Dopo il weekend a stelle e strisce di Austin, la F1 fa tappa in Messico per il terzultimo appuntamento del campionato Solo due ore e mezzo di volo separano il caldo texano dagli oltre 2200 metri di altitudine della capitale messicana. Un tempo cuore dell’impero Azteco, Città del Messico è la cornice di una gara di F1 da quasi cinquant’anni. Entrato in calendario nel 1963, il GP del Messico è andato in scena sempre sulla stessa pista, nonostante lunghi periodi di pausa e diversi cambiamenti.
Autodromo Hermanos Rodriguez
Il circuito dove si corre è dedicato ai fratelli Rodriguez. Il minore dei due, Ricardo, giovane promessa del Motorsport ed ex pilota Ferrari, è rimasto vittima di un incidente mortale nella gara di Città del Messico nel 1962, non valida per il campionato mondiale. Dopo un problema tecnico alla sua Lotus della Rob Walker Racing Team, Rodriguez finisce fuori pista alla curva Peraltada, schiantandosi terribilmente contro le barriere. Suo fratello maggiore Pedro, invece, muore a
Norimberga a bordo di una Ferrari 512 M in seguito ad uno scontro, mai chiarito completamente, durante una tappa del campionato Interserie nel luglio del ‘71. I “piccoli messicani”, cosi erano chiamati i fratelli Rodriguez, sono ancora oggi considerati i piloti più talentosi che il Messico abbia mai avuto.
Dal 1963 al 1970 la configurazione iniziale del tracciato prevedeva una serie di rettilinei (quello principale lungo oltre 1100m), un tornante stretto in stile Montecarlo o Suzuka e soprattutto la presenza di una curva con un leggero banking, la famosa Peraltada, molto veloce e tanto scenografica quanto pericolosa che ricordava l’iconica “vecchia” Parabolica di Monza.
La prima edizione vede vittorioso l’inglese Jim Clark, già campione del mondo e agevolato dal fatto di aver sperimentato la pista l’anno precedente. Nel ‘64, invece, la gara messicana vale il titolo. Il ferrarista John Surtees riesce ad arrivare secondo sul traguardo, aiutato dall’ottimo lavoro di squadra del suo compagno Lorenzo Bandini, conquistando matematicamente il mondiale di F1 ed entrando di diritto nella storia del Motorsport in quanto unico pilota a vincere il campionato sia sulle quattro ruote sia nella classe regina del motociclismo.
Anche il team giapponese Honda lega il proprio nome a quello del tracciato di Città del Messico, e non solo per i recenti successi di Verstappen. Infatti, è proprio qui che nel 1965 la casa nipponica ottiene la prima storica vittoria in F1 grazie all’inaspettato trionfo dell’americano Richie Ginther. Graham Hill conquista il suo secondo titolo iridato in Messico nel ‘68, mentre il belga Jacky Ickx regala alla Ferrari la prima vittoria in terra messicana nel ‘70, in una gara dove è il caos generale a regnare. Incuranti di ogni misura di sicurezza, 200mila sostenitori si sono riversati lungo i lati del tracciato e come se non bastasse hanno iniziato a gettare bottiglie di plastica in pista. L’idolo di casa Pedro Rodriguez e Jackie Stewart hanno fatto appello direttamente alla folla, invocando a gran voce di arretrare quanto meno dietro le barriere per permettere il regolare svolgimento del GP. Dopo oltre un’ora di ritardo, la gara è potuta iniziare. Alla fine sarà una doppietta Ferrari, favorita dal ritiro di Stewart in seguito ai danni riportati sulla sua Tyrrell dopo un impatto contro un cane che misteriosamente stava attraversando la pista.
Anche per via di questi problemi d’ordine pubblico e alla mancanza di opportune regole di sicurezza, la F1 non correrà in Messico per sedici stagioni. Tornerà soltanto nel 1986, anno in cui il paese ospita anche il mondiale di calcio e lo Stadio Azteca di Città del Messico rimane il luogo delle indimenticabile prodezze di Diego Maradona. Il tracciato della capitale messicana viene ridisegnato in alcuni suoi tratti e reso più breve, mentre vengono costruite nuove tribune per gli spettatori e implementate le misure di sicurezza. Al rientro in calendario, la gara del 1986 regala non poche sorprese. Dopo vari problemi di affidabilità ai pneumatici che costringono i favoriti, come Senna e Prost, a rientrare ai box in più occasioni, è l’austriaco Gerhard Berger a vincere la sua prima gara in F1 a bordo della Benetton, scuderia nata quell’anno dall’acquisizione della Toleman da parte dell’imprenditore trevigiano Luciano Benetton e portata poi ai vertici dal binomio Schumacher – Briatore. Prost e Senna, compagni in McLaren e sempre rivali in pista, dominano il GP messicano dal 1988 al 1990, nonostante in quest’ultima edizione sia Nigel Mansell a salire in cattedra. Al penultimo giro, infatti, il pilota inglese, vittorioso qui nel ‘92 in un gran premio che segna il primo podio in F1 di Michael Schumacher, si inventa un sorpasso impressionante all’esterno alla temibilissima curva Peraltada ai danni di Berger. Proprio la Peraltada, luogo dove Ricardo Rodriguez perse la vita nel 1962, lascerà un brutto ricordo anche a Senna. Durante le qualifiche nel 1991, il pilota brasiliano perde il controllo della sua McLaren e sbatte contro le barriere ad oltre 150km/h. Rimasto illeso, Senna scenderà in pista la domenica, finendo sul podio alle spalle delle due Williams di Mansell e Riccardo Patrese; quest’ultimo rimane l’unico italiano a vincere sul tracciato messicano.
Nel 1993 l’autodromo è stato al centro di importanti opere di rinnovamento che hanno costretto la F1 ad abbandonare il Messico una seconda volta. Il nuovo progetto prevedeva la costruzione di uno stadio da 26000 posti proprio nell’ultimo settore del circuito, tra la Peraltada e il retro box. L’idea originaria era di avere uno spazio dedicato sia ai concerti sia ad altre manifestazioni. Madonna, Paul McCartney, Justin Bieber e tanti altri hanno avuto la possibilità di esibirsi al Foro Sol, il nome dato allo stadio, davanti a migliaia di persone. Prima dell’annuncio del ritorno della F1, il Foro Sol è stato la casa per quattordici stagioni dei Diablos Rojos, squadra di baseball di Città del Messico. Il genio di Hermann Tilke, il famoso progettista dei layout di molte piste, aveva pensato di far transitare le monoposto di F1 proprio all’interno dello stadio, ricongiungendosi poi alla parte finale della mitica Peraltada prima di tornare sul traguardo. E così effettivamente sarà.
Dal 2015 il rinnovato tracciato di Città del Messico occupa stabilmente un posto nel calendario di F1. Senza più la Peraltada completa, senza più il tornatino in curva 6 e con la modifica della sequenza di curve destra sinistra, è lo straordinario colpo d’occhio del passaggio tra le tribune dello stadio a rendere unica la gara messicana.
Il nuovo GP va in scena l’ultimo weekend di ottobre, periodo dell’anno in cui in Messico si celebra la festa dei morti. Il Dia de los Muertos (cosi viene chiamato in spagnolo ) rappresenta una serie di giornate dove il rispetto per i defunti è accompagnato da numerose parate nelle vie delle città, in cui le persone travestite da calacas, ovvero allegri scheletri colorati, danzano, ballano e preparano altari per le offerte in un’atmosfera di totale folklore generale. Ed è proprio questo lo scenario che accoglie ogni anno il mondo della F1. Nel bel mezzo di balli a ritmo di trombe, sfilate variopinte e straripanti costumi dei tifosi presenti sulle tribune, le monoposto dei piloti raggiungono punte di velocità neppure immaginabili altrove. L’aria rarefatta, la minor resistenza aerodinamica e la ricerca di tanto downforce hanno contribuito a rendere il GP del Messico la sede dove Valtteri Bottas, a bordo della Williams nel 2016, ha infranto il record di velocità toccando i 372.5 km/h nel lunghissimo rettilineo principale. Molto interessante sarà vedere come le nuove vetture di quest’anno “a effetto suolo” si comporteranno su questo tipo di tracciato.
Mercedes e Red Bull monopolizzano il gradino più alto del podio di tutte le edizioni del GP messicano dal rientro in calendario. Due sono i successi di Lewis Hamilton, l’ultimo nel 2019, uno per Nico Rosberg, vincitore qui nella prima partecipazione nel 2015, e tre per Max Verstappen. Ed è proprio l’olandese, fresco della vittoria di forza e carattere di Austin, il grande favorito per questo weekend. Il suo compagno di squadra, l’idolo di casa Sergio Perez, cercherà di regalare al proprio popolo quel trionfo che nessun suo connazionale è mai riuscito a conquistare. Hamilton, dal canto
suo, proverà a rigustare quella sensazione di vittoria che aveva tanto assaporato nel finale in Texas.
Dopo otto vittorie consecutive targate Red Bull, neo vincitori del titolo costruttori, Ferrari e Mercedes sono intenzionati a interrompere questo dominio, iniziato in Francia nel luglio scorso e che sembra non avere una fine.
Nel weekend messicano di festa, chi sarà a danzare in pista? Appuntamento a domenica 30 ottobre alle 21 (ora italiana).
Scritto da: Luca Santinato
Fonte: https://www.circusf1.com/2022/10/colori-tradizioni-e-velocita-tutte-le-curiosita-sul-gp-di-citta-del-messico.php