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    Dakar, furia Sainz: “Non siamo tutti stupidi”

    Trecentotrentatré chilometri intorno ad Ha’il, i primi davvero “di gara” della Dakar 2022, sono stati sufficienti a scrivere una parola definitiva sulle speranze Audi di puntare a un gran risultato al debutto. Se per Stephane Peterhansel è stato un cedimento della sospensione posteriore sinistra a far accumulare minuti e minuti, fino oltre un’ora, di ritardo, nel caso di Carlos Sainz – sorte condivisa con Mathias Ekstrom, e non solo – è intorno alla navigazione che si concentrano le polemiche.
    Alla fine della speciale, 2 ore e 21 minuti di ritardo (15 minuti dei quali di penalizzazione per essere uscito dalla PS) decretano il “calate il sipario” sulle ambizioni di brillare.
    Va detto come il punto intorno al chilometro 250 della prova speciale, sui 333 km cronometrati, abbia tratto molti piloti esperti in inganno, tra le auto come tra le moto – ben 5 centauri si sono persi – senza contare i quad e i camion. 
    Cercando il waypoint
    Già l’edizione 2021 della Dakar aveva visto Sainz essere molto critico con gli organizzatori e le “sfide” della navigazione, definendola una “gimkana”.
    Il tema si ripropone oggi, già alla prima frazione, che salva Al Attiyah e Loeb ma pare destinato a tracciare un copione piuttosto scontato sul prosieguo del rally raid.
    “Chiaramente non è stata una buona giornata, sono molto deluso della tappa. C’era un punto in cui dovevi seguire una direzione 10 gradi, invece in quel punto anziché che puntare verso direzione 10 gradi ti ritrovavi a puntare direzione 300. Pensavamo che ci fosse un errore e siamo andati avanti e indietro più volte”, ha spiegato Sainz una volta al bivacco.
    “C’era un numero enorme di macchine, moto e quad che hanno fatto la stessa cosa. Sono molto deluso. In quanti si sono persi? O siamo tutti molto stupidi, oppure… 
    Non siamo stati in grado si trovare il waypoint e, io come molti altri, non abbiamo capito cosa stesse succedendo”. 
    L’è tutto sbagliato
    Lo stesso Al Attiyah, nel commentare la giornata, ha spiegato il passaggio decisivo della speciale, l’interpretazione alle note data da Mathieu Baumel, la scelta di non seguire i segni sul terreno di chi era passato prima, tutti a puntare una direzione sulla destra, piuttosto, andare a sinistra. Sebastien Loeb, con il buggy BRX, “a ruota”, è stato l’unico ad arginare il gap, solo 12 minuti. 
    Un Sainz che non ha mancato di criticare l’organizzazione per le scelte fatte sulla navigazione e scritte sul roadbook: “Peccato, perché se sono in molti a commettere lo stesso errore, vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato. Non siamo tutti stupidi”. Un episodio che manda in secondo piano le prestazioni, confortanti, del buggy Audi RS Q e-tron: “Ci sono stati dei piccoli problemi ma nulla di importante, niente in confronto a quel che è successo dopo”. LEGGI TUTTO

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    Dakar 2022, quante sfide nel deserto

    Una bolla nel deserto, in attesa si scateni l’inferno. E non di sabbia. La carovana della Dakar, 3.500 persone, quelle che sono riuscite a superare le insidie del virus e i controlli resi ancora più ferrei dalla nuova ondata in atto, è tutta concentrata a Jeddah sulle sponde del Mar Rosso, qualche settimane fa già palcoscenico della Formula 1, pronta a mettersi in moto per l’avventura che da quarantaquattro anni affascina il mondo. “La Corsa nel deserto”, la sfida estrema tra l’essere umano, i suoi mezzi cittadini e la natura selvaggia che per il terzo anno di fila sarà quella delle dune dell’Arabia Saudita.

    Il programma della Dakar 2022

    Tutto quello che si muove su ruote, 2 o 4 che siano (moto, auto, quad e camion), è stato sottoposto alle verifiche di rito. Poi, all’alba del primo giorno del nuovo anno il prologo, più di 800 km fino ad Hail. A seguire, dal 2 fino al 14 gennaio sono in programma 12 tappe, 1 solo giorno di riposo: in tutto 8.375 km, di cui 4.258 km fatti di speciali e i restanti 4.117 di trasferimento. Ma non sarà una Dakar come le altre. Per tanti motivi. Il primo, il più importante, per quanto conti davvero da queste parti, è che l’edizione 2022 è già entrata nella storia grazie alla partecipazione di Mashael Al-Obaidan e Dania Akeel: le prime donne dell’Arabia Saudita a prendere parte al raid con i rispettivi buggy. Qualcosa di epocale in un Paese che fino al 2018 ammetteva alla guida per legge solamente gli uomini!

    Che poi generi degli altri effetti culturali è tutto da vedere, ma è sempre meglio di niente.

    Chi sono i favoriti nelle moto

    E tornando sul versante sportivo, anche qui si giocano partite che vanno al di là di quella che sarà la semplice vittoria. Perché se dal fronte moto il duello Honda-KTM è abbastanza, come dire, tradizionale, con gli austriaci che hanno puntato tutto sull’ex MotoGP Danilo Petrucci, animati come sono dalla voglia di riscatto dopo due stagioni di trionfi giapponesi e riprendersi quel dominio che durava da inizio anni 2000; su quello delle auto siamo di fronte a una sfida globale.

    Auto, Audi lancia la sfida elettrica

    Sfida industriale, tecnologica, meccanica, oltre che personale tra piloti di assoluto livello. Il debutto dell’AUDI alla Dakar con la sua astronave a tre motori elettrici e uno termico per ricaricare le batterie, apre infatti una nuova era nella corsa-avventura tra le dune. Dopo i trionfi nel rally, nell’endurance e in Formula E, la Casa di Ingolstadt si è tuffata nel deserto perchè ci ha visto – anche grazie alle modifiche del regolamento, ruote più grandi e sospensioni con maggiore escursione, per ridurre al minimo il rischio di forature – il nuovo laboratorio dove sperimentare le sue avanzatissime tecnologie d’avanguardia. E non a caso sulle sue tre RS Q e-tron saliranno il meglio della generazione attuale di piloti, dal re del deserto Stèphan Peterhansel – Sua Maestà 14 Dakar – e Carlos Sainz, oltre a Mattias Ekstrom. Ma il “Dream Team” AUDI non troverà tappeti rossi nel lungo viaggio che lo riporterà sul traguardo di Jeddah.

    Toyota punta sull’esperienza

    Perchè la concorrenza è tanta, di livello pari alla qualità degli sfidanti ma con più esperienza sulle spalle, almeno come mezzi. Al Attiyah, l’altro principe delle dune, infatti è pronto a riprendersi lo scettro lasciato lo scorso anno nelle mani dei buggy MINI. Convinto com’è che il suo Toyota Hilux T1+ del team Gazoo Racing abbia tutte le carte in regola per respingere la sfida del colosso tedesco rappresentante del Gruppo Volkswagen, rivale sui mercati di tutto il mondo. Il terzo incomodo, con tutto il rispetto per l’incomodo, è mr. Rally (9 titoli di fila) Sebastien Loeb che dal 2016 insegue la prima vittoria alla Dakar senza centrarla e quest’anno a bordo del protipo BRX Hunter troverà accanto a sè un nuovo navigatore al posto del fidato Daniel Elena, il belga Fabian Lurquin.

    MINI, gli outsider

    E la MINI? Ha affidato una delle ALL4 alla giovane pilota spagnola Laia Sanz coadiuvata dal navigatore italiano, Maurizio Gerini. Oltre la bolla, che l’avventura abbia inizio. LEGGI TUTTO