Le statistiche e la storia della Formula 1 sorridono alla Ferrari. La Casa di Maranello può esibire un palmares a dir poco ricco e ancora ineguagliato: record di titoli Costruttori (16), di titoli Piloti (15), di vittorie (238), di pole-position (228), solo per ricordare i principali.
Un dato, tuttavia, colpisce all’occhio: i pochi risultati ottenuti attraverso la vendita dei propri motori ad altre scuderie. I motori Ferrari hanno colto, dal 1950 al GP di Turchia 2020, ben 239 vittorie. Solo una, tuttavia, è stata messa a segno da una monoposto “non Ferrari”. A siglare questa impresa è la Toro Rosso STR3, vincitrice con Sebastian Vettel del GP d’Italia 2008.
Nel corso di tanti anni di attività, i motori Ferrari hanno azionato — oltre alle monoposto realizzate a Maranello — altre 15 scuderie.
Le prime monoposto “non Ferrari” motorizzate Ferrari apparse in F1 sono le inglesi Cooper. In occasione del GP degli USA 1960, Pete Lovely è al volante di una Cooper T51 (team Fred Armbruster) spinta dal 4 cilindri in linea Ferrari 107. Nel 1966, Chris Lawrence partecipa ai GP di Gran Bretagna e Germania al volante di una Cooper T73 (scuderia JA Pearce Engineering) azionata dal V12 Ferrari 168/62.
Nel 1991, il Minardi F1 Team adotta i V12 Ferrari. La Minardi M191 si rivela monoposto più che sufficientemente competitiva: Pierluigi Martini termina al 4° posto i GP di San Marino e Portogallo. La fornitura dei motori Ferrari alla Minardi si esaurisce già a fine 1991.
Nel 1992, un altro costruttore italiano si rivolge a Maranello. È la Dallara, le cui monoposto sono gestite in esclusiva dalla BMS Scuderia Italia. La Dallara 192 si dimostra vettura sincera, soprattutto in gara, piazzandosi in molteplici occasioni nei primi 10 classificati. I punti iridati, tuttavia, arrivano in soli due GP: Martini chiude al 6° posto i GP di Spagna e San Marino. Il motore impiegato è il V12 Ferrari 037.
A fine 1992, la Dallara abbandona la F1. La BMS Scuderia Italia, nel 1993, gestisce in esclusiva le Lola T93/30, affidate a Michele Alboreto e Luca Badoer. Il motore è il Ferrari 040, il V12 di 65° (3500cc, aspirato) impiegato, nel 1992, a bordo delle Ferrari F92A e F92AT. La stagione, per le Lola, è un disastro: la zona punti è “accarezzata” solo a Imola, corsa che Badoer termina al 7° posto, benché attardato di 3 giri.
Nel 1997, inizia il sodalizio con Sauber. La Sauber C16, dunque, è la prima monoposto del costruttore svizzero ad essere equipaggiata con i plurifrazionati di Maranello. Dal 1997 al 2005, le Sauber sono azionate dai V10 Ferrari (3000cc aspirati), ribattezzati Petronas nelle versioni SPE-01, SPE-01D, SPE-03A, SPE-04A, 01A, 02A, 03A, 04A e 05A. In questo arco temporale, le Sauber-Ferrari ottengono 4 podi: Ungheria 1997 (Johnny Herbert, Sauber C16, 3° posto), Belgio 1998 (Jean Alesi, Sauber C17, 3° posto), Brasile 2001 (Nick Heidfeld, Sauber C20, 3° posto) e USA 2003 (Heinz-Harald Frentzen, Sauber C22, 3° posto).
Sauber e Ferrari si riabbracciano nel 2010, all’indomani dell’interregno BMW-Sauber. In quel 2010, strano a dirsi, la scuderia elvetica reca ancora il nome di BMW Sauber F1 Team, sebbene la C29 sia spinta dal V8 Ferrari 056. Dal 2010, le monoposto realizzate dalla Sauber equipaggiano motori Ferrari: dal 2010 al 2013 V8 aspirati di 2400cc, dal 2014 ad oggi (compresa la recente e non esaltante era Alfa Romeo Racing, team nato nel 2019) “power unit” V6 di 1600cc Turbo-ibridi. Le Sauber-Ferrari ottengono altri 4 podi: Malesia 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 2° posto), Canada 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 3° posto), Italia 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 2° posto), Giappone 2012, Kamui Kobayashi, Sauber C31, 3° posto).
Alquanto deludente si rivela il matrimonio tra i V8 Ferrari e lo Etihad Aldar Spyker F1 Team: un 2007 portato a termine con le non competitive Spyker F8-VII e F8-VII-B. Dalla Spyker alla Force India. Nel 2008, il neonato team sorto sulle ceneri di Jordan, Midland e Spyker schiera la non competitiva VJM01-Ferrari 056. È questa la sola monoposto anglo-indiana spinta da un propulsore di Maranello.
Anche la Red Bull — scuderia che ha legato i propri successi iridati ai V8 Renault — adotta, per una sola stagione, i V8 Ferrari. Lo fa nel 2006, secondo anno di attività del team sorto sulle ceneri di Stewart e Jaguar. La vettura è la saltuariamente competitiva RB2. David Coulthard centra il 3° posto in occasione del GP di Monaco.
Da Red Bull a Toro Rosso il passo è breve. La scuderia italiana nell’orbita Red Bull ha proposto, in più occasioni, vetture azionate da motori Ferrari. Le STR2 (2007), STR2B (2008), STR3 (2008), STR4 (2009), STR5 (2010), STR6 (2011), STR7 (2012), STR8 (2013) e STR11 (2016) vengono azionate da propulsori realizzati a Maranello, dapprima V8 aspirati, quindi V6 Turbo-ibridi.
Nell’era delle power unit Turbo-ibride anche Marussia e Haas hanno fatto e fanno affidamento su motori realizzati a Maranello. La Marussia lo fa nel biennio 2014-2015 (modelli MR03 e MR03B), la Haas impiega ininterrottamente PU Ferrari a partire dal 2016, anno del debutto della scuderia americana in F1 (i modelli impiegati sono le VF-16, VF-17, VF-18, VF-19 e VF-20, tutte vetture realizzate dalla Dallara).
I motori clienti Ferrari, dunque, hanno spinto e continuano ad equipaggiare monoposto generalmente non di prima fascia o team ancora in fase di crescita (vedi il caso della Red Bull). Team e costruttori volenterosi e preparati, spesso icone della F1 e del motorsport più in generale (Minardi, Dallara, Lola, Sauber su tutti), ma sovente non in grado di ambire (almeno con continuità) al vertice delle classifiche.
È, questo, un tasto dolente di casa Ferrari: il non aver mai creduto realmente nei team clienti. La storia ci racconta di motori Renault, Mercedes e Honda (solo per citare i motoristi attualmente impegnati in F1) vincenti e altamente competitivi anche grazie a vetture “non Renault”, “non Mercedes” e “non Honda”.
Basti pensare, guardando al presente, alla Racing Point (prossima Aston Martin), sempre più competitiva anche grazie ai motori Mercedes. O alle PU Renault, in questo 2020 pimpanti a bordo delle McLaren MCL35 e Renault R.S.20. McLaren che, dal 2021, arricchirà la batteria di motori Mercedes: probabile assistere, l’anno prossimo, ad una ulteriore crescita tecnica del team di Woking.
Solo negli ultimi anni, Ferrari ha iniziato ad investire in modo più mirato nei team clienti attraverso una più estesa fornitura dei propri motori. È necessario, tuttavia, compiere un ulteriore salto di qualità. Come? Cercando di fornire team già di prima fascia.
Red Bull e Alpha Tauri, in tal senso, costituiscono un ghiotto boccone. Orfane dei motori Honda, le due importanti scuderie (come abbiamo visto, già partner di Ferrari nel recente passato) sono alla ricerca di un fornitore di motori. Renault, Mercedes, Ferrari: in tre a sfidarsi su questo fronte.
La scelta, probabilmente, è già stata fatta. Una Red Bull-Ferrari rappresenterebbe, dopo la opaca esperienza del 2006, un ottimo colpo da parte del Cavallino: sì fornire un diretto concorrente al titolo, ma fornire un team, appunto, che ambisce all’iride. E vincere, anche solo fornendo i motori, è sempre cosa buona e giusta. L’immagine della Ferrari ne gioverebbe.
Haas e Sauber/Alfa Romeo Racing, salvo clamorosi guizzi di futura competitività, non bastano. Alla Ferrari serve un secondo asso da giocare, un secondo team vincente mediante il quale poter sfoggiare la propria ricerca motoristica.
Red Bull e Alpha Tauri motorizzate Ferrari: un matrimonio che s’ha da farsi.
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/mz8lzAPUg0M/f1-motori-ferrari-clienti-una-sola-vittoria-in-70-anni-ora-serve-il-salto-di-qualita.php