More stories

  • in

    Giulia Carraro: “In Francia posso mettere in pratica quello che ho imparato”

    Di Alessandro Garotta Pasta, pizza, caffè: potrebbero essere queste le prime tre cose che vengono in mente se si chiede dell’Italia all’estero. D’altronde si sa, nel Belpaese il cibo è una cosa seria. Eppure, in giro per l’Europa, negli ultimi anni abbiamo esportato anche un’altra merce. Un prodotto in cui dimostriamo di saperci fare come pochi: la pallavolo. Non solo allenatori ma anche giocatrici, come Giulia Carraro del Volero Le Cannet – che ha parlato ai nostri microfoni dei motivi che l’hanno portata a scegliere di nuovo l’estero (dopo la stagione 2014-2015 all’SC Potsdam) e del suo avvio di stagione. Indirizzata dal sapiente lavoro di coach Lorenzo Micelli, la 27enne veneta si è subito messa in luce come una delle migliori palleggiatrici della Ligue A, soprattutto grazie a una buona lucidità in fase di impostazione e alla capacità di spaziare il proprio gioco chiamando in causa tutte le attaccanti. Purtroppo, il suo percorso è stato interrotto la scorsa settimana da un infortunio, le cui conseguenze sono ancora da accertare (l’intervista è stata realizzata in precedenza). Giulia, com’è nata l’occasione di andare in Francia al Volero Le Cannet e cosa l’ha spinta ad accettare questa sfida? “Questa opportunità è nata quando ho detto al mio procuratore che ero alla ricerca di una squadra in cui giocare da titolare. Non ci siamo soffermati solo sull’Italia, ma abbiamo guardato anche all’estero. È arrivata una buona proposta dal Volero, club che punta a vincere il campionato francese e gioca in CEV Cup: alla fine, ho deciso di accettarla e mettermi alla prova“. Cosa si è portata dietro, a livello individuale e sportivo, dalle sue ultime stagioni in Italia? “Negli ultimi anni ho potuto aggiungere tanta esperienza al mio bagaglio di giocatrice. Credo di essere cresciuta, perché in tutte le squadre italiane il livello degli allenamenti è sempre molto alto. Ora posso finalmente mettere in pratica tutto quello che ho imparato“. Foto Christian Besson/Volero Le Cannet Un bilancio dei suoi primi mesi in Francia? “Il bilancio è più che positivo. Per adesso siamo prime in classifica con una sola sconfitta in 11 giornate di campionato. Inoltre, la scorsa settimana abbiamo staccato il pass per gli ottavi di CEV Cup, superando il Minchanka Minsk“. Al di fuori del campo, come procede? “Mi trovo molto bene e sono contenta di come mi sono ambientata. Essendo vicina al mare, spesso nel tempo libero ne ho approfittato per andare in spiaggia, anche perché fino a qualche giorno fa qui c’erano 18 gradi. Quindi cosa potrei desiderare di più? (ride, n.d.r.)”. Quest’anno in Ligue A ci sono ben cinque giocatrici italiane. Come si spiega questo “esodo” verso la Francia? “Suppongo che anche le altre giocatrici (una è la compagna di squadra Francesca Parlangeli, n.d.r.) non abbiano trovato la giusta opportunità per giocare e dimostrare il proprio valore in Italia. Perciò, come me, hanno optato per una soluzione all’estero“. Foto Christian Besson/Volero Le Cannet Qual è il livello della pallavolo francese? “Il livello delle squadre francesi può essere paragonabile a quello delle squadre di medio-bassa classifica in Serie A1, o dell’alta Serie A2 italiana“. Nella sua testa questo tipo di esperienza è solo una parentesi oppure no? “Vediamo… Per adesso sono felice in Francia e la stagione sta andando molto bene. Ma non nego che ho scelto di andare all’estero per trovare spazio e fare esperienza, con l’obiettivo di tornare in Italia un giorno“. Cosa le manca di più dell’Italia? E del nostro campionato? “Sarò un po’ banale, ma ciò che mi manca maggiormente dell’Italia è il cibo; soprattutto la possibilità di andare in un ristorante e trovare anche un semplice piatto di pasta al pomodoro fatto bene. Mi manca anche il clima del campionato italiano, dove ogni partita è un evento e ti senti veramente una star“. C’è qualcosa che possiamo imparare dai campionati esteri? “Secondo me, dovremmo imparare qualcosa in termini di professionalità. Non sto dicendo che le società italiane non siano serie, ma spesso ci sono problemi, per esempio riguardo alla puntualità degli stipendi. Invece, qui non ho nulla di cui preoccuparmi da questo punto di vista perché so già che ogni mese, nel giorno prestabilito, mi viene regolarmente retribuito lo stipendio“. Qual è il suo sogno nel cassetto per il prosieguo della carriera? “Uno dei miei sogni è quello di poter giocare da titolare in una squadra di Serie A1 italiana“. LEGGI TUTTO

  • in

    Dal Gambia alla Slovenia: il sogno (realizzato) di Fatoumatta Sillah

    Di Alessandro Garotta Charles Baudelaire, uno dei più grandi poeti di sempre, era convinto che l’uomo deve voler sognare e soprattutto saper sognare. Avere un sogno equivale ad avere un motivo per cui vivere, un qualcosa a cui credere o dedicarne la propria vita. Tra i sogni che si rincorrono da bambini ci sono anche quelli di diventare sportivi professionisti e – perché no – pallavolisti, di giocare per un grande club oppure per la propria nazionale. Emergere nel mondo del volley, d’altro canto non è per nulla facile, ancor di più per chi è figlio del continente più povero del pianeta, dove tra le tante difficoltà sociali il solo talento e le proprie doti innate non bastano per diventare qualcuno.  Eppure anche in Africa la pallavolo sta cercando di crescere, e lo fa grazie progetti di cooperazione internazionale. Come quello che ha portato l’italiano Roberto Farinelli sulla panchina della nazionale femminile del Gambia. Proprio da qui arriva uno dei talenti più interessanti del panorama mondiale: Fatoumatta “Nenneh” Sillah: in esclusiva ai microfoni di Volley NEWS, l’opposta classe 2002 ha raccontato il percorso che l’ha portata in Slovenia – prima al GEN-I Volley Nova Gorica e ora al Calcit Kamnik – per coltivare il suo sogno.  Foto Calcit Volley Nenneh, raccontaci qualcosa su di te e sul tuo background.  “Sono nata in Gambia, un piccolo paese dell’Africa occidentale. Vengo da una famiglia di quattro persone e sono cresciuta con le mie due sorelle minori e mia madre. Sono molto legata a lei e penso sia la persona più felice che conosca. Invece non ho passato molto tempo con mio padre perché lavora all’estero, anche se torna ogni volta che può. In generale, ho avuto un’infanzia nella media e una buona istruzione“. Come ti sei appassionata alla pallavolo?  “In origine giocavo a calcio. Ricordo che un giorno andai al centro sportivo locale ad assistere a un torneo, quando vidi altri bambini giocare a pallavolo. Incuriosita decisi di avvicinarmi perché mi sembrava divertente. A quel punto il loro allenatore mi venne incontro chiedendo se fossi interessata a entrare nella squadra. E così feci. Per un certo periodo praticai sia il calcio sia il volley, ma poi scelsi di continuare solo con quest’ultimo perché ero veramente contenta dopo i primi allenamenti e avevo capito di voler diventare una pallavolista“. Com’è stato per te giocare a pallavolo in Gambia?  “Ovviamente era divertente, ma la gente non ci prendeva tanto sul serio. Quasi tutti in Gambia sono appassionati di calcio, quindi nessuno segue o presta attenzione alla pallavolo“.  Foto Calcit Volley Cosa hai provato quando è arrivata la chiamata per andare al GEN-I Volley Nova Gorica in Slovenia?  “È stata la sensazione più bella che abbia mai provato, perché è molto difficile che una giocatrice gambiana riesca ad avere un’opportunità come la mia. Perciò, sono davvero grata a coloro che hanno reso possibile tutto questo. Sono venuta qui per migliorare in quello che facevo e avere successo nella mia carriera“. Cosa ricorderai in particolare delle due stagioni a Nova Gorica?  “Appena arrivata, ero un po’ spaventata. Pensavo che sarebbe stato difficile entrare in sintonia con le altre ragazze. Invece, alla fine, si è verificata la situazione opposta. Non potrò mai dimenticare quanto sono state disponibili e di sostegno nei miei confronti: mi hanno aiutato ad ambientarmi, a migliorare come giocatrice e ad aumentare la fiducia in me stessa“. Quest’estate sei diventata una giocatrice del Calcit Kamnik. Come ti trovi e cosa ti piace di più della nuova squadra?  “Finora la mia esperienza qui è stata fantastica. Ho trovato un ambiente con persone oneste, di buon cuore, molto competitive, che lavorano duramente per migliorare“.  Foto Calcit Volley Quali sono le tue aspettative per quest’anno?  “Mi aspetto di crescere partita dopo partita, imparare cose nuove dalle mie compagne e riuscire a mostrare le mie qualità“. Se dovessi descrivere le tue caratteristiche a qualcuno che non ti ha mai visto giocare, come lo faresti?  “Mi descriverei come una giocatrice che gioca sempre con il cuore e dà il massimo ogni volta che è in campo“.  C’è una pallavolista a cui ti ispiri?  “Direi Paola Egonu. Si vede proprio che ama fortemente quello che fa, oltre ad essere molto brava. Le sue giocate, sempre spettacolari, mi spingono a lavorare ancora di più“.  Foto Calcit Volley Quali sono i tuoi obiettivi nella pallavolo?  “A breve termine, vorrei approfittare di ogni occasione in allenamento o in partita per crescere e migliorare. Invece, sul lungo periodo, punto ad aumentare la fiducia nei miei mezzi attraverso le varie esperienze, e comprendere sempre meglio l’importanza dello spirito sportivo e del lavoro di squadra“. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Hai altre passioni oltre alla pallavolo?  “In questo momento, non saprei rispondere perché sono totalmente focalizzata sui miei obiettivi pallavolistici. Però, mi piace l’arte e amo scattare fotografie, e appena possibile vorrei approfondire le mie conoscenze in questo ambito“.  Un’ultima curiosità: come nasce il tuo soprannome, “Germano”?  “Me l’hanno dato i miei amici in Gambia, pensando che le persone originarie della Germania siano tutte molto alte e magre, proprio come me“. LEGGI TUTTO

  • in

    Il ritorno di Beatrice Gardini a Sassuolo: “Qui hanno sempre creduto in me”

    Di Alessandro Garotta Negli ultimi anni la Serie A2 femminile ha saputo regalare sorprese e lampi di talento in diverse occasioni, dimostrandosi una vera e propria fucina di talenti e un palcoscenico ideale per le ragazze che hanno bisogno di “farsi le ossa” prima di esplodere nelle competizioni maggiori. Dunque, non è un caso se anche nel campionato 2021-2022 sono tante le stelle del futuro pronte a brillare. Tra queste c’è sicuramente Beatrice Gardini, che dopo due stagioni positive al Club Italia è tornata a vestire la maglia della Green Warriors Sassuolo: ecco la nostra intervista esclusiva alla schiacciatrice neroverde classe 2003. Beatrice, partiamo da una domanda semplice. Quando ha scoperto il suo talento per il volley?  “Mi sono appassionata alla pallavolo da piccola seguendo le partite di mia sorella, ma solo intorno ai 12-13 anni ho capito di avere buone qualità, visto che ormai giocavo sempre in categorie superiori rispetto alle mie coetanee. Quando poi è arrivata la chiamata dalla Liu Jo Modena, mi sono convinta di poter fare il grande salto e arrivare dove sono ora“.  Come ha iniziato a giocare da schiacciatrice? E cosa le piace di più del suo ruolo?  “Sono sempre stata una schiacciatrice. Inizialmente venivo schierata da opposto perché nella squadra di ‘quelle più grandi’ in cui militavo serviva una giocatrice proprio in quella posizione. Poi mi sono spostata in banda. Mi piace il mio ruolo perché è completo e bisogna essere specializzati in tutti i fondamentali“.  Foto Volley Academy Sassuolo C’è una giocatrice alla quale si è ispirata? “In ambito femminile non mi sono ispirata a nessuna giocatrice in particolare. Però, fin da piccola seguo Osmany Juantorena: è sempre stato il mio idolo“.  In che modo le esperienze alla Teodora Ravenna, alla Volley Academy Sassuolo e al Club Italia hanno contribuito alla sua crescita?  “A Ravenna ho imparato le basi della pallavolo e vissuto le mie prime esperienze, giocando anche in categorie superiori alla mia. Poi a Sassuolo ho iniziato a vivere come un’atleta anche fuori dal campo: dovendo essere indipendente dai miei genitori, ho imparato ad organizzarmi e autogestirmi. Infine, al Club Italia sono cresciuta molto a livello tecnico“.  Foto Volleyball World Nel 2019 ha vinto l’argento ai Mondiali Under 18 e quest’estate è arrivato l’oro ai Mondiali Under 20. Cosa prova una ragazza così giovane ad arricchire il suo palmares con questi titoli internazionali?  “Partecipare alla selezione per una nazionale giovanile nel 2019 era per me già un’emozione grandissima. Poi essere subito convocata e avere la possibilità di giocare in una competizione così importante è stata una delle soddisfazioni più grandi, così come i risultati che abbiamo ottenuto. Sono obiettivi per cui ti prepari e alleni duramente e, quando si realizzano, non sai nemmeno esprimere a parole quanto sei felice“.  Qual è il ricordo più bello del Mondiale U20?  “Sarebbe scontato rispondere la vittoria della medaglia d’oro. In realtà, conservo il ricordo di tutto il nostro percorso, iniziato l’estate precedente, quando la Federazione ha preferito non farci partire per l’Europeo U19 perché lo riteneva troppo rischioso nel bel mezzo della pandemia. Da lì, però, si è creato un legame ancora più forte tra di noi. E il gruppo ha fatto la differenza soprattutto nella semifinale contro la Russia (vinta 3-0, n.d.r.): nonostante la partenza migliore delle nostre avversarie in ogni set, siamo rimaste unite giocando come se fossimo un unico ingranaggio, e alla fine abbiamo sempre avuto la forza di ribaltare il risultato“.  Al termine di due stagioni da protagonista al Club Italia e di una positiva estate in azzurro, cosa l’ha spinta a tornare a Sassuolo?  “Ho scelto di tornare a Sassuolo perché è una società che ha sempre creduto nel mio valore, mi ha fatto crescere quando ero più piccola e aiutato a diventare la giocatrice che sono ora. Considero quindi Sassuolo come la mia seconda casa, un ambiente familiare che mi permette di dare il 100%. E poi poter finire il mio percorso scolastico qui è motivo di grande serenità anche fuori dal campo“.  Foto Volley Academy Sassuolo Quali obiettivi si è prefissata di raggiungere per questa stagione in Serie A2?  “Il nostro obiettivo per questa stagione è di dimostrare che possiamo giocarcela con tutti, anche se sulla carta Sassuolo non è la squadra favorita del girone. Siamo un gruppo molto affiatato e il fatto di poter giocare con compagne che hanno più esperienza mi stimola a fare sempre meglio. A livello personale l’obiettivo di fare il salto di qualità, se non l’anno prossimo, tra un paio d’anni“. In chiusura di questa intervista, ci racconta com’è la Beatrice fuori dal campo? Quali sono le sue passioni?  “Sono una ragazza precisa che ci tiene ad avere un buon rendimento anche a scuola. Non ho passioni particolari oltre alla pallavolo e nel tempo libero mi piace stare con la famiglia o le persone a cui voglio bene“. E il suo sogno nel cassetto?  “Si dice che è bene non svelare il proprio sogno perché altrimenti non si realizza. Perciò, posso solo dire che vorrei fare della passione per la pallavolo il mio lavoro“.  LEGGI TUTTO

  • in

    Paul Buchegger diventa turco: “Ma se ho un futuro lo devo a Modena”

    Di Stefano Benzi Non è stata una stagione facile per Paul Buchegger. L’infortunio al ginocchio, l’intervento chirurgico della scorsa estate, il lento recupero, il desiderio di giocare in una Leo Shoes Modena che lentamente stava migliorando e che ha concluso la stagione in crescendo centrando anche la qualificazione alle coppe europee. Ora Paul, austriaco di Linz, lascia l’Italia, la sua seconda casa, per andare a giocare ad Ankara con l’ambizioso Spor Toto, che ha messo sotto contratto anche Kawika Shoji e il polacco Artur Szalpuk, lo scorso anno a Varsavia. È il momento di pensare al futuro, ma senza dimenticare il passato: “Non posso scordare tutto il lavoro che ho fatto a Modena, la pazienza e il tempo che lo staff della squadra mi hanno dedicato, il modo in cui mi sono stati accanto in uno dei momenti più difficili della mia carriera. Certi infortuni possono essere devastanti anche da un punto di vista emotivo. Modena mi ha prima curato e poi aspettato con pazienza, senza forzarmi mai. Se ho un futuro e posso continuare ad esprimermi in questo sport al massimo livello lo devo a Modena“. Quello di Buchegger è stato un vero calvario. Un primo infortunio in nazionale nel 2018 dopo una stagione straordinaria: prima operazione. Poi, sempre in nazionale, un secondo infortunio. Altro intervento. Con non pochi problemi causati anche dalla pandemia: “Ora è finita – dice Paul – ne sono fuori e sono sereno. Tenevo molto a lasciare l’Italia con un sorriso e una bella notizia. Il quinto posto ha dimostrato che eravamo una squadra per alti traguardi e io nel finale sono riuscito anche a dire la mia“. Foto Modena Volley Due sole partite di regular season, quest’anno: un solo punto. Ma è come riaccendere la luce di una stanza buia e piena di spigoli. Ora la Turchia: “Per il momento l’impegno è di un anno, ma a Modena resto legato anche da un rapporto pratico. Continueranno a seguire il mio lavoro, il mio allenamento e il mio recupero. Ho parlato con lo staff che mi affiancherà: faremo una DAD… – dice scherzando e riferendosi a qualche consulenza a distanza, con telefono e chat – ormai mi fido di loro al 100%. Loro sanno tutto del mio ginocchio. È perfetto: e vogliamo che resti perfetto!“. L’Italia gli mancherà: “Cinque anni qui mi hanno completamente cambiato, ho vissuto qui dieci mesi all’anno e posso considerarmi quasi un italiano di adozione. Mi mancherà tutto: la lingua, la gente, la cucina. Ringrazio tutti e parto. Ma nel cuore spero un giorno di potere tornare…“. Paul Buchegger lascia l’Italia con quattro stagioni di Superlega all’attivo, dal 2017 al mese scorso: 52 partite, 558 punti, 458 dei quali marcati nella stagione 2017/18 con Ravenna. LEGGI TUTTO

  • in

    Matteo Battocchio: “Non pensavo che saremmo arrivati a questo livello”

    Di Stefano Benzi Matteo Battocchio si trova nella non facile posizione di chi ha fatto talmente bene nella stagione appena conclusa da dover quasi promettere a tutti i costi qualcosa. Ma vale la pena anche ricordare come il Pool Libertas Cantù sia arrivato a un risultato insperato, i quarti di finale dei play off, cedendo solo davanti alla corazzata Taranto. E dire che la squadra sembrava avere ancora un bel margine di miglioramento: “È vero – dice Battocchio – siamo usciti contro la squadra più forte, conquistando un solo set in due partite, ma ce la siamo giocata alla pari e senza paura. Se devo essere completamente sincero, a inizio stagione non pensavo saremmo arrivati a questo livello. E se devo dirla tutta, mi sarebbe piaciuto se il torneo fosse durato ancora un pochino. Perché stavamo crescendo“. Il tutto considerando una stagione davvero strana, nella quale Cantù è stata sicuramente la squadra costretta a confrontarsi con il calendario più bizzarro in assoluto: “Tutte le società hanno avuto i loro problemi, perché la pandemia ha penalizzato tutti – continua il coach – ma noi siamo stati gli unici a stare fermi per settimane per poi recuperare turni di gioco all’impazzata, uno dopo l’altro con trasferte davvero problematiche. Ancora oggi mi chiedo perché e se non ci fosse un modo migliore e più equo di organizzare le cose. Ma ormai è andata“. Photo credit: Patrizia Tettamanti Lo spirito di adattamento della squadra è stata la grande qualità che ha portato fino a un risultato insperato: “Indubbiamente abbiamo imparato molto su noi stessi e sulla gestione del gioco, certe fragilità che avevamo all’inizio e che ci sono costate dei punti alla fine della stagione erano state decisamente rimosse. Abbiamo chiuso in crescita, migliorando e con la possibilità di pensare che tutto sommato potesse andare anche meglio di com’è andata“. Motzo, richiestissimo, resta a Cantù. Arrivano lo schiacciatore Sette da Ortona, il centrale Copelli da Santa Croce, il giovane Giani dalla B1 di Monza ma soprattutto Manuel Coscione, che dopo avere guidato Taranto in Superlega sostituirà in pallggio l’estone Viiber. Una bella sorpresa: “Abbiamo scelto un uomo di spessore e ringrazio il presidente che fino a questo momento, non senza enormi sacrifici, sta disegnando la squadra che pensavo. Manuel aiuterà i giovani a crescere e conto sul fatto che potrà avvicinare tante persone convincendole a tornare al palazzetto. Mai come ora abbiamo bisogno della nostra gente, della loro presenza“. Manca uno schiacciatore di peso: “Non c’è fretta – conclude Battocchio – vediamo che cosa si muove e quali possibilità ci sono. La società sa con chi mi piacerebbe lavorare. Se ci saranno opportunità saremo sicuramente pronti a coglierle. Mi aspetto una A2 molto equilbrata, di alto livello ma soprattutto molto competitiva e compatta. Saranno poche le cose che faranno la differenza“. LEGGI TUTTO

  • in

    Nuova sfida per Madison Lilley: “Cerco sempre di uscire dalla mia comfort zone”

    Di Alessandro Garotta Malgrado non abbia prerogative di avanguardia dal punto di vista tecnico-tattico, la pallavolo del campionato NCAA femminile mantiene sempre salda la capacità di generare una grande attenzione mediatica attorno a quelle giocatrici che hanno la bravura e la fortuna di sfoderare delle ottime prestazioni al momento giusto, lasciando intravedere mezzi tecnici evidenti abbinati a un’età che lascia sognare margini di crescita senza limiti.  Alla palleggiatrice Madison Lilley è bastato guidare le Kentucky Wildcats alla vittoria dello storico primo titolo nella Division I per far scattare il meccanismo. Così, uno dei più grandi talenti statunitensi, con un biglietto da visita importante a livello giovanile, è diventato in breve tempo l’oggetto del desiderio di molte squadre europee. Alla fine, Lilley – in collaborazione con l’agenzia Athletes Abroad Management – ha scelto l’SC Potsdam in Germania come prima destinazione di una carriera che si preannuncia di successo.  Ecco la nostra intervista esclusiva all’MVP delle ultime finali NCAA.  Madison, per iniziare parlaci un po’ di te, del tuo carattere, dei tuoi hobby.  “Ho 22 anni, e non vedo l’ora di iniziare la mia carriera pallavolistica oltreoceano e nel frattempo andare alla scoperta di altre culture. Per carattere cerco sempre di uscire dalla mia comfort zone e provare cose nuove. Mi piace leggere e fare piccoli lavori manuali, queste sono le attività a cui mi dedico nel tempo libero“.  Foto Instagram Madison Lilley Quando hai scoperto il tuo talento per la pallavolo? E come sei diventata una palleggiatrice?  “Ho iniziato a giocare a 9 anni. Posso dire di essere cresciuta guardando mia madre allenare: ero sempre in giro per seguire le sue partite, fino al momento in cui la mia passione per questo sport ha incontrato il talento e l’opportunità. Infatti, il mio primo allenatore (Phil Craven, n.d.r.), ex giocatore della nazionale statunitense maschile, aveva grande occhio nello scovare giocatrici di prospettiva, anche molto giovani. È stato lui ad affidarmi il compito di alzatrice della squadra, e da allora non ho mai smesso di ricoprire questo ruolo in campo“. Poi com’è proseguito il tuo percorso giovanile prima del college?  “A 15 anni avevo già un accordo con l’University of Kentucky, ma prima di andare al college, ho vinto il campionato statale e quello nazionale (con la Blue Valley West High School, n.d.r.): perciò, sono arrivata in NCAA già con l’idea di cosa si prova a vincere“.  Come giudichi l’esperienza nel volley universitario con le Kentucky Wildcats e quanto è stata importante per te?  “I miei 4 anni alla University of Kentucky hanno avuto un impatto talmente significativo nella mia carriera che è difficile da descrivere a parole. Ho imparato ad allenarmi con costanza e competere ad alto livello, oltre ad avere avuto la possibilità di guidare altre persone nel percorso che ha permesso a me stessa di crescere come persona e atleta“. Foto Kentucky Volleyball Da senior hai guidato Kentucky alla vittoria del suo primo titolo. Cosa hai pensato dopo aver raggiunto questo traguardo?  “Alzare il trofeo dopo 9 mesi in cui ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo lavorato con grande sacrificio – in un contesto generale difficile per tutti – mi ha fatto dire ‘ne è valsa la pena’. La fatica, il sudore e le lacrime hanno reso quel momento ancora più bello“.  Sei stata nominata National Championship MVP, SEC Player of the Year, AVCA All-Southeast Region Player of the Year e inserita nel First Team All-American (solo un altro atleta della University of Kentucky ci è riuscito nella sua disciplina: la stella NBA Anthony Davis). Qual è il segreto del tuo successo? “Be’, in realtà non c’è un vero e proprio segreto: semplicemente è questione di lavoro duro e impegno costante. In generale, cerco sempre di tenere gli obiettivi di squadra ben fissi nella mente, ma allo stesso tempo è fondamentale la motivazione interiore di diventare la migliore in assoluto“.  Cosa ti ha insegnato questa stagione, così positiva per te?  “La più grande lezione che ho imparato è che il successo non arriva mai senza sacrificio: ho compreso più che mai il significato di questo concetto. Inoltre, non saremmo mai riuscite a vincere come squadra senza il contributo di ogni giocatrice e l’impegno per un obiettivo comune“.  La tua carriera da professionista avrà inizio nella Bundesliga tedesca. Come mai hai scelto l’SC Potsdam?  “Sono davvero entusiasta di fare la prima esperienza oltreoceano all’SC Potsdam: quando dovevo decidere in quale squadra andare a giocare, era senza dubbio quella che spiccava tra tutte le altre. Gioca ormai da tempo ad alti livelli, ha una buona organizzazione e si trova in una città molto bella, poco fuori Berlino“. Foto SC Potsdam Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?  “So che può sembrare strano, ma andrò in Germania senza particolari aspettative. In questo modo, sarà l’esperienza stessa a svelarsi per ciò che è realmente, e quindi non mi farò influenzare da come l’ho immaginata o desiderata“.  Un obiettivo che ti piacerebbe raggiungere a Potsdam?  “Vorrei fare tutto il possibile per vincere la Coppa di Germania“.  Sogni di vestire la maglia della nazionale seniores un giorno?  “Far parte del Team USA non può che essere un onore, soprattutto per l’opportunità di giocare insieme ad alcune delle migliori giocatrici al mondo. Rappresentare gli Stati Uniti è sicuramente qualcosa che ho sempre sognato“. LEGGI TUTTO

  • in

    Fabio Fanuli tifa Taranto e pensa al futuro: “Mi piace tanto insegnare pallavolo”

    Di Giovanni Saracino A 15 anni fu aggregato alla prima squadra durante per gli allenamenti nella stagione (1999-2000) in cui la Magna Grecia Taranto ottenne la prima storica promozione in serie A1. Un addetto ai lavori gli predisse un futuro di sicuro avvenire: “Viene ritenuto il migliore pallavolista giovane su scala regionale. Nel suo futuro, tutti vedono una carriera luminosa. Dal settore giovanile è schizzato fuori un ragazzo destinato per molti anni a far palare di sé“. Questo ragazzo risponde al nome di Fabio Fanuli, classe 1985, nato e cresciuto pallavolisticamente a Grottaglie e che quel futuro sicuro di cui si parlava lo ha onorato con 324 presenze in A1 e 34 in A2, vestendo, da libero, le maglie di Perugia (una Challenge Cup conquistata nel 2010 e due finali scudetto perse nel 2014 contro Macerata e nel 2016 contro Modena), Vibo Valentia, Latina, Milano e Piacenza (un Campionato ed una Coppa Italia di A2 vinti nella stessa stagione, 2018/19). È stato allenato da grandi allenatori, dal suo padre putativo Vincenzo Di Pinto (“In realtà devo molto anche ad uno dei suoi più stretti collaboratori di allora, Spinelli“), Blengini, Kovac (“A lui sono legato anche affettivamente. Da ragazzino lo vedevo come un idolo. Ho avuto il piacere di allenarmi con lui, prima e poi di averlo come coach a Perugia ed è nato un bel rapporto umano“), Nikola Grbic, Giani, Gardini e Bernardi.  Da ognuno di questi grandissimi, Fanuli ha imparato qualcosa, ma lui ci tiene ad aggiungere un altro nome: “Sono stato fortunato ad essere allenato da personaggi così carismatici, tutta gente di primissimo piano della pallavolo internazionale. Gente che quando parla, l’ascolti come un vangelo. Ma voglio citare anche un vero maestro di pallavolo come Gian Paolo Guidetti che ho avuto il privilegio e l’onore di seguire in una delle sue ultime stagioni in panchina“. Fanuli ha avuto la possibilità anche di allenarsi con tanti campionissimi del volley: “Chi mi ha sempre impressionato dal punto di vista della tecnica è stato certamente Vujevic, una macchina da ricezione. Era impressionante. Giocare accanto a lui era rassicurante e per me è stato un grande onore. Poi potrei parlare del talento di Fei che da opposto era in grado di attaccare con semplicità qualsiasi pallone anche quelli che potevano sembrare impossibili. Altri giocatori dalla grande mentalità con cui ho giocato sono indubbiamente Atanasijevic e Anderson. Nel mio ruolo di libero ho sempre ammirato Pippi, con il quale ho giocato per due stagioni. Aveva questo suo modo così poco appariscente ma concreto, di stare in campo che ho sempre apprezzato tantissimo e cercato di far mio. Un giocatore dal rendimento sempre costante“. Nel suo futuro c’è ancora la pallavolo ma come insegnante: “Con l’ex centrale della nazionale italiana, Buti, abbiamo organizzato un Eco fun camp estivo (dal 27 giugno al 3 luglio), con la collaborazione di Gas Sales Bluenergy Piacenza, dedicato a volley e basket in un eco-resort interamente ospitato in un bosco di lecci, a Marina di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, per portare un nostro piccolo messaggio sociale relativo alle tematiche green. Abbiamo previsto delle attività extra per sensibilizzare i giovani sulle tematiche ambientali in collaborazione con il WWF di Livorno e ZeroCO2, startup italiana che supporta la riforestazione nel mondo. Mi piace tanto insegnare pallavolo ai ragazzini ed è per questo che sto terminando gli studi di laurea magistrale in sport management. Entrare nel mondo della scuola può essere una buona opportunità per il mio cammino post pallavolo giocata“. In attesa di decidere cosa fare nel futuro immediato dalla sua Grottaglie tifa Prisma Taranto alle prese con le finali play off per andare in Superlega: “Piacenza ha fatto altre scelte – rispettabilissime da parte mia – e quindi dopo tre stagioni dovrò trovarmi un altro club. Ma in questo momento trovare squadra non è in cima alle mie priorità. Desidero stare di più con la mia famiglia che mi ha seguito in lungo e largo per l’Italia in tutti questi anni. Taranto in lotta per l’A1? Faccio ovviamente il tifo per i rossoblù. Tra l’altro conosco quasi tutti, da coach Di Pinto a capitan Coscione, con il quale ho giocato per due stagioni, a Padura Diaz con il quale ho diviso casa per un anno. Aimo (Alletti, n.d.r.) è di Piacenza e lo incontro spesso, con Fiore siamo cresciuti assieme, con Parodi ci siamo incontrati da avversari tante volte e di lui ho grande stima. E poi Gironi e Hoffer: li ho visti ragazzini quando ho giocato a Milano e quando mi è stato chiesto un parere, ho risposto che andavano sul sicuro e che oltretutto erano anche dei bravissimi ragazzi. A loro e a tutto il club jonico rivolgo il mio più grande in bocca al lupo per la serie di finali che certamente seguirò da casa”. LEGGI TUTTO

  • in

    Lo scudetto di François Salvagni: “Una vittoria che ripaga tanti sacrifici”

    Di Eugenio Peralta La Ligue A femminile francese è ormai da anni approdo d’elezione per gli allenatori italiani: Micelli, Schiavo, Orefice, fino allo scorso anno Marchesi. E poi François Salvagni, che la Francia ce l’ha nel nome e pochi giorni fa l’ha “conquistata” vincendo, con l’ASPTT Mulhouse, il primo scudetto della sua carriera e il secondo nella storia della società. Un successo ottenuto con due giornate d’anticipo, nell’unico campionato europeo che non prevedeva i play off, e sulla scorta di una stagione magica con 18 vittorie consecutive. Rendimento inaspettato per le stesse alsaziane, come racconta Salvagni ai nostri microfoni: “Non ce lo aspettavamo assolutamente, anche perché abbiamo iniziato molto male la stagione, giocando non bene a pallavolo e perdendo la Coppa del 2019-2020 (recuperata in settembre, n.d.r.). È stato un anno da costruire in corsa, e la cosa positiva è stata che siamo riusciti a vincere diverse partite anche quando giocavamo male: merito del gruppo, perché abbiamo 12-13 ottime giocatrici e ogni volta qualcuna ci metteva del suo. Ma fino a Natale ancora non riuscivamo a esprimere il nostro potenziale e in classifica eravamo tutti in gruppo“. E poi cos’è cambiato? “Be’, dopo tanti sacrifici e tanto lavoro la squadra ha cominciato a giocare molto bene. Secondo me le due ‘bolle’ di Champions League che abbiamo disputato ci hanno aiutato ad alzare molto il livello. In campionato abbiamo cambiato decisamente marcia e mostrato una qualità di gioco diversa. Nelle ultime 5 partite si è sentita un po’ la pressione: è stato molto importante vincere con il Voléro di Micelli per capire che potevamo farcela. Poi a Béziers poteva finire in qualsiasi modo, ma aggiudicarsi lo scontro diretto è stato il modo migliore per chiudere“. La pandemia di coronavirus ha messo a dura prova tutta la pallavolo mondiale, ma soprattutto quella francese. Come l’avete vissuta? “Abbiamo avuto la fortuna di poter continuare a giocare, ma per il resto è stata dura. Abbiamo perso il nostro team manager a dicembre, io personalmente ho vissuto la scomparsa di mia madre, e sono riuscito a vedere i miei figli solo una volta. Abbiamo fatto trasferte in un paese deserto, mangiando ognuno nella propria camera d’albergo e senza poterci concedere nulla nemmeno a casa, visto che l’Alsazia è stata la regione più colpita dalla prima ondata. Mi rendo conto che c’è chi ha sofferto molto o ha dovuto chiudere la propria attività, ma anche per noi è stato difficile. Anche per questo le ragazze hanno canalizzato tutte le loro energie per conquistare qualcosa di importante che ripagasse i tanti sacrifici“. Che campionato è quello francese? “Sorrido quando mi dicono che è un campionato di basso livello. Credo invece che il livello tecnico si sia alzato tantissimo: ci sono grandi allenatori, molti italiani, si gioca una bella pallavolo. L’ultimo campionato è stato di ottima qualità e lo dimostrano anche le prestazioni nostre e del Béziers in Europa. Certo non siamo ai livelli dell’Italia, ma nessuno lo è, neppure la Turchia… però dalla Francia sono partite tante giocatrici che poi si sono messe in mostra nei campionati internazionali, da Haak a Herbots“. A proposito, in Ligue A ci sono giocatrici in rampa di lancio per il campionato italiano? “Ce ne sono eccome, anzi diverse le vedrete già l’anno prossimo. Una di queste è la nostra schiacciatrice Hélena Cazaute, e per me il fatto che abbia conquistato un ingaggio in Serie A è un orgoglio e una medaglia personale, perché era stata lei a chiedermi di aiutarla a raggiungere questo obiettivo. Si parla molto anche di Ivana Vanjak, ma lei resterà con noi ancora un altro anno, proprio perché ha l’obiettivo di crescere ulteriormente per poi presentarsi in Italia da protagonista“. La Francia è l’unico paese europeo in cui i pallavolisti sono lavoratori professionisti, un tema di cui si parla molto anche in Italia. Cosa ne pensa? “In questa situazione ci ha aiutato tantissimo. Lo scorso anno, quando è stata sospesa l’attività, abbiamo ricevuto la cassa integrazione all’85% dallo Stato, oltre ai contributi pensionistici e a tutte le agevolazioni del caso. Voglio però essere ben chiaro: se si vuole il professionismo bisogna che tutte le componenti, dai giocatori ai procuratori, siano disposte a mettersi le mani in tasca. Perché la riforma, se ci sarà, comporterà un costo economico e probabilmente anche tecnico: le giocatrici guadagneranno qualcosa in meno e qualcuna sceglierà di andare altrove. Ma io mi auguro che accada, perché avere più solidità è l’unico modo per crescere“. LEGGI TUTTO