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    Hyundai sprint sull'elettrico: stop allo sviluppo dei motori termici

    L’obiettivo di Hyundai non è certo un mistero: produrre 1 milione di auto elettriche vendute in tutto il mondo nel 2025 e 1,7 milioni nel 2026. Ma per fare questo c’è bisogno di accelerare i lavori e serve una riorganizzazione profonda. Ed è così che si fanno sempre più nette le posizioni della Casa sudcoreana sui suoi progetto elettrico e sullo sviluppo dei sistemi fuel cell.
    A essere coinvolto è soprattutto il reparto sviluppo e ricerca motori termici di Namyang, nome celebre nella sua lettera iniziale perché presente sulle sportive Hyundai N. Secondo quanto riportato dai media coreani, il Business Korea e il The Korea Economic Daily, il 17 dicembre scorso è stata chiusa l’attività di sviluppo di nuovi motori endotermici, per spostare i tecnici sui progetti legati all’elettrificazione.
    Sviluppo dei motogeneratori del futuro, sviluppo di nuove celle per le batterie, a questi compiti lavoreranno i 12 mila addetti del centro Ricerca e sviluppo riconvertito.
    Riassetto manageriale
    Rumours supportati da fonti interne, dopo che proprio il 17 dicembre il Gruppo Hyundai ha presentato un profondo riassetto manageriale che, tra gli altri, ha visto l’uscita di Albert Biermann da direttore del centro Ricerca e sviluppo, per diventare consulente esterno Hyundai. Biermann ha lavorato anche alle Hyundai N, portando un bagaglio di competenze di valore, provenienza BMW M.
    La vendita continua
    I programmi di Hyundai sull’elettrificazione, così come di KIA, sono noti e guardano a un futuro da marchi solo elettrici. Lo stop all’attività di sviluppo nel centro dedicato ai motori endotermici certo non comporta il taglio istantaneo dell’offerta Hyundai endotermica. Anche altre case sono state indicate allo stop dello sviluppo di nuove famiglie di motori benzina e diesel per concentrarsi sull’elettrico, in una proposta di unità tradizionali che continuerà affiancando la sempre più ampia fetta di elettrificazione proposta in gamma.
    Secondo il The Korea Economic Daily, infatti, un piccolo gruppo di tecnici del reparto R&D di Namyang sarebbe rimasto per adattare gli attuali motori termici negli anni a venire. Va detto come Hyundai-KIA sia reduce da un recentissimo passato di innovazioni sostanziali sui propri motori benzina, come ad esempio l’1.6 T-GDI, proposto con una raffinata soluzione di controllo della durata di apertura variabile delle valvole.
    Auto elettriche: i modelli con più autonomia (in autostrada) LEGGI TUTTO

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    In MotoGp spunta il “grazzie” di Ronaldo: il tweet è virale

    Cristiano Ronaldo ha lasciato sì la Juve e l’Italia, ma il suo “Grazzie” continua a far parlare. L’addio sgrammaticato è diventato un vero e proprio tormentone. Dai tifosi della Juve che lo hanno salutato con un ironico “Preggo”, allo stesso club bianconero che prima della partita contro l’Empoli ha postato una story, successivamente rimossa, con su scritto “Biannconeri”, lo “stile” Ronaldo ha fatto strada. E ne ha fatta talmente tanta che dal mondo del calcio, il tormentone ha raggiunto il mondo dei motori. Sul proprio profilo twitter, il team Gresini Racing si è complimentato con Aleix Espargaro per il podio conquistato nel Gran Premio della Gran Bretagna, scegliendo proprio di “emulare” CR7: “Grazzie Aleix”, questo il messaggio per il pilota spagnolo che ha regalato il primo podio all’Aprilia.Sullo stesso argomentoJuventusCristiano Ronaldo e gli errori nel saluto alla Juve che scatenano il web LEGGI TUTTO

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    F3, Jack Doohan correrà con Trident: nel team anche David Schumacher

    ROMA – Scumacher, Alesi, Verstappen, Rosberg: il mondo della Formula 1 – e anche delle categorie inferiori – è pieno di figli d’arte, di talento che si tramanda di padre in figlio. Ma non sono molti i giovani che, pur seguendo la carriera motoristica dei padri, scelgono di rompere la tradizione; l’esempio è quello di Jack Doohan, erede del campione a due ruote capace di dominare la categoria conquistando cinque titoli iridati consecutivi in 500 negli anni ’90, che ha deciso di correre ma con le auto. Più precisamente in Formula 3 con il team Trident, lo stesso per il quale sarà impegnato David Schumacher, figlio di Ralf e nipote di Michael.

    Il figlio del campione pronto a stupire
    Jack Doohan ha partecipato nel 2018 al campionato britannico di F4 conquistando tre successi, dodici podi e sette giri veloci. Nel 2019, poi, il passaggio nella F3 Asian, con cinque vittorie e tredici piazzamenti a podio mentre il 2020 lo ha visto esordire nel Fia Formula 3 Championship con la scuderia Hwa, senza realizzare punti. Adesso la grande chance con Trident, un motivo d’orgoglio anche per il team come sottolineato dal team manager Giacomo Ricci: “Per noi è un orgoglio poter lavorare con Jack, figlio del fuoriclasse del motomondiale Mick.Siamo estremamente soddisfatti di poter confermare Jack all’interno del line-up del Team Trident nel FIA Formula 3 Championship. Nei post-season test svolti a Barcellona e Jerez nell’ottobre del 2020, il pilota australiano ha impressionato la squadra per la velocità con la quale si è adattato alla monoposto e ottenuto riscontri cronometrici di assoluto rilievo”, le sue parole.  LEGGI TUTTO

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    F1 2021: Lo squadrone dei motorizzati Mercedes fa davvero paura!

    La stagione di Formula 1 2021 si prospetta transitoria, interlocutoria. Un Mondiale, sotto certi aspetti, spento sul nascere dai fiacchi regolamenti tecnici ma che, sotto altri, può costituire una vera e propria sorpresa. Attenzione, quindi, a dare tutto per scontato e deciso.
    In attesa delle presentazioni delle vetture e dei soli (insufficienti) tre giorni di test collettivi in quel di Sakhir, possiamo ragionare attorno ad un dato che — in attesa di dar fuoco alle polveri — appare evidente. Il dato è presto detto: il teorico strapotere dei motori Mercedes.
    La Casa della stella a tre punte ha allestito un autentico squadrone. I motoristi di Brixworth, infatti, forniscono i propri V6 Turbo ibridi Mercedes M11 EQ Performance a tre scuderie che si issano o vogliono issarsi ai vertici delle classifiche: il Mercedes AMG Petronas F1 Team, il McLaren F1 Team ed il neonato Aston Martin F1 Team.
    La potenza di fuoco del team che affida le proprie monoposto a Lewis Hamilton e Valtteri Bottas necessita di ben poche presentazioni. Le Mercedes F1 W12 saranno, verosimilmente, le monoposto da battere. Difficile che le vetture tecnicamente curate tra Brackley e Brixworth palesino un tanto imprevedibile quanto clamoroso calo di prestazioni rispetto alle monoposto iridate del recente passato.
    L’Aston Martin F1 Team si pone subito all’attenzione. Un Marchio il quale, di certo, non è entrato in F1 solo per fare presenza, sebbene di Aston Martin non ci sia nulla. La scuderia, come noto, altro non è che il team Racing Point ma con nuovo nome. I piloti sono il confermato e in netta crescita Lance Stroll ed il quattro volte iridato Sebastian Vettel, reduce da una ultima annata in Ferrari a dir poco complicata. Una squadra, pertanto, che vuole giocare duro e ambire ai piani alti grazie al sempre più convincente canadese e al campione tedesco in cerca di rivalsa.
    La scuderia Racing Point ha condotto un 2020 da incorniciare. La controversa “Mercedes rosa” (ossia la Racing Point RP20-Mercedes) si è dimostrata vettura costantemente competitiva. Sergio Perez ha chiuso il Mondiale Piloti al 4° posto (125 punti), Lance Stroll all’11° (75 punti) ma ottenendo risultati sempre importanti. Nico Hulkenberg, infine, chiamato a sostituire in tre GP i piloti titolari (causa positività al Covid-19 dapprima di Perez, quindi di Stroll), è bravo a raccogliere punti preziosi e a centrare un ottimo 3° tempo in occasione del 70th Anniversary Grand Prix.
    Penalizzazioni alla mano, Racing Point ha totalizzato 195 punti, chiudendo al 4° posto il Mondiale Costruttori. Un risultato eccezionale.
    4 podi complessivi (compresa la vittoria di Perez al GP di Sakhir), 1 pole-position (Stroll, GP di Turchia): l’Aston Martin F1 Team riparte da questi exploit. Al livello tecnico, probabilmente, la nuova Aston Martin sarà l’ideale prosecuzione della già valida RP20.
    Mercedes, grazie ad un team dal nome altisonante e blasonato, ambisce a monopolizzare le prime posizioni di schieramento e gara.
    Il terzo asso in mano al motorista anglo-tedesco è rappresentato dalla McLaren. La scuderia di Woking merita un approfondimento a parte.
    La McLaren, abbandonando dopo tre stagioni i motori Renault, torna alle motorizzazioni Mercedes. Era il 1995 quando nasceva il sodalizio McLaren-Mercedes. I V10 Ilmor/Mercedes FO 110, in quell’anno, azionavano le McLaren Mp4/10, Mp4/10B e Mp4/10C. Il binomio McLaren-Mercedes partorisce tre titoli mondiali Piloti: Mika Häkkinen (1998-1999, McLaren Mp4/13 e Mp4/14) e Lewis Hamilton (2008, McLaren Mp4/23).
    Il sodalizio McLaren-Mercedes ha sinora prodotto 78 vittorie, 76 pole-position e 231 podi in 351 GP. La MCL35M — questo il nome della nuova vettura affidata in questo 2021 a Daniel Ricciardo e Lando Norris — saprà riallacciare quel vittorioso filo interrotto più di un decennio fa?
    Senza dubbio, la McLaren MCL35M è la vettura che, rispetto al 2020, mostra i più macroscopici cambiamenti. La monoposto nata sotto la direzione tecnica di James Key, infatti, è la sola in questo 2021 ad aver cambiato motorizzazione. Un cambiamento sostanziale, importante, profondo, finalizzato ad incrementare la costanza di rendimento di una vettura — la MCL35 del 2020 — in chiara crescita.
    La McLaren MCL35 costituisce la principale variabile del prossimo Mondiale di F1. Le aspettative sono alte ma non basta installare un motore vincente per tornare, appunto, a vincere. I temi da affrontare in fase progettuale sono molteplici: l’adozione di un nuovo propulsore, infatti, richiede sempre specifici adattamenti e altrettante integrazioni. La progettazione della MCL35M potrebbe aver richiesto più sforzi di quanto la sigla — in continuità col 2020 — possa fare immaginare.
    Mercedes, dunque, può fare affidamento su uno schieramento di vetture sulla carta assai competitivo. Alle Mercedes, Aston Martin e McLaren si aggiungono, infine, le due Williams, in lento ma progressivo miglioramento. Otto, dunque, le monoposto motorizzate Mercedes in questo 2021. Alle spalle della Mercedes, ecco la Ferrari, con sei vetture (2 Ferrari, 2 Sauber/Alfa Romeo, 2 Haas).
    Honda, al suo ultimo anno in F1 (per ora…), può avvalersi delle (sulla carta) competitive Red Bull RB16B affidate a Max Verstappen e Sergio Perez e delle Alpha Tauri AT02, scuderia reduce da un 2020 assai positivo.
    Renault, infine, fa affidamento solo ed esclusivamente sulle due Alpine A521 iscritte sotto le insegne dell’Alpine F1 Team e affidate rispettivamente al rientrante Fernando Alonso ed Esteban Ocon. La power unit Renault sembra non andare di moda tra le scuderie clienti benché abbia palesato, nel 2020, evidenti segni di miglioramento.
    La sfida numerica e tecnica, dunque, vede in vantaggio la Mercedes. Del resto, stiamo parlando di un motorista che, nell’ultimo decennio abbondante di F1, ha conquistato ben nove titoli Piloti con McLaren (2008), Brawn GP (2009) e Mercedes (dal 2014 al 2020).
    A Ferrari, Honda e Renault l’onore e l’onere di tentare di arginare, e piegare, lo squadrone Mercedes. LEGGI TUTTO

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    F1, Motori Ferrari clienti: una sola vittoria in 70 anni. Ora serve il salto di qualità!

    Le statistiche e la storia della Formula 1 sorridono alla Ferrari. La Casa di Maranello può esibire un palmares a dir poco ricco e ancora ineguagliato: record di titoli Costruttori (16), di titoli Piloti (15), di vittorie (238), di pole-position (228), solo per ricordare i principali.
    Un dato, tuttavia, colpisce all’occhio: i pochi risultati ottenuti attraverso la vendita dei propri motori ad altre scuderie. I motori Ferrari hanno colto, dal 1950 al GP di Turchia 2020, ben 239 vittorie. Solo una, tuttavia, è stata messa a segno da una monoposto “non Ferrari”. A siglare questa impresa è la Toro Rosso STR3, vincitrice con Sebastian Vettel del GP d’Italia 2008.
    Nel corso di tanti anni di attività, i motori Ferrari hanno azionato — oltre alle monoposto realizzate a Maranello — altre 15 scuderie.
    Le prime monoposto “non Ferrari” motorizzate Ferrari apparse in F1 sono le inglesi Cooper. In occasione del GP degli USA 1960, Pete Lovely è al volante di una Cooper T51 (team Fred Armbruster) spinta dal 4 cilindri in linea Ferrari 107. Nel 1966, Chris Lawrence partecipa ai GP di Gran Bretagna e Germania al volante di una Cooper T73 (scuderia JA Pearce Engineering) azionata dal V12 Ferrari 168/62.
    Nel 1991, il Minardi F1 Team adotta i V12 Ferrari. La Minardi M191 si rivela monoposto più che sufficientemente competitiva: Pierluigi Martini termina al 4° posto i GP di San Marino e Portogallo. La fornitura dei motori Ferrari alla Minardi si esaurisce già a fine 1991.
    Nel 1992, un altro costruttore italiano si rivolge a Maranello. È la Dallara, le cui monoposto sono gestite in esclusiva dalla BMS Scuderia Italia. La Dallara 192 si dimostra vettura sincera, soprattutto in gara, piazzandosi in molteplici occasioni nei primi 10 classificati. I punti iridati, tuttavia, arrivano in soli due GP: Martini chiude al 6° posto i GP di Spagna e San Marino. Il motore impiegato è il V12 Ferrari 037.
    A fine 1992, la Dallara abbandona la F1. La BMS Scuderia Italia, nel 1993, gestisce in esclusiva le Lola T93/30, affidate a Michele Alboreto e Luca Badoer. Il motore è il Ferrari 040, il V12 di 65° (3500cc, aspirato) impiegato, nel 1992, a bordo delle Ferrari F92A e F92AT. La stagione, per le Lola, è un disastro: la zona punti è “accarezzata” solo a Imola, corsa che Badoer termina al 7° posto, benché attardato di 3 giri.
    Nel 1997, inizia il sodalizio con Sauber. La Sauber C16, dunque, è la prima monoposto del costruttore svizzero ad essere equipaggiata con i plurifrazionati di Maranello. Dal 1997 al 2005, le Sauber sono azionate dai V10 Ferrari (3000cc aspirati), ribattezzati Petronas nelle versioni SPE-01, SPE-01D, SPE-03A, SPE-04A, 01A, 02A, 03A, 04A e 05A. In questo arco temporale, le Sauber-Ferrari ottengono 4 podi: Ungheria 1997 (Johnny Herbert, Sauber C16, 3° posto), Belgio 1998 (Jean Alesi, Sauber C17, 3° posto), Brasile 2001 (Nick Heidfeld, Sauber C20, 3° posto) e USA 2003 (Heinz-Harald Frentzen, Sauber C22, 3° posto).
    Sauber e Ferrari si riabbracciano nel 2010, all’indomani dell’interregno BMW-Sauber. In quel 2010, strano a dirsi, la scuderia elvetica reca ancora il nome di BMW Sauber F1 Team, sebbene la C29 sia spinta dal V8 Ferrari 056. Dal 2010, le monoposto realizzate dalla Sauber equipaggiano motori Ferrari: dal 2010 al 2013 V8 aspirati di 2400cc, dal 2014 ad oggi (compresa la recente e non esaltante era Alfa Romeo Racing, team nato nel 2019) “power unit” V6 di 1600cc Turbo-ibridi. Le Sauber-Ferrari ottengono altri 4 podi: Malesia 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 2° posto), Canada 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 3° posto), Italia 2012 (Sergio Perez, Sauber C31, 2° posto), Giappone 2012, Kamui Kobayashi, Sauber C31, 3° posto).
    Alquanto deludente si rivela il matrimonio tra i V8 Ferrari e lo Etihad Aldar Spyker F1 Team: un 2007 portato a termine con le non competitive Spyker F8-VII e F8-VII-B. Dalla Spyker alla Force India. Nel 2008, il neonato team sorto sulle ceneri di Jordan, Midland e Spyker schiera la non competitiva VJM01-Ferrari 056. È questa la sola monoposto anglo-indiana spinta da un propulsore di Maranello.
    Anche la Red Bull — scuderia che ha legato i propri successi iridati ai V8 Renault — adotta, per una sola stagione, i V8 Ferrari. Lo fa nel 2006, secondo anno di attività del team sorto sulle ceneri di Stewart e Jaguar. La vettura è la saltuariamente competitiva RB2. David Coulthard centra il 3° posto in occasione del GP di Monaco.
    Da Red Bull a Toro Rosso il passo è breve. La scuderia italiana nell’orbita Red Bull ha proposto, in più occasioni, vetture azionate da motori Ferrari. Le STR2 (2007), STR2B (2008), STR3 (2008), STR4 (2009), STR5 (2010), STR6 (2011), STR7 (2012), STR8 (2013) e STR11 (2016) vengono azionate da propulsori realizzati a Maranello, dapprima V8 aspirati, quindi V6 Turbo-ibridi.
    Nell’era delle power unit Turbo-ibride anche Marussia e Haas hanno fatto e fanno affidamento su motori realizzati a Maranello. La Marussia lo fa nel biennio 2014-2015 (modelli MR03 e MR03B), la Haas impiega ininterrottamente PU Ferrari a partire dal 2016, anno del debutto della scuderia americana in F1 (i modelli impiegati sono le VF-16, VF-17, VF-18, VF-19 e VF-20, tutte vetture realizzate dalla Dallara).
    I motori clienti Ferrari, dunque, hanno spinto e continuano ad equipaggiare monoposto generalmente non di prima fascia o team ancora in fase di crescita (vedi il caso della Red Bull). Team e costruttori volenterosi e preparati, spesso icone della F1 e del motorsport più in generale (Minardi, Dallara, Lola, Sauber su tutti), ma sovente non in grado di ambire (almeno con continuità) al vertice delle classifiche.
    È, questo, un tasto dolente di casa Ferrari: il non aver mai creduto realmente nei team clienti. La storia ci racconta di motori Renault, Mercedes e Honda (solo per citare i motoristi attualmente impegnati in F1) vincenti e altamente competitivi anche grazie a vetture “non Renault”, “non Mercedes” e “non Honda”.
    Basti pensare, guardando al presente, alla Racing Point (prossima Aston Martin), sempre più competitiva anche grazie ai motori Mercedes. O alle PU Renault, in questo 2020 pimpanti a bordo delle McLaren MCL35 e Renault R.S.20. McLaren che, dal 2021, arricchirà la batteria di motori Mercedes: probabile assistere, l’anno prossimo, ad una ulteriore crescita tecnica del team di Woking.
    Solo negli ultimi anni, Ferrari ha iniziato ad investire in modo più mirato nei team clienti attraverso una più estesa fornitura dei propri motori. È necessario, tuttavia, compiere un ulteriore salto di qualità. Come? Cercando di fornire team già di prima fascia.
    Red Bull e Alpha Tauri, in tal senso, costituiscono un ghiotto boccone. Orfane dei motori Honda, le due importanti scuderie (come abbiamo visto, già partner di Ferrari nel recente passato) sono alla ricerca di un fornitore di motori. Renault, Mercedes, Ferrari: in tre a sfidarsi su questo fronte.
    La scelta, probabilmente, è già stata fatta. Una Red Bull-Ferrari rappresenterebbe, dopo la opaca esperienza del 2006, un ottimo colpo da parte del Cavallino: sì fornire un diretto concorrente al titolo, ma fornire un team, appunto, che ambisce all’iride. E vincere, anche solo fornendo i motori, è sempre cosa buona e giusta. L’immagine della Ferrari ne gioverebbe.
    Haas e Sauber/Alfa Romeo Racing, salvo clamorosi guizzi di futura competitività, non bastano. Alla Ferrari serve un secondo asso da giocare, un secondo team vincente mediante il quale poter sfoggiare la propria ricerca motoristica.
    Red Bull e Alpha Tauri motorizzate Ferrari: un matrimonio che s’ha da farsi. LEGGI TUTTO