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    Yuliya Gerasymova: “Sogno una vita normale in un’Ucraina libera e indipendente”

    Di Alessandro Garotta

    La terribile guerra scatenata dalla Russia in Ucraina con l’invasione del 24 febbraio 2022 e i bombardamenti che continuano da oltre un anno stanno sconvolgendo il mondo, quello dello sport compreso. E coinvolgono in maniera ancora più diretta tutti gli atleti ucraini lontani dalla propria patria e comprensibilmente preoccupati per le conseguenze di familiari e amici che risiedono nel paese dell’est europeo.

    Tra questi c’è anche Yuliya Gerasymova, che – dopo una parentesi con le polacche del Roleski Grupa Azoty Tarnów nella prima parte della stagione – si è da poco trasferita al Rapid Bucarest: in un’intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS, la centrale ha parlato della sua nuova avventura in Romania e ha raccontato il suo stato d’animo per quello che sta accadendo all’Ucraina.

    Foto Volei Rapid

    Da gennaio sei una giocatrice del Rapid Bucarest: quali sono le tue sensazioni per questa nuova avventura?

    “All’inizio dell’anno mi è arrivata un’offerta dal Rapid e ho colto l’occasione al volo. Sono molto contenta di essere venuta qui. Conoscevo già un paio di ragazze, con alcune avevo già giocato in passato mentre altre le avevo affrontate nelle competizioni internazionali. Inoltre, ho trovato uno staff di allenatori davvero bravi. Nonostante che i metodi di lavoro fossero in parte nuovi, mi sono ambientata velocemente: già dal secondo o terzo allenamento mi sentivo come se avessi sempre giocato in questa squadra“.

    Qual è il bilancio delle tue prime settimane a Bucarest? Quali sono le aspettative e gli obiettivi?

    “Come ho detto, sono riuscita ad ambientarmi velocemente: per un’atleta professionista il processo di adattamento a nuovi sistemi di gioco o programmi di allenamento è qualcosa di normale, che capita spesso durante la carriera. Per quanto riguarda la nostra stagione, purtroppo siamo stati eliminati agli ottavi di finale della Challenge Cup. Dunque, ora stiamo convogliando tutte le nostre energie sul campionato e sulla Coppa di Romania. Penso che ogni atleta che si rispetti scenda in campo solo per un obiettivo: vincere ogni partita e dunque alzare coppe“.

    Nella prima parte della stagione hai giocato in Polonia. Cosa ti porti dietro della tua esperienza al Roleski Grupa Azoty Tarnow?

    “Sicuramente non dimenticherò mai le mie compagne di squadra. Al Tarnow ho incontrato belle persone e ho fatto nuove amicizie. Il campionato polacco è molto interessante e con diverse peculiarità. Ci sono un paio di squadre molto forti, contro cui le possibilità di vincere sono piuttosto basse. Ma per il resto ho trovato tanto equilibrio e quasi tutte le partite che ho giocato sono state combattute“.

    Foto Instagram Yuliya Gerasymova

    Giocare all’estero quest’anno è stata una scelta forzata?

    “Quando ho accettato l’offerta dell’SC Prometey per la stagione 2021-2022, ero orgogliosa e felice di poter tornare a giocare in patria dopo sei anni all’estero. Durante questa esperienza sono stata piacevolmente sorpresa dalla crescita del livello della pallavolo ucraina. Potenzialmente sarebbe potuta crescere ancora di più. Ma poi è iniziata la guerra… Per me, la mia famiglia, i miei amici e le mie compagne di squadra è stato qualcosa di scioccante e frustrante. Ad essere sincera, quando la scorsa estate ho firmato con il Roleski, non avevo nemmeno chiesto informazioni sul club, sugli allenatori e sulle compagne.

    Il mio paese brucia e lotta ogni giorno: c’è una guerra in atto. È davvero difficile tenere alto l’umore, lavorare sodo ad ogni allenamento e rappresentare l’Ucraina dentro e fuori dal campo, essendo a conoscenza di tutte le cose orribili che stanno succedendo nel mio paese. C’è stato anche un periodo in cui riuscivo a parlare con i miei genitori soltanto una volta ogni tre o quattro giorni. Vi assicuro che è qualcosa di terribile“.

    Il 24 febbraio 2022 l’Ucraina veniva invasa dalle truppe russe. Cosa ricordi di quel giorno?

    “Eravamo tutti sotto shock. E a dir la verità io sono ancora in questo stato… Prima di trasferirmi in Polonia per la preparazione estiva, ho avuto la sensazione di essere completamente immersa nella nebbia per tre mesi“.

    Foto CEV

    Com’è cambiata la vita in Ucraina?

    “I miei amici sono ormai sparsi in tutto il mondo: in Lettonia, in Canada, negli Stati Uniti, in Turchia e nei paesi dell’Unione Europea. Nessuno sa quando ci potremo rivedere di nuovo e quando potremo tornare in Ucraina. La mia famiglia è ancora a Odessa. C’è stato un periodo in cui mancava l’elettricità dalle 12 alle 24 ore al giorno e tornava a disposizione solo per 2 o 3 ore. Nella mia città le sirene per gli attacchi aerei sono suonate più di 600 volte quest’anno. Per un paio di mesi sono mancati diesel e benzina. La gente non può lavorare e non sa cosa può succedere il minuto dopo. Dunque, come pensate che sia cambiata la vita degli ucraini?“.

    Cosa è successo alle squadre ucraine di pallavolo?

    “La Federazione sta facendo del suo meglio per cercare di portare un po’ di normalità nel nostro paese. Giocatori e giocatrici stanno dimostrando molto coraggio e grande forza nella volontà di scendere in campo, non solo per vincere il campionato o la Coppa di Ucraina, ma anche per il diritto di vivere una vita normale e pacifica in un’Ucraina libera e indipendente“.

    Com’è nata la tua collaborazione con la fondazione benefica “Children victims of the war”?

    “È nato tutto in modo spontaneo. Volevo rendermi utile e così ho deciso di diventare ambasciatrice di questa fondazione benefica. Finora ‘Children victims of the war’ ha aiutato migliaia di persone, soprattutto le persone che sono rimaste nelle zone maggiormente colpite dalla guerra. Abbiamo consegnato oltre 250 tonnellate di aiuti umanitari, soprattutto cibo e beni di prima necessità come medicine, vestiti caldi e salviette per bambini. Saremmo davvero grati per qualsiasi aiuto e donazione“.

    Quali sono i tuoi sogni per il futuro?

    “Come ogni ucraino, sogno solo la pace! Vorrei vedere sorgere il sole sul mare della mia città natale, in un’Ucraina libera e indipendente. Per quanto riguarda la pallavolo, faccio fatica a pensare oltre questa stagione“.

    Ma ti piacerebbe tornare a giocare in Ucraina un giorno?

    “Proprio oggi leggevo questa statistica: l’80% dei 13 milioni di ucraini che sono stati costretti a lasciare le loro case non vedono l’ora di tornare appena sarà possibile. Io sono una di queste persone: voglio tornare a casa e sapere che la mia famiglia, i miei amici e la mia patria sono al sicuro“. LEGGI TUTTO

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    Myriam Sylla: “Alle critiche non penso più. Sono soddisfatta di me stessa”

    Di Eugenio Peralta

    Una nuova città, una nuova maglia, una nuova avventura. Una nuova Myriam Sylla, a cominciare dal nome di battesimo: esatto, Myriam con la “Y”, e non con la “I” come siamo sempre stati abituati a leggerlo negli ultimi 15 anni e rotti. Nessuna variazione all’anagrafe, il motivo lo spiega la stessa schiacciatrice della Vero Volley Milano e della nazionale: “È che all’inizio con la ‘Y’ mi sentivo troppo diversa, così sui social lo avevo scritto in modo più ‘normale’. Poi invece ho imparato che è bellissimo e ho cominciato a scriverlo come si deve“. Risposta che dice già tutto del carattere, e della maturità, che la campionessa azzurra rivela (o meglio, conferma) nell’intervista concessa in esclusiva a Volley NEWS.

    foto LVF

    Togliamoci subito il pensiero: hai guardato Sanremo?

    “L’ho guardato sì, diversamente dagli altri anni, quando non lo vedevo mai. È stato emozionante vedere Paola scendere quelle scale, è stata molto elegante e devo dire che se l’è cavata molto bene. Penso che da casa tutti noi pallavolisti ci siamo un po’ immaginati nei suoi panni, e non so quanti ce l’avrebbero fatta a reggere davanti a un pubblico del genere“.

    E di tutto quello che è successo dopo, e intorno, all’intervento di Egonu cosa hai pensato?

    “Devo dire che spesso alcune frasi vengono estrapolate dal contesto e ingigantite in tantissimi modi differenti. Ci sono tante sfumature nelle parole e tanti modi di analizzarle; bisogna anche capire che Paola è una ragazza giovane, e in alcuni momenti è istintiva. Poi tutti i commenti e i discorsi sui social… be’, sono sempre gli stessi, sono 28 anni che li sento ed è sempre la stessa storia, anzi si va peggiorando. Sinceramente, mi astengo e vado avanti così“.

    Foto Gabriele Sturaro

    Passiamo alla pallavolo giocata. Milano per te è una grande sfida: sei arrivata in una squadra che “deve” vincere, per come è stata costruita.

    “Non lo so se ‘deve’, ma sicuramente vuole vincere. Noi vogliamo arrivare a realizzare i nostri sogni. È una cosa bella ma… ok, da un lato anche brutta, perché a differenza degli anni scorsi in questa stagione non ho ancora nulla in bacheca e siamo in via di costruzione. Sono cambiate tante cose, perché sono cambiate anche le compagne di squadra: integrarsi e creare un nuovo sistema non è mai facile, ma è sempre molto divertente. Un atleta è sempre più stimolato quando ci sono nuove sfide“.

    La pressione c’è alla Vero Volley, ma c’era sicuramente anche a Conegliano. Quali sono le differenze?

    “Be’, sono passata da una squadra che ha vinto tutto e sta ancora vincendo a livello mondiale a una che sta cercando di affermarsi sempre di più, dopo aver già dato filo da torcere all’Imoco. La pressione c’è da entrambe le parti, ma chi gioca in queste squadre vuole proprio questo tipo di pressione: ci stimola essere sempre un po’ sul filo del rasoio, è il nostro lavoro“.

    Foto Rubin/LVF

    Negli anni sei diventata la giocatrice delle partite decisive, quella che dà il meglio nelle semifinali e nelle finali, quando l’obiettivo conta. È qualcosa di voluto o che riesci a gestire?

    “(ride, n.d.r.) Pensa che all’inizio della carriera mi dicevano esattamente il contrario… Ma secondo te, se avessi questo tipo di potere, non lo avrei usato – ad esempio – per vincere la Coppa Italia? Assolutamente per me non esiste il concetto di risparmiare energie, se gioco male è perché gioco male e basta, io faccio sempre ‘all in’ in tutte le partite“.

    Spesso ti è capitato di essere sostituita e di non avere il “posto fisso”, soprattutto in nazionale. Come si gestiscono queste situazioni a livello emotivo e mentale?

    “È capitato spesso e capiterà ancora, perché credo che il posto sicuro non ce l’abbia nessuno. Non è che io non abbia mai subito la cosa: ci rimango male se vado in panchina o se non vengo schierata. Il fatto è che io ho fiducia in me stessa, conosco Myriam e so che ci metterò tutto l’impegno possibile per arrivare al mio obiettivo. Poi se arriva quello che spero sarò ancora più contenta, altrimenti continuerò a lavorare per far sì che avvenga“.

    Foto Volleyball World

    Tra le giocatrici della tua generazione sei quella che è esplosa più tardi, facendo il definitivo salto di qualità quando avevi 22-23 anni. Cosa è cambiato per te in quel periodo?

    “È una questione di occasioni. Prima ero sempre stata la giocatrice ‘sì, ma…’, quella non abbastanza convincente, anzi a dire la verità per qualcuno lo sono ancora. Poi ho avuto la mia occasione con i Mondiali del 2018, sarà che quell’anno sono successe tante cose importanti nella mia vita, ma era ciò che volevo e ci ho messo tutto quello che potevo per arrivare. Quello è stato l’inizio di tutto per me“.

    Davvero c’è qualcuno che ancora, dopo tutto quello che hai vinto, non ti considera “abbastanza convincente”?

    “Lo sento dire spesso, in realtà. Ma non mi interessa. Quando avevo 25 anni ci rimanevo male, mi chiedevo: ‘Perché la gente non mi capisce?’. Adesso ne ho 28, non posso stare ancora dietro a quelle cose. Non ci penso più, quando torno a casa e mi guardo allo specchio vedo un’atleta che si è fatta un c… così per arrivare a quello che si è guadagnata, tra medaglie e premi individuali. Nessuno mi ha regalato niente e io sono soddisfatta. Poi non si può piacere a tutti, come nella vita: anche Paola, che è un fenomeno, ha gente che la accusa di essere scarsa… figuratevi io!“.

    Un’ultima cosa: qual è stata la persona più importante per la tua carriera, quella che ti ha aiutato di più?

    “I miei genitori sono stati l’esempio di quello che sono io. In campo e fuori, il modo in cui mi comporto, è tutto merito loro in primis. Poi ci sono stati tantissimi allenatori che mi hanno aiutato ad arrivare fino a qui, tante compagne di squadra, è difficile citare una persona sola: per arrivare a fare una carriera così hai bisogno di tante persone buone e brave, ma anche di persone cattive, che ti danno contro. Servono anche quelle“. LEGGI TUTTO

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    Rok Mozic senza limiti: “Mi piacerebbe diventare uno dei più forti al mondo”

    Di Eugenio Peralta

    Per fortuna la sua età la ricorda lui stesso durante l’intervista, perché altrimenti si farebbe fatica: a 21 anni appena compiuti (lo scorso 17 gennaio) Rok Mozic sembra già un veterano del nostro campionato per carisma, lucidità e, aggiungiamo, straordinaria padronanza dell’italiano. Dopo essere stato la grande sorpresa della scorsa Superlega, ora il talento di Maribor ne è diventato una delle più solide realtà, con quella WithU Verona che ha dato spettacolo in più di un’occasione. E nella nostra intervista esclusiva non fa che confermare il suo approccio maturo, ma al tempo stesso molto ambizioso, al volley di alto livello.

    Come giudichi la stagione di Verona fino a questo momento? Ti aspettavi questi risultati?

    “Di sicuro abbiamo giocato qualche partita molto buona e qualcun’altra male, d’altronde siamo una squadra giovane. Quando tutto va bene però possiamo dare fastidio a tutti, perché fisicamente siamo tra le squadre più forti del campionato. Diciamo che va bene così, ma non sono ancora soddisfatto: potevamo fare meglio. Dobbiamo guardare sempre avanti alla prossima gara, perché ogni weekend può cambiare tutto in classifica e tutte le ultime 5 partite di regular season possono essere decisive“.

    Foto Verona Volley/Udali

    Hai avuto tante offerte lo scorso anno, ma hai deciso di restare in gialloblu. Ci racconti il perché di questa decisione?

    “Sono contento di essere rimasto a Verona e rifarei la stessa scelta anche oggi. Qui mi sento come a casa, tutti mi vogliono bene, si lavora bene; e poi la squadra è più forte dello scorso anno, questa è stata una condizione chiave. Volevo lottare per i Play Off e per arrivare tra i primi 4. In più sono contento di essere un giocatore importante della squadra, mi sento bene in campo e fuori e voglio lavorare per migliorare, personalmente e come gruppo“.

    Come ti trovi con Rado Stoytchev e cosa hai imparato da lui in queste stagioni?

    “Con Stoytchev ho un buon rapporto, anche se non è sempre facile perché lui non è mai contento di niente, vuole sempre spingere di più. Ma è uno degli allenatori più forti in circolazione, sa bene come si vince e sa come costruire la squadra. La sua presenza è uno dei motivi per cui sono rimasto e certamente mi ha portato a migliorare, anche se sono convinto che tanto dipenda da me: sono ancora molto giovane, ho 21 anni e mettendoci testa e fisico posso crescere molto“.

    Foto Verona Volley/Udali

    Quali sono le tue caratteristiche migliori e le cose in cui invece senti di dover migliorare?

    “Sono sempre stato un giocatore forte in attacco, mentre in ricezione credo di essere migliorato, ma devo crescere ancora. Questo è molto importante per la nostra squadra: io, Gaggini e adesso Magalini dobbiamo essere molto affidabili in seconda linea. La battuta è altrettanto importante, perché se battiamo bene il nostro muro, che è molto forte, può creare problemi a tutti. Quindi sì, devo alzare il livello soprattutto in battuta e ricezione, ma anche provare altre soluzioni in attacco e cercare di non spostare troppo le mani a muro“.

    Con la Slovenia venite da una serie di risultati strepitosi. Senti un po’ la responsabilità di dover raccogliere l’eredità di questo gruppo?

    “Be’, per adesso cerchiamo di giocare ancora con questa generazione fino a Parigi: abbiamo ancora Europei e Olimpiadi, adesso il mondo ha visto quanto siamo forti e dobbiamo dimostrare di poterci arrivare. Di sicuro da qui in poi ci saranno più responsabilità per me, ma servono anche altri giovani: abbiamo un po’ saltato in ciclo, visto che nella nazionale c’è un gap di 6 anni tra me e il più giovane. Certamente non sarà facile sostituire questo gruppo“.

    foto Lega Volley

    Da giovane, se così si può dire, hai ottenuto grandi risultati nel Beach Volley. Pensi di tornare sui campi?

    “Adesso è molto difficile, perché appena finisce la stagione ho solo pochi giorni liberi prima di iniziare il lavoro con la nazionale. Se ci sarà un’opportunità alla fine della carriera vedremo, la porta resta sempre aperta. Ma per adesso mi piace troppo la pallavolo indoor!“.

    Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

    “Il mio sogno è sempre stato giocare in Superlega, adesso che l’ho realizzato il mio obiettivo è diventare uno dei più forti al mondo! Sogno di vincere lo scudetto, le coppe e naturalmente partecipare alle Olimpiadi, che secondo me è una delle cose più belle per uno sportivo“.

    C’è un giocatore con cui ti piacerebbe scendere in campo?

    “Be’, mi piacerebbe essere nella stessa squadra di De Cecco, ha un palleggio incredibile. Anche se già quando ho visto per la prima volta Rapha sono rimasto stupito per il livello eccezionale di certe finte. In generale per adesso sono contento di scrivere una bella storia con questa squadra, poi in futuro si vedrà…“. LEGGI TUTTO

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    Greta Szakmary, non è mai troppo tardi: “Per l’Italia ho aspettato il momento giusto”

    Di Alessandro Garotta

    Chi dice che bisogna sentirsi realizzati prima dei 30 anni mente sapendo di farlo, perché spesso in età matura accadono le cose più belle, quelle per cui hai lavorato una vita affinché arrivassero e ti riempissero di soddisfazione. A volte la risposta la trovi nelle stelle, altre volte ce l’hai proprio di fronte, ma la scopri solo dopo aver percorso un lungo tratto di strada: a Greta Szakmary è andata così, poiché la sua “Stairway to Heaven” è cominciata dopo rispetto alla consueta tabella di marcia.

    Dopo aver scomodato i Led Zeppelin, possiamo citare il filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing e chiedere direttamente alla schiacciatrice ungherese della Cuneo Granda S.Bernardo – che a 31 anni sta vivendo la sua prima esperienza nella Serie A1 italiana, il campionato più competitivo al mondo – se “l’attesa del piacere è essa stessa piacere“.

    Foto Danilo Ninotto/Cuneo Granda Volley

    Greta, partiamo dalla tua esperienza a Cuneo. Come ti trovi?

    “Mi trovo molto bene. Le compagne sono gentili e amichevoli, e questo è un punto di partenza importante per divertirci in ciò che facciamo. Fortunatamente ovunque abbia giocato ho sempre trovato una buona atmosfera all’interno del team e Cuneo non fa eccezione“.

    Come descriveresti la tua squadra e quali sono le aspettative per la seconda parte di stagione?

    “Penso che Cuneo possa contare su elementi di qualità in ogni reparto. Se riuscissimo a trovare l’equilibrio perfetto, a esprimerci costantemente ad alti livelli e a giocare sempre la nostra pallavolo potremmo raggiungere grandi traguardi nella seconda parte della stagione“.

    Foto Danilo Ninotto/Cuneo Granda Volley

    È la prima volta che giochi in Italia. Cosa ti piace di più del nostro paese e come passi il tempo quando non sei impegnata in palestra?

    “Il caffè, la pasta, la pizza! Ok, scherzo (ride, n.d.r.). Però, è vero che amo la cucina italiana e mi piace uscire a cena, andare al mercato ad acquistare il pesce, le verdure e la frutta fresca, girare per le vie del centro piene di bar e boutique, e fare una pausa prendendo un caffè. E poi ci sono l’arte, l’architettura, ecc.: l’Italia è un paese davvero speciale“.

    Sei arrivata a giocare nei campionati più importanti al mondo dopo i 30 anni. Hai superato le tue aspettative oppure hai sempre saputo che avresti giocato in Turchia e in Italia?

    “Penso di non dire qualcosa di strano, ma tutte le giocatrici straniere ambiscono a giocare in Italia. Questo era il mio sogno da quando avevo 12 anni. Mi sono trasferita per la prima volta all’estero abbastanza tardi, quando avevo 25 anni, per iniziare la mia carriera da professionista vera e propria allo Schwerin. Insieme al mio manager Costantino Tontarelli, ho lavorato passo dopo passo per realizzare il mio sogno: volevo aspettare il momento giusto per arrivare pronta in Italia. Così, dopo l’esperienza in Germania, ho provato a giocare nel campionato turco e devo dire che mi è piaciuto molto.

    A quel punto era il momento di iniziare una nuova sfida e ho deciso di venire a giocare in Serie A1, il miglior campionato del mondo. Ero pienamente consapevole del passo che stavo facendo: avevo già avuto modo di giocare contro club italiani nelle coppe europee quando ero allo Schwerin e all’Aydin, quindi non mi ha sorpreso la qualità della pallavolo. Ora cerco solo di fare del mio meglio, affrontando nuove sfide ogni giorno e aiutando la squadra a raggiungere i suoi obiettivi“.

    Foto Danilo Ninotto/Cuneo Granda Volley

    Qual è il segreto della tua continua crescita come giocatrice?

    “Direi la volontà di essere migliore rispetto al giorno precedente. C’è sempre qualcosa su cui lavorare, anche perché le stagioni sono lunghe e quindi bisogna adattarsi alle varie circostanze. Non c’è sensazione più bella quando giochi e puoi avere il completo controllo sui tuoi movimenti e su quello che vuoi fare“.

    Qual è stata la chiave di volta della tua carriera? L’esperienza all’SSC Palmberg Schwerin?

    “Penso che gli ultimi due anni in Ungheria, prima di trasferirmi in Germania, siano stati uno spartiacque fondamentale, perché ho cominciato a lavorare sul serio e ho iniziato a pensare da giocatrice professionista. Invece, allo Schwerin ho sperimentato per la prima volta un sistema di gioco ‘più europeo’: era la mia prima esperienza all’estero e sono cresciuta tanto tecnicamente e mentalmente“.

    Quali differenze hai riscontrato nella pallavolo in Italia, Turchia e Germania?

    “Il gioco in Germania non è molto veloce, anche se le giocatrici sono abili tecnicamente e rapide nei movimenti. In Turchia, così come in Italia, ormai tutti giocano una pallavolo veloce e le avversarie sono generalmente molto alte e forti fisicamente. Penso che per chiunque giocare in questi paesi sia davvero un piacere“.

    Foto Danilo Ninotto/Cuneo Granda Volley

    C’è un momento della tua carriera che non dimenticherai mai?

    “Ho vissuto tanti bei momenti durante la mia carriera, dalle prime medaglie d’oro a vittorie indimenticabili rimontando da situazioni di svantaggio. Per esempio, non dimenticherò mai come con la nazionale ho raggiunto la qualificazione ai Campionati Europei 2017. Avevamo perso nettamente per 3-0 in Romania. Ma al ritorno, in un palazzetto caldo e passionale con tantissimi tifosi ungheresi, dopo aver perso il primo set abbiamo ribaltato il risultato e vinto il Golden Set. Qualcosa di fantastico“.

    Quali sono i tuoi sogni per il futuro?

    “Ho tanti sogni nel cassetto, che riguardano sia la pallavolo sia l’ambito personale. Tuttavia preferisco tenerli segreti finché non diventeranno realtà“.

    Un’ultima curiosità: chi è Greta Szakmary fuori dal campo?

    “Sono una persona molto legata alla propria famiglia. Amo trascorrere il tempo libero con i miei cari, gli amici e coloro a cui voglio bene. Mi piace stare in compagnia, divertirmi, vivere la vita con il sorriso, viaggiare, andare alla scoperta di cose nuove, ascoltare la musica, andare alle feste e a pesca con mio padre durante le vacanze estive, ma anche rilassarmi a casa dopo una lunga giornata“. LEGGI TUTTO

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    Zoe Fleck, arma segreta di Texas: “Il mio compito era dare fiducia alla squadra”

    Di Alessandro Garotta

    Sul titolo NCAA vinto dalle Texas Longhorns ci sono tantissime firme di rilievo: Logan Eggleston è senza dubbio il volto da copertina, il capo allenatore Jerritt Elliott ha lasciato un segno indelebile nella storia del programma pallavolistico dell’ateneo di Austin, e tante altre giocatrici come Asjia O’Neal, Madisen Skinner e Saige Ka’aha’aina-Torres sono state fondamentali nella Final Four di Omaha per mettere il punto esclamativo a una stagione perfetta.

    Non vanno però dimenticate le super prestazioni del libero Zoe Fleck: monumentale in ricezione, sontuosa in difesa e nelle coperture, con ulteriori miglioramenti rispetto al precedente biennio a UCLA e una mentalità da leader tecnica ed emotiva. Non è casuale il suo inserimento nel First Team All-America, la squadra ideale dell’ultimo campionato.

    Dopo essersi presentata ai lettori di Volley NEWS qualche mese fa, il miglior libero della fall season 2022 ha condiviso insieme a noi le emozioni per il titolo vinto.

    Foto Texas Athletics

    Zoe, parlaci della vittoria del campionato NCAA con le Texas Longhorns. Cosa hai provato al raggiungimento di questo traguardo?

    “Sotto molti punti di vista avevo approcciato questa stagione in Texas come se fosse la mia prima ‘esperienza da professionista’. Mi sono trasferita dall’altra parte degli Stati Uniti, sapendo che avrei avuto a disposizione solo un anno per entrare nei meccanismi della squadra e aiutarla a raggiungere un obiettivo ben preciso: vincere il campionato nazionale. Durante questo percorso, mi sono affezionata alle compagne, allo staff e all’intero programma della University of Texas a tal punto che, una volta raggiunto il nostro obiettivo, ho provato la sensazione più incredibile di sempre su un campo di pallavolo. Inoltre, la mia ultima partita al college è concisa con quella che mi ha regalato il titolo: non ci poteva essere miglior modo per chiudere un capitolo così importante della mia carriera“.

    Se ripensi alla Final Four, qual è la prima istantanea che ti viene in mente?

    “L’abbraccio con il mio compagno al termine della partita, sul campo ricoperto di coriandoli, è un ricordo che resterà per sempre nel mio cuore. Ha fatto davvero tanti sacrifici per sostenermi negli ultimi quattro anni (incluso trasferirsi in Texas al mio seguito), perciò condividere quel momento insieme a lui è stato speciale. Dal momento che mi seguirà ovunque andrò, spero di vivere tanti altri momenti del genere durante il prosieguo della mia carriera!“.

    Foto Texas Athletics

    Quali fattori hanno deciso la finalissima contro le Louisville Cardinals?

    “Un rendimento migliore al servizio e in ricezione è stato il fattore che ha spostato gli equilibri della finale dalla nostra parte. Questa, però, è una risposta un po’ noiosa, non credi? In realtà, penso che sia stato il sangue freddo a fare la differenza in quella partita. La squadra ha giocato senza tensione ed è stata sempre sul pezzo. Durante i primi scambi, quando un po’ di nervosismo sarebbe stato comprensibile, ho guardato le mie compagne e ho capito che sarebbe servita un’impresa per fermarci quella sera. È davvero una bella sensazione quando si gioca una sfida così importante“.

    Come descriveresti la mentalità che ha permesso a Texas di vincere quest’anno?

    “Per tutta la stagione lo staff ha fatto un lavoro straordinario per farci rimanere concentrate sul presente, indipendentemente dalla situazione o dall’importanza della partita. Solitamente Texas inizia le sue stagioni affrontando subito alcune delle migliori squadre del paese, ma quest’anno c’erano ben 11 volti nuovi (tra matricole e trasferimenti), me compresa: probabilmente avremmo dovuto indossare i cartellini con i nomi per riconoscerci nelle prime partite… Tuttavia, fin da subito non abbiamo cercato di dimostrare nulla a nessuno, eravamo solo focalizzate sul tocco successivo. Penso che siamo riuscite a mantenere questa concentrazione in ogni partita. Grandi meriti vanno allo staff tecnico, ma anche a noi giocatrici visto che non abbiamo mai perso il focus, rendendo più semplice il raggiungimento del nostro obiettivo“.

    Foto Texas Athletics

    Logan Eggleston ha detto di te: “Credo che abbia cambiato completamente lo spirito della squadra“. Cosa pensi di aver dato alle Longhorns in questa stagione?

    “Ho sempre cercato di portare un livello costante di intensità difensiva ovunque abbia giocato, ma in questo caso bisogna dire che lo staff di Texas aveva fatto un lavoro eccezionale per assemblare un roster molto profondo, con tante giocatrici che aspirano a diventare professioniste. Quando arrivava il momento della partita, il mio obiettivo era solo quello di infondere fiducia alla squadra perché sapevo di avere al mio fianco alcune delle migliori giocatrici del campionato e di allenarmi a un livello straordinario“.

    Quali sono i tuoi piani per il futuro? Hai intenzione di diventare professionista a gennaio?

    “Amo la pallavolo, quindi vorrei giocare il più a lungo possibile e al più alto livello possibile. Seguo molto i campionati professionistici e non vedo l’ora di mettermi alla prova e migliorare come giocatrice. Mi piacerebbe trovare squadra già a gennaio, ma sono consapevole che la maggior parte dei club non vanno alla ricerca di un libero a questo punto della stagione e che per la mia crescita è importante andare in un campionato di alto livello. Perciò, resterò in attesa della giusta occasione“.

    Foto Texas Athletics

    Quali sono i tuoi obiettivi e desideri per l’anno nuovo?

    “Come ti avevo accennato l’ultima volta, cerco di non creare mai troppe aspettative perché questo rende più difficile provare gratitudine per il momento presente. Quindi, il mio obiettivo per il 2023 è lo stesso del 2022: vivere ogni giorno al massimo, imparando sempre di più sulla pallavolo e godendomi la crescita come atleta e come persona“. LEGGI TUTTO

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