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    Le pagelle 2022 degli italiani: Lorenzo Musetti

    Lorenzo Musetti

    “Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati”. Parole e musica di Michael Jordan, uno degli sportivi più forti e carismatici di tutti i tempi. Traslando questa frase dal basket al tennis, da uno sport di squadra a una disciplina individuale nel quale la squadra intorno resta elemento fondamentale, trovo che queste parole calzino a pennello per descrivere il fenomenale 2022 di Lorenzo Musetti. Talento. Lavoro. Intelligenza. Tre elementi necessari per eccellere, basilari nel tennis e nella vita del 20enne toscano, che nella stagione da poco conclusa è stato semplicemente l’azzurro già in top 100 cresciuto di più, passato dal n.59 ATP di fine 2021 all’attuale n.23 del ranking mondiale.
    Come sempre nel tennis, i numeri vanno saputi leggere ed interpretare. Il miglioramento di “Muso” infatti va ben oltre quei 36 posti in classifica scalati nel 2022, che l’hanno portato a un passo dall’eccellenza, i migliori venti tennisti al mondo. Il più trentasei e l’attuale numero 23 (guarda caso, quello iconico di Michael Jordan…) sono un importante riscontro aritmetico della crescita esponenziale del tennis di Lorenzo. Un tennis passato dall’essere delizioso manifesto della definizione di talento tecnico, braccio fatato, leggerezza e stile classico, a gioco assai più consistente, continuo, razionale. Vincente. Questo è il vero traguardo raggiunto da Musetti, il più importante, ben più dei due tornei vinti e delle molte posizioni scalate nel ranking.
    Il gioco di Lorenzo affascina, soprattutto gli amanti dei “gesti bianchi”, ma non solo. Se si guarda all’estero (esercizio sempre salutare quello di uscire della visione nostrana delle cose proiettandosi verso orizzonti diversi), tutti i più grandi esperti ed osservatori della disciplina da tempo osservano con la massima attenzione l’evoluzione di Musetti, anche più di quella di Sinner, Berrettini e compagnia. Nel 2022 per questioni personali ho parlato con diversi ex giocatori del Matteo-nazionale, ma nel corso della chiacchierata la domanda arrivava sempre, puntale: “Ma Musetti…”. Lorenzo ha un tennis troppo bello, vario e divertente per lasciare indifferenti. Musetti incarna il tennis nella sua purezza con i suoi movimenti eleganti, con quelle pennellate d’autore che disegnano traiettorie mai uguali, sorprendono e divertono. Musetti incarna l’ideale del tennis che più appassiona, per questo è un ragazzo molto seguito in tutto il mondo, un atleta che piace ed intriga. Un tennis esteticamente straordinario il suo, ma fino allo scorso anno ancora poco consistente, non continuo, con diversi limiti in più esecuzioni se spinto al massimo livello. Per questo nei (troppi) dibattiti su di lui, molti nutrivano dubbi sul percorso di crescita, sul coach Tartarini, sulla direzione da prendere. Dubbi che il suo 2022, soprattutto la parte conclusiva, hanno spazzato via. Lorenzo è maturato, ha inserito grandi novità nel suo gioco, diventato non solo bello ma anche assai più tosto ed efficace.
    C’è voluto del tempo, era scontato che la sua crescita sarebbe stata (e continuerà nel prossimo anno) più lenta. Quando hai tanto talento, molte possibilità, giochi con grande istinto “sentendo” la palla, le geometrie, le rotazioni, il campo, le vibrazioni intorno a te, non è affatto facile gestire in modo razionale tutti questi “impostori” e dare un ordine razionale che possa indirizzare il talento in risultati concreti. Tutti i grandi creatori di gioco maturano più tardi, hanno bisogno di tempo per sperimentare su se stessi situazioni e alternative, trovando un via. La testa di un creativo come Lorenzo vede in frazioni di secondo cose che noi normali tennisti nemmeno potremo immaginare. Un “Muso” deve lavorare tanto per domare istinti e portarli su schemi efficaci, senza castrare la sua fantasia ma facendola correre a tutta su binari sicuri. Questo è stato un lavoro lungo e difficile, tutt’altro che concluso, ma che nel 2022 ha portato i primi grandi risultati.
    La sua stagione è iniziata così così, la prima grande vittoria a Rotterdam su Hurkacz al secondo turno, in mezzo a troppe sconfitte e prestazioni ancora un po’ timide, nelle quali i suoi colpi parevano un po’ trattenuti, titubanti. Una prima fondamentale svolta è arrivata in Davis, in Slovacchia. Quel weekend che tanto ha tolto a Lorenzo Sonego, moltissimo ha dato a Lorenzo Musetti. Capitan Volandri l’ha buttato in campo nel match decisivo, il carrarino ha risposto presente, reggendo il peso del momento e trovando una vittoria in rimonta preziosissima per la nostra squadra e terribilmente importante per lui. Un successo che gli ha dato fiducia, non nell’immediato ma fondamentale per farlo maturare. Niente di buono infatti è successo nella trasferta sul cemento USA, ma al rientro, sulla terra in Europa, ecco i primi buoni risultati. Ancora a sprazzi, ma nel suo gioco si sono iniziati a vedere netti miglioramenti col diritto, sempre più veloce ed efficace, e nel servizio, più esplosivo – ma ancora poco continuo – con la prima palla. Quarti a Marrakech, una bellissima vittoria a Monte Carlo vs. Auger-Aliassime, con il Centre Court tutto in piedi ad applaudire una prestazione tecnicamente sontuosa. Al 1000 di Madrid passa le quali e vince 4 match di fila, prima di gettare la spugna vs. Zverev. Maledetto problema muscolare che lo costringe a saltare Roma. A Roland Garros rientra con poco tennis nelle gambe, va avanti due set vs. Tsitsipas e subisce la rimonta del finalista 2021 dello Slam “rosso”. Gli piovono addosso tante critiche “non regge”, ma il mormorio della gente è cieco, non riesce a vedere quanto quel diritto stia diventando ficcante, più anticipato e diretto sulla palla. Prima della sfortunata mini stagione su erba, si prende il titolo al Challenger di Forlì, lottando pure fin troppo, ma una vittoria è sempre salutare.
    La settimana del 18 luglio è una di quelle che ricorderà per tutta la vita. Amburgo, ex Master-Series, adesso ATP 500, torneo dalla grande tradizione e campi discretamente rapidi. Musetti vola. Regola uno dopo l’altro Lajovic, Ruusuvuori, Davidovich-Fokina, l’emergente Cerundolo in semi e quindi alla domenica si ritrova all di là della rete Carlos Alcaraz, il fenomeno. È semplicemente la partita più bella del 2022. La vince Lorenzo, un film drammatico e tecnicamente bellissimo, in tre set. Quel match meriterebbe un articolo a se stante, per rivivere emozioni clamorose. È il primo torneo ATP in carriera, vinto contro quello che diventerà presto n.1, giocando un tennis eccezionale. L’ennesima conferma che nelle grandi occasioni il suo talento non si deprime, ma esplode. Sente il momento, il pubblico, il rivale, e si esalta.
    Sul cemento in nord America non ottiene granché, ma il lavoro eseguito sul veloce paga straordinari dividendi dopo US Open, in autunno. Lorenzo cambia passo. Il suo gioco diventa sempre più sicuro, veloce, efficace. La prima palla schizza verso le stelle per percentuali, e oltre ai numeri gli porta punti importanti e decisive aperture di campo per entrare forte col diritto. Un diritto diventato assai più stabile, con uno swing più corto, più diretto nella palla e una chiusura splendida, con la palla che esce veloce e sicura. Servizio e diritto cresciuti notevolmente, a sostenere le sue meravigliose sbracciate e cambi di ritmo col rovescio. Ancora troppe palle corte rischiate, qualche momento di confusione tattica, ma niente a che vedere con il tennista titubante, difensivo e attendista di pochi mesi prima. Grazie a questo tennis più rapido e gesti meno ampi, la posizione in campo è meno arretrata, e anche la risposta è migliorata, pur restando la fase meno efficace del suo gioco. Un gioco che lo porta alle semifinali a Sofia, semifinali a Firenze, al titolo a Napoli battendo Berrettini in una finale tutta azzurra. Arriva nei quarti a Bercy, dopo aver battuto Cilic, Basilashvili e soprattutto demolito Ruud, prima di arrendersi a un Djokovic troppo forte. In Davis non brilla, ma ci sta dopo una cavalcata così importante.
    Ci sarebbe ancora tantissimo da scrivere, ma mi fermo qua. Musetti ha vissuto un 2022 notevole, ma sottolineo ancora che più dei risultati è stato lo scatto in avanti nel gioco ad essere la sua vera vittoria. Nel novembre del 2021 Tartarini durante le NextGen Finals disse in sintesi “dobbiamo dare razionalità al suo gioco, deve fare meno cose e farle al meglio”. Missione compiuta. Adesso è necessario continuare su questa strada, rafforzando anche la seconda di servizio e soprattutto l’efficacia e continuità in risposta. I migliori servono benissimo, la risposta di Lorenzo deve esser molto di più di una sicura rimessa in campo, deve permettergli di non perdere campo e porre già problemi al rivale. Il suo obiettivo per il 2023 è continuare il miglioramento, entrare nella top20 e puntare alla seconda settimana negli Slam. Con il suo talento, l’intelligenza dimostrata da tutto il suo team, e la voglia di lavorare che non gli manca, nessun risultato gli è precluso. Nessuno. 
    Voto al 2022 di Lorenzo Musetti: 8
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Le pagelle 2022 degli italiani: Lorenzo Sonego

    Lorenzo Sonego

    Più di un voto, è un’immagine la miglior descrizione del 2022 di Lorenzo Sonego: un suo ritratto pensieroso, in chiaroscuro. Il piemontese ha vissuto una stagione complicata, che l’ha visto scivolare dal n.27 di fine 2021 all’attuale n.45. Meno 18 posizioni, caduta arginata dalla fondamentale vittoria all’ATP 250 di Metz, al quale era entrato da n.65 nel ranking. Un successo che insieme alla splendida, gladiatoria prestazione in Davis a Malaga ha letteralmente salvato un’annata che altrimenti sarebbe stata deludente e del tutto insufficiente.
    C’era da aspettasi più di un ostacolo nel suo cammino quest’anno. Sonego nel 2021 ha disputato una stagione eccezionale, probabilmente superiore alle sue stesse aspettative. Per alcuni, è addirittura andato oltre alle sue capacità. Su questo giudizio non concordo, perché ho sempre ritenuto (e scritto) che Lorenzo avesse ancora un potenziale del tutto inesplorato, soprattutto a se stesso; ma se riavvolgiamo il nastro della nostra memoria alla settimana degli Internazionali di Roma, beh, in quei giorni benedetti “Sonny” non camminava sul mattone tritato ma quasi sulle acque… Vittorie una più bella, sofferta e meritata dell’altra, sino alla semifinale, dove riuscì a giocare per quasi tutto il match alla pari con Mr. quasi grande Slam Novak Djokovic, costringendolo a tirare fuori le migliori giocate del proprio repertorio per arginare e superare la furia agonistica del nostro. Tantissime sono state le prestazioni splendide nel 2021 per Sonego. Ha giocato tanto, ha giocato bene, si è meritato un best ranking eccezionale di n.21 il 4 ottobre. A ripensare cosa era Lorenzo Sonego solo 4 anni fa, quando ancora non era un top100 con importanti limiti tecnici, questo pareva impossibile.
    Niente è impossibile per chi osa sognare. Niente è precluso per chi ha capacità fisica e riesce massimizzare il proprio talento con un lavoro di grande qualità, mentalità vincente aperta alla critica, al miglioramento, all’umiltà. Umile sì, dimesso mai. Sonego ha scritto alcune delle pagine più belle ed esaltanti del nostro tennis negli anni recenti. Vittorie magari meno roboanti rispetto ad altri azzurri ma ottenute con una grinta, testa, mentalità e agonismo di feroce bellezza. Lorenzo ha messo su un servizio fantastico, un diritto con il quale può chiudere il punto contro i migliori, il tutto sorretto da un’energia inesauribile, fiducia sterminata ed entusiasmo contagioso. In queste ultime tre parole si concentra il 2022 grigio del torinese: energia, fiducia, entusiasmo. Quelle che sono state le sue armi nei momenti migliori, nella stagione appena andata in archivio sono spesso mancate. Era la stagione della conferma, la più difficile. Era lecito aspettarsi ostacoli, che sono puntualmente arrivati, aggravati da un weekend per lui nefasto che gli ha maledettamente complicato tutto.
    Dopo un inizio di 2022 promettente (quarti a Sydney, terzo turno molto lottato agli Australian Open e la semifinale sul rosso a Buenos Aires), qualcosa si è guastato. Ha attraversato un momento fisico poco brillante, qualche settimana così così, culminata con una mazzata micidiale sul piano mentale: la sconfitta in Davis in Slovacchia contro Horansky. Una partita brutta, giocata male sotto tutti i punti di vista, in cui i “demoni” della battuta d’arresto patita sempre con la maglia azzurra a fine 2021 contro il croato Gojo sono tornati maligni a pungolarlo, fino a deprimerlo. Un macigno che l’ha accompagnato per mesi, in troppe sconfitte contro avversari alla sua portata. Da lì a Roma ha raccolto due vittorie in sei tornei, perdendo una caterva di punti ma soprattutto non ritrovando mai quella fiducia, energia ed entusiasmo che l’hanno sostenuto nei momenti migliori della propria carriera, permettendogli di giocare un tennis spregiudicato in attacco e difensivamente tostissimo. Nemmeno è stato fortunato a Wimbledon, con quella partita vs. Nadal che grida ancora vendetta per l’episodio avuto con l’iberico, da molti non capito e che ha ulteriormente sofferto sul piano mentale, pur avendo lui ragione al 100%. Per tutta l’estate ha giocato pensieroso, poco spavaldo, a caccia di una scintilla che lo riaccendesse, senza riuscirci.
    Per fortuna la settimana “sì” è arrivata Metz, dove ha messo in fila Karatsev, Simon, Korda, il top10 Hurkacz e in finale quel matto di Bublik, alzando finalmente il primo torneo stagionale (terzo in carriera). Un’iniezione di fiducia di cui aveva assoluto bisogno, che l’ha rivitalizzato tanto da spingerlo a ritrovare la massima motivazione per lavorare bene e preparare un 2023 di nuovo da protagonista. Non vai in vacanza e torni all’improvviso in Davis giocando due match così clamorosi, a-la-Sonego potremmo dire, se prima non ti eri ritrovato e avevi già messo tanto fieno in cascina.
    Lorenzo avrebbe meritato di alzare l’Insalatiera, è stato di gran lunga il miglior italiano in Davis. Due vittorie che hanno scacciato via gli incubi e le tristezze rimediate proprio con la maglia azzurra e che l’avevano così tanto appesantito. Per questo è lecito sperare in un 2023 di altra qualità, intensità e risultati per il piemontese. Il suo obiettivo per la prossima stagione, più di un risultato in sé, deve essere tornare in campo con un’eccellente condizione fisica, con quei piedi pronti a scattare su ogni palla e spingere a tutta, cercando l’affondo e proiettandosi la rete. Il Sonego in fiducia, che gioca con entusiasmo e grinta, è un sempre un grande spettacolo. Gli auguriamo di arrivare tra dodici mesi con ben altra foto a descrivere il suo 2023: nessun bianco nero, solo un salto che sprizza tutta la sua energia e positività.
    Voto al 2022 di Lorenzo Sonego: 6
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Presentato questa domenica a Paciano (PG) alle 17 il libro “Berrettini, la forza del pensiero” (recensione di Paolo Silvestri)

    Berrettini, la forza del pensiero

    Domenica 11 dicembre, alle ore 17, presso Palazzo Baldeschi a Paciano (PG) sarà presentato dagli autori il libro “Berrettini, la forza del pensiero”, scritto da Valentina Clemente e Marco Mazzoni, pubblicato lo scorso mese da Ultra Sport. L’evento è organizzato dalla libreria Libri Parlanti di Castiglione del Lago, con il sostegno del Comune di Paciano.
    Gli autori racconteranno il concetto del loro progetto editoriale, non una classica biografia sportiva ma un libro che racconta il pensiero, visione, gioco e personaggio Berrettini, descritto insieme alle molte interviste fatte a tecnici, ex giocatori e giornalisti da tutto il mondo (Mark Woodford, Raffaella Reggi, Claudio Mezzadri, Stefano Baraldo, Tatiana Golovin, Alessandro Nizegorodcew, Simon Cambers per citarne alcuni).

    Pubblichiamo di nuovo la recensione del libro, scritta da Paolo Silvestri.
    Solo un anno dopo Momenti di gloria. Storia ed emozioni delle Olimpiadi, Valentina Clemente e Marco Mazzoni tornano ad unire le loro esperienze giornalistiche e le loro brillanti penne in Berrettini. La forza del pensiero (Ultra Sport ed. 2022), un minuzioso ritratto della punta di diamante della straordinaria new wave del tennis italiano maschile. Sanno, con intelligenza, agire come profondi conoscitori del mondo del tennis ma anche, con umiltà, come direttori d’orchestra che danno spazio ad altre voci, in un concerto polifonico di indubbio interesse. A cominciare da Stefano Meloccaro, a cui è affidata la prefazione, sono infatti moltissimi gli esperti che intervengono per contribuire a descrivere i punti forti ed i punti deboli del tennis di Matteo, la sua parabola evolutiva, le sue potenzialità, la sua fragilità fisica, la sua immagine pubblica, ma soprattutto il suo profilo psicologico ed umano, la forza del suo pensiero appunto, come recita il sottotitolo del volume.
    Non è un segreto che il tennis sia uno sport in cui l’aspetto mentale ha un ruolo determinante e, pertanto, un ritratto di un giocatore non può limitarsi ad analisi e valutazioni tecniche. In una intervista di un paio d’anni fa Berrettini sparava questa sorprendente risposta, che può spiazzare chi non lo conosce: “Come mi definirei? Profondo”. Ed effettivamente, sulla base di molte dichiarazioni sue e altrui, affiora il ritratto di un ragazzo intelligente, educato, amante della lettura e del cinema, sempre alla ricerca di risposte. E anche coraggioso, il che non significa, come ben sappiamo, immune da paure e insicurezze. Coraggioso è chi le paure e le insicurezze le sa superare con acume, umiltà forza e determinazione, come Berrettini ha sempre cercato di fare fin dall’inizio della sua carriera insieme al mental coach Stefano Massari, che affianca la guida tecnica di due grandi coach come Vincenzo Santopadre e Umberto Rianna.
    Un percorso di crescita tennistica e umana basato su lavoro, serietà e pazienza, e non esento da quel pizzico di distacco un po’ ironico e sornione tipicamente romano, capace di relativizzare tutto. Matteo, solo per fare un esempio, ama citare una frase che il suo primo maestro Vannini gli diceva prima dei match e che lo ha in qualche modo segnato: “Mal che vada perderai”. A me sembra una frase geniale e assai più profonda di quanto possa sembrare. A proposito di sconfitta, il tennista italiano in più di un’occasione ha parlato della sua utilità sostenendo che, per quanto possa bruciare, è parte necessaria del precorso di crescita di uno sportivo ma, aggiungerei, di qualsiasi essere umano. “Le sconfitte – dice Berrettini – sono più utili delle vittorie perché mi aiutano a imparare. Ho sempre vissuto più intensamente la delusione della sconfitta che la gioia della vittoria. È una cosa che ho sentito fin da giovane e su cui ho lavorato tanto […] Sono convinto al 100% che per arrivare in alto bisogna perdere. Se non provi quella delusione, quella voglia di rivalsa, è difficile che si possa eccellere in uno sport individuale come il tennis”. E lo dimostrano i tantissimi casi, vicini e lontani, di giocatori che hanno vinto tanto (troppo) da ragazzini e che, nel passaggio al professionismo, si sono visti impreparati alla sconfitta, fino a spegnersi.
    Dell’aspetto tecnico e mentale si occupa Marco Mazzoni nel capitolo iniziale Il tennis di Berrettini, con un percorso sulla sua carriera e un’analisi dettagliatissima delle sue principali “armi”, che sono poi i fulcri del tennis moderno (di cui Berrettini è senza dubbio un emblema) vale a dire il servizio e il dritto, nonché l’adattabilità alle diverse superfici e la solidità nella gestione tattica dei match. E lo fa condendo il suo discorso con decine di dichiarazioni di grandi nomi del tennis italiano e non, spettatori o in molti casi attori della storia tennistica e umana di Matteo: da Volandri a Colangelo, da Reggi a Bertolucci, da McEnroe a Wilander, da Santopadre a Massari, solo per citarne alcuni. Questo schema argomentativo è ripreso da Mazzoni nel secondo capitolo, intitolato Potenza e fragilità. Gli infortuni, purtroppo abbastanza esteso, dati i moltissimi problemi fisici di cui è stato vittima e che ne hanno spezzato ritmo e progressione, a cominciare dal più doloroso, quello che lo costrinse al ritiro nel match d’esordio alle ATP Finals dello scorso anno. Alle caviglie fragili si sono sommati il ginocchio, gli addominali, la mano, la schiena, un quadricipite… Predisposizione? Sfortuna? Squilibri nella preparazione fisica? Mali endemici del tennis moderno? Tensione emotiva? Mazzoni cerca una risposta a questi ed altri interrogativi, anche in questo caso con il supporto di noti esperti come per esempio Stefano Baraldo o Rodolfo Lisi.
    La seconda parte del volume, Un impatto visivo e psicologico, è affidato a Valentina Clemente che sonda, ricorrendo al formato dell’intervista a importanti nomi del mondo del tennis di diversi paesi, le impressioni personali sul Berrettini tennista (aneddoti, punti forti, limiti, prospettive, margini di miglioramento, ecc.) ma anche l’eco del Berrettini personaggio nelle rispettive culture di provenienza. Grossomodo la stessa griglia di domande, artificio utile proprio per confrontare le diverse opinioni su alcuni punti specifici, viene sottoposta a noti giornalisti, tecnici ed ex pro come Alessandro Nizegorodcew, Antoine Benetteau, Simon Cambers, Arnaud Cerruti, Tatiana Golovin, Mark Woodforde, Richard Waumsley, Sebastian Fest, conosciuti da Valentina Clemente “sul campo”, nel suo ormai più che consolidato percorso nell’ambito del giornalismo tennistico.
    Definirei Berrettini. La forza del pensiero un bel volume “corale”, senza con questo sminuire assolutamente i meriti del “doppio misto” Clemente-Mazzoni, che offrono il loro punto di vista, ma lo sanno coordinare con eleganza contenutistica e formale con quello di altri esperti e testimoni, senza mai cadere in eccessi retorici o banalità celebrative.
    Paolo Silvestri LEGGI TUTTO

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    Davis Italia, il cuore non basta. La “foto” di una stagione (di Marco Mazzoni)

    Il doppio azzurro in Davis a Malaga

    “Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”. Nelson Mandela aveva maledettamente ragione. Per vincere è necessario sognare e non arrendersi mai. Purtroppo a volte sognare, lottare fino all’ultima palla mettendoci cuore, testa e gamba non basta. È quello che è accaduto al nostro team azzurro di Davis a Malaga ieri contro il Canada. Un Canada fortissimo, ricco di talento e qualità, che con merito è arrivato a giocarsi la Coppa Davis 2022 contro l’Australia. Non è più la “Insalatiera” di un tempo, questo formato rinnovato continua a non convincere appieno, ma quando si gioca per il proprio paese e i giocatori ce la mettono tutta, beh, la magia e il pathos sono assicurati e ti regalano tra le emozioni più forti una stagione.
    Tre grandi partite anche ieri, nelle quali è spiccato un Sonego monumentale, bravissimo e vincente. Il nostro tennis ha ritrovato un vero gladiatore, un tennista a dir poco sottovalutato che quando sta bene fisicamente gioca con coraggio e supera limiti, ostacoli, esaltando tutto e tutti. Un dieci è un vero persino basso per descrivere che razza di prestazioni è riuscito a giocare. Ha sovvertito pronostici, ha spostato montagne. “Sonny” spettacolare. Musetti ha affrontato il tennista più forte della sfida, poco da dire. Questo Felix Auger-Aliassime è ormai un top 10 forte, solido, davvero difficile da affrontare e scardinare. Era necessaria una prestazione super, al limite della perfezione, Lorenzo non c’è riuscito. Viene da un periodo molto intenso, nel quale è cresciuto moltissimo e ha imparato tanto. Con questa sconfitta avrà altro materiale sul quale lavorare e ripresentarsi in futuro più pronto per sfide così impegnative. Il doppio… è stato un film nel film. Un cambio di formazione last minute, con una coppia non collaudata che nonostante tutto se l’è giocata sino alla fine, con un vantaggio con concretizzato. Delusissimo Fognini dopo la sconfitta. Ha ragione. Fabio è un Campione di razza come spirito, è uno che vuole vincere, che fiuta le occasioni e che riesce anche a coglierle. Questa era una partita da vincere, i complimenti fanno solo male. È stato bravissimo a non cercare alcuna scusa, sanguinando sportivamente perché se qualche fase si gioco fossa andata diversamente, oggi sarebbe stata finale e contro i “canguri” partivamo alla pari, forse anche un filo favoriti. Fognini è un Patrimonio del nostro tennis, non ce lo dimentichiamo e conserviamolo ancora finché avrà voglia, perché ne abbiamo maledettamente bisogno. Berrettini è solo da applaudire. Lontano anni luce dalla sua miglior versione, e poi il doppio non lo gioca con frequenza, ma ha dato quel che aveva, c’ha provato da campione con testa e cuore. Non è bastato.
    Testa e cuore. Più di un pizzico di sfortuna. Infortuni. Sconfitta. Delusione ma anche una spinta per il futuro, che deve essere azzurro. Che sarà sempre più azzurro. “La sconfitta brucia e sarebbe stupido dire il contrario. Deve bruciare e questo deve servirci per il futuro”. Lucide e perfette le parole di Filippo Volandri, bravo e per nulla fortunato capitano di questo bel gruppo. L’amara conclusione dell’avventura in Davis 2022 per il team azzurro non è altro che una foto un po’ crudele ma realistica di quel che è stato il 2022 per i giocatori italiani. Una stagione molto importante, di costruzione, di consolidamento, di crescita, con risultati importanti ma segnata da troppi intoppi e problemi per essere davvero vincente e superlativa. Infortuni a non finire, qualche sconfitta difficile da digerire, alti e bassi che non ci hanno portato ai risultati che sognavamo. 
    Non giriamoci intorno. Molti sognavano che nel 2022 avremmo vinto uno Slam. Dopo la fantastica cavalcata di Matteo a Wimbledon l’asticella di è alzata. I sogni sono diventati obiettivi. Berrettini, Sinner, Musetti, tutto il gruppo come squadra. Solo se si è ambiziosi si arriva a toccare il cielo. Basta stucchevoli maniavantismi, abbiamo talento e qualità, un sistema che funziona, una base solidissima, dirigenti validi, coach eccezionali, talento diffuso. Siamo forti. Dobbiamo crederci e puntare al massimo.
    Ambiziosi, ma dobbiamo anche essere realisti: la competizione è massima, vincere deve essere un obiettivo ma non è per niente facile. Serve sempre un pizzico di buona sorte che fornisce la spinta ulteriore a farcela. Anzi, più che buona sorte, sarebbe utile che la “malasorte passasse da altre parti”… diciamola così. Alla fine non abbiamo vinto lo Slam, non abbiamo vinto la Davis, ma per la somma di tutti questi motivi, sarebbe sbagliato considerare il 2022 una stagione non positiva per il nostro tennis. Abbiamo vinto tornei. Abbiamo avuto per la prima volta un semifinalista agli Australian Open. Musetti ha vinto un 500 battendo il futuro n.1 più giovane della storia e in autunno è esploso giocando un tennis così bello che tutto il mondo ce lo invidia. Sinner ha portato l’immenso Djokovic al limite a Wimbledon e a US Open è arrivato ad un passo dal battere nei quarti il futuro campione, se avesse vinto, chissà… Il tutto in una stagione a dir poco martoriata per Jannik, tra il cambio di rotta tecnico e troppi stop fisici; come per il Matteo Nazionale, che non ha giocato metà stagione e quando l’ha fatto è stato sempre super competitivo. Abbiamo una piccola valanga azzurra di giovani NextGen pronti ad entrare nella top 100 e crescere ancora. Abbiamo un team di Davis che ha maturato esperienze importanti e pur non avendo vinto si presenterà il prossimo anno ancor più esperto, agguerrito e affamato.
    Questi sono solo alcuni elementi un primissimo bilancio a caldo di una stagione positiva, che da domani andremo ad analizzare nel dettaglio, con le pagelle dei vari giocatori, interviste esclusive, bilanci statistici e molto altro ancora, proiettandoci verso un 2023 tutto da vivere insieme. Una stagione 2022 con alti e bassi, picchi straordinari e qualche crollo. Un’annata sportiva ricchissima, indimenticabile nel bene e nel male. Contraddittoria, che ci ha esaltato e, sì, fatto anche parecchio incazzare… Ma teniamo ben in mente il mantra di Nelson Mandela: “Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”. I nostri ragazzi in Davis, dall’infortunato Berrettini alla grinta e carattere infinito di Fognini, dalla lucida fermezza di Volandri all’indomabile volontà di Sonego e via dicendo, hanno dimostrato in questa settimana che non si arrenderanno. Mai.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ranking ATP e giovani nati dal 2000: chi è cresciuto di più nella stagione 2022

    Lorenzo Musetti, uno dei nati dal 2000 più migliorato quest’anno

    Con la stagione ATP quasi conclusa (restano alcuni Challenger), è interessante analizzare la classifica dei giovani nati dal 2000 rispetto alla stessa settimana dello scorso anno, per valutare chi è salito maggiormente, chi non ha rispettato le attese di crescita e chi invece si è proprio fermato o quasi. Ecco la lista dei giovani nati nel nuovo millennio che hanno terminato la stagione in top100, con la differenza in classifica rispetto al 22 novembre 2021. Ovviamente guida questa graduatoria il fenomenale Carlos Alcaraz, che ha chiuso il 2022 da più giovane n.1 di sempre, con un eccellente +31 rispetto ad un anno fa.
    Carlos Alcaraz – 19 anni – n.1 (+31 posizioni)
    Felix Auger-Aliassime – 22 anni – n.6 (+5)
    Holger Rune – 19 anni – n.11 (+92)
    Jannik Sinner – 21 anni – n,15 (-5)
    Lorenzo Musetti – 20 anni – n.23 (+36)
    Sebastian Korda – 22 anni – n.34 (+7)
    Jack Draper – 20 anni – n.42 (+223)
    Sebastian Baez – 21 anni – n.43 (+54)
    Brandon Nakashima – 21 anni – n.47 (+21)
    Jenson Brooksby – 22 anni – n.48 (+8)
    Jiri Lehecka – 21 anni – n.81 (+60)
    Chun-Hisin Tseng – 21 anni – n.88 (+100)
    Ben Shelton – 20 anni – n.97 (+476)
    Questa la fascia dei top 100. Andando a vedere la fascia 100-200, troviamo i moltissimi azzurri che quest’anno sono cresciuti arrivando in posizioni importanti del ranking: Luca Nardi e Francesco Maestrelli (19 anni), Flavio Cobolli, Giulio Zeppieri e Luciano Darderi (20 anni), Francesco Passaro, Matteo Arnaldi e Mattia Bellucci (21 anni). Per questa fascia di ranking entro la top200, faremo un’analisi dettagliata tra una decina di giorni, alla conclusione della stagione Challenger 2022.
    Tornando ai dati degli attuali top100 nati dal 2000, oltre ad Alcaraz, impressionante è stata la crescita di Holger Rune, ad un passo dalla top10, ma anche i balzi notevolissimi di Jack Draper (finalmente in salute, ha mostrato tutto il proprio valore) e quello appena compiuto da Ben Shelton grazie ai tre Challenger vinti di fila che l’hanno portato tra i migliori cento al mondo con quasi 500 posizioni conquistate rispetto allo scorso anno. Bene anche l’argentino Baez, diventato tennista assai solido e capace di chiudere l’anno tra i migliori 50.
    Anche i numeri confermano l’ottima ascesa di Lorenzo Musetti: le 36 posizioni guadagnate sono frutto di notevoli miglioramenti compiuti a livello tecnico e agonistico, grazie ai quali ha ottenuto vittorie di prestigio (su tutte l’indimenticabile coppa ad Amburgo battendo Alcaraz in finale).
    Al di sotto delle aspettative le annate degli statunitensi Korda e Brooksby, sono cresciuti ma davvero di poco. Felix Auger-Aliassime ha dato struttura e solidità al suo tennis, infrangendo il tabù “finali”. Una crescita soprattutto mentale che l’ha portato a vincere 4 tornei ed entrare meritatamente nella top10. “Solo” cinque posizioni per lui, ma che posizioni… Gli scalini nel ranking non sono affatto tutti uguali.
    Purtroppo ha perso 5 posti Jannik Sinner. Tra tutti i giovani citati era quello più avanti in classifica, quindi salire era indubbiamente più complesso. Complessa è stata soprattutto la sua annata, per i tanti motivi che conosciamo, dai mille problemi fisici al cambio repentino di guida tecnica e fisica. A breve faremo un bilancio della sua stagione più dettagliato, come gli altri italiani.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Deconstructing Matteo. Recensione a “Berrettini. La forza del pensiero”, libro di Valentina Clemente e Marco Mazzoni

    Berrettini. La forza del pensiero

    È appena uscito il libro “Berrettini. La forza del pensiero”, di Valentina Clemente e Marco Mazzoni (Ultra Sport Edizioni, 2022, 168 pp), prefazione di Stefano Meloccaro. È disponibile in libreria e negli shop online.
    Pubblichiamo la recensione scritta dalla sapiente penna di Paolo Silvestri.

    Solo un anno dopo Momenti di gloria. Storia ed emozioni delle Olimpiadi, Valentina Clemente e Marco Mazzoni tornano ad unire le loro esperienze giornalistiche e le loro brillanti penne in Berrettini. La forza del pensiero (Ultra Sport ed. 2022), un minuzioso ritratto della punta di diamante della straordinaria new wave del tennis italiano maschile. Sanno, con intelligenza, agire come profondi conoscitori del mondo del tennis ma anche, con umiltà, come direttori d’orchestra che danno spazio ad altre voci, in un concerto polifonico di indubbio interesse. A cominciare da Stefano Meloccaro, a cui è affidata la prefazione, sono infatti moltissimi gli esperti che intervengono per contribuire a descrivere i punti forti ed i punti deboli del tennis di Matteo, la sua parabola evolutiva, le sue potenzialità, la sua fragilità fisica, la sua immagine pubblica, ma soprattutto il suo profilo psicologico ed umano, la forza del suo pensiero appunto, come recita il sottotitolo del volume.
    Non è un segreto che il tennis sia uno sport in cui l’aspetto mentale ha un ruolo determinante e, pertanto, un ritratto di un giocatore non può limitarsi ad analisi e valutazioni tecniche. In una intervista di un paio d’anni fa Berrettini sparava questa sorprendente risposta, che può spiazzare chi non lo conosce: “Come mi definirei? Profondo”. Ed effettivamente, sulla base di molte dichiarazioni sue e altrui, affiora il ritratto di un ragazzo intelligente, educato, amante della lettura e del cinema, sempre alla ricerca di risposte. E anche coraggioso, il che non significa, come ben sappiamo, immune da paure e insicurezze. Coraggioso è chi le paure e le insicurezze le sa superare con acume, umiltà forza e determinazione, come Berrettini ha sempre cercato di fare fin dall’inizio della sua carriera insieme al mental coach Stefano Massari, che affianca la guida tecnica di due grandi coach come Vincenzo Santopadre e Umberto Rianna.
    Un percorso di crescita tennistica e umana basato su lavoro, serietà e pazienza, e non esento da quel pizzico di distacco un po’ ironico e sornione tipicamente romano, capace di relativizzare tutto. Matteo, solo per fare un esempio, ama citare una frase che il suo primo maestro Vannini gli diceva prima dei match e che lo ha in qualche modo segnato: “Mal che vada perderai”. A me sembra una frase geniale e assai più profonda di quanto possa sembrare. A proposito di sconfitta, il tennista italiano in più di un’occasione ha parlato della sua utilità sostenendo che, per quanto possa bruciare, è parte necessaria del precorso di crescita di uno sportivo ma, aggiungerei, di qualsiasi essere umano. “Le sconfitte – dice Berrettini – sono più utili delle vittorie perché mi aiutano a imparare. Ho sempre vissuto più intensamente la delusione della sconfitta che la gioia della vittoria. È una cosa che ho sentito fin da giovane e su cui ho lavorato tanto […] Sono convinto al 100% che per arrivare in alto bisogna perdere. Se non provi quella delusione, quella voglia di rivalsa, è difficile che si possa eccellere in uno sport individuale come il tennis”. E lo dimostrano i tantissimi casi, vicini e lontani, di giocatori che hanno vinto tanto (troppo) da ragazzini e che, nel passaggio al professionismo, si sono visti impreparati alla sconfitta, fino a spegnersi.
    Dell’aspetto tecnico e mentale si occupa Marco Mazzoni nel capitolo iniziale Il tennis di Berrettini, con un percorso sulla sua carriera e un’analisi dettagliatissima delle sue principali “armi”, che sono poi i fulcri del tennis moderno (di cui Berrettini è senza dubbio un emblema) vale a dire il servizio e il dritto, nonché l’adattabilità alle diverse superfici e la solidità nella gestione tattica dei match. E lo fa condendo il suo discorso con decine di dichiarazioni di grandi nomi del tennis italiano e non, spettatori o in molti casi attori della storia tennistica e umana di Matteo: da Volandri a Colangelo, da Reggi a Bertolucci, da McEnroe a Wilander, da Santopadre a Massari, solo per citarne alcuni. Questo schema argomentativo è ripreso da Mazzoni nel secondo capitolo, intitolato Potenza e fragilità. Gli infortuni, purtroppo abbastanza esteso, dati i moltissimi problemi fisici di cui è stato vittima e che ne hanno spezzato ritmo e progressione, a cominciare dal più doloroso, quello che lo costrinse al ritiro nel match d’esordio alle ATP Finals dello scorso anno. Alle caviglie fragili si sono sommati il ginocchio, gli addominali, la mano, la schiena, un quadricipite… Predisposizione? Sfortuna? Squilibri nella preparazione fisica? Mali endemici del tennis moderno? Tensione emotiva? Mazzoni cerca una risposta a questi ed altri interrogativi, anche in questo caso con il supporto di noti esperti come per esempio Stefano Baraldo o Rodolfo Lisi.
    La seconda parte del volume, Un impatto visivo e psicologico, è affidato a Valentina Clemente che sonda, ricorrendo al formato dell’intervista a importanti nomi del mondo del tennis di diversi paesi, le impressioni personali sul Berrettini tennista (aneddoti, punti forti, limiti, prospettive, margini di miglioramento, ecc.) ma anche l’eco del Berrettini personaggio nelle rispettive culture di provenienza. Grossomodo la stessa griglia di domande, artificio utile proprio per confrontare le diverse opinioni su alcuni punti specifici, viene sottoposta a noti giornalisti, tecnici ed ex pro come Alessandro Nizegorodcew, Antoine Benetteau, Simon Cambers, Arnaud Cerruti, Tatiana Golovin, Mark Woodforde, Richard Waumsley, Sebastian Fest, conosciuti da Valentina Clemente “sul campo”, nel suo ormai più che consolidato percorso nell’ambito del giornalismo tennistico.
    Definirei Berrettini. La forza del pensiero un bel volume “corale”, senza con questo sminuire assolutamente i meriti del “doppio misto” Clemente-Mazzoni, che offrono il loro punto di vista, ma lo sanno coordinare con eleganza contenutistica e formale con quello di altri esperti e testimoni, senza mai cadere in eccessi retorici o banalità celebrative.
    Paolo Silvestri LEGGI TUTTO

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    Musetti vs. Djokovic, impresa impossibile?

    Lorenzo Musetti, per la prima volta nei quarti di un M1000

    Alle 19.30 l’Italia tennistica si fermerà per seguire in prime time televisivo (Sky, o TennisTv) una sfida stellare. Da brividi. Il campione in carica del Masters 1000 di Parigi Bercy Novak Djokovic affronta nei quarti di finale Lorenzo Musetti, per la prima volta sbarcato tra i migliori otto di un torneo della massima categoria ATP. Un match intrigante, attesissimo, uno di quelli che non vorresti perderti per niente al mondo, che attendi tutto l’anno per goderti un grande spettacolo sportivo, ma anche utilissimo per valutare la crescita del nostro talento. Nelle ultime settimane Musetti è letteralmente esploso: ha confermato match dopo match, vittoria dopo vittoria, torneo dopo torneo, di aver incastrato alla perfezione i tanti pezzi del suo enorme bagaglio tecnico, migliorato in alcuni aspetti chiave, a formare un quadro tennistico degno degli Uffizi della disciplina. Una bellezza per stile, completezza, ma oggi anche terribilmente efficace.
    Elegante, stiloso nel suo essere modernamente retrò, un passo verso il futuro della tecnica classica amata da tanti “puristi” del gioco, ma anche tanta, tantissima sostanza. Lorenzo quest’autunno è passato dall’essere un giocatore divino ma ancora a tratti incostante e inconsistente ad agonista coi fiocchi, uno che resta lì per tutto il match, concentrato, pronto alla pugna dando sfogo alle sue capacità sterminate, con le quale riesce a reggere in difesa e passare all’attacco. Non più quel ragazzo a tratti timoroso, che cadeva all’indietro “sui teloni” perché non anticipava mai, aveva un diritto troppo lavorato e necessitava di tempo. Quell’attendismo, quel colpo di troppo prima di cercare il cambio di ritmo, quel servizio ballerino e quella risposta modesta non ci sono più. Il Musetti delle ultime settimane ha confermato di esser diventato un Top Player. Migliorato al servizio, più rapido, efficace e costante col diritto, pronto a prendersi il punto anche già dal primo colpo grazie a tempi di gioco rapidi, una posizione in campo più avanzata, un tennis ordinato ed efficace. Il suo braccio è prontissimo a regalare magie, colpi estemporanei di una bellezza assoluta, ma queste soluzioni ardite sono le perle all’interno di un piano tattico più chiaro, netto, efficace. Una meraviglia vederlo creare tennis, trovare angoli splendidi, difendersi con due gambe super e un braccio che gli consente qualsiasi cosa.
    Lorenzo è cresciuto. È esploso. Sta diventando un tennista fortissimo, ha vinto molto e battuto ottimi giocatori. Stasera la faccenda sarà un tantino complicata perché al di là della rete ci sarà semplicemente il più forte. Con buona pace di Alcaraz, oggi n.1, se Djokovic è in forma, resta il tennista più forte dell’epoca moderna. Ancor più in condizioni indoor e in questo torneo, dove ha vinto già 6 volte, ha numeri stratosferici ed è pure il campione in carica.
    Quindi oggi Musetti perderà? È la ipotesi più probabile. I confronti diretti dicono 2-0 per il “Djoker”. Ma Lorenzo deve scendere in campo sicuro di potersela giocare. Non avrà niente da perdere e ha alcune armi tecniche a suo favore che possono mettere in difficoltà il campionissimo serbo. L’ha dimostrato già nel 2021, quando a Roland Garros si issò addirittura due set avanti, prima di subire la rimonta di Novak (e ritirarsi quando ormai il match era andato). Tuttavia in quell’occasione si giocava sulla terra, Djokovic non lo conosceva affatto. Il “rosso” può essere un fattore pro-Musetti, perché le sue continue variazioni e cambi di ritmo possono far male a chiunque, anche al tennista più elastico e reattivo al mondo.
    Se Djokovic risponderà come nelle sue giornate migliori e riuscirà a inchiodare l’azzurro nello scambio a media velocità, le possibilità di vittoria di Lorenzo saranno prossime allo zero. In quelle condizioni, quasi nessuno riesce a battere Djokovic, perché ai suoi ritmi è capace di stritolarti palla dopo palla. Musetti dovrà giocare un match coraggioso, ma senza esagerare nel voler tirare tutto, perché anche esagerare nella spinta, prendendosi enormi rischi e quindi commettendo errori, finisce per fare il gioco del fortissimo rivale.
    Cosa potrà fare quindi Musetti? Intanto dovrà servire benissimo. La sua miglior partita alla battuta, come numero di prime palle e come piazzamento, vario e continuo. È condizione indispensabile. La storia dei confronti diretti tra Djokovic e Federer (“scomodo” il campionissimo svizzero perché, passatemi il paragone, aveva un tennis creativo a-la-Musetti e non la se giocava contro “Nole” di fisico) racconta che solo quando Roger ha servito 2 due prime su 3 è riuscito a vincere. Ogni volta che è sceso sotto questa percentuale, ha perso. Questo vale un po’ per tutti, eccetto coloro che provano a battere il serbo sul piano della corsa e della potenza (Nadal, altri). Inoltre Musetti dovrà cercare di non entrare nei ritmi di gioco del rivale. Come? Cambi di ritmo. Continui, ma ragionati. Non quegli “sciagurati” tentativi di S&V che ieri gli sono costati il primo set contro Ruud. Deve cercare di attuare il più possibile quello schema che sta perfezionando e gli sta regalando punti importantissimi: prima palla esterna da destra, e via diritto dal centro in anticipo sulla destra. In quella situazione Djokovic può farti il punto col lungo linea, ma se va sull’incrociato Lorenzo deve anticipare e cercare un altro diritto, stavolta più corto e stretto, ancora verso destra. Questo schema, difficilissimo, se funziona sposta in diagonale-avanti Djokovic, condizione che non ama affatto. E poi la sorpresa: ogni tanto, anticipo e via, botta di diritto lungo linea, per variare. Col rovescio dovrà cercare di lavorare benissimo col back, per non consentire al rivale di sparare i suoi rovesci col pilota automatico ed evitare così di essere costretto a rincorrere. Anche l’uso della palla corta sarà fondamentale, sempre nell’ottica di cercare variazioni e mai il ritmo. Djokovic è migliorato tantissimo al servizio, la risposta di Musetti dovrà funzionare a dovere, mai corta e difensiva. In fin dei conti, per provare a vincere, tutto dovrà funzionare al 100%, e forse neanche basterà… perché se Novak gioca al top, non lo batti o serve un vero miracolo per riuscirci.
    Vedremo che razza di partita sarà, ci auguriamo un grande spettacolo e che Musetti riesca a giocare il suo tennis. Niente timori, testa e cuore provando a pennellare i suoi colpi lontano da tensioni eccessive. Non serve strafare, l’importante è dare il proprio meglio divertendosi. Quando Lorenzo sente scorrere dentro di se il suo tennis arriva a picchi di rendimento eccezionali. Sarà un banco di prova importante per testare i suoi passi in avanti e la sua capacità di reagire in modo positivo ai momenti di difficoltà che sicuramente arriveranno. Novak ha detto nella press conference di ieri sera di aver accusato qualche fastidio fisico nel primo set, ma non deve affatto sperare di trovarsi un rivale non al meglio. Il Lorenzo di quest’autunno ha tutto quel che serve per giocarsela anche contro un “mostro” di bravura e consistenza come Djokovic. Queste sono “Le” partite non più da sognare, ma da giocare e vivere.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    ATP Napoli: Musetti trionfa. “Bello”, efficace e continuo. Grazie anche a Berrettini

    Lorenzo Musetti, secondo torneo vinto in carriera

    “La bellezza salverà il mondo”, scriveva Dostoevskij in uno dei suoi capolavori. Lorenzo Musetti probabilmente non riuscirà a spingersi così in alto, ma la bellezza del suo tennis certamente sta rendendo assai più dolci questi tempi difficili per tutti gli amanti italiani dello sport della racchetta. Il nostro grande talento ha vinto con l’ennesima straordinaria prestazione la finale dell’ATP di Napoli, alzando la sua seconda coppa in carriera (e nel 2022) dopo lo straordinario successo ad Amburgo contro l’attuale n.1 Carlos Alcaraz. Soprattutto l’ha fatto giocando divinamente bene, con qualità, classe ma anche tonnellate di concretezza e solidità. Ha vinto battendo 7-6 6-2 Matteo Berrettini, che tutto il pubblico deve ringraziare per esser sceso in campo e aver dato tutto quel che aveva nonostante un piede k.o. L’ha fatto capire al momento della premiazione Matteo: ha reso enorme merito a Lorenzo, che ha giocato meglio e si è meritato il successo, ma ha anche confermato di aver “fatto di tutto per regalare a questo pubblico una finale”. Quasi sicuramente, se fosse stato in un altro angolo del globo, lontano dalla sua Italia, non avrebbe nemmeno giocato. Eppure c’ha provato, per il pubblico sì, ma anche per se stesso, perché come ha rivelato ieri con un impeto di stizza micidiale “sono stufo di farmi male, di dovermi ritirare”.
    C’ha provato Matteo, perché un campione gioca oltre ogni ostacolo, ci prova, mette tutto quel che ha per darsi una chance di farcela, nonostante tutto. Per un set abbiamo avuto una bella finale, una partita combattuta, che ha appassionato e divertito, anche se è parso subito evidente che il romano corresse “sulle uova”, molto attento all’avvio a non far movimenti strani per non peggiorare la situazione a freddo. Tutto il suo tennis andava a bassi regimi, anche il servizio. Infatti ha penato, ha sofferto, ma in qualche modo ha annullato 4 palle break e si è issato al tiebreak, dove un filo di ritardo nell’impattare una palla bassa con il suo diritto inside out gli è costato l’unico errore e il set. Poi nel secondo parziale è calato, ma è stato monumentale nel provarci, nel soffrire, nel resistere al dolore al piede e giocare. Bravo, bravissimo Matteo. Convivere con questa fragilità fisica è una frustrazione che abbatterebbe una mandria intera di tori. Non Berrettini, che supererà anche questo problema fisico – e delusione – e tornerà ancora più forte. Questa è una certezza.
    Berrettini non al meglio, l’ha riconosciuto anche Lorenzo con grande stile nel dopo partita a caldo. Ma questo “nuovo” Musetti avrebbe avuto tute le carte giuste per vincere anche contro un Berrettini in salute, perché il livello e la continuità di prestazione mostrata in finale è stata clamorosa. Ha vinto in due set, e in tutto il torneo non ha ceduto un set. Soprattutto non ha praticamente avuto veri “buchi”, in tutto il torneo, nemmeno in finale. Una finale che approcciato con tensione ma anche la forza di una nuova consapevolezza, l’aver trovato una direzione vincente al suo gioco. Il suo livello di gioco nella finale ha confermato i passi in avanti notevolissimi in alcune fasi chiave della sua prestazione.
    Il servizio: Lorenzo in tutto il torneo, finale inclusa, ha servito benissimo. Ritmo, precisione. Non una pallata, grande controllo, incredibile varietà. Ha alternato palle a tutta con tanti tagli, mai un punto riferimento. Percentuali buone, sempre in crescita, e palle efficaci. Anzi, palle propedeutiche al primo colpo dopo il servizio. Questa è la chiave micidiale del suo scatto in avanti. Il vero Scacco Matto. Quel che abbiamo sempre rimproverato a Musetti era di servire in modo discontinuo, di esser poco incisivo – o troppo falloso – col diritto; di scambiare troppo, stazionando dietro ed aspettando gli eventi… Tutte queste evidenti lacune sono state spazzate via nelle ultime settimane, grazie ad un notevole scatto in avanti col servizio, grazie a tempi di gioco più rapidi che ora gli consentono la sicurezza di spingere con un colpo incisivo subito dopo un ottimo servizio, prendendosi così una situazione di vantaggio, pronto a chiudere il punto, prontissimo a venire avanti a chiudere. No attendismo. Addio posizione troppo arretrata. Addio diritti incerti e instabili. Tutto parte dal servizio e dall’abilità di tenere tempi di gioco rapidi, con un movimento di diritto più asciutto e che gli permette di entrare in grande anticipo nella palla. Con la sua mano, con la sua visione del campo, beh, il resto sono le olive nel Martini. Lorenzo pare aver consolidato automatismi della catena cinetica vincente del tennis classico-offensivo: servizio – > posizione – > diritto/rovescio subito incisivo – > scatto in avanti e di controllo del campo – > anticipo – > affondo. Così giocava “il Divino”, così giocano i campioni creativi che con classe riescono a prendersi punti senza tirare pallate a tutta, ma creando colpi efficaci con velocità e anticipi. Una Bellezza.
    Sicuramente Musetti ha amato queste condizioni, veloci ma non velocissime. Sicuramente Musetti ha vinto anche contro avversari forti ma non irresistibili. Tutto vero. È altrettanto certo che Musetti sia cresciuto in modo esponenziale nella propria autostima, ha nuove certezze e punti di riferimento che gli consentono di esplodere l’enorme qualità in prestazioni continue. Il suo picco di prestazione è più costante, come l’attenzione. Gli errori sono pochi, provocati. I vincenti, tanti. Musetti ha confermato match dopo match, vittoria dopo vittoria, di aver compiuto un salto di qualità notevolissimo. Nella finale odierna, appena Berrettini è stato “giocabile” con il servizio, Lorenzo c’ha messo del suo. Si è preso punti importanti senza mai strafare. Senza cercare a tutti costi la giocata boom, ma giocando con lucidità, efficacia. E poi ha servito divinamente. Nel secondo set Matteo era in difficoltà, ma Lorenzo non ha concesso niente. Forte del vantaggio, ha tenuto l’iniziativa e non è mai calato. Focus, qualità, punti. Vittoria. Bravo, bravissimo Musetti.
    C’ha pensato pure il segnale tv internazionale a gustare all’avvio una splendida e storica domenica tennistica, ultima “ciliegina al veleno” di una settimana in cui non proprio tutto è filato liscio, ma che resterà a suo modo indimenticabile e storica per il nostro tennis. La bellezza del tennis di Musetti è stata più forte di qualsiasi difficoltà, o problema. Nessuno potrà mai dimenticare il battesimo in Italia di una coppa per “Muso”. Nessuno.
    Marco Mazzoni

    ATP Naples Lorenzo Musetti [4]76 Matteo Berrettini [2]62 Vincitore: Musetti ServizioSvolgimentoSet 2L. Musetti 15-0 30-0 40-05-2 → 6-2M. Berrettini 15-0 15-15 df 15-30 df 15-404-2 → 5-2L. Musetti 0-15 15-15 15-30 30-30 40-303-2 → 4-2M. Berrettini 0-15 15-15 30-15 40-153-1 → 3-2L. Musetti 0-15 df 15-15 30-15 40-152-1 → 3-1M. Berrettini 15-0 15-15 30-15 40-15 ace2-0 → 2-1L. Musetti 15-0 30-0 40-01-0 → 2-0M. Berrettini 15-0 15-15 15-30 15-40 df 30-40 ace0-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 1Tiebreak0*-0 1-0* 1-1* 1*-2 2*-2 3-2* ace 3-3* 4*-3 5*-3 6-3* 6-4* 6*-56-6 → 7-6M. Berrettini 0-15 15-15 30-15 40-156-5 → 6-6L. Musetti 15-0 30-0 40-05-5 → 6-5M. Berrettini 15-0 30-0 ace 40-0 40-15 40-305-4 → 5-5L. Musetti 0-15 15-15 30-15 30-30 40-304-4 → 5-4M. Berrettini 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 ace 40-40 A-404-3 → 4-4L. Musetti 15-0 30-0 40-0 40-15 40-30 40-40 A-403-3 → 4-3M. Berrettini 0-15 0-30 15-30 30-30 30-40 40-40 A-403-2 → 3-3L. Musetti 15-0 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 A-40 40-40 A-40 ace 40-40 A-402-2 → 3-2M. Berrettini 0-15 0-30 15-30 15-40 30-40 ace 40-40 A-40 40-40 A-402-1 → 2-2L. Musetti 15-0 30-0 30-15 30-30 40-301-1 → 2-1M. Berrettini 0-15 df 0-30 15-30 30-30 30-40 40-40 ace A-401-0 → 1-1L. Musetti 15-0 15-15 30-15 30-30 40-30 ace0-0 → 1-0 LEGGI TUTTO