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    Brembo celebra la carriera di Sebastian Vettel raccontando le sue gesta

    Per celebrare la carriera di Sebastian Vettel, Brembo ha voluto raccontare le sue gesta ripercorrendo tutti i suoi anni in Formula 1 in cui ha sempre corso con freni Brembo: 299 GP corsi, 52 vittorie, 57 pole position, 38 giri veloci e 122 podi.​Il suo cuore batteva forte per le auto, tanto che già a tre anni i genitori gli avevano preso un go-kart. Come tutti i bambini guidava per divertimento ma in cuor suo voleva salire i gradini che l’avrebbero portato ad avere il mondo ai suoi piedi. I suoi sogni di conquista non si sarebbero nutriti di armi, gli bastava il talento che madre natura gli aveva donato. E fu così che il 17 giugno 2007 Sebastian Vettel esordì in Formula 1. Un debutto sensazionale con il 7° posto in qualifica e l’8° in gara al GP Usa al volante della BMW Sauber dotata di freni Brembo.
    Quel giorno Vettel divenne l’unico Under 20 a punti in Formula 1. Un record che gli fu strappato 7 anni dopo, ma che mise tutti i rivali in guardia sulle capacità del ragazzo di Heppenheim. Otto mesi prima aveva appesa il casco al chiodo un certo Michael Schumacher, ritiratosi con un bottino di 7 titoli Mondiali, tutti cavalcando destrieri che per fermarsi utilizzavano gli impianti frenanti Brembo. L’impresa di Sebastian risvegliò l’interesse dei tifosi tedeschi ma anche in Italia, più precisamente a Faenza, a molti vennero gli occhi a forma di cuoricino. E fu così che, a partire dal GP Ungheria, la Toro Rosso lo ingaggiò: meglio averlo dalla propria parte uno con tali doti, invece che come nemico. L’adattamento alla nuova realtà non fu facile ma in Giappone il tedesco mise in mostra un mix di coraggio e intelligenza, portandosi al comando al 29° giro. Vettel aveva soltanto 20 anni 2 mesi e 27 giorni, quasi un anno e cinque mesi in meno del precedente primatista. Manco a dirlo, anche in occasione di quella conquista, Sebastian si affidava ai freni Brembo che hanno accompagnato l’intera esistenza della Toro Rosso.
    Da quell’istante il podio sembrava prossimo invece continuava a sfuggirgli per un nonnulla: fu 4° al GP Cina 2007 e 5° prima al GP Monaco 2008 e poi al GP Belgio 2008. Come in tutte le favole che si rispetti, l’attesa per l’ascesa era parte integrante del destino di Sebastian. A Monza, il 13 settembre 2008, approfittando della pioggia, Vettel riuscì a mettersi tutti alle spalle prima in Q2 e poi nella decisiva Q3. Appena 76 i millesimi di vantaggio, sufficienti a garantirgli il primato di più giovane poleman di tutti i tempi, record che detiene tutt’ora. Con lo scoccare della mezzanotte, molti credevano che la magia sarebbe svanita e i rivali ne avrebbero fatto un sol boccone. Contrariamente alle attese, però, il giorno dopo la sua STR3 motorizzata Ferrari non si trasformò in zucca, grazie anche alle abilità di guida di Sebastian che superò per primo la bandiera a scacchi. Prima di allora nessun Under 22 aveva mai vinto in Formula 1: Vettel ci era riuscito a 21 anni 2 mesi e 11 giorni, ancora oggi seconda miglior prestazione di tutti i tempi. Nel ravennate divenne un mito e Re Mateschitz lo invitò a corte, per portare in Austria la corona imperiale, impresa fallita da tutti i suoi predecessori. Con la Red Bull impiegò appena 3 gare per realizzare una seconda doppietta pole-vittoria. Presoci gusto, alzò l’asticella e tra il 20 e il 21 giugno 2009 conquistò la pole, vinse il GP Gran Bretagna e stabilì il giro veloce in gara. Il tutto ad appena 21 anni 11 mesi e 18 giorni.

    Lo scrigno dei preziosi del team che tra le varie armi annoverava le pinze Brembo cominciò a riempirsi e in campionato Seb finì secondo, ad 11 lunghezze da Jenson Button, gettando le basi per il dominio del successivo quadriennio. Eppure dopo il ritiro in Corea del Sud, per noie al motore, le sue chance di conquistare il titolo 2010 sembravano ridotte al lumicino. In classifica era infatti solo 4°, attardato di 4 punti da Lewis Hamilton, 14 dal compagno di squadra Mark Webber e addirittura 25 da Fernando Alonso. Ma poi, al termine di una cavalcata da batticuore con la RB6, schivò tutti gli attacchi dei rivali e riuscì ad aprire una breccia nella fortificazione nemica, vincendo in Brasile. Gli restavano 15 punti da recuperare, un macigno difficile da sollevare per un umano. Sebastian però si fece coraggio e con tutte le sue forze vinse pure ad Abu Dhabi, scavalcando tra squilli di tromba e rulli di tamburi gli avversari. Ai piedi del deserto, Vettel ascese al trono, a soli 23 anni 4 mesi e 11 giorni, diventando il più giovane sovrano nella storia della Formula 1. Il primo anno con il numero uno sulla carrozzeria fu un giubileo ovunque andasse: vinse 11 GP, conquistò 15 pole position e totalizzò 739 giri in testa, migliorando per entrambe le voci gli storici record stabiliti nel 1992 da Nigel Mansell.

    I suoi sudditi lo amavano sempre più ma ai confini dell’impero, in Emilia Romagna, un manipolo di rossi tramò per scalzarlo dal trono. Il colpo di stato fallì di un nonnulla, grazie alla prontezza di Sebastiano che in Brasile sventò l’ultimo assalto. Imparata la lezione, anche con l’aiuto del druido Adrian Newey, nel 2013 Sebastian rafforzò i confini dell’impero e fiaccò la resistenza con 9 (avete letto bene, nove) vittorie consecutive. L’abbuffata di prelibatezze riempì la pancia dei generali austriaci che sottovalutarono il rafforzamento dei vicini di casa, bravi a dotarsi di una nuova arma, il turbo, le cui immense potenzialità erano per lo ignote agli altri eserciti. Sebastian s’intristì perché in tutto il 2014 non fu nemmeno una volta primo, in qualifica come in gara. La storia aveva fatto il suo corso e anziché restare controvoglia alla Red Bull, cercò di accasarsi alla Ferrari, di cui era segretamente innamorato fin da bambino. Già allora il Cavallino rallentava le sue sfuriate montando dischi Brembo sugli zoccoli, come faceva dal lontano 1975, anche se ai tempi avevano meno di un centinaio di fori, a fronte degli oltre mille attuali. Al secondo appuntamento, in Malesia, nel 2015, si diedero il primo bacio, poi Sebastiano esplose in un urlo di gioia: «Grazie ragazzi, forza Ferrari». Quell’anno ci furono altre due effusioni amorose, in Ungheria e a Singapore. Sul 2016 meglio stendere un velo pietoso ma l’anno successivo le divergenze si appianarono. Assiso sulla sua SF70H Vettel conquistò prima l’Australia, poi il Bahrain, quindi il Principato di Monaco. Al cospetto del Principe Alberto II, forte di 25 punti di vantaggio, Vettel iniziò ad aspirare ad un quinto regno. L’illusione fu però cocente, malgrado un guizzo d’orgoglio in Ungheria e uno decisamente tardivo in Brasile.
    Il mondo era cambiato ma Sebastian continuava a nutrire fiducia incondizionata nella sua amata che a inizio 2018 lo ripagò con le scorribande in Australia e Bahrain. Prima di preparare la campagna d’Europa, bisognava però passare indenni la Cina e l’Azerbaigian. Trafitta dalle frecce d’argento a destra e a manca, l’armata rossa restò in inferiorità numerica e si trascinò stancamente per il resto della stagione. L’incantesimo si era rotto, il matrimonio del secolo non aveva funzionato nonostante l’innamoramento e la buona volontà di entrambi. Un ultimo sorriso, in Turchia, e a fine 2020 Sebastian prese la strada dell’esilio oltre Manica, dove era nato il nemico di tante battaglie.
    L’emergere dei giovani condottieri che aspiravano allo scettro di re Luigi sembrava aver ridimensionato il ruolo di Vettel. Invece, anche in Aston Martin, Sebastian tornò a confermare i suoi talenti, fino ad ottenere un ultimo podio, in Azerbaigian. A 35 anni suonati, dopo aver dettato legge per un quadriennio sull’intero pianeta, vinto in 21 circuiti siti ai quattro angoli del globo, conquistato pole in 23 tracciati ed essere salito sul podio in 26 località differenti, Sebastian ha scelto di rintanarsi nella sua dimora in Svizzera, guarda caso uno degli stati più neutrali di tutti i tempi. Le sue imprese resteranno nei libri di storia, dell’automobilismo. ​​ LEGGI TUTTO

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    MotoGP: allarme prestazioni, i piloti sono al limite

    TORINO – Houston, abbiamo un problema. Nella MotoGP sempre più simile a un razzo della Nasa, con i piloti che si trasformano in astronauti che tra pulsanti, mappe, abbassatori nella gestione a ogni uscita di curva lottano per tenere in terra belve scatenate che farebbero di tutto per decollare. Di più, farli decollare. Ecco quindi che ad Assen, nell’ultimo GP prima della lunga sosta estiva (cinque settimane grazie all’annullamento della Finlandia ma così agognate da ragazzi distrutti dalla fatica), dopo tanti allarmi lanciati dai protagonisti della pista sono arrivate le prime ammissioni e le prime risposte importanti. Obiettivo fermare il continuo progresso delle prestazioni delle moto, a fronte di una componente umana che deve gestirle e che si trova al limite delle forze e delle possibilità.
    Lo dice chiaramente Andrea Bergami, l’ingegnere di pista della Brembo, l’azienda bermamasca che fornisce tutte gli impianti frenanti della MotoGP, un un’interessantissio colloquio con Giovanni Zamagni su Moto.it. «La MotoGP sta diventando sempre più impegnativa – chiarisce subito Bergami -. Negli ultimi quattro anni c’è stato un incremento del 10% per ogni stagione dell’energia frenante. Abbiamo adattato i freni, ma siamo arrivati al limite fisco del pilota».
    Attraverso le colonne di As, il quotidiano sportivo spagnolo che l’ha intervistato, Carmelo Ezpeleta manda un messaggio alle Case, impegnate (tutte in scia alla Ducati di Gigi Dall’Igna che ha decisamente spostato l’asticella delle prestazioni più in alto) alla ricerca ossessiva di più potenza e velocità. Il gran capo della Dorna, la società che gestisce le due ruote mondiali, già alle prese con la grana dell’addio Suzuki (sta cercando di portare dentro la Bmw), vuole frenare lo sviluppo (e quindi i costi) anche pensando a uno spettacolo che senza sorpassi e corpo a corpo (impediti dall’aerodinamica e dalla prestazioni) si sta riducendo sempre più. «Stiamo lavorando su un nuovo regolamento per il 2027 – dice Ezpeleta, ricordando che fino al 2026 c’è un accordo di stabilità scritto e firmato da tutti -. Vogliamo moto meno veloci. Con o senza l’approvazione dei costruttori». Una svolta. Pesante. LEGGI TUTTO

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    Brembo nella storia del motorsport: numeri da record, nessun’altro come loro!

    In Italia, in Lombardia, nella provincia di Bergamo, c’è un piccolo fiume, affluente dell’Adda, che pochissimi conoscono come tale e che dà il nome ad una delle aziende italiane più famose del mondo: il fiume Brembo. E proprio la Brembo, leader mondiale negli impianti frenanti, celebra nel migliore dei modi la conclusione del 60° anniversario […] LEGGI TUTTO

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    F1, Ferrari: si rinnova la struttura tecnica e sportiva

    ROMA – La Ferrari ha comunicato l’ufficializzazione della nuova struttura tecnica e sportiva in vista della stagione 2021 di Formula 1. La gestione sportiva sarà ancora in mano a Mattia Binotto. A lui faranno capo Enrico Cardile (Chassis), Enrico Gualtieri (Power Unit), Laurent Mekies (Racing) e Gianmaria Fulgenzi (Supply Chain). Per quanto riguarda la direzione chassis, sarà a sua volta divisa in quattro compartimenti: Vehicle Concept (David Sanchez), Chassis Performance Engineering (Enrico Cardile), Chassis Project Engineering (Fabio Montecchi), Vehicle Operations (Diego Ioverno).

    Rinnovati accordi con Brembo e Radiobook
    La scuderia del Cavallino ha inoltre rinnovato due accordi commerciali. Il primo riguarda Brembo, fornitore di sistemi frenanti ad alte prestazioni, nonché di frizioni e altri componenti per il settore Racing, che sarà nuovamente technical partner della Rossa. Il secondo accordo è invece con Radiobook, il cui logo sarà presente sulle monoposto che saranno presentate a inizio marzo. LEGGI TUTTO