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F1, Da Masahiro Hasemi a Yuki Tsunoda: la storia dei piloti giapponesi in Formula 1

Con l’arrivo di Yuki Tsunoda, il Giappone torna ad iscrivere un proprio pilota in Formula 1. Il promettente nipponico, classe 2000, sarà il nuovo alfiere della Scuderia Alpha Tauri Honda.

Tsunoda è reduce da un ottimo 2020. Impegnato in Formula 2 nelle fila del team Carlin, ha ottenuto 3 vittorie ed il 3° posto finale in campionato, alle spalle di Mick Schumacher e Callum Ilott. La motorizzazione Honda ha facilitato l’approdo di Tsunoda in Alpha Tauri, tuttavia il pilota giapponese ha dimostrato in cadetteria ottime capacità e di valere un posto nella scuderia dell’orbita Red Bull.

Tsunoda è solo l’ultimo pilota del Sol Levante ad essere approdato in Formula 1. La storia dei piloti nipponici in F1 è controversa. Il Paese asiatico ha alternato ottimi ma sfortunati piloti ad altri dalle dubbie qualità, pesantemente e oltremodo criticati dal proverbialmente arrogante pubblico europeo.

Tutto inizia nel 1976. È il GP del Giappone, disputato sul tracciato del Fuji, quando debuttano per la prima volta nella storia della F1 ben tre piloti giapponesi. Stiamo parlando di nomi illustri del motorsport nipponico ed internazionale: Masahiro Hasemi, Kazuyoshi Hoshino e Noritake Takahara.

Hasemi è al volante della valida (e bellissima) Kojima KE007-Cosworth DFV del Kojima Engineering, Hoshino è alla guida della privata Tyrrell 007-Cosworth DFV dell’Heros Racing, Takahara, infine, siede nell’abitacolo della Surtees TS19-Cosworth DFV del Team Surtees. Solo Takahara e Hasemi vengono classificati, rispettivamente al 9° e 11° posto.

A quello stesso GP avrebbe dovuto partecipare anche Masami Kuwashima. Quest’ultimo prende parte alle qualifiche al volante della Williams FW05 del Walter Wolf Racing ma, per ragioni di sponsor, lascerà il posto ad Hans Binder.

Nel 1975, tuttavia, era stato Hiroshi Fushida a tentare la fortuna in F1. Al volante della non competitiva Maki FC101C-Cosworth DFV del Maki Engineering, è presente a Zandvoort e Silverstone. In Olanda, qualificatosi con l’ultimo tempo, non prenderà parte alla gara a causa di problemi al motore. In Inghilterra, invece, mancherà la qualificazione.

In occasione del GP del Giappone 1977, la pattuglia nipponica è nutrita e ben rappresentata. Takahara è al volante della Kojima KE009-Cosworth DFV del Kojima Engineering, Hoshino è impegnato con la vettura gemella gestita dall’Heros Racing, Kunimitsu Takahashi, infine, è alla guida della Tyrrell 007-Cosworth DFV del Meritsu Racing Team. Takahashi chiude la corsa al 9° posto, Hoshino all’11°.

I piloti giapponesi, dunque, sono protagonisti di sporadiche apparizioni, specie in veste di “wild-card” nel GP di casa. Si tratta di piloti veloci, abili, in grado di lottare ad armi pari con i piloti che militano in pianta stabile in F1.

A conferma della bontà della “prima ondata” di piloti giapponesi, ci viene in aiuto la vittoria tutta “Jap” alla 24 Ore di Daytona del 1992 (IMSA). A vincere la corsa, infatti, è l’equipaggio formato da Masahiro Hasemi/Kazuyoshi Hoshino/Toshio Suzuki, al volante della Nissan R91CP (Lola T91/30) del Nissan Motorsport International di classe LM.

Satoru Nakajima è, di fatto, il primo pilota giapponese a militare stabilmente in F1. 74 GP effettivi disputati, 1 giro veloce in gara (Adelaide 1989, Lotus 101-Judd), 16 punti conquistati (nella sua epoca, vanno a punti solo i primi 6 classificati).

Satoru è e rimarrà un’icona, un simbolo di un tempo, di un florido periodo storico. Nakajima porterà in gara la Lotus 99T-Honda (1987), la Lotus 100T-Honda (1988), la Lotus 101-Judd (1989), le Tyrrell 018 e 019-Cosworth (1990) e la Tyrrell 020-Honda (1991).

Due quarti posti: sono questi i migliori risultati colti da Satoru Nakajma in F1, rispettivamente al GP di Gran Bretagna 1987 e al GP d’Australia 1989.

Contemporaneo di Satoru Nakajima è Aguri Suzuki. Altro pilota veloce ma che, all’epoca, viene erroneamente ritenuto come una sorta di “corpo estraneo” al mondo della F1, tradizionalmente occidentale e che considera i piloti del Sol Levante solo ed esclusivamente dei “kamikaze” paganti e raccomandati.

Ma Suzuki, carta canta, è il primo pilota nipponico a salire sul podio di un GP iridato di F1. Lo fa in occasione del GP del Giappone 1990, quando conduce la sua Lola 90-Lamborghini al 3° posto.

Prenderà parte a 64 GP effettivi, al volante di Lola LC88-Cosworth (1988), Lola LC89B e Lola 90-Lamborghini (1990), Lola 91-Cosworth (1991), Footwork FA13-Mugen Honda (1992), Footwork FA13B e FA14-Mugen Honda (1993), Jordan 194-Hart (1994), Ligier JS41-Mugen Honda (1995). 8 i punti totali conquistati.

Da dimenticare la stagione 1989, trascorsa in seno al West Zakspeed Racing. La Zakspeed 891-Yamaha è bella ma non balla: il pilota giapponese colleziona 16 (e dico se-di-ci) non pre-qualificazioni consecutive. Dura la vita in F1 negli anni ruggenti…

Parli di mancate pre-qualificazioni e spunta Naoki Hattori. Il pilota di Tokyo sfida la sorte al volante della Coloni C4-Cosworth in occasione dei GP del Giappone ed Australia. Due le mancate pre-qualificazioni in altrettanti tentativi.

Ukyo Katayama. Un nome passato alla storia, un pilota che ha caratterizzato le griglie di partenza dei GP Anni ’90. Ben 95 sono i GP effettivi disputati dal buon Ukyo. Solo 5, tuttavia, i punti faticosamente conquistati. Katayama debutta in F1 in occasione del GP del Sudafrica 1992, per poi terminare la sua avventura nella massima formula nel 1997, col GP d’Europa.

Nel 1992 è alla guida della Venturi LC92-Lamborghini, nel 1993 passa alle Tyrrell 020C e 021-Yamaha, nel 1994 è al volante della semplice ma ben concepita Tyrrell 022-Yamaha. Nel 1995, è la volta della iconica Tyrrell 023-Yamaha, nel 1996 chiude la lunga parentesi nella celebre scuderia britannica alla guida della 024-Yamaha. Il 1997 lo vede alla guida della Minardi M197-Hart gommata Bridgestone.

Sarà proprio la Tyrrell 022-Yamaha del 1994 a consegnare a Katayama il miglior piazzamento in F1, il quale coincide con i due quinti posti colti rispettivamente ai GP del Brasile e San Marino. Nel medesimo anno, andrà a punti anche a Silverstone: 6° alla bandiera a scacchi.

Il già citato Toshio Suzuki, nel 1993, disputa i suoi due unici GP di F1. Al volante della Larrousse LH93-Lamborghini, è al via dei GP del Giappone e d’Australia.

Nel 1994, un altro pilota giapponese si affaccia nel circus iridato. È Ideki Noda, il quale prenderà parte, senza troppa fortuna, ai GP d’Europa, Giappone e Australia al volante della Larrousse LH94-Cosworth.

Anni ’90, che anni! C’è spazio anche per Taki Inoue. Il pilota nipponico partecipa a 18 GP. La Simtek S941-Cosworth inaugura la sua breve carriera in F1: è il GP del Giappone. Nel 1995, ultima la sua prima ed unica stagione completa in F1 al volante della Footwork FA16-Hart. Discusso e criticato, Inoue porta a casa un onorevolissimo 8° posto al GP d’Italia.

Nel biennio 1997-1998, è della partita anche Shinji Nakano. Egli si dimostra un buon pilota, sufficientemente veloce seppur impegnato con vetture non di prima fascia. Nel 1997, è al volante della Prost JS45-Mugen Honda, nel 1998 della Minardi M198-Cosworth. Chiude al 6° posto i GP del Canada e Ungheria 1997. Anche in Minardi sfiora la zona punti, terminando al 7° posto il GP del Canada.

Tora Takagi debutta in F1 nel 1998. Anche nel caso di “Tora-Tora-Tora”, siamo di fronte ad un pilota all’altezza della Formula 1: un pilota che si qualifica e che termina 4 GP nei primi 10 classificati, talentuoso o meno, è in grado di guidare più che degnamente una monoposto di F1.

Chiudere un GP in settima come in decima posizione, oggi, garantisce punti iridati, per il pilota e per il costruttore. Ma negli Anni ’90 no…

Nel 1998, Takagi è alla guida della Tyrrell 026-Cosworth, nel 1999, infine, della Arrows A20-Arrows/Hart. Il suo miglior piazzamento in gara coincide con il 7° posto centrato al GP d’Australia 1999. A pieni giri e ad un soffio dalla zona punti.

Con Takuma Sato, il livello dei piloti giapponesi subisce un evidente, innegabile passo in avanti. Veloce ma troppo presto scartato e dimenticato dalla F1, Sato prende parte a 90 GP effettivi. Jordan EJ12-Honda (2002), BAR 005-Honda (2003), BAR 006-Honda (2004), BAR 007-Honda (2005), Super Aguri SA05/SA06-Honda (2006), Super Aguri SA07-Honda (2007) e Super Aguri SA08-Honda (2008) sono le monoposto condotte in gara dal buon Sato.

Il bottino totale è pari a 44 punti. Ad impreziosire la carriera di Sato in F1, senza dubbio, vi è il podio ottenuto in occasione del GP degli USA 2004, chiuso al 3° posto.

Messo alla porta dalla F1 alquanto frettolosamente, Sato troverà fortuna negli USA. Si aggiudicherà due edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, nel 2017 e 2020.

Contemporaneo di Sato è Yuji Ide. Per Ide, l’avventura in F1 dura il tempo di 4 GP: siamo nel 2006, la vettura è la Super Aguri SA05-Honda.

Più sostanziosa ma ugualmente fallimentare è stata la carriera di Sakon Yamamoto. 21 i GP effettivi tra il GP di Germania 2006 ed il GP della Corea del Sud 2010. Le monoposto condotte dal pilota nipponico sono la Super Aguri SA06-Honda (2006), le Spyker F8-VII/F8-VIIB-Ferrari (2007) e la HRT F110-Cosworth (2010).

Con Kazuki Nakajima e Kamui Kobayashi possiamo a ragione parlare di “occasioni mancate”, di autentici “what if”. Il figlio d’arte e Kobayashi sono, indiscutibilmente, piloti di elevato valore, degni della F1 e che in F1 — se messi nelle ottimali condizioni — possono, potevano esprimere un enorme potenziale.

Ma la storia non si scrive coi “se” e coi “ma”. Nakajima (36 anni) ha al proprio attivo 36 GP effettivi in F1 e 9 punti conquistati. Tra il GP del Brasile 2007 ed il GP di Abu Dhabi 2009, è al volante delle Williams FW29, FW30 e FW31 motorizzate Toyota. Il 6° posto agguantato al GP d’Australia 2008 è il suo miglior risultato in F1.

Divenuto pilota ufficiale Toyota nel World Endurance Championship, conquisterà vittorie e apprezzamenti. Vincerà per ben tre volte la 24 Ore di Le Mans al volante della Toyota TS050 di classe LMP1: nel 2018 e 2019 dividendo l’auto con Fernando Alonso e Sébastien Buemi, nel 2020 assieme a Buemi e Brendon Hartley.

Kobayashi (34 anni), dal canto suo, disputa 75 GP di F1, debuttando in occasione del GP del Brasile 2009 (Toyota TF109). Nel triennio 2010-2012 è in Sauber (Sauber C29, C30 e C31 spinte dal V8 Ferrari), nel 2014 — all’indomani della non particolarmente fortunata parentesi WEC con AF Corse — è alla guida della Caterham CT05-Renault.

125 punti conquistati ma, soprattutto, un podio all’attivo: Kobayashi, infatti, chiude al 3° posto il GP del Giappone 2012.

Rinnegato dalla F1, troverà fortuna nel WEC — in Toyota, al pari di Nakajima — e negli USA. Nel 2019 (con Fernando Alonso, Jordan Taylor e Renger van der Zande) e 2020 (assieme a Ryan Briscoe, Scott Dixon e Renger van der Zande) si aggiudicherà la 24 Ore di Daytona, al volante della Dallara/Cadillac DPi-V.R del Wayne Taylor Racing.

Yuki, adesso tocca a te.

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/TX-BGCdGedw/f1-da-masahiro-hasemi-a-yuki-tsunoda-la-storia-dei-piloti-giapponesi-in-formula-1.php


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