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    Ravenna, infiniti mosaici da ammirare

    Ammirando i mosaici di Ravenna non stupisce affatto la decisione presa dall’Unesco, nel lontano dicembre 1996, di iscrivere ben otto monumenti cittadini (la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile e il Mausoleo di Teoderico) nella Lista del Patrimonio dell’Umanità. Si tratta di capolavori religiosi paleo-cristiani e bizantini che testimoniano l’antica arte del mosaico. Impossibile vederli tutti in un solo giorno, non solo per questioni numeriche e logistiche, ma soprattutto per il piacere di apprezzarli senza fretta, lasciandosi meravigliare ed emozionare da tanta bellezza.
    Per una prima volta a Ravenna impossibile non cominciare dalla Basilica di San Vitale, consacrata nel 548, che colpisce prima di tutto per la pianta ottagonale, molto particolare rispetto alle basiliche a tre o cinque navate così diffuse in Italia. Entrando, lo sguardo viene catturato dagli alti spazi, dalle decorazioni dell’abside e dagli affreschi barocchi della cupola. I mosaici di San Vitale, con i cortei di Giustiniano e di Teodora, sono tra i più belli della cristianità.

    A pochi passi, il Mausoleo di Galla Placidia, è un piccolo scrigno, semplice e modesto all’esterno quanto ricco negli interni, decorati da mosaici che ricoprono pareti, archi, lunette e cupola, le cui innumerevoli stelle illuminate dalla luce dorata che filtra attraverso le finestre di alabastro, creano un’atmosfera magica. Il mausoleo fu fatto costruire dalla sorella dell’imperatore Onofrio nella prima metà del V secolo ma non fu mai utilizzato in quanto Galla Placidia morì e fu seppellita a Roma.

    Sempre nel centro storico ci sono il Battistero Neoniano e il Battistero degli Ariani, a testimonianza dei due diversi culti cristiani che convivevano a Ravenna verso la fine del V secolo quando ormai Teodorico aveva consolidato il suo dominio. Ciò che accomuna questi due piccoli edifici, oltre alla pianta ottagonale, è la raffigurazione a mosaico del battesimo di Cristo delle loro cupole, ma due scene sono molto diverse per colori, composizione e significato e meritano di essere viste in successione, per meglio apprezzarne similitudini e differenze.
    Per scoprire com’era la Ravenna del tempo bisogna entrare nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Negli splendidi cicli a mosaico che decorano la navata centrale è raffigurata la città quando ancora dava sul mare, con il porto di Classe e, in centro, il magnifico Palazzo di Teodorico, oggi andato perduto, accanto al quale la basilica fu fatta costruire. Fu intitolata a Sant’Apollinare nel IX secolo, quando vi furono traslate le reliquie del santo dalla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, a 8 chilometri dal centro di Ravenna. Grandiosa e solenne, è stata definita il più grande esempio di basilica paleocristiana. All’interno colpisce il mosaico dell’abside, con Apollinare, patrono della città, che allarga le braccia in un gesto di accoglienza. LEGGI TUTTO

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    In bici lungo il Parco del Delta del Po

    Per gli appassionati delle escursioni in bicicletta, c’è un percorso, inaugurato un anno fa, che si estende per circa 70 chilometri lungo il Parco del Delta del Po, capace di regalare emozioni uniche. Il punto di partenza è Mesola, famosa per il suo castello del Cinquecento con la corte circolare, che si raggiunge con in meno di un’ora di auto da quella che per tutti è una delle città “ciclabili” per eccellenza, ovvero Ferrara, dove i nove chilometri delle mura storiche, punteggiate di tigli e robinie, sono interamente percorribili su due ruote.
    Una volta in sella si sale sull’argine destro del Po, tra il fiume e la campagna, con i suoi interminabili filari di pioppi. Interrompe la distesa verde Goro, con il suo porto rumoroso e la sua flotta di barconi per la pesca delle vongole. Usciti dal porto turistico si riprende l’argine per dirigersi verso il Boscone della Mesola, più di mille ettari di foresta, di cui 220 di riserva integrale, in cui prevale il leccio. Qui, oltre a daini, tassi, picchi e volpi, sopravvivono le tartarughe nere acquatiche. La peculiarità della riserva sono i cervi autoctoni, ultima testimonianza di quelli che furono i cervi della Pianura Padana.
    Giunti a Porticino, poco prima di inoltrarsi nel – e nella sua lussureggiante pineta, imboccando la provinciale all’altezza della Torre della Finanza, una deviazione di qualche chilometro consente di raggiungere l’Abbazia di Pomposa, insediamento benedettino celebre per gli affreschi di ispirazione giottesca e il pavimento a mosaico con intarsi di marmi preziosi Riprendendo la strada per Volano, si incontra un territorio selvaggio dove vengono allevati in libertà tori e cavalli di razza Delta-Camargue.
    Ancora una quindicina di chilometri, oltre i lidi ferraresi e Porto Garibaldi, e si arriva a Comacchio. La piccola Venezia dell’Emilia regala un colpo d’occhio spettacolare, con le sue case colorate che si specchiano sui canali e il secentesco Trepponti, su cinque arcate, all’incrocio tra tre canali. Qui si può abbandonare la bicicletta e girare per la città a piedi, per ammirare l’austero Palazzo Bellini o visitare il Museo della Nave Romana, che ospita il carico di una nave di età augustea, uno dei più ricchi e completi mai ritrovati in Italia. Vale una visita anche La Manifattura dei Marinati, esempio di architettura industriale recuperata, in parte adibita a museo e in parte dedicata, come in passato, alla cottura e marinatura delle anguille, ora regolata da un rigoroso disciplinare di Slow Food Al tramonto, imperdibile il Percorso Storico Naturalistico Valli di Comacchio, che in un paio di chilometri tra le lagune conduce all’imbarco di Foce, dove si può salpare per una visita ai vecchi casoni di pesca. Si imbocca quindi l’argine Agosta che costeggia a ovest il bacino intatto delle Valli, fino all’Oasi di Boscoforte, il punto più a sud del percorso. La penisola è accessibile solo con visita guidata nei mesi di luglio agosto settembre, ma attrezzandosi di un semplice binocolo, si può assistere allo spettacolo di una miriade di fenicotteri rosa intenti a pescare. LEGGI TUTTO

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    Alba e Langhe: profumi, sapori e tanto relax

    Già nell’antichità, Plinio il Vecchio aveva indicato il territorio delle Langhe come perfetto per la coltivazione della vite, in particolare nei dintorni di Alba e a Pollenzo, uniche due città di origine romana. Non aveva sbagliato. Perché, infatti, le Langhe e Alba rappresentano una delle mete perfette per un tour enogastronomico tra antichi borghi, castelli e un susseguirsi di dolci pendii coltivati a vite entrati a far parte della World Heritage List dell’Unesco.
    E proprio Alba, capitale delle Langhe, è il punto di partenza di un itinerario che tocca i più rinomati borghi del territorio e consente di godere del paesaggio, con più di una sosta golosa. La città, che ogni anno in autunno ospita la prestigiosa Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba (la cui novantesima edizione è stata annunciata per il prossimo ottobre), ha un centro storico dove passeggiare tra palazzi patrizi, strade medievali, chiese e piazze che si perdono nei secoli.

    Usciti dal centro e imboccata la Provinciale 3 in direzione di Barolo, la prima tappa è al Castello di Grinzane Cavour, dove Camillo Benso, che vi soggiornò tra il 1832 e il 1849, periodo in cui fu sindaco del piccolo comune, ha ancora un letto e una stanza e dove si può ammirare il cinquecentesco soffitto a cassettoni con 157 tavolette dipinte. Alcune sale sono dedicate al Museo etnografico, che ospita rari oggetti dell’enogastronomia locale. A pianoterra si apre l’Enoteca regionale piemontese, vetrina prestigiosa dei migliori vini e grappe della regione, mentre ai tavoli del ristorante Al Castello, allestiti per la stagione nella corte, si assapora la cucina di confine dello chef stellato Marc Lanteri.
    Tornati sulla Provinciale, poco dopo il bivio per La Morra, merita una deviazione la Cappella delle Brunate, dove una piccola chiesetta mai consacrata, un tempo riparo per i vendemmiatori, è stata dipinta da due artisti di fama internazionale. L’inglese David Tremlett a metà degli anni Novanta ha dipinto l’interno, mentre l’americano Sol LeWitt ha trasformato l’esterno con i suoi famosi wall painting.

    Si prosegue quindi fino a Barolo, dove ha sede, nelle antiche cantine del Castello, la prestigiosa Enoteca regionale del Barolo, con il Museo del Vino e, accanto, l’originale Museo dei Cavatappi, con una collezione di ben 1400 esemplari.
    Il punto più a sud dell’itinerario è Dogliani, patria del Dolcetto. Ponte tra la Langa del Barolo e l’Alta Langa, sulle colline care a Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, mantiene ancora oggi la fisionomia urbanistica delle origini, con il Borgo, situato sul fondovalle accanto all’alveo del torrente Rea, e il Castello, in posizione più elevata.
    Ma per vedere il più affascinante dei castelli di Langa bisogna passare, sulla via del ritorno, da Serralunga d’Alba, dove si eleva una fortezza costruita nel 1300 e considerata tra gli esempi meglio conservati dei quel periodo. Appena fuori dal paese, la tenuta di Fontanafredda con la Casa di Caccia della Bela Rosin, alcova d’amore di Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, diventata poi contessa di Mirafiori e moglie morganatica del re. LEGGI TUTTO

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    Ciclovia del Trebbia, tour tra borghi, castelli e aree verdi

    Piacenza è la partenza e l’arrivo di questo itinerario in bicicletta. La ciclovia del Trebbia – circa 50 chilometri di percorso abbastanza facile e quindi adatto a tutti – fa parte del progetto regionale chiamato “Ciclovie nei parchi” ed è una piacevole scoperta per gli amanti delle due ruote, della natura e della cultura. Il percorso, che parte e ritorna alla stazione ferroviaria nel nord della città, attraversa i luoghi di maggior interesse della città emiliana. Da Palazzo Farnese, sede dei Musei Civici, passa per le tre piazze principali: piazza Cavalli, con le statue equestri di Ranuccio e Alessandro Farnese e il Palazzo Gotico, piazza Sant’Antonino, con l’imponente basilica dedicata al patrono della città, e piazza Duomo, con la Cattedrale e il Palazzo Vescovile.

    Dopo aver attraversato la periferia sud su ciclabile protetta, si imbocca la Strada Provinciale 28 arrivando in breve a Gossolengo, ai piedi delle prime colline della Val Trebbia, che leggenda vuole sia stata citata da Ernest Hemingway nei suoi diari come la “valle più bella del mondo”. Da qui, dopo circa un chilometro, si devia sulla destra in direzione dell’area naturalistica La Rossia, dove inizia lo sterrato adatto alle mountain bike. Si prosegue quindi, lungo tratti ombreggiati, fino la Ponte di Tuna, che permette di attraversare il fiume arrivando al monumento all’elefante di Annibale, a memoria della vittoria sui Romani nella Seconda Guerra Punica.
    La ciclovia percorre quindi i sentieri del Parco Regionale Fluviale del Trebbia fino al piccolo borgo di Rivalta, con il bel castello del XIII secolo circondato da un immenso parco di impianto settecentesco con alberi secolari e giardino all’inglese. Percorrendo a ritroso il Ponte di Tuna, in un paesaggio lunare con le lame azzurre del fiume che si insinuano tra i bianchi ciottoli, si arriva, lungo destra orografica del fiume, fino a Case Buschi, dove si lascia il greto per inoltrarsi all’interno verso a Roveleto Landi e proseguire su sterrata, impreziosita dal nuovo ponticello ciclopedonale sul Rio Cassa, fino alle porte di Pieve Dugliara, dove una deviazione riporta verso il fiume prima di arrivare a Rivergaro, punto più meridionale del percorso da cui si riprende la via del ritorno. LEGGI TUTTO

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    Grotte di Pertosa-Auletta, quando la roccia stupisce tutti

    Tra le tantissime destinazioni che la Campania è in grado di offrire ce n’è una, nel sud della regione, capace di stregare gli amanti della natura più incontaminata: le Grotte di Pertosa-Auletta. Note anche come Grotte dell’Angelo, si trovano nei pressi dei Monti Alburni, all’interno del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni. Grazie all’incessante lavoro che l’acqua compie da millenni, oggi le Grotte sono un vero e proprio paradiso della natura sotto forma di roccia. Per raggiungerle basta lasciare l’autostrada A2 del Mediterraneo seguendo l’uscita per Polla (Sa) e dopo circa quattro chilometri, seguendo la segnaletica, si giunge a destinazione. Lunghe circa 3 km, le Grotte di Pertosa-Auletta sono le uniche in Europa a poter vantare, al proprio interno, la presenza di un villaggio palafitticolo di epoca preistorica; risalente al II millennio a.C.. Ma non è questo l’unico elemento di unicità.
    Le grotte, infatti, sono le sole in Italia visitabili navigando un corso d’acqua, il fiume Negro, a bordo di una chiatta trainata a mano per preservare il delicato ecosistema sotterraneo. Il paesaggio è surreale, soprattutto quando ci si trova davanti la scrosciante cascata naturale. Al visitatore si presentano una gran varietà di cunicoli, gallerie e caverne, mentre tutt’attorno è circondato da stalattiti e stalagmiti. A rendere la visita ancora più suggestiva, un impianto illuminotecnico-scenografico, realizzato con oltre 3000 metri di fibre ottiche e luci led, capace di dare all’ambiente un’atmosfera sorprendentemente coinvolgente.

    Non mancano, inoltre, aree attrezzate e servizi di accoglienza. Accompagnati da una guida esperta, è possibile visitare il complesso delle grotte attraverso tre percorsi differenti: turistico, parziale e completo. Il primo ha la durata di circa un’ora e dopo aver percorso un primo tratto in barca, prosegue a piedi fino alla Grande Sala. Il secondo dura all’incirca 75 minuti e attraversa ambienti come la Sala della Spugna e la Sala delle Meraviglie. Infine, l’ultimo, il percorso completo, della durata di circa un’ora e mezza, si effettua attraverso un tratto in barca per poi proseguire a piedi fino alla Sala Paradiso. Oltre ai percorsi già citati, è possibile effettuare anche interessanti itinerari speleologici della durata di tre ore. Due, in particolare, le proposte: quello fossile e quello attivo; quest’ultimo, una volta risalito il torrente, conduce dritto alla polla sorgiva, dove ai visitatori esperti è consentito approfondire numerosi aspetti geo-speleologici, archeologici e naturalistici. A pochi metri dall’ingresso delle grotte è infine visitabile una particolare area dedicata alla botanica.
    Di seguito, alcune informazioni utili: la temperatura all’interno delle grotte è di 16° circa, ed è costante tutto l’anno. A causa dell’umidità sempre molto alta, anche in piena estate, si consiglia di indossare una giacca e scarpe chiuse. Il fattore sicurezza è un elemento a cui viene data la massima importanza: ad accompagnare i visitatori sono solo guide ufficiali di comprovata esperienza; i percorsi sono tutti orizzontali e anti-scivolo; al fine di mantenere il costante contatto con l’esterno, le grotte sono munite di un moderno impianto radio; inoltre, quella di Pertosa-Auletta è la prime grotta “cardioprotetta” in Italia, con defibrillatore in loco e personale addestrato per il primo soccorso.  LEGGI TUTTO

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    Nel territorio di Arezzo, riscoprendo Piero della Francesca

    La provincia di Arezzo, la più orientale dell’intera Toscana, ha un territorio ricco di fascino e cultura che si estende su parte del Valdarno, della Val di Chiana, della Val Tiberina, e sulle alte valli dei fiumi Marecchia e Foglia. Questi territori, dai profumi e sapori unici, sono famosi anche per aver dato i natali ad alcuni grandissimi artisti italiani la cui fama è ancora oggi più viva che mai come, ad esempio, Francesco Petrarca, nato nel 1304, e Giorgio Vasari, pittore, architetto e biografo degli artisti italiani, nel 1511.
    Poco lontano dal capoluogo, a Caprese, nel 1475 nacque Michelangelo Buonarroti, mentre a Sansepolcro, nel 1416, Piero della Francesca. E proprio di quest’ultimo – pittore e matematico che ebbe grande influenza sul Rinascimento italiano – andremo alla scoperta, lungo un itinerario ideale che ne ripercorre i luoghi e in cui ammirare alcune delle sue opere più importanti. Piero della Francesca, sin da giovane, iniziò a dedicarsi agli studi di aritmetica e di geometria, grazie ai quali intuì la rappresentazione della prospettiva che caratterizza le sue opere, in cui spiccava la figura umana, avvolta da una luce nitida e chiara. L’artista viaggiò molto tra le cittadine del Centro Italia, all’epoca ricche di committenti e stimoli culturali. Il nostro percorso parte da Sansepolcro, sua città natale, dove, presso il Museo Civico, sono conservate quattro opere del nostro artista. Tra queste spiccano il Polittico della Misericordia, con al centro raffigurata la Madonna, che accoglie sotto il suo manto i mecenati e i devoti; e nella Sala delle Udienze, la Resurrezione, opera tra le più rappresentative dell’artista, al centro della quale è collocato il Cristo, che solenne e imponente domina la scena.
    Lasciata Sansepolcro, la destinazione successiva è il delizioso borgo di Monterchi, al confine con l’Umbria. Qui Piero della Francesca realizzò lo straordinario affresco della Madonna del Parto per la chiesa di Santa Maria a Momentana. L’iconografia della Vergine in attesa incanta chiunque la osservi e trasmette un forte senso di sacralità. La sua figura è allo stesso tempo divina e umana, rafforzata dalla presenza dei due angeli laterali.
    Ripartiti da Monterchi, l’itinerario si conclude ad Arezzo, per varcare la soglia della Basilica gotica di San Francesco, in cui osservare il monumentale affresco de La leggenda della Vera Croce, che decora la Cappella Bucci. Il soggetto della rappresentazione è stato tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, scritta nel XIII secolo. I paesaggi rappresentati sono quelli aretini, dove convivono le figure umane e geometriche che guidano l’osservatore nella lettura della narrazione. Salutato Piero della Francesca, la passeggiata può proseguire attraverso le vie e le piazze del centro di Arezzo, in cui visitare alcune testimonianze di epoca medievale, come la pieve di Santa Maria (che ospita il polittico di Lorenzetti del 1320) e la Cattedrale di San Donato; e della successiva stagione medicea, come piazza del Comune, oggi Piazza Grande, e il Palazzo delle Logge, il cui progetto fu affidato al Vasari da Cosimo I de’ Medici. LEGGI TUTTO

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    La rocca di Cefalù

    La rocca di Cefalù, sovrastata dalle torri merlate del caratteristico castello, è un promontorio di origine calcarea, che vanta una grande importanza sotto numerosi aspetti, da quello naturalistico e geologico, fino ad interessanti testimonianze del passato. Secondo gli studiosi, infatti, quest’area ha subito le prime antropizzazioni già in epoca preistorica, come conferma la presenza di una particolare struttura megalitica, il Tempio di Diana. Il luogo ideale per una piacevole passeggiata esplorativa.
    Per andare alla scoperta della rocca di Cefalù bisogna intraprendere a piedi il sentiero che inizia alle falde dell’altura, per poi muoversi serpeggiando nella pineta. Qua la natura offre uno spettacolo grandioso, tra suggestivi paesaggi e compagni di viaggio d’eccezione, come farfalle e gheppi. Durante il percorso ci si imbatte improvvisamente in una porta d’accesso, volutamente nascosta da un muraglione: si tratta della prima fortificazione venuta alla luce nel 1991 in occasione di una spedizione archeologica, a testimonianza di una sovrapposizione muraria risalente al 1533. Da qui il sentiero si inerpica circondato dalla macchia mediterranea, e una volta giunti alla seconda linea di fortificazione, si biforca. Si deve proseguire tenendo la destra. Si incontra prima la Cisterna Grande e subito dopo il Tempio di Diana. Subito dopo si raggiungono la vetta della rocca e i resti del Castello del XII secolo.

    Il sentiero procede attraverso la vegetazione e, superato un promontorio, ci si imbatte nei resti delle casermette del XVI secolo e in una fortificazione muraria merlata, di origine medievale, lunga circa 3 km. Il consiglio è quello di passeggiare senza fretta alla scoperta di questi luoghi ameni, godendo delle belle vedute panoramiche sul mare di Cefalù. Splendida quella su Capo Kalura con i suoi scogli, le spiaggette e la torre spagnola. Ai piedi dei ruderi si prosegue lungo il sentiero sulla destra per la via del ritorno. La strada (in parte caratterizzata da pietre scivolose, fate attenzione!) conduce ad un pianoro dove si trovano anche due interessanti chiesette bizantine, costruite in epoche diverse. Si lascia la Chiesa di Sant’Anna sulla sinistra e si arriva alla pineta da dove, in breve, si si fa ritorno a Cefalù, con le sue spiagge, il Duomo e la piazza. LEGGI TUTTO

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    Primiero e San Martino di Castrozza: tra Pale, cime e Cimon

    Nel cuore delle Dolomiti definite da Le Courbusier “le più belle architetture naturali del mondo”, la valle del Primiero, in provincia di Trento, è costellata da paesi ricchi di storia, le cui tracce si ritrovano nelle pievi, nelle case, nei tabià e nel saliscendi tortuoso di strade e stradine. Molte testimonianze riportano alla storia della valle, quando era un centro minerario di notevole importanza con giacimenti di ferro, argento e rame e richiamava lavoratori dalle regioni vicine e dal Tirolo. A Fiera di Primiero si può vedere il quattrocentesco Palazzo del Dazio o delle Miniere, che ospita oggi un piccolo museo etnografico. Sigismondo, Arciduca d’Austria e Conte del Tirolo, lo fece costruire proprio per farne la sede del Bergrichter, il giudice minerario che sovrintendeva alle miniere e alle selve di Primiero e per farvi custodire il metallo prezioso.

    Mete ideali per le vacanze in famiglia, i paesi del Primiero sono collegati da una pista ciclabile lunga 11 chilometri. Un percorso che inizia da Masi di Imèr e risale il corso del torrente Cismon, oltre l’imbocco della selvaggia val Noana, toccando i comuni di Mezzano, Transacqua e Fiera di Primiero, dove diventa un anello che comprende gli abitati di Tonadico e di Siror.

    Oltre Tonadico, da dove ci si inoltra nella verdissima val Canali, e Siror, la valle si fa stretta e profonda e la strada sale con un serie di curve e tornanti fino a San Martino di Castrozza, a 1450 metri, su cui svettano maestose e spettacolari le Pale, tinte di rosa a ogni tramonto. Dal paese partono numerosi sentieri che si diramano all’interno del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino. Con i bambini, si può andare ai laghetti Colbricon, sotto Passo Rolle, raggiungibili anche con i passeggini da trekking. Dai rifugi in alta quota Velo della Madonna e Pradidali partono invece gli scalatori per affrontare le grandi pareti e le più note vie ferrate. Ma il più panoramico è senz’altro il Rosetta, affacciato sulla conca di San Martino dall’Altopiano delle Pale. LEGGI TUTTO