passata dalle quali. Sembra un match alla portata della toscana.
    Ultima azzurra in tabellone Jasmine Paolini: la 27enne toscana ha pescato “male”, Liudmila Samsonova, testa di serie n.18, tennista in grande spolvero lo scorso anno e dotata di un tennis verticale che può assolutamente mandare in crisi le rimesse dell’azzurra. Un primo turno tutt’altro che facile, e in uno slot assai tosto con avversarie come Haddad Maia, Stephens e Vekic. Sfortunata Jasmine, non c’è che dire.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Djokovic: “Quel che accadde lo scorso anno mi trasformò nel cattivo a livello mondiale. Tutto poi è sfuggito di mano, la mia immagine ne ha risentito”

    Novak Djokovic

    Novak Djokovic ha rilasciato una lunga intervista a Canale 9 (media australiano), tornando sui fatti che lo videro protagonista lo scorso anno. È ancora stizzito “Nole”, soprattutto coi media, a suo dire i veri responsabili di una storia ingigantita a tal punto da averlo segnato per molto tempo, con scorie che sente tutt’ora e con un danno d’immagine importante. Ha anche rassicurato sulle proprie condizioni: l’allenamento svolto con il fastidio è sotto controllo, non sembra qualcosa di serio. Riportiamo alcuni passaggi del pensiero del 9 volte campione serbo, il grande favorito per l’Australian Open 2023.
    “Sono stato coinvolto in una tempesta mediatica sulla stampa di tutto il mondo relativa a tutto ciò che ha a che fare con Covid-19 e il vaccino. All’improvviso, sono diventato il cattivo del mondo, una posizione in cui è orribile trovarsi come atleta. La storia che è stata creata su di me dalla stampa era molto negativa” riflette Novak.
    “Sono rimasto per diverse settimane a casa, non ho girato molto. Speravo solo che la situazione si calmasse, cosa che alla fine è successa, ma le scorie sono rimaste eccome. Le ferite mi hanno segnato per diversi mesi, non sapevo che avrebbero influenzato il mio gioco e il modo in cui sto in campo. Non è stato facile per me mentalmente riorganizzarmi e ricominciare da capo. Le tracce di quello che è accaduto le ho sentite per troppo tempo e ancora le avverto. In ogni conferenza stampa mi facevano almeno una o due domande sull’Australia e su quello che era successo. Anche se volevo voltare pagina, le persone me lo ricordavano e tutta la faccenda restava lì”.
    Djokovic ha affermato di comprendere la frustrazione dei cittadini dello stato di Victoria, risentiti per il fatto che al campione serbo era stata inizialmente concessa un’esenzione dal vaccino per entrare nel paese dopo che la città era stata sottoposta per molti mesi ad alcuni dei più duri blocchi anti Covid-19 al mondo. Novak dice che i fatti sono stati travisati. “Ero consapevole del perché la gente si sentiva frustrata, ma devo dire che i media hanno presentato la questione in un modo completamente sbagliato perché non è quello che è successo, e molte persone hanno ancora un’idea sbagliata di quello che è successo”, afferma secco Nole. “C’erano altre due o tre persone che sono venute in Australia 10 giorni prima di me con esattamente la stessa esenzione che avevo io e stavo solo seguendo le regole. La mia esenzione è stata verificata da un organismo indipendente e da un gruppo di medici, valutando un profilo anonimo di chi stava presentando la richiesta, e sono entrato con tutti i documenti validi. Tutto è sfuggito di mano e poi sono stato etichettato come questo o quello. Era così grande la questione sui media che non potevo proprio combatterla. Ovviamente volevo restare qui e giocare a tennis, ma a un certo punto con la quantità di follia in giro volevo solo uscire e tornare a casa”.
    Alla fine, quel che davvero ha segnato Djokovic è l’immagine uscita di lui, che considera ingiusta e fuori luogo. “È ancora un peccato e mi fa male che la maggior parte delle persone abbia un’idea sbagliata di quello che è successo. Questo è ciò che mi fa più male”, dichiara Novak. “I media se la sono presa con me alla grande per diversi mesi, quindi questo ha creato molto disturbo alla immagine e anche alle persone intorno a me. È qualcosa che devi accettare e affrontare. Non direi che è qualcosa che ha finito per distruggere  tutto ciò che ho ottenuto dentro e fuori dal campo durante la mia carriera. ma è stato pesante. È stato così d’impatto ed è risuonato così lontano in tutto il mondo che molte persone ne parleranno ancora e lo ricorderanno per molto tempo ed è qualcosa che mi seguirà per un po’ di tempo”.
    Un’intervista molto decisa, nella quale il campione non nasconde la propria delusione a un anno di distanza dai fatti che l’hanno esposto in modo globale come mai prima.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Claudio Grassi: “Agnese Calzolai gioca con qualità e leggerezza. Il talento? È qualcosa che hai dentro, proprio dei giovani che danno ‘impegno gratis’”

    Agnese Calzolai e Claudio Grassi

    L’ex Pro Claudio Grassi, oggi tecnico nazionale presso il AT Bibbiena, ha vissuto un inizio 2023 intenso accompagnando la piccola e talentosa allieva Agnese Calzolai al Lemon Bowl, dove la toscana è giunta in finale nel tabellone Under 12, battuta in due set dalla favorita del seeding (e grande talento) Victoria Lanteri. Una bella esperienza per Agnese e anche per Claudio, che ci ha parlato della Calzolai e sull’insegnamento ai ragazzi più giovani e di prospettiva. Molto interessanti le parole del coach sull’importanza di insegnare la cultura del lavoro, passo decisivo per la crescita umana e sportiva.

    “Lavoro con Agnese da due mesi e mezzo, da quando mi sono spostato a Bibbiena diventando il direttore della scuola tennis” ci racconta Claudio, “non molto tempo. Quindi il merito della crescita e livello raggiunto dalla ragazza è innanzitutto frutto del suo talento e assolutamente da dividere col suo maestro storico, che la segue da sempre, Tiziano Lunghi. Abbiamo un’ottima sintonia, seguiamo insieme il progetto della Calzolai che già da tempo sta mostrando di avere le carte in regola per provare fare cose importanti. Ricordo che Agnese ha vinto nel 2019 il Lemon Bowl nella categoria Under 8. Per me invece è stata una prima volta alla manifestazione, non l’ho mai giocata nemmeno quando ero uno junior. Ne avevo sempre sentito parlare un gran bene, e devo confermare che è un bell’evento. Si vedono tanti bambini con talento e assai avanti rispetto alla loro età per come affrontano lo sport, dal riscaldamento a come parlano coi loro maestri, come preparano le partite, come fanno defaticamento… quasi fin troppo oserei dire! Agnese per ora è una ragazza che ama il tennis e vi si dedica con grande attenzione, ma affronta la sua crescita in modo più “leggero”. Le piace anche il calcio e la Fiorentina, recentemente ha provato lo sci ed è tornata entusiasta”.
    Che tipo di ragazza è, ce la puoi descrivere?“Fondamentalmente è una ragazza molto coordinata, potrebbe eccellere in qualsiasi sport visto le abilità di base che possiede. Non ha un gioco di potenza, ha molta mano e la considero – insieme ai tecnici di Formia che la seguono come ragazza di interesse nazionale – una tennista universale. A chi può assomigliare? Beh, per trovare una tennista che tutti conoscono potrei dire che ha un gioco un po’ alla Roberta Vinci, ma con qualcosa di Swiatek e perché no un po’ di Pennetta per la facilità con cui colpisce. Non è una che cerca di spaccare la palla con tutta la sua forza, tutt’altro, lei ama giocare lo slice, fare le palle corte, venire a rete, accelerare all’improvviso. Le piace tantissimo giocare gli “strettini” di tocco, ma sa anche tenere in difesa e soffrire da dietro, il tutto sempre eseguito con grande naturalezza. Questo è quel che spicca di più quando la vedi giocare, fa le cose in modo naturale, spontaneo, non c’è tensione o sforzo quando gioca. Intendiamo farla crescere così, senza specializzarla, seguendo anche le linee guida della FIT che parlano appunto di specializzazione non prima dei 17 anni”.
    Il fatto che lei guardi anche oltre al tennis e si interessi nelle cose è un fatto positivo, no?“È un fatto estremamente positivo, che condivido con lei, Tiziano e la sua famiglia. Proprio la famiglia è straordinaria (e non comune) perché asseconda i desideri della figlia, ascolta quel che lei pensa e lascia lavorare noi tecnici che stiamo guidando la sua crescita, dalla scelta dei tornei al modo e quantità di lavoro che facciamo ogni settimana. Se pensiamo che debba fermarsi per lavorare del tempo su qualche aspetto tecnico senza competere, la famiglia segue le nostre indicazioni. Agnese è ancora emotiva, un po’ chiusa, quindi con lei facciamo le cose a piccoli passi, stiamo molto attenti alla sua crescita, ma è evidente che si diverte tanto quando gioca. Si allena, si impegna, ma non la stiamo caricando di lavoro e di pressione eccessiva perché è una ragazzina che affronta le situazioni che le si presentano davanti con grande semplicità e vogliamo che continui così senza stress e ansie alla sua età”.
    Eppure sul web, soprattutto Instagram, ormai dilagano profili di ragazzini e ragazzine più piccole di lei che mostrano sessioni di allenamento, super colpi e un lavoro in campo degno di un Nadal…“È vero e ritengo che sia un’esagerazione, qualcosa che finisce per incrementare pressione e stress che, alla loro giovane età, non sono salutari. Mi piace invece vedere che quando Agnese entra in campo è felice, serena, pensa solo a giocare e divertirsi, pur con impegno e fatica. Purtroppo invece ai nostri giorni si guarda troppo a quel che si trova sui social, tutte storie straordinarie, fanno arrivare il messaggio che se non hai per le mani uno che a 16 anni è un fenomeno, un NextGen da paura, allora sei un fallito… Non è così! Quelli sono marziani, ne nasce uno ogni tanto, farlo capire a famiglia, circoli e volte anche a tecnici non è facile. Abbiamo davanti a noi dei ragazzi molto giovani, li dobbiamo crescere soprattutto come persone e se ci vai troppo pesante, rischi di far crollare tutto quel che hanno costruito. Abbiamo una responsabilità importante su di loro”.
    In molti affermano, scuola inclusa, che è sempre più difficile tenere alta l’attenzione nei ragazzi, soprattutto per colpa dell’eccesso della tecnologia, uso continuo degli smartphone, social, ecc. Visto che tu segui ragazzi di varie età, come vedi la questione, li trovi peggiorati negli ultimi anni da questo punto di vista?“È un argomento delicato. Quando sono arrivato al mio club attuale mi sono inserito in una struttura di discreta dimensione e con un buon bacino d’utenza. Da nuovo direttore, ho comunicato che ci tenevo a inserire delle piccole regole che secondo la mia esperienza prima da giocatore e poi da coach mi hanno aiutato, le reputo importanti. La prima cosa che vedi quando un ragazzo o ragazza arriva al club è che in mano non ha le scarpe, le racchette, ma il cellulare perché prima di entrare in campo o palestra è urgente mandare il messaggino, il social, la foto, ecc. A tutti coloro che hanno una buona qualità e stanno facendo un percorso di allenamento serio verso l’alto livello sto provando a far capire che quando arrivano al circolo il telefonino deve andare subito in borsa; che si deve arrivare almeno 15 minuti prima dell’inizio del lavoro, facendo il riscaldamento in autonomia seguendo i piani stabiliti; che si saluta sempre per primi il maestro, che ci si comporta all’interno della struttura con rispetto e presenza. Può sembrare una banalità, ma ti assicuro invece non lo è. Anche se solo vuoi fare dell’ottimo sport a livello regionale, devi mostrare impegno e focus, soprattutto per te stesso, perché è qualcosa che ti aiuta a crescere oltre il campo da gioco. È importante che i ragazzi capiscano la differenza tra l’apparenza e la sostanza. Quel che conta non è l’apparire, quella foto o quella giocata che mostri online, ma la sostanza, l’essere concreti e realizzare qualcosa di vero, che dura ed è tuo. Devono capire il valore del lavorare in campo con impegno e determinazione, l’andare a rincorrere una palla e salvarla anche se non conta o è fuori e ripartire subito, sono cose che dimostrano la tua voglia, l’impegno, il volerti dedicare a quel che fai, e oggettivamente è una qualità che nei ragazzi si trova di rado. Magari trovano delle scuse per non farlo… Devi fargli capire che ogni palla è un’occasione che serve a loro stessi. Quanto desiderio hai di colpire quella palla ancora una volta e farti valere? Lavorando su questi aspetti puoi cambiare la loro mentalità, si possono ottenere grandi risultati se riesci a farti ascoltare. E soprattutto, alla fine il risultato lo ottengono loro, perché sono loro che migliorano e crescono come tennisti e come persone. Chi riesce a capirlo non solo si applica di più e ottiene di più, ma si diverte di più, trova un focus superiore rispetto a prima. È bello e importante far capire che non sono gli 11 punti di fine allenamento che determinano se la sessione è andata bene o male, ma come l’hai affrontata e quanto ti sei speso: da come ti sei riscaldato a come hai seguito il programma. Noi tecnici cerchiamo di dare ai ragazzi, ma anche i ragazzi devono dare noi seguendoci e mettendoci impegno”.
    Parli di aspetti molto profondi, legati all’insegnamento e al concetto di miglioramento. Le difficoltà forse sono anche colpa della società in cui viviamo, dell’essere abituati all’avere tutto e subito, senza alcuna pazienza per completare un percorso necessario a crescere, magari sperando di diventare un ottimo giocatore?“Purtroppo il problema spesso deriva anche dai genitori, che magari a casa, al circolo col maestro sino a qualche piazzata davanti a tutti arrivano a dire ‘eh, ma io sto investendo su mio figlio…’. Ma che significa… si investe su di una casa, non su di un figlio! Reputo che a un figlio debba esser data un’opportunità di crescita, e poi se diventa un ottimo atleta abbiamo fatto centro. Ma se non lo diventa e ha fatto un percorso scegliendo le persone corrette che gli fanno capire che ci sono delle regole, dei compiti, un lavoro, un obiettivo, sicuramente col tempo e con il sacrificio qualcosa si ottiene sempre. Di sicuro da un punto di vista umano e personale, che è di pari o superiore importanza rispetto al lato sportivo”.
    Si torna al mantra di tanti coach: il talento da solo non basta“Ma alla fine, cos’è il talento? Non è solo saper giocare un diritto in scioltezza, un rovescio in salto… Il talento per me è qualcosa che hai dentro, è nella serietà di fare tutto al meglio ogni giorno, nello svolgere con costanza un’azione finché non diventa automatica con “impegno gratis”, come mi ha insegnato Sartori al corso da coach. Le sue parole mi sono restate dentro: se vedete dei ragazzi che danno impegno gratis, puntate su di loro, hanno talento”.
    In chiusura, pensi quindi che sia molto importante lavorare sulla testa dei ragazzi, fin da giovani, quanto nel gioco?“Assolutamente. L’ho visto anche nella competizione del Lemon Bowl di pochi giorni fa, con tanti ragazzi di talento ma con comportamenti esagerati o che alla lunga non fanno bene. Lavorare sul riconoscimento delle emozioni è importante, è una cosa che andremo ad affrontare anche con Agnese, insieme ad altri aspetti tecnici (il diritto per esempio). Fa bene la Federazione a puntare sulla figura del mental coach per i ragazzi che mostrano un certo talento e propensione alla crescita. Lavorare sulla testa dei giovani reputo sia fondamentale, allenare la mente è decisivo perché si tende ad essere stressati fin da piccoli, magari rincorrendo risultati o precocità”.
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    Le pagelle 2022 degli italiani: Jannik Sinner

    Jannik Sinner

    Tracciare un bilancio della stagione 2022 di Jannik Sinner è esercizio complicato. Tanti, persino troppi i fattori da considerare, tra infortuni ripetuti, cambi di rotta repentini, partite esaltanti e altre deludenti. Lui stesso in alcune recenti interviste considera la sua annata in modo ambivalente: da un lato la frustrazione per i troppi problemi fisici e la necessità di darsi del tempo per le importanti scelte tecniche fatte con il nuovo percorso avviato; dall’altro aver “tenuto” in classifica e aver migliorato il proprio andamento medio negli Slam e Masters 1000 in mezzo a una discreta “tempesta” non è qualcosa da buttare.
    I numeri come sempre non dicono tutto ma aiutano a capire i fenomeni. L’importante è analizzarli in profondità. Infatti se ci fermiamo ai dati principali del 2022 di Jannik, troveremo elementi negativi rispetto al 2021, annata di enorme crescita per l’altoatesino. Sinner nella stagione appena terminata ha vinto 1 torneo (il 250 di Umag) contro i 4 del 2021 (il 500 Washington, i 250 di Melbourne 1, Sofia, Anversa, segnò un record assoluto per un italiano sul tour Pro). Aveva chiuso il 2021 al n.10 del mondo dopo aver giocato un ottimo Master entrando al posto di Berrettini; il ranking di fine 2022 dice n.15, miglior italiano appena prima di Matteo ma con un -5 e il sorpasso da parte di altri emergenti (Rune, Auger-Aliassime, e pure Fritz).
    Altri numeri tuttavia sono in assoluta controtendenza e ci raccontano che nel 2022 Sinner, nonostante troppe difficoltà fisiche, ha avuto un rendimento migliore, o almeno più solido, nei grandi appuntamenti. Ha giocato complessivamente meno tornei (19, contro i 26 del 2021) chiudendo con 47 vittorie e 16 sconfitte, quindi una percentuale positiva del 74,6%; nella scorsa stagione era al 69% di vittorie. Inoltre ha migliorato nettamente il proprio percorso negli Slam e nei Masters 1000. Quest’anno ha raggiunto i quarti agli Australian Open (nel 2021 perse subito), confermato gli ottavi a Roland Garros, ha giocato i quarti a Wimbledon dove è stato due set avanti contro Djokovic (nel 2021 aveva perso all’esordio), ha disputato i quarti agli US Open (nel 2021 si fermò agli ottavi), e che quarti contro Alcaraz. Nei 1000 eccetto Miami, dove aveva disputato la sua prima finale di categoria, nel 2022 ha migliorato ovunque il proprio percorso. È però mancato l’acuto, come Miami 2021.
    Ultima categoria di numeri, quelle delle prestazioni tecniche, ossia il rendimento dei colpi. Cresciuto il numero degli Ace e dei doppi falli, con un’efficacia della battuta ancora lontano dall’essere ottimale; eccellente la risposta, dove è complessivamente l’ottavo al mondo nel 2022; straordinaria la resa di Jannik “under pressure”, ossia la somma dei numeri nelle fasi decisive (palle break trasformate e salvate, tiebreak vinti e set decisivi conquistati), è il secondo miglior tennista in stagione, nel 2021 era undicesimo. La conferma di quanto la testa di Sinner sia forte nei momenti delicati. La somma dei numeri, quindi, non è proprio da buttare e la possiamo sintetizzare in una parola: consolidamento
    Eppure… se dovessimo racchiudere l’intera stagione di Jannik in match, la scelta sarebbe facile e obbligata: US Open, quarti di finale vs. Alcaraz. Il match dell’anno a detta di tutti, una partita indimenticabile, tanto bella quanto crudele. Se l’azzurro avesse messo in campo quella prima di servizio esterna sul match point che tanti punti gli ha procurato nella partita, beh, sarebbe stata semifinale vs. Tiafoe, una partita tutt’altro che impossibile, con la prospettiva di ritrovarsi per il titolo Ruud, non Djokovic o Nadal. Una partita giocata in modo pazzesco, fatta e condotta da Jannik. Una partita che l’ha segnato terribilmente, tanto che la sua stagione si è di fatto chiusa lì. Non è riuscito a confermare il titolo a Sofia e giocare il suo miglior tennis in autunno, colpa dei “soliti” problemi fisici. Tuttavia, per capire cosa sia successo a Jannik nel 2022 è necessario riavvolgere il nastro della sua annata e tornare a Melbourne.
    Dopo la straordinaria presenza alle Finals di Torino, Sinner si è presentato nel 2022 con un programma ben definito: giocare tanto e vincere continuando il solido percorso di crescita pluriennale impostato con il coach di una vita, Riccardo Piatti. Si ostentava sicurezza, c’era la ferma convinzione che le meraviglie di fine 2021 potessero sbocciare in altre grandi vittorie nel 2022. Il servizio migliorato, un tennis di pressione sempre più stabile e solido, con l’arma “nuova” di quel diritto cross stretto improvviso che ha tagliato le gambe ai migliori rivali. In realtà, sotto um mare apparentemente calmo, forse covava una tempesta di cui non c’eravamo accorti.
    Sul centrale di Melbourne Sinner gioca una partita orrenda contro Tsitsipas nei quarti di finale. Stefanos vola, serve da Dio e chiude col diritto ogni palla. Jannik non la vede mai. Quella sconfitta è un detonatore. Sinner probabilmente stava riflettendo da tempo su cosa volesse essere “da grande”, forse non era del tutto convinto del piano impostato dal team Piatti, cercava qualcosa di diverso dal proprio gioco. Si becca il Covid e dalla sua Monte Carlo in febbraio fa sapere di aver interrotto il primo rapporto con Piatti. Boom. Si allena con Simone Vagnozzi, che diventa il suo allenatore, affiancato poi in estate da Darren Cahill, uno dei coach più stimati al mondo, che ha sposato con grande fiducia il “progetto” Sinner.
    Questa svolta è il vero fatto dell’annata di Jannik, una scelta così grossa che era scontato portasse mesi complicati, di assestamento, di novità. Di dubbi. Difficile giudicarla non conoscendo a fondo le motivazioni di questa rivoluzione. Di sicuro Sinner ha messo mano pesantemente al suo gioco, cercando un tennis meno ancorato dalla pressione “a-la-Djokovic” da fondo, spostando più in avanti il suo baricentro. Meno colpi prima di cercare l’affondo, meno tennis percentuale e più brillantezza. Solo il futuro ci dirà se questa sia stata la decisione giusta. È la sua carriera, la visione di se stesso e della sua vita. Evidentemente Jannik non era contento di quel che stava producendo, si è preso l’enorme rischio di cercare una via diversa. In alcune interviste aveva dichiarato di sognare un tennis più “divertente” e imprevedibile. Il futuro ci dirà se è stata la scelta giusta o meno, tutti ci auguriamo di sì. L’unica nota che mi permetto di scrivere, è che forse aspettare ancora un anno per “svoltare” sarebbe stata una scelta più prudente, per un fatto molto elementare: la seconda parte del 2021 aveva dimostrato che le novità e affinamenti introdotti con Piatti stavano funzionando benissimo (servizio, schemi nuovi, intensità). Dare a questo gioco ancora un anno per consolidarsi, e anche al fisico di formarsi di più, averebbe forse tutelato maggiormente il suo corpo dai troppi problemi sofferti, e avrebbe consolidato anche automatismi tecnici che nel corso del 2022 ha invece rivoltato. La sua incredibile elasticità innata e il suo senso geometrico per il campo erano esaltati dal “Sinner-a-la-Piatti”, era la scelta più efficiente per massimizzarne le abilità. Tutto è stato rimesso in discussione.
    Infatti molte sue sconfitte nel 2022 sono venute soprattutto per difficoltà fisiche, per scelte di gioco non efficaci (palle corte, discese a rete con tempo errato e posizione rivedibile, affondi affrettati e poca pazienza nel lavorare lo scambio col rovescio, poca efficacia al servizio con un movimento di nuovo cambiato) e per la mancanza di sicurezza nei “nuovi” automatismi. Vedremo che accadrà nel 2023. Lui nelle ultime interviste si è detto convinto di star lavorando molto bene sul proprio fisico. “Il gioco ce l’ho, la testa ce l’ho, ora devo mettere a punto la parte atletica per arrivare dove voglio”, questo il sunto del suo pensiero. Tutto giusto, anche se sul piano squisitamente tecnico del gioco, questa svolta ha portato finora più dubbi che certezze. Probabilmente in allenamento sente progressi importanti che necessitano solo di tempo per esplodere in colpi più incisivi e vincenti. Quando si mette mano pesantemente al gioco, serve tempo e pazienza. Un esempio: il Djokovic di fine 2009 e 2010, cambiò il diritto e il servizio, vivendo un’annata così così. Tutti sappiamo che è successo nel 2011…
    Come dicevamo all’inizio, il 2022 di Jannik ha visto troppe cose, troppi problemi fisici, troppa complessità per dargli risultati eccezionali, quelli che tutti noi sogniamo e gli auguriamo per il 2023. E poi, se mai a NY quel “maledetto” match point l’avesse chiuso, sarebbe stata prima semifinale Slam, forse prima finale, o addirittura primo Slam… e oggi staremmo stilando tutt’altro bilancio. Non dimentichiamoci mai che il tennis resta sempre uno sport di situazione, nel quale le sliding doors sono lì ad aspettarti ogni settimana. Auguriamo a Jannik di aver preso quella giusta, di lavorare in modo eccellente sul proprio corpo per giocare un 2023 sano e competitivo, facendo esplodere il suo talento fisico e tecnico in prestazioni da campione. Come a US Open. Come nei primi due set contro Djokovic a Wimbledon. Quello è il Sinner che ci esalta e ci piace.
    Voto al 2022 di Jannik Sinner: 6
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    Le pagelle 2022 degli italiani: Matteo Berrettini

    Matteo Berrettini

    “Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia”. Chissà se Matteo Berrettini, amante delle letture di qualità, si è imbattuto in questa bella frase di Paulo Coelho pensando all’ennesimo diluvio affrontato nel suo travagliato 2022… Una pioggia improvvisa, violenta, battente, nessun ombrello o Anorak ti può riparare a dovere. Devi solo aspettare che passi la tempesta, per ripartire ancora una volta. Cercando di scacciare i mille pensieri negativi che tornano, anche se la ferita dentro sanguina copiosamente. Cercando di tornare in palestra e in campo ancor più motivato e “affamato” di rivincita, nonostante tutto.
    Parlare del 2022 di Berrettini è esercizio difficile e doloroso. Si sperava che dopo un bellissimo e altrettanto travagliato 2021, Matteo avesse chiuso il conto con la sfortuna, o almeno che peggio non potesse andare. Sbagliato. La stagione precedente era stata un incredibile otto volante, iniziata con un infortunio, proseguita con una crescita impetuosa culminata con la finale a Wimbledon, sino alla chiusura da incubo, il “crack” muscolare in campo alle ATP Finals di Torino. Quella da poco conclusa è stata persino più sfortunata. L’azzurro ha giocato solo 44 partite, saltando tre mesi in primavera (tutta la stagione su terra in Europa) per un’operazione alla mano, rinunciano last-second a Wimbledon per il Covid, giocando con un problema al piede in autunno, perdendo la possibilità di dare il suo meglio in condizioni indoor e nella finale di Davis. Peggio di così, davvero, non poteva andare.
    Per questo analizzare la sua stagione 2022 è quasi impossibile. Resta l’enorme rammarico per quello che avrebbe potuto essere, e non è stato. La dimostrazione l’abbiamo dall’Australian Open: nonostante le difficoltà, Matteo ha giocato soffrendo, lottando, vincendo, scrivendo l’ennesima pagina storica per il nostro tennis. Sarà stato sì e no al 60% del suo potenziale, ma non si è mai dato per vinto. Ha stretto i denti nei primi due match; al terzo turno ha battuto lo scatenato Alcaraz al super tiebreak del quinto set, mostrando attributi e freddezza da campione vero. Un successo che l’ha portato a dominare Carreno Busta e quindi sconfiggere Monfils, un’altra battaglia di cinque set. È approdato in semifinale, primo italiano nella storia tra i migliori quattro nello Slam a noi più ostico. Ha lottato anche contro Nadal, ma il tennis del formidabile mancino resterà sempre troppo complicato per le debolezze tecniche del romano.
    Quando inizi una stagione così, riuscendo ad ottenere un risultato incredibile senza essere nemmeno al meglio, pensi che la strada sia assolutamente in discesa. Purtroppo il destino si è messo di nuovo di traverso e ha gustato un anno che poteva diventare divino. Matteo ha scelto di giocare a Rio per conoscere il paese dell’amatissima nonna. Quarti di finale, Alcaraz sul “rosso” si è preso la rivincita. Niente di male, ci sta. Si vola in Messico, nella splendida Acapulco. Ma il suo torneo non è affatto radioso come l’incantevole baia sul Pacifico. Un problema lo forza al ritiro contro Paul. Niente di grave, dice lui, ma l’allarme rosso è già scattato. A Indian Wells contro Kecmanovic (un ottimo Kecmanovic) lotta, vince il secondo set al tiebreak, ma alla fine perde il match con alcuni errori non da lui. La settimana dopo c’è il secondo Masters 1000 statunitense a Miami, ma Matteo si ritira per un altro fastidio, stavolta alla mano destra. Dopo qualche giorno, i milioni di appassionati che lo seguono sui social restano impietriti vedendo sul suo profilo Instagram una foto sorridente, …scattata dal letto dell’ospedale. Si è operato alla mano. Tempi di recupero incerti. Sceglierà di saltare, a malincuore, tutta la stagione su terra battuta, Roma e Parigi inclusi. Troppo importante recuperare e non affrettare i tempi del rientro. C’è da difendere una finale a Wimbledon. Tanti punti. Ancora non sa che per la (sciagurata) decisione di Londra di non accettare i tennisti russi e bielorussi, ai Championships non verrano assegnati punti ATP e che quindi il suo prezioso bottino 2021 è già perso.
    Quel che nella pausa non si è fortunatamente smarrito è il suo tennis. Rientrato sull’erba di Stoccarda senza grandi aspettative, solo ritrovare il giusto feeling con il match, Matteo è imbattibile. Il servizio è già in grande spolvero, il diritto ci mette ben poco a ritrovare potenza e precisione. Anche la risposta è ficcante, entra nella palla con ottimo timing, e il rovescio in back funziona a meraviglia. Attacca la rete col classico approccio, chiude in sicurezza. Berrettini vince di slancio in Germania e difende il titolo al Queen’s. Solo vittorie per lui sui prati. Arriva a Wimbledon, ha il privilegio di calcare in allenamento il Centre Court con Rafa, altra perla indimenticabile – finora solo al campione in carica era concesso di inaugurare l’erba vergine del campo più iconico della disciplina. C’è fermento, Berrettini non più l’underdog col sorriso che uccide le suddite della Regina, è il secondo favorito del torneo alle spalle di Djokovic. Doccia fredda. È positivo al Covid. Non può giocare. Nuova mazzata che solo lui, con quelle spalle granitiche, può sopportare.
    Difficilissimo ripartire, ancora una volta, dopo la solita sfortuna pazzesca che continua a perseguitarlo, e qua non si parla nemmeno di infortuni, di preparazione, di qualche squilibrio tecnico che aggrava un fisico di cristallo. Questa è solo sfiga atavica. Sceglie di rientrare sul rosso di Gstaad, e pur giocando con poco ritmo si issa in finale, dove cede in tre set a Ruud. Questi continui stop and go li soffre, Berrettini per il suo fisico ha bisogno di continuità, ha bisogno di prendere ritmo e macinare match per affinare la condizione. Lo si vede volando in nord America. Gioca male, senza ritmo e buone sensazioni, i due 1000 (Canada e Cincinnati) rimediando due sconfitte immediate. Arriva a New York tutt’altro che in fiducia, e non gioca affatto il suo miglior tennis. Ma nei grandi tornei, Berrettini da campione trova il modo di superare momenti no e diventare tosto da battere. Soffre terribilmente negli ottavi contro Davidovich-Fokina, nei quarti c’è Ruud. Qua Matteo gioca forse la peggior partita del suo anno: Casper è in condizione eccezionale (farà finale, poteva diventare n.1 al mondo in caso di vittoria su Alcaraz), ma non si ha mai la sensazione che quel giorno l’azzurro potesse vincere. Le gambe non vanno, il servizio non fa la differenza, niente funziona. Sconfitta netta, poco da dire.
    Torna in Italia, a Bologna è tempo di Davis e Matteo c’è. Tre partite, tre vittorie convincenti. Si diverte in Laver Cup, nell’addio a Federer, quindi approda a Firenze, città del suo amato nonno. È accolto come un Re: Palazzo Vecchio, onorificenze, presenza allo stadio per la “sua” Fiorentina (anche se perderà contro l’Inter un match al cardiopalma). Purtroppo la sua presenza al nuovo ATP toscano dura solo un incontro, perso male contro Carballes Baena. Lui non accampa scuse, ma si vede che non è al meglio. Sapremo poi che un piede non va, lo tormenta. Lo vedremo benissimo a Napoli, dove continua a stringere i denti e vola in finale, dove un Musetti scatenato lo batte in due set, ma il romano era a malapena in grado di camminare, figuriamoci giocare il suo miglior tennis.
    Come è finita la sua stagione è storia troppo recente, e – tanto per cambiare – dolorosa. Assurdo criticarlo per aver giocato il doppio decisivo in Davis. Non c’erano alternative. Matteo accettando di giocare si è preso un grande rischio, con tutto da perdere. L’ha fatto perché è uno che non si tira mai indietro, ha il senso della squadra e della responsabilità. Ha perso ma ha dato quel che poteva. Purtroppo, come nel 2021, la sua stagione si è chiusa male, con una sconfitta immeritata.
    Dispiace terribilmente ritrovarsi a fare un bilancio stagionale così travagliato per un campione e splendida persona come Berrettini. Meriterebbe ben altro, poter esaltare il pubblico con il suo tennis così ricco di potenza e adrenalina senza continui infortuni e problemi. Per fortuna il nostro Matteo-nazionale ha spalle belle larghe, ha un vissuto importante costruito superando mille problemi fisici. Difficoltà che hanno forgiato il suo carattere e amplificato la voglia di rivalsa. E di vincere. “Sono fragile, non posso cambiare i miei geni ma posso lavorare per rafforzarmi e fare tutto il possibile per non infortunarmi” confessava Matteo in un’intervista. “Questo mi ha portato ad affrontarli con un altro spirito. Prima quando arrivava l’infortunio la prendevo male, mi deprimevo, ora no. Accuso il ‘colpo’ sul momento ma dopo qualche ora già sono mentalmente pronto a ripartire e lavorare per tornare ancora più forte. Cerco di analizzare quel che ho fatto e capire se qualcosa non l’ho fatto bene ed è stato questo che ha provocato l’infortunio. Alla fine è una realtà con la quale devo convivere”.
    “Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità”, così diceva Albert Einstein. L’augurio a Berrettini per le feste natalizie ormai alle porte e per il suo 2023 è quello di aver trovato la chiave per preservare al massimo il suo fisico. Non sarà mai un tennista da 80 partite stagionali, ma se riuscirà a restare sano nelle fasi importanti dell’anno ci farà divertire e potrà lottare per ottenere i risultati che merita. Berrettini è sceso in classifica, ma il suo tennis vale la top10 e soprattutto è competitivo per alzare i tornei più importanti. Anche gli Slam. Impossibile dare un voto “vero” a un’annata così storta. Ma con la storica semifinale a Melbourne, i due tornei vinti su erba e altri buoni risultati (finale a Gstaad e Napoli), quando è riuscito a giocare ha confermato di essere un grande tennista. Forza Matteo!
    Voto per il tribolato 2022 di Matteo Berrettini: 7
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO