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    F1 Tecnica Ferrari: Al Nurburgring i primi veri aggiornamenti sulla SF1000

    Al Nurbugring Ferrari si è presentata con ulteriori aggiornamenti sulla Ferrari SF1000, dopo le prime vere modifiche viste già a Sochi per il Gran Premio di Russia.
    A conferma delle voci che già circolavano nel paddock, Ferrari per l’Eifel GP ha portato dei nuovi barge boards, con svariate modifiche nei vari elementi che compongono questa complessa zona aerodinamica. Barge boads che vedono finalmente degli upgrades, in quella che ricordiamo essere una zona libera da vincoli allo sviluppo.
    Entrando nel dettaglio tecnico, Ferrari non ha stravolto il concetto aerodinamico, ma ha semplicemente apportato delle micro modifiche sparse fra i vari deviatori di flusso, in relazione alle altre novità già viste a Sochi. Al Nurburgring cambia dunque il design del doppio boomerang, nella zona in cui entrambi i profili vanno ad ancorarsi alla bandella verticale ai lati delle pance. Il boomerang superiore è stato leggermente snellito, e presenta una forma più rettilinea, andando a formare a formare un elemento separato dal boomerang inferiore rispetto alla vecchia soluzione. Spostandoci nella zona più avanzata, è stato leggermente accorciato il primo deviatore dietro il triangolo della sospensione, indicato dalla freccia verde a destra. Mentre la freccia verde a sinistra evidenzia la modifica allo splitter del fondo, che va a inglobare il cono anti-intrusione inferiore del telaio. Questa zona è stata leggermente rialzata, e sono stati modificati i “denti” che vanno a tagliare l’aria da incanalare al di sotto del fondo. L’intento di Ferrari è quello di portare più aria sotto il fondo, incrementando l’effetto di sigillo che va a ricreare una sorta di minigonna. Nell’illustrazione sono state messe in evidenza tutte le micro modifiche dei nuovi barge boards portati in Germania da Ferrari.
    Nuovi barge boards, che come detto prima, che vanno a lavorare in maniera sinergica con le modiche ai turning vanes viste al GP di Russia. A Sochi infatti Ferrari aveva aggiunto alla base dei turning vanes una serie dei generatori di vortice. L’obbiettivo di questi elementi è quello di creare dei piccoli “tornado”, i quali vanno poi ad aumentare la loro sezione conica in direzione delle fiancate e del fondo, per creare una sorta di barriera aerodinamica per trattenere il flusso d’aria che attraversa il sidepod aderente al corpo vettura. Una soluzione analoga è presente sulla Haas VF-20, sin da inizio stagione, e Ferrari potrebbe aver preso spunto dal concetto aerodinamico proprio dalla vettura di Gunter Steiner. Difatti la Haas VF-20 è una monoposto molto familiare dal punto di vista aerodinamico a quella della Ferrari, in quanto la stessa Haas sulla VF-20 ha ripreso gran parte delle soluzioni che erano presenti sulla Ferrari SF90 del 2019.
    A completare questo pacchetto, è stato confermato anche la nuova paratia laterale dell’ala posteriore, che ha debuttato sempre lo scorso GP. Il nuovo endplate rispetto al vecchio è stato completamente rivisto, e presenta una shape molto simile a quello della Mercedes W11. Il profilo superiore è stato rivisto con una forma a gradino, mentre le numerose frange hanno lasciato posto a tre soffiaggi più grandi per gestire meglio le turbolenze aerodinamiche prodotte dal rotolamento dello pneumatico posteriore. LEGGI TUTTO

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    F1, Tecnica: Sulla Red Bull RB16 c’è una nuova ala posteriore in Stiria

    Red Bull, al secondo appuntamento sul circuito di Zeltweg, ha portato delle novità aerodinamiche per la RB16, nonostante una settimana prima avesse già introdotto il primo pacchetto di sviluppo per la prima gara dell’anno.

    Per il Gran Premio di Stiria sulla RB16 è stata modificata l’ala posteriore, con l’introduzione di nuovi endplate, con diverse modifiche aerodinamiche. Con questa nuova soluzione, Adrian Newey sembra continuare a “copiare” da altre vetture, anche se non proprio di alta classifica: per i soffiaggi nella zona centrale della paratia dell’ala posteriore Newey ha preso spunto da una soluzione molto simile a quella della Haas.
    Mentre la vecchia paratia laterale era dal design molto semplice, con una sola feritoia nella zona in cui l’endplate si restringe verso l’interno, nella nuova soluzione sono presenti cinque soffiaggi dalla forma affusolata. Lo scopo di queste soffiature è quello di laminare i flussi provenienti dal rotolamento delle grandi ruote posteriori, che generano vortici nocivi all’aerodinamica. Anche il grande slot per l’aria davanti alle soffiature ha una forma diversa, e nella nuova soluzione è più largo e segue il bordo dell’endplate. Nella vecchia ala posteriore era esattamente l’opposto, con la presa d’aria che si allontanava dal bordo della paratia nella direzione più interna. La parte posteriore dell’endplate, infine, presenta una serie di “gradini” che si ispirano molto ad una soluzione adottata da Mercedes (e da Racing Point).
    Questa nuova soluzione di ala posteriore era probabilmente prevista per l’Ungheria, ma i tecnici di Milton Keynes hanno deciso di anticipare di una settimana gli aggiornamenti per recuperare carico aerodinamico. La RB16 è sembrata una vettura potenzialmente competitiva (soprattutto con Max Verstappen), ma che pecca ancora di gioventù, risultando acerba e con problemi di affidabilità e nel setup della macchina. Red Bull che dunque è alla ricerca di carico aerodinamico al posteriore, per una monoposto apparsa molto nervosa con mescola più dura, e difficile da mettere a punto.

    Si è visto anche che nelle due sessioni di libere la scuderia anglo-austriaca ha utilizzato la vecchia specifica di fondo, senza i deviatori di vortice vicino le ruote posteriori. Un passo indietro abbastanza strano, soprattutto perché il nuovo fondo la scorsa settimana era stato confermato sia in qualifica, che in gara. Evidentemente gli ingegneri Red Bull hanno voluto provare ancora la vecchia specifica, dopo aver analizzato a fondo i dati del vecchio gran premio. Rimane invece il nuovo nose dai piloni stretti in stile Mercedes, introdotto la scorsa gara. LEGGI TUTTO

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    F1, Analisi Tecnica: Williams FW14, la macchina più rivoluzionaria degli anni 90

    Quando si parla della Williams in F1, parliamo della storia, della leggenda, di un team creato sulla base del nulla da Sir Frank Williams. La storia recente della scuderia inglese è decadente, e non rende  certo merito a una squadra capace di vincere ben 9 titoli costruttori.

    Ma la Williams non è solo titoli mondiali, ma anche una delle scuderie che ha sfornato delle vetture iconiche, capaci di dominare il palcoscenico della F1 in lungo e in largo. Una delle vetture che forse rappresenta meglio il prestigio del marchio Williams, capace di cambiare la storia recente del modo di progettare le monoposto e di segnare la storia in ambito tecnico, questa è sicuramente la Williams FW14, che corse fra la fine del 1991, e il 1992.
    CENNI STORICI
    Fra la fine degli anni 80′ e gli inizi degli anni 90′ a dominare la scena in F1 era la Mclaren motorizzata Honda, prima con Prost, poi con Senna. La Williams dopo aver chiuso il ciclo di partnership per la fornitura dei motori Honda, sposò la causa Renault in un momento in cui l’era dei motori turbo in F1 era giunta al termine, facendo spazio agli aspirati. All’epoca il direttore tecnico della Williams era la storica figura di Patrick Head, co-fondatore del team assieme a Frank Williams.
    A fine del 1990 Patrick Head si assicurò di portare in squadra Adrian Newey, ex direttore tecnico della Leyton House, messo a piede libero a fine anno. All’epoca la Leyton House, nata dalle ceneri della March, si fece notare per la sua innovativa aerodinamica, arrivando a giocarsi la vittoria di qualche Gran Premio con Ivan Capelli. Il budget però era scarso, e Adrian Newey non potè mettere in pratica al massimo le sue idee innovative a livello di telaio e aerodinamica. La Williams era un occasione perfetta per il progettista inglese, che colse al balzo l’offerta di Patrick Head.
    Sia Patrick Head che Adrian Newey si misero subito al lavoro per il progetto della Williams del 1991, con Newey che portò in Williams gran parte delle soluzioni viste in Leyton House. La Williams inoltre a quei tempi spese molte risorse per l’implementazione dell’elettronica in F1,  cercando di introdurre in F1 già dal 1987  le sospensioni attive a controllo elettronico. Paddy Lowe, responsabile del settore elettronico, assieme alla coppia Head-Newey (che si occuparono di aerodinamica e telaio),  progettarono quella che sarà poi una monoposto imprendibile per gli avversari: la Williams FW14.

    La monoposto debutterà nel primo GP del 1991 e, nonostante mostrasse già un’ottimo potenziale, le prime uscite furono segnate da diversi problemi di affidabilità legati al cambio. Il 1991 servì solo da rodaggio, con una seconda parte di stagione in cui arrivarono le prime vittorie. Nel 1992 la monoposto venne leggermente modificata, e perfezionata, con una versione B: i problemi di affidabilità vennero risolti, le sospensioni a controllo attivo migliorate, e da lì in poi la FW14B segnò un dominio imbarazzante, venendo soprannominata: la macchina venuta da un altro pianeta. 
    AERODINAMICA E TELAIO
    L’aerodinamica della Williams FW14 era molto diversa, se vogliamo, dalle scuderie rivali: Adrian Newey riportò i concetti visti più acerbi sulla Leyton House,  che si distinguevano per un telaio strettissimo, tanto che la sezione in cui alloggiano la pedaliera e le caviglie del pilota erano appena sufficienti da permettere il movimento al pilota. Anche l’abitacolo era molto stretto, e la carrozzeria avvolgeva completamente il volante nella parte superiore. L’attaccatura del puntone della sospensione anteriore era avvolto da una sorta di “bulbo” nella carrozzeria, caratteristica identica alla Leyton House.  Una delle principali novità della Williams FW14 era il telaio (un monoscocca in carbonio) rialzato dal fondo, che andava poi a raccordarsi con un muso alto e stretto. Il telaio rialzato permetteva di aumentare la portata d’aria sul fondo andando poi a imboccare l’ingresso dei radiatori.  Le pance erano bassissime, e il retrotreno molto compatto si andava a chiudere nella zona coca cola per migliorare l’efficienza dell’estrattore. La monoposto nel suo complesso risultava molto snella, priva di ingombri, somigliando quasi a un caccia militare da una vista frontale. Una chicca aerodinamica che introdusse Adrian Newey fu l’endplate dell’ala anteriore che andava ad avvolgere internamente lo pneumatico anteriore. La paratia era lunghissima, e appositamente studiate per mantenere laminari i flussi e accompagnarli attorno alle ruote anteriori. Questo riduceva le turbolenze, e permetteva di avere una fluidodinamica “pulita” anche nella parte centrale della vettura. Nel disegno in basso osserviamo nel dettaglio il lungo deviatore di flusso dell’ala anteriore.
    SOSPENSIONI
    Il vero asso nella manica della Williams erano senza dubbio le sospensioni attive, una soluzione tecnica entrata nella storia della F1, capace tramite una centralina a controllo elettronico di mantenere la vettura sempre nel suo assetto ottimale in ogni punto del tracciato. Le monoposto che non possedevano questo sistema erano destinate a perdere. La Williams nel 1992 soprattutto riuscì non solo a rendere efficace questo sistema, ma soprattutto a renderlo affidabile. La monoposto britannica nel 92′ adottava sospensioni anteriori a ruote indipendenti di tipo idro-pneumatico. A schema push rod, tutto lo schema sospensivo era interamente realizzato dalla scuderia di Frank Williams. Un circuito idraulico collegava i puntoni della sospensione tramite degli attuatori, con una centralina elettronica di controllo che ne controllava il corretto assetto. Il piccolo coperchio sopra i puntoni della sospensione anteriore permetteva un rapido intervento su ammortizzatori e tiranti “entrobordo”. Nel illustrazione vediamo tutta la parte che riguarda il funzionamento delle sospensioni attive sulla Williams FW14: In giallo abbiamo gli attuatori idraulici direttamente collegati ai puntoni e ai tiranti della sospensione, la parte elettronica in verde, e il grande serbatoio di contenimento del liquido in blu, posto dietro al propulsore Renault.
    MOTORE E CAMBIO
    In termini di cavalli il motore Renault, di cui era equipaggiata la Williams FW14B, non era forse il più potente, ma sicuramente era estremamente affidabile. Dotato di una potenza di circa 760 Cv, il motore Renault RS4 era un V10 a 67° aspirato, con una cilindrata di 3493 cc. Il binomio Williams – Renault è stato uno dei più vincenti della storia della F1, dominando gran parte degli anni 90. Da quando questo binomio non esiste più, è iniziata la lenta discesa della Williams, che non vince più un titolo dal 1997, ovvero l’ultimo anno del binomio anglo-francese. Adrian Newey ha sempre prediletto i motori aspirati della casa francese, che ha riportato anche in Red Bull vincendo anche lì dei titoli mondiali. Il cambio semiautomatico, introdotto nel 91′, aveva dato parecchie noie meccaniche nel corso della stagione, non permettendo alla Williams di competere a pieno con la Mclaren Honda di Senna, vincitrice poi di entrambi i titoli. Nel 1992 questi problemi vennero risolti, e il cambio, un 6 rapporti a disposizione trasversale, riuscì finalmente ad essere affidabile.
    La Williams FW14 entrerà negli annali della F1, capace di segnare un’epoca cambiando radicalmente il modo ricercare la prestazione. La macchina progettata da Patrick Head e Adrian Newey dominerà in maniera imbarazzante nel 1992, e nel 1993. La Federazione al termine di quell’anno bandirà l’utilizzo delle sospensioni attive, ma nonostante questo la Williams conquisterà altri titoli nel 96′ e nel 97′. La scuderia britannica segnerà un decennio e sposterà l’attenzione dei progettisti delle altre squadre in una ricerca esasperata nell’aerodinamica, cambiando radicalmente il futuro tecnico della F1. LEGGI TUTTO

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