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    F1, In Ferrari è tutto pronto per il dopo Binotto: organigramma, ruoli chiave e date

    L’uscita di scena di Mattia Binotto libera la strada ad una completa riorganizzazione della Scuderia Ferrari. L’Amministratore Delegato Benedetto Vigna e il Presidente John Elkann sono al lavoro per trovare gli uomini chiave per dare alla squadra un nuovo assetto. Al di là dei nomi, alcuni ancora da definire, l’organigramma della Gestione Sportiva avrà ruoli definitivi e chiare responsabilità.Via un Team Principal se ne fa un altro. A dire il vero in Ferrari non sarà proprio così perché dietro all’uscita di Binotto c’è molto di più! Se è vero che da un lato i risultati sportivi hanno pesato sulla decisione di fare a meno dell’ingegnere di Losanna, sono stati ben altri fattori che hanno portato i vertici del Cavallino a voler intraprendere una strada diversa.
    Ora Vigna ed Elkann cercheranno di dare all’organizzazione del Team Ferrari una veste più consona ad una squadra corse, con responsabilità ben definite e risorse di peso nei ruoli chiave. Al di là quindi del nome che andrà a ricoprire il ruolo di Team Principal, la Scuderia Ferrari è alla ricerca di un Direttore Tecnico e di un Responsabile della Comunicazione.
    Almeno per i primi due ruoli la decisione è quella di “andare sul mercato”, puntando su figure con esperienza nelle corse, nel motorport e in Formula 1. I nomi che circolano sono quelli di Frédéric Vasseur (ingegnere francese e attuale CEO e Team Principal di Alfa Romeo), Aldo Costa (ingegnere con una lunga esperienza in F1 con Minardi, Ferrari, Mercedes e attualmente in Dallara) e Simone Resta (direttore tecnico del Team Haas).

    Per l’ufficio stampa si starebbe pensando ad una scelta interna al Gruppo o alla Scuderia stessa che vanta già in organico figure con un’ottima esperienza nella gestione dei rapporti con la stampa, nella sua accezione più classica, anche se sarebbe auspicabile un deciso passo avanti in ambito Digital e New Media.
    Le linee guida sono state ormai definite, i ruoli anche, non solo quelli apicali di Team Principal, Direttore Tecnico e Responsabile della Comunicazione. Ora occorrerà mettere a terrà i desiderata di Vigna e arrivare velocemente a completare un organigramma che, ad oggi, ha ancora parecchie caselle vuote senza un nome. Le tappe e le scadenze sono fissate: l’AD vorrebbe arrivare a fine gennaio con la maggior parte della posizioni coperte per poi fare un passaggio in CDA nei primi giorni di febbraio per l’approvazione. LEGGI TUTTO

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    F1, per il Team Haas un 2022 nel segno della progressione

    Le due cenerentole del Mondiale di F1 2021, Haas e Alfa Romeo, hanno spiccato decisamente il volo quest’anno compiendo un importante passo avanti prestazionale. Da team satelliti della Ferrari nell’ambito di una solida partnership tecnica si sono giovate dell’indiscusso miglioramento di Maranello all’interno della rivoluzione 2022. I frutti sono stati evidenti e la Haas in particolare si è smarcata dallo scurissimo Campionato 2021, concluso senza far segnare neppure un punto.
    Alla bandiera a scacchi di Abu Dhabi, la scuderia americana si è tolta anche la soddisfazione di precedere l’Alpha Tauri, lo scorso anno anni luce avanti. Per la Haas-Ferrari, dunque, un ottavo posto di platino che offre segnali molto positivi e di incoraggiamento in chiave 2023 con una perla d’autore: la pole position di Kevin Magnussen ad Interlagos. Che la musica fosse cambiata rispetto ad un 2021 da incubo lo si era capito subito in Bahrain nel primo Gp della stagione con l’ottimo quinto posto del danese. La serie positiva in zona punti è poi proseguita a Jeddah fino ad accumulare un gruzzoletto di 37 punti.
    Niente male, davvero. Unico neo il siluramento di Mick Schumacher che ha comunque portato 12 punti alla causa Haas ed ha evidenziato spesso un rendimento in gara anche migliore del team mate. A giocare a suo sfavore sono stati i troppi e rovinosi incidenti con relativi ed importanti danni alle vetture. Ma, tutto sommato, per Haas è stata un’annata molto positiva con un quinto e un sesto posto come migliori risultati e tanta iniezione di fiducia per il futuro.

    Soprattutto nell’ottica di un rapporto sempre più stretto con Ferrari adesso che Mattia Binotto non c’è più. Non sono passate inosservate, infatti, le decisioni del team principal Steiner e della proprietà in totale opposizione ai voleri dell’ormai ex guida sportiva del Cavallino. Il riferimento è alle decisioni sul compagno di squadra da affiancare a Magnussen il prossimo anno. Scelte che hanno portato prima all’allontanamento di Schumacher e poi all’ingaggio di Hulkenberg, che ha battutto Giovinazzi e Shwartzman voluti invece in Haas dallo stesso Binotto. LEGGI TUTTO

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    F1, UFFICIALE: Mattia Binotto lascia la Scuderia Ferrari

    Ora è ufficiale. Mattia Binotto non sarà più Team Principal della Ferrari. Lo ha comunicato la stessa Scuderia di Maranello, in una nota diramata poco fa.Inizia così il processo per identificare il nuovo Responsabile della Scuderia Ferrari che, come si legge sul comunicato, dovrebbe concludersi nel nuovo anno
    “Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari – ha commentato Benedetto Vigna, Amministratore Delegato della Ferrari -, e in particolare per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione. Grazie a questo, siamo in una posizione di forza per rinnovare il nostro impegno, in primo luogo per i nostri incredibili fan in tutto il mondo, per vincere il più importante trofeo nel motorsport. Tutti noi della Scuderia e nella più vasta comunità Ferrari auguriamo a Mattia tutto il meglio per il futuro”.

    Alle parole del CEO sono seguite anche quelle di Binotto: “Con il dispiacere che ciò comporta, ho deciso di concludere la mia collaborazione con Ferrari. Lascio un’azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita”.
    L’orami ex Team Principal ha poi anche aggiunto: “Lascio una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi e alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile”. LEGGI TUTTO

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    F1, Arrivano altri due NO per sostituire Mattia Binotto in Ferrari

    Non si parla d’altro. Spenti i motori delle monoposto, a tenere banco in questi giorni sono le dimissioni di Mattia Binotto e la ricerca di un suo sostituto. Dopo le prime voci che volevano Frédéric Vasseur come nuovo Team Principal della Scuderia Ferrari, da più parti si sono cominciati a fare anche altri nomi, soprattutto di chi avrebbe già detto “No, grazie“!Come vi avevamo già anticipato nei giorni scorsi, Alberto Antonini su FormulaPassion aveva parlato di “una fila che non c’è” per la sostituzione di Binotto mentre la coppia Terruzzi-Sparisci sul Corriere della Sera aveva anticipato il diniego di Andreas Seidl (McLaren), Franz Tost (AlphaTauri) e Gerhard Berger (ex pilota Ferrari).
    A questi si aggiungerebbe oggi anche quello di altri due illustri esponenti del paddock della Formula 1. A chi aveva fatto il nome di Ross Brawn, lo stesso Direttore Generale della Formula 1 ha risposto dalle colonne del sito ufficiale F1.com, anticipando la sua volontà di andare in pensione.

    L’altro nome eccellente è quello di Chris Horner. Stando a Dieter Rencken, giornalista olandese molto vicino alla Red Bull, la Ferrari avrebbe bussato alla porta dell’attuale Team Principal della Scuderia austriaca. Nell’articolo dal titolo “Binotto’s Ferrari Exit: The Full Backstory”, pubblicato oggi su racingnews365.com, si racconta di come il pacchetto offerto dai vertici di Maranello assicurerebbe una “pensione più che confortevole” ma poiché occupare quel ruolo equivale a “bere un calice avvelenato” (queste le parole usate nell’articolo!), la risposta di Horner sarebbe stata un “No, grazie”. LEGGI TUTTO

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    Il 2022 della Williams: un miglioramento trainato da un sontuoso Albon

    Ci si avvicina a dicembre ed è tempo di bilanci anche per le squadre ed i piloti di Formula 1. Stavolta tocca alla Williams sottomettersi al giudizio. Il glorioso team nato dalla mente illuminata del compianto Frank, sta tornando lentamente verso la metà dello schieramento, almeno come punto d’inizio. Certo è che l’ultimo posto nel campionato costruttori costituisce un risultato decisamente non all’altezza del nome che porta. Tutto il Circus, quindi, aspetta che la Williams possa rispolverare i fasti di un tempo. Anche se la strada è ancora in salita.Il team inglese si presenta ai blocchi di partenza della stagione con una FW44 un po’ cagionevole di salute nei test prestagionali e con un nuovo pilota: Alexander Albon al posto di George Russell, nel frattempo salito di grado in Mercedes. Il thailandese convince sin da subito nonostante l’anno passato lontano dalla pista. Già alla terza gara, in Australia, si rende protagonista di un’impresa quasi senza precedenti: infatti, Albon compie 57 dei 58 giri previsti ad Albert Park sullo stesso set di gomme dure e termina in decima posizione. Un punto davvero fondamentale per la Williams.
    Per tutta la stagione, la FW44 si è dimostrata estremamente efficace aerodinamicamente che gli permetteva di raggiungere velocità massime tra le più elevate del lotto; la vettura, però, risulta decisamente lenta nelle curve di ogni tipo, sia a bassa che alta velocità. A Miami, Albon conferma che la Williams ha una macchina difficilissima da superare e che lui è un ottimo pilota: nono posto a fine gara e due punti messi in carniere.

    Con l’arrivo dell’estate, la FW44 rivela tutti i suoi difetti e Nicholas Latifi i suoi limiti. A Monza per il canadese arriverà anche un’umiliazione: Nyck De Vries è costretto a salire in macchina al sabato in seguito all’appendicite subita da Albon. L’olandese si dimostra subito molto competitivo e termina l’unico gran premio disputato in nona posizione, mentre Latifi è solo 15°. Sul bagnato di Suzuka, però, si rifà e pesca un jolly: alla fine della corsa sarà nono, conquistando gli ultimi punti della stagione per il team. Da applausi.
    Questo risultato, però, rimarrà un exploit sia per lui che per la Williams. La FW44 fatica con gli sviluppi, mentre Albon continua a distruggere Latifi nello scontro tra compagni. Alla fine, il bilancio sarà di 4 punti a 2 per il thailandese, fin troppo poco considerando quanta più velocità ha dimostrato Alex. 6 punti che sommati ai 2 conquistati de De Vries fanno un totale di 8. Molti meno rispetto ai 23 dell’anno scorso, ma il miglioramento dal punto di vista prestazionale c’è stato. Ancora troppo poco per tornare dove compete ad un team che porta questo nome. Le basi sono discrete, ma il prossimo anno, con la coppia Albon-Sargeant le cose devono migliorare. Altrimenti la squadra rischia il fallimento. LEGGI TUTTO

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    F1, Caso Binotto: il Direttore della Gazzetta replica ad Alesi, bollandolo come “perdente”

    “Uno dei piloti meno vincenti della Formula 1”. Sono queste le parole di Stefano Barigelli, Direttore Responsabile del quotidiano ‘La Gazzetta della Sport” che, nel suo editoriale di oggi ha usato per replicare alle dichiarazioni di qualche giorno fa di Jean Alesi.Jean AlesiL’ex pilota francese della Ferrari, in occasione dell’ultimo appuntamento del mondiale F1 2022 ad Abu Dhabi, aveva testualmente definito come “una palla” le prime indiscrezioni della Gazzetta che anticipavano il divorzio tra Mattia Binotto e la Scuderia di Maranello.“Allora non era una palla – si legge nell’editoriale di oggi di Barigelli -. La fine della stagione di Binotto alla Ferrari anticipata dalla Gazzetta è stata bollata proprio così, una palla, da Jean Alesi. La frase, di per sé insignificante considerato che l’ha pronunciata uno dei piloti meno vincenti della Formula 1, assume in realtà una sua importanza. La Ferrari è il marchio sportivo italiano più conosciuto al mondo, ha una storia gloriosa anche se il presente è complicato. Ma nei motori e in una storia così lunga, le difficoltà ci possono stare. Ci sta meno la corte dei miracoli che in questi anni, ma per la verità anche in passato, ha supportato il team di Maranello spesso più danneggiandolo che aiutandolo”.
    Il Direttore della Gazzetta, chiaramente infastidito da quanto aveva dichiarato Alesi, ha anche poi aggiunto: “D’altronde se ti affidi a piloti che hanno passato in pista più tempo a perdere che a vincere, a professionisti della comunicazione che nel curriculum vantano più licenziamenti che promozioni, non ci si può meravigliare se il risultato di tanti encomiabili sforzi sia il contrario di quello sperato”.

    L’editoriale di Barigelli si conclude citando una frase di Enzo Ferrari: «Non mi imbarazzano le domande dei giornalisti, ma quelle che faccio a me stesso».
    Leggi l’editoriale completo su Gazzetta.it LEGGI TUTTO

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    I veri motivi del divorzio tra la Scuderia Ferrari e Mattia Binotto

    La “caduta in disgrazia” di Binotto è da ricercarsi nei demeriti sportivi? E’ da ricondursi alle quattro stagioni da Team Principal dove la Ferrari ha vinto solo sette gare, la metà di Maurizio Arrivabene che lo aveva preceduto?Stando ad Alberto Antonini, no: i risultati sportivi non servono, da soli, a spiegare il divorzio tra l’ingegnere di Losanna e la Scuderia di Maranello.

    L’ex responsabile dell’ufficio stampa della Ferrari in Formula 1, in un recente articolo su FormulaPassion, ha ricordato come “a chi, memore dei bei tempi andati, gli faceva notare davanti a una pizza quanto fosse utopistico rivestire contemporaneamente il ruolo di Jean Todt e Ross Brawn, rispondeva laconico che non aveva scelta, perché ‘non posso fidarmi di nessuno’”.
    Antonini ricorda poi un episodio curioso che ha visto coinvolto lo stesso Binotto, subito dopo la sua promozione a Team Principal. Seconda la ex firma di Autosprint, questo aneddoto spiegherebbe, nella sua apparente irrilevanza, perché siamo arrivati alla situazione attuale.
    “È sabato – racconta Antonini -, e le sale della GeS non sono piene come al solito di attività. Il neo team principal discute animatamente con un gruppo di tecnici. Non sono motoristi. Non sono aerodinamici. Non sono telaisti. Sono idraulici, sono gli operai venuti a riparare i bagni di Maranello. E MB (come lo chiamano tutti, ormai, sul lavoro e anche fuori) li sta catechizzando sull’uso dei sifoni e il montaggio dei rubinetti”.
    E dopo i fatti, il commento, sempre di Antonini: “Ora, è comprensibile che un dirigente di squadra ci tenga alla struttura in cui lavora, tanto più che quell’edificio rosso e nero ha contribuito a disegnarlo (anzi, i maligni dicono che sia l’unica cosa che ha progettato in vita sua). Però si suppone che, arrivato al vertice, il capo della Ferrari F1 abbia altre cose a cui pensare. E invece questo episodio, quasi anedottico nella sua apparente irrilevanza, è l’icona di un atteggiamento che ha portato all’attuale situazione”.

    Il racconto, forse un po’ “romanzato” di questo episodio, serve all’ex addetto stampa Ferrari per arrivare ad affermare che “a tradire Binotto è stato soprattutto Mattia“. E questo perché dal momento in cui Binotto ha occupato quel ruolo, la Ferrari non ha più avuto un vero direttore tecnico. La direzione del team, quella dell’ufficio tecnico ma anche la comunicazione, erano tutte nelle sue mani.
    “Ma oggi – aggiunge Antonini -, nel giudizio (quello esterno, almeno) pesano soprattutto le indecisioni del muretto, l’incapacità di portare a casa il mondiale con una monoposto uscita vincente dalla matita del gruppo di lavoro. Se mi permettete, ho un punto di vista un po’ trasversale. Il male della Ferrari non è uscire con le gomme da bagnato sulla pista asciutta. Quello, col tempo, si può mettere a posto. Il male della Ferrari è sbagliare le gomme e poi, in debriefing e nelle interviste, avere qualcuno che sostiene che in fondo non era la decisione sbagliata. Mettere a posto quello è un po’ più difficile”.
    Infine, il giornalista di FormulaPassion, chiude il suo articolo con un commento su quello che viene indicato da (quasi) tutti come l’uomo che prenderà il posto di Binotto: “Puntare su Fred Vasseur – al termine di una serie incredibile di rifiuti [ LEGGI QUI ] – è una scelta in apparenza strana. Un uomo vicino a Tavares e al gruppo Stellantis, che rafforza l’impressione di una Ferrari controllata da una dirigenza più francese che italiana. Ma anche un uomo dalle abitudini lavorative ben diverse da quelle di un Todt o di un Binotto, disposto anche a dormire in azienda, mentre Vasseur in Svizzera divideva il suo impegno F1 con le tante attività esterne, dalle categorie minori alla Formula E. Soprattutto, però, mi chiedo che succederebbe, a livello di immagine, se il Milan, la Juve, il Napoli o l’Inter restassero senza allenatore e si rivolgessero – senza offesa! – a quelli di Cremonese e Sampdoria”. LEGGI TUTTO

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    Ferrari, un 2022 che ha il sapore della sconfitta

    Con una situazione in Gestione Sportiva tutt’altro che definita, la Ferrari in questi giorni dovrà per forza di cose fare i conti con la stagione 2022. Se il secondo posto nei Costruttori è il miglior risultato dal 2018 a questa parte, i più di 200 punti di distacco rimediati da Red Bull sono un segnale negativo da non sottovalutare.
    La vettura: competitiva, ma l’affidabilità è un problema
    La Ferrari ad inizio stagione era riuscita in un’impresa che non riusciva dai tempi d’oro di Sebastian Vettel: mettere in pista una vettura competitiva sin dalla prime gare. Le vittorie di Leclerc a Sakhir e Melbourne e le parole al miele del monegasco per la F1-75, definita una “Bestia”, hanno certamente contribuito ad alimentare le speranze dei tifosi.
    Attenzione, perché il bilancio di quattro vittorie totali a fine 2022 è quantomai bugiardo: la Rossa è sembrata veramente in difficoltà solo a Spa e Città del Messico. In tutti gli altri appuntamenti, anche dove non è arrivato, il podio è sempre sembrato comunque a portata di mano.
    Un fattore chiave che è sicuramente mancato è stato l’affidabilità. Le power unit in fumo in Azerbaijan e Spagna hanno rappresentato colpi importanti al morale di Leclerc, stoppato in entrambe le occasioni mentre stava guidando i GP senza problemi. Nella seconda parte di stagione, poi, i nodi sono venuti al pettine, con tante sostituzioni di componenti che hanno pregiudicato le qualifiche di entrambi i piloti. Ritrovata la prestazione, dunque, ora si tratta di effettuare tutti gli accorgimenti necessari per avere costanza di rendimento anche dal punto di vista dell’affidabilità.

    Il team: occorre una regolata
    Al netto del Binotto in o Binotto out, il 2022 ha messo in mostra i veri limiti di questa Ferrari. E uno, duole dirlo, è stato il muretto box. Questo non vuole per forza essere un attacco al team principal; è logico e per certi versi giusti che sia lui a fare da parafulmine, ma spesso è apparso poco aiutato anche dalle persone intorno a lui.
    A partire, ovviamente, dalle che operano al pitwall. Nessuno vuole versare ulteriore sangue su una ferita aperta da mesi (se non anni), ma non è matematicamente possibile sbagliare tutte le scelte strategiche in un campionato. Eppure, è questo quello che è sembrato accadere alla Ferrari in questo 2022! Monaco, Silverstone, Le Castellet, Budapest, fino al “capolavoro” della qualifica a Interlagos: sono gli episodi più macroscopici, ma che, inutile girarci intorno, hanno capovolto l’andamento della stagione.
    Perché se, da un lato, la Ferrari era in lotta per il titolo, almeno fino alla pausa, i risultati negativi molto spesso sono stati causati da scelte a dir poco scellerate. Inaki Rueda, lo stratega, spesso ha toppato clamorosamente, senza che nessun provvedimento nei suoi confronti fosse mai preso. E questo apre un altro argomento: la Dirigenza deve farsi sentire sul serio, perché ad oggi la Ferrari sembra essere una squadra senza… “testa”.
    I piloti: Leclerc un fenomeno, Sainz bravissimo, ma ora serve chiarezza
    I piloti Ferrari sono forse l’argomento su cui è già stato detto e scritto praticamente tutto. Che Leclerc sia un fenomeno ormai è un dato acclarato; che a Sainz manchi qualcosa per pareggiare il talento del monegasco ma sia comunque un ottimo pilota, anche.
    Casomai, quello che è mancato spesso è stata la chiarezza di intenti nei loro confronti, e la gara di Silverstone ne è stato l’esempio più fulgido. Tradotto in parole semplici: si può puntare al Mondiale con entrambi i piloti solo se la vettura è nettamente superiore alle altre, vedi Mercedes nel periodo Hamilton-Rosberg. Altrimenti, occorre stabilire delle gerarchie, e deve essere la pista a parlare, e non sponsor o clientele varie. Nel 2023 occorrerà da subito un discorso chiaro e diretto con entrambi, per evitare episodi poco piacevoli che possono pregiudicare l’esito della stagione.
    In conclusione, viene da dire che il 2022, al contrario di quanto affermato spesso anche da Binotto, ha il sapore amaro della sconfitta. Che resti il manager reggiano o che venga sostituito, l’importante sarà analizzare cosa non ha funzionato e cercare di risolvere i problemi, altrimenti il rischio è quello di restare a bocca asciutta anche negli anni a venire. LEGGI TUTTO