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    Viaggio tra Calcata e le cascate di Monte Gelato

    Tra i Comuni di Calcata e Mazzano Romano, nelle province di Roma e Viterbo, si estende il Parco Naturale Regionale della Valle del Treja, nato nel 1982. Attore principale del territorio, il fiume Treja, affluente del Tevere, che prima di confluirvi attraversa circa 30 km di placida campagna e forre, queste ultime scavate nel corso dei millenni nel morbido tufo del vulcano Sabatino. La particolare bellezza di quest’area è il risultato di diversi elementi, sia naturali che realizzati dall’uomo. Dall’incredibile biodiversità, ai rivoli d’acqua che si riversano tra le pareti verticali delle gole, fino alle suggestive cascate di Monte Gelato e alla magnetica bellezza del borgo di Calcata, tutti sorprendenti protagonisti di questo itinerario.
    Set cinematografico tra i più amati nei dintorni della Capitale, le cascate di Monte Gelato, originate dal Treja, hanno visto sfilare, a partire dagli anni ‘50, schiere di attori e registi. Da Roberto Rossellini, con “Francesco, giullare di Dio”, a Zeffirelli con “Storia di una capinera” fino al “Don Chisciotte” di Orson Welles, solo per citare alcuni dei titoli più celebri, senza contare le tante pellicole, dagli spaghetti-western ai film del filone mitologico. Merito della meravigliosa scenografia naturale offerta dalle acque che si gettano nel pittoresco laghetto, oggi meta di tanti romani che cercano refrigerio nelle calde giornate estive.
    È da qui che inizia il percorso denominato “La Valle del Treja” che in circa 7 km raggiunge Calcata. Si parte imboccando il sentiero 001, molto ben segnalato, iniziando a percorrere una strada comoda, che in breve prende a inerpicarsi sul costone tufaceo, per poi proseguire su una zona ricca di rivoli d’acqua. Dopo circa un’ora e mezza di cammino si raggiunge Mazzano Romano, e il vecchio lavatoio, attraversando l’omonima via. Si prosegue oltre il paese camminando all’ombra di pioppi e salici, e oltrepassato il ponte di legno sul fiume Treja, si giunge sotto la rupe di Calcata. Da qui, il sentiero 009 si arrampica fino alla cittadina aggrappata alla sua rocca di tufo, a strapiombo sulla Valle del Treja.

    La storia del borgo si perde tra le trame del Medioevo. Poi a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso, a causa dei crolli frequenti dovuti alla fragilità del tufo, Calcata inizia a svuotarsi e la popolazione si sposta a circa due chilometri fondando “Calcata Nuova”. Nonostante lo stato di abbandono, questo luogo, però, continuava a emanare un fascino tale, che dagli anni ‘60 tornò pian piano a ripopolarsi di pittori, scultori, intellettuali e artigiani, provenienti da ogni parte del mondo. Furono loro a ristrutturarne le abitazioni e a riportarlo in vita, fondando una sorta di “colonia artistica” in cui sperimentare una dimensione di vita in antitesi alla frenesia materialistica della città. Uno spirito che ancora oggi si respira tra i vicoli del caratteristico borgo affollato di botteghe, in cui gli artisti espongono disegni, quadri, sculture, ma anche particolari lavorazioni in cuoio, legno, carta, terracotta e metalli per i visitatori. LEGGI TUTTO

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    Lago d’Orta, percorsi d’autore

    Quadrifoglio è il nome scelto per l’itinerario progettato insieme a Riccardo Carnovalini, uno dei più noti camminatori italiani, nella zona di Ameno, piccolo borgo adagiato tra boschi e colline e affacciato sul lago d’Orta. Lungo in tutto poco più di 33 chilometri, il Quadrifoglio di Ameno è composto da quattro percorsi ad anello, ben segnalati, da fare preferibilmente a piedi ma praticabili per il 90% anche in mountain bike e a cavallo.

    L’Anello celeste, 7,3 chilometri, congiunge Ameno alle sue frazioni e alla Riserva Naturale Speciale del Monte Mesma. Prima tappa è l’abitato di Vacciago, dov’è si può visitare la Fondazione Calderara, con la sua collezione di pitture e sculture contemporanee. Oltre il borgo di Lortallo si sale e si scende la doppia via crucis con le cappelle affrescate che si snoda nei castagneti del Mesma, con una magnifica vista sul lago e sul Monte Rosa.
    L’Anello azzurro, 6,2 chilometri, offre una facile e gradevole passeggiata sul versante nord di Ameno. Il percorso attraversa il Parco neogotico di Palazzo Tornielli e scende alla piana agricola dell’Agogna per proseguire fra antichi molini e cascine fino a Pisogno, piccola frazione di Miasino, prima di tornare al punto di partenza sull’antica mulattiera di Santa Caterina.
    Più impegnativo, l’Anello indaco, lungo 11.6 chilometri con 545 metri dislivello, porta alla scoperta della boscosa montagna di Ameno e delle sue antiche cascine salendo fino ai 791 metri altezza dell’Alpe Marandino, con un grandioso panorama sul Mottarone, le Grigne e le Alpi Svizzere.
    Con 8,5 chilometri di lunghezza e 3 ore di tempo medio di percorrenza, l’Anello blu scende al lago, passando per Vacciago e, sulla panoramica via Prisciola, raggiunge il paese di Legro, con i suoi 45 dipinti murali dedicati al cinema, e poi Orta, nei pressi dell’imponente Villa Crespi.
    Dal borgo di Orta partono i battelli diretti alla minuscola isola di San Giulio, abitata dalle suore di clausura benedettine. Un susseguirsi di antichi palazzi e lussureggianti giardini, con la basilica di San Giulio, gioiello romanico dove sono custodite le spoglie del santo. LEGGI TUTTO

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    Marsala e dintorni, un angolo di paradiso in Sicilia

    Il territorio Marsala, in provincia di Trapani, nasconde bellezze di ogni tipo. Paesaggi affascinanti accompagnati da tramonti da favola, saline e antiche testimonianze storiche per un viaggio che porta alla scoperta di una sorta di universo parallelo. L’itinerario parte da Capo Lilibeo, estrema punta occidentale dell’isola, da cui, seguendo la costa, si raggiunge la Riserva Naturale Orientata “Isole dello Stagnone di Marsala”, lungo una strada piacevole e panoramica, che lambisce le acque di un’affascinante laguna, tra colorate barchette di pescatori e piccoli pontili.
    Un luogo magico, in cui il tempo viene scandito dalla lavorazione del sale nelle caratteristiche vasche e dai tramonti infuocati, che tingono tutto di pura magia. Un paesaggio naturale di rara bellezza, quello dello “Stagnone” con le quattro isole che lo incorniciano: Mozia, Isola Grande, Schola e Santa Maria. Una laguna caratterizzata da acque tranquille, abitata sin dall’antichità; in particolare in epoca fenicia, come mostrano le preziose testimonianze sull’isola di Mozia. Poi, nel XV secolo, con la costruzione delle saline, lo Stagnone assunse l’aspetto peculiare che ancora oggi lo caratterizza, tra vasche, candide montagnelle di sale e operai al lavoro durante il giorno.Questo luogo, inoltre, è anche un importante sito di ripopolamento ittico: spigole, orate, triglie, saraghi e numerose altre specie, trovano tra le sue acque basse, calde e pulite, l’ambiente ideale per deporre le proprie uova. Ai bordi dei canali delle saline la vegetazione vanta salicornie, palme nane e giunchi, mentre numerose sono le specie di uccelli che sostano nella laguna, tra cui chiurli, anatre, folaghe, germani reali, aironi e falchi di palude.Ma è il tramonto il momento in cui un incantesimo sublime arriva ad avvolgere ogni cosa. Impossibile non rimanere sopraffatti dallo spettacolo della luce che rimbalza tra i cristalli di sale, di vasca in vasca, regalando infinite sfumature di colori, mentre il sole si immerge nelle acque del mare.

    Dall’Imbarcadero Storico G.Whitaker, in Contrada Spagnola, una rapida traversata in barca conduce sull’isola di Mozia, considerato uno dei siti archeologici più importanti in Italia. Le sue vicende sono legate alla colonia fenicia che vi si insediò nell’VIII secolo a.C. e che in breve tempo divenne una delle più ricche e floride del Mediterraneo, grazie alla posizione strategica che la poneva al centro di importanti rotte commerciali. Ma la sua ascesa fu spezzata improvvisamente, nel 397 a.C., dalla furia dell’esercito di Dioniso di Siracusa. Dopo la sconfitta, l’isola fu abbandonata e visse all’ombra della storia, finché, nel XVIII secolo, non iniziarono a riaffiorare i primi reperti fenici. In particolare, il gruppo scultoreo dei leoni in lotta col toro che oggi si trova al Museo Withaker, il cui nome deriva dall’archeologo che riportò alla luce i resti della città, ai primi del ‘900. È grazie a lui, se oggi si può andare alla scoperta del santuario di Cappiddazzu, della casa dei Mosaici, del Tofet, del Kothon e di tutte le testimonianze che rendono imperdibile una visita dell’isola.
    Infine una curiosità: ancora oggi, durante la bassa marea, è possibile scorgere la traccia della strada sommersa (circa un metro, un metro e mezzo d’acqua), che collegava Mozia alla terraferma, e su cui transitavano i grandi carri pieni di merci. LEGGI TUTTO

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    Da Lerici alla foce del Magra, tra borghi e antichi castelli

    Borghi incantati e boschi verdi dove il panorama toglie il fiato e lascia spazio alle emozioni. Tra il Golfo dei Poeti, o meglio di La Spezia, e il letto del fiume Magra una piccola parte di terra si allunga verso il mare e il cielo e crea un’oasi di verde che merita sicuramente il viaggio. A Lerici si arriva comodamente con la A12, uscita Sarzana, o con la Strada Statale 1, ovvero la via Aurelia. Qui, tra i caruggi dalle case colorate, il lungomare, il castello affacciato sulle banchine del porto, si respira la Liguria più classica, focaccia e Pinguino compresi. Prima di salire lungo la provinciale fino a Montemarcello, è d’obbligo una deviazione lungo la strada costiera fino a Tellaro, impervio e isolato come i borghi delle Cinque Terre. Dalla piazzetta, su cui si affacciano negozi e gelaterie, si scende a piedi fino al mare, tra lo scivolo pieno di barche e la chiesa di San Giorgio.
    Per salire a Montemarcello è necessario tornare verso Lerici e procedere in direzione La Serra, borgo autentico e raro, non ancora trasformato dal turismo, dove i bar alla moda e i ristoranti gourmet non sono ancora arrivati e il locale circolo organizza tutte le estati, a fine agosto, un’incredibile sagra della lumaca. La strada sale immersa nel verde e il panorama sul Golfo dei Poeti, con sullo sfondo Portovenere e le isole della Palmaria e del Tino, è davvero straordinario, specie al tramonto. Passato Zanego, una manciata di case nascoste nella macchia, il paese di Montemarcello è una sorpresa. Perfettamente restaurato, con le vecchie case trasformate in sofisticate dimore di vacanza, è un piccolo gioiello di stradine, stretti passaggi, scale e piazzette.

    Da qui, anziché proseguire fino ad Ameglia, consigliamo di imboccare la strada stretta e tortuosa che in un allegro gioco di curve piomba alle spalle di Bocca di Magra, sulla riva destra del fiume, proprio dove le sue acque si confondono con quelle del mare. Da queste parti per colazione, aperitivo e cena si va alla Capannina da Ciccio, una vera istituzione, che negli anni, più di sessanta, si è trasformato da capanna di canne a ristorante-galleria d’arte. Dopo aver costeggiando il Magra fino al ponte più vicino, prima di attraversarlo vale la pena di arrampicarsi per tre chilometri e arrivare al borgo di Ameglia, appollaiato in cima a un colle, con le case disposte a cerchi concentrici e mura di difesa del XIII secolo. 
    Oltrepassati il fiume e l’Aurelia, si sale quindi a Castelnuovo Magra, con i resti delle mura e del castello duecentesco e uno splendido “Calvario” attribuito a Brueghel il Vecchio. Ancora più su, ed ecco la frazione di Vallecchia, dove si gustano nella locale trattoria i piatti tipici della Lunigiana: testaroli, funghi, cinghiale e sgabei. Ultima tappa, la città di Sarzana, con i suoi due castelli e il borgo murato cinquecentesco rimasto quasi intatto. Il centro storico, tra Porta Parma e Porta Romana, lungo l’antico tratto della Via Francigena, è un concentrato di palazzi nobiliari arricchiti da pregevoli opere in ferro battuto, tradizione e vanto cittadino. LEGGI TUTTO

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    Mazda MX-30, il SUV amico dell’ambiente

    Elegante e raffinata, con un animo green. Mazda MX-30 è la prima vettura 100% elettrica della Casa di Hiroshima. Una SUV che reinterpreta i classici canoni della produzione del brand – piacere di guida, sensazioni al volante, design e qualità percepita – arricchendoli di un’ulteriore consapevolezza ecologica: attraverso l’uso di una tecnologia elettrica con scelte nette a favore della riduzione di emissioni lungo tutto il ciclo di vita del prodotto; ma anche attraverso la scelta di materiali che assicurano una migliore sostenibilità ambientale.
    Non è un caso, poi, che per questa novità sia stato voluto il prefisso “MX”, che per il brand, a partire dalla MX-81 fino alla MX-5, ha sempre rappresentato la sfida alle convenzioni tecniche al fine di creare nuovi valori.
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    Il Castello di Gradara, tra arte e amori tragici

    Ubicata nella provincia di Pesaro e Urbino, praticamente al confine con la Romagna, la Rocca di Gradara si erge sull’omonimo colle da cui domina la valle, narrando secoli di storia in una stupenda cornice scenografica. E se al solo nominarlo, vengono subito in mente le tragiche vicende legate all’amore tra Paolo e Francesca, narrata nella Divina Commedia, di fatto sono tanti i personaggi famosi – da Lucrezia Borgia, a Giovanni Sforza e Sigismondo Malatesta – ad aver vissuto tra le sue mura, che nei secoli hanno ospitato alcune delle casate nobiliari più importanti, oltre ad essere epicentro di importanti eventi storici.

    Il Castello, su cui svetta Il mastio, il torrione principale che si innalza per circa 30 metri, sorge su una collina a 142 metri sul livello del mare. La sua costruzione inizia a partire dal XII secolo per volontà della famiglia De Grifo, ma è solo tra il XIII e il XIV secolo, che nascono la Fortezza e le due cinte murarie ad opera dei Malatesta. La seconda, lunga quasi 800 metri, cinge il borgo che sorge attorno al castello. Intervallate da grosse torri quadrate, le mura sono attraversate dai caratteristici camminamenti di ronda (percorribili per un tratto), che consentono un mirabile colpo d’occhio sulla struttura della possente rocca, e sull’idilliaco territorio circostante, in cui svettano i 775 metri d’altezza del monte Titano, baluardo della vicina San Marino.

    Oltre che sulle suggestive torri merlate, sul ponte levatoio e nell’elegante cortile d’onore, ovviamente la visita del castello procede anche al suo interno, dove i diversi ambienti, a partire dal nome, ricordano famiglie e vicende che ne hanno animato la storia: il Camerino di Lucrezia Borgia, la Camera di Francesca, la Stanza della Passione, il Salone di Sigismondo e Isotta, la Stanza del Cardinale e la Sala del Consiglio, solo per citare alcune delle più suggestive. Da non perdere, poi, la sinistra Stanza delle Torture, dove tra catene e “ferri del mestiere” si possono approfondire le svariate tecniche di “persuasione” dell’epoca. Oltre il Mastio, presso la Cappella della Rocca, si trova poi un piccolo gioiello di arte quattrocentesca: la pala invetriata “La Madonna e i Santi” di Andrea della Robbia, realizzata intorno al 1480.

    Da non perdere anche una passeggiata tra le sale del Museo Storico di Gradara, che propone una collezione di oggetti antichi e documenti storici capaci di guidare il visitatore attraverso vicende e atmosfere medioevali. Tre i percorsi tematici proposti: quello letterario, sulle orme di Paolo e Francesca; quello popolare, sulla quotidianità della vita al’interno della Rocca, con la rappresentazione di usi e costumi della civiltà contadina; e infine il percorso medievale, tra armi, strumenti di tortura e oggetti curiosi come cinture di castità e orologi solari.
    Durante l’estate, a fine luglio, a Gradara si svolge anche un’interessante rappresentazione storica in costume, che rievoca l’Assedio al Castello del 1446, quando la rocca riuscì a resistere per ben 43 giorni. Da non perdere lo spettacolo piro-musicale con le giornate medievali e i caratteristici mercatini. LEGGI TUTTO

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    Punta Licosa e le perle di Castellabate

    Una bellissima perla incastonata nel Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano: si tratta di Punta Licosa, frazione di Castellabate in provincia di Salerno, suggestuva località che prende il nome dalla sirena Leucosia, che secondo la leggenda si buttò in mare a causa di un amore non corrisposto, divenendo così uno scoglio.

    I fondali rocciosi e ricchi di vita sommersa sono la caratteristica di questa località, considerata una delle aree marine più belle al mondo. Il luogo ideale per chi cerca acque cristalline in cui tuffarsi, e (lontano dal mese di agosto) una piacevole tranquillità. La bellissima Licosa, nel suo susseguirsi di pinete e calette, offre ai visitatori tre chilometri di coste in cui non mancano storia, cultura e leggende. Sotto il suo mare, infatti, sono stati scoperti in passato i resti di un insediamento del X secolo a.C., oltre al muro di cinta di una villa romana, una peschiera e alcune colonne. L’estremità del suo territorio, Punta Licosa, guarda verso un isolotto, oggi un paradiso per i natanti, ma considerato infido in passato dai marinai a causa dei numerosi naufragi; ciò spiega la presenza del caratteristico faro. In questo braccio di mare sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca greco-romana, oggi conservati al Museo di Paestum. Punta Licosa è considerata interessante anche dal punto di vista naturalistico, per la presenza del Pinus Alepensis, la pianta sacra dei Fenici. Questo arbusto è cresciuto rigoglioso nel tempo, al fianco di ulivi e cespugli di macchia mediterranea.

    Lasciata questa località, si prosegue alla volta di Castellabate, a pochi chilometri di distanza, che arroccata su un’altura domina sul mare con i suoi celebri belvedere. Borgo medievale, riconosciuto come uno dei Borghi più belli d’Italia, lascia chiunque senza fiato per i panorami sorprendenti sul golfo di Salerno e sulla costa cilentana. Come quello che si gode, percorrendo le viuzze che conducono al castello (fondato nel lontano del 1123 dall’abate Costabile), da cui osservare le case in pietra e i palazzi del ‘700, che ospitarono personaggi celebri come Ruggero Leoncavallo e Gioacchino Murat.
    Se invece si decide di scendere verso il mare non si può non visitare la bellissima frazione di Santa Maria di Castellabate, con la suggestiva spiaggia del borgo marinaro, le ville pittoresche, i vicoli, e il particolare palazzo ad archi che si trova sul porticciolo chiamato “il Porto delle Gatte”.
    Numerose sono le attività che si possono svolgere durante una gita in zona, come la bella passeggiata costiera che da Santa Maria di Castellabate, passando per San Marco, raggiungere Punta Licosa. Un sentiero facile, percorribile da chiunque (anche in bici), che non presenta particolari difficoltà: 5 chilometri circa di puro benessere e meraviglia per gli occhi, fino al porticciolo di Punta Licosa e alle sue calette. E se rimane tempo, si può estendere “l’esplorazione” ad altre località del Parco, come ad esempio la vicina Acciaroli, in cui ha soggiornato a lungo lo scrittore Ernest Hemingway; che secondo quanto si racconta, si sarebbe addirittura ispirato ad un pescatore del posto per il protagonista del suo celebre “Il vecchio e il mare”. LEGGI TUTTO

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    Locorotondo e Alberobello, gioielli della Valle d'Itria

    Conosciuta anche come la valle dei Trulli, per la presenza un po’ ovunque delle tipiche costruzioni a forma conica, La Valle d’itria si estende sull’altopiano delle Murge nella parte sud-orientale, in un’area compresa tra le province di Bari, Taranto e Brindisi. Tra i luoghi più ricchi di fascino della Puglia, e dell’intero Stivale, si tratta di un territorio caratterizzato da vaste distese di viti e di ulivi, ma soprattutto dalle sue celebri città bianche, avvolte dai riflessi del sole e profumate dalla tipica oliva rossa, col suo gusto intenso e fruttato. In questa occasione, in particolare, andremo alla scoperta di due delle più celebri, Alberobello e Locorotondo.

    La prima, in provincia di Bari, si estende su una vasta area calcarea, da dove vengono estratte le lastre successivamente lavorate e impiegate per la costruzione dei trulli. La cittadina di Alberobello è costituita da due rioni: Aja Piccola e Monti. Aja Piccola, con i suoi 400 trulli, è considerata la parte più verace del centro abitato, il nucleo che negli anni si è mantenuto più autentico. Lo si capisce chiaramente passeggiando tra i suoi vicoli, capaci di riportare indietro nel tempo, ad una dimensione più intima. Il suo nome deriva dallo slargo usato anticamente per la battitura del grano.Il Rione Monti, invece, è quello più vivace. Lungo le sue strade si incontrano molti locali e negozietti di souvenir, e i trulli sono in gran numero, sia normali che di tipo “siamese”, cioè caratterizzati da una doppia facciata, un doppio pinnacolo e dal focolare basso, oltre a essere privi di finestre. In questa zona si può visitare la Basilica Minore dei Santi Cosma e Damiano, a cui si accede attraverso la suggestiva scalinata.
    Sia Rione Monti che Aja Piccola sono stati nominati monumento nazionale e patrimonio dell’Unesco. Camminare tra i loro trulli è un’esperienza indimenticabile, grazie alla quale conoscere e apprezzare sia la qualità dell’artigianato locale che la ricchezza di una cucina, vera e propria esplosione di sapori. Com’è immediatamente chiaro, entrando nelle botteghe che offrono degustazioni di prodotti tipici, come la burrata, le tante varietà di formaggi, i salumi e il buon vino, di cui poi, è impossibile non fare scorte.
    Locorotondo, nominato uno dei Borghi più belli d’Italia e Bandiera Arancione per Touring Club, sorge a circa 10 km da Alberobello. Il centro antico, che risale all’anno mille, presenta una caratteristica pianta circolare, da cui deriva il nome del paese. Incredibile, giungendovi, il colpo d’occhio sull’abitato adagiato sul caratteristico colle. Attraversando le vie e le piazze di Locorotondo si rimane ammaliati dal bianco dei suoi edifici barocchi in pietra locale, che durante la bella stagione sono puntellati dal colore acceso dei fiori alle finestre.
    Percorrere le sue strade significa anche prendersi il tempo di entrare negli edifici storici, come lo splendido Palazzo Morelli e la Biblioteca Comunale, allestita in una costruzione del XVIII secolo; oppure di visitare una delle tante chiese, come quella di Santa Maria della Greca, dove sono conservati un polittico rinascimentale intitolato alla Madonna delle Rose e il gruppo scultoreo di San Giorgio a cavallo. Locorotondo, inoltre, è una tappa obbligatoria per gli amanti del vino. Il suo nettare bianco è stato uno dei primi ad essere riconosciuto DOC in Italia, nel 1969. LEGGI TUTTO