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    Le pagelle 2022 degli italiani: Jannik Sinner

    Jannik Sinner

    Tracciare un bilancio della stagione 2022 di Jannik Sinner è esercizio complicato. Tanti, persino troppi i fattori da considerare, tra infortuni ripetuti, cambi di rotta repentini, partite esaltanti e altre deludenti. Lui stesso in alcune recenti interviste considera la sua annata in modo ambivalente: da un lato la frustrazione per i troppi problemi fisici e la necessità di darsi del tempo per le importanti scelte tecniche fatte con il nuovo percorso avviato; dall’altro aver “tenuto” in classifica e aver migliorato il proprio andamento medio negli Slam e Masters 1000 in mezzo a una discreta “tempesta” non è qualcosa da buttare.
    I numeri come sempre non dicono tutto ma aiutano a capire i fenomeni. L’importante è analizzarli in profondità. Infatti se ci fermiamo ai dati principali del 2022 di Jannik, troveremo elementi negativi rispetto al 2021, annata di enorme crescita per l’altoatesino. Sinner nella stagione appena terminata ha vinto 1 torneo (il 250 di Umag) contro i 4 del 2021 (il 500 Washington, i 250 di Melbourne 1, Sofia, Anversa, segnò un record assoluto per un italiano sul tour Pro). Aveva chiuso il 2021 al n.10 del mondo dopo aver giocato un ottimo Master entrando al posto di Berrettini; il ranking di fine 2022 dice n.15, miglior italiano appena prima di Matteo ma con un -5 e il sorpasso da parte di altri emergenti (Rune, Auger-Aliassime, e pure Fritz).
    Altri numeri tuttavia sono in assoluta controtendenza e ci raccontano che nel 2022 Sinner, nonostante troppe difficoltà fisiche, ha avuto un rendimento migliore, o almeno più solido, nei grandi appuntamenti. Ha giocato complessivamente meno tornei (19, contro i 26 del 2021) chiudendo con 47 vittorie e 16 sconfitte, quindi una percentuale positiva del 74,6%; nella scorsa stagione era al 69% di vittorie. Inoltre ha migliorato nettamente il proprio percorso negli Slam e nei Masters 1000. Quest’anno ha raggiunto i quarti agli Australian Open (nel 2021 perse subito), confermato gli ottavi a Roland Garros, ha giocato i quarti a Wimbledon dove è stato due set avanti contro Djokovic (nel 2021 aveva perso all’esordio), ha disputato i quarti agli US Open (nel 2021 si fermò agli ottavi), e che quarti contro Alcaraz. Nei 1000 eccetto Miami, dove aveva disputato la sua prima finale di categoria, nel 2022 ha migliorato ovunque il proprio percorso. È però mancato l’acuto, come Miami 2021.
    Ultima categoria di numeri, quelle delle prestazioni tecniche, ossia il rendimento dei colpi. Cresciuto il numero degli Ace e dei doppi falli, con un’efficacia della battuta ancora lontano dall’essere ottimale; eccellente la risposta, dove è complessivamente l’ottavo al mondo nel 2022; straordinaria la resa di Jannik “under pressure”, ossia la somma dei numeri nelle fasi decisive (palle break trasformate e salvate, tiebreak vinti e set decisivi conquistati), è il secondo miglior tennista in stagione, nel 2021 era undicesimo. La conferma di quanto la testa di Sinner sia forte nei momenti delicati. La somma dei numeri, quindi, non è proprio da buttare e la possiamo sintetizzare in una parola: consolidamento
    Eppure… se dovessimo racchiudere l’intera stagione di Jannik in match, la scelta sarebbe facile e obbligata: US Open, quarti di finale vs. Alcaraz. Il match dell’anno a detta di tutti, una partita indimenticabile, tanto bella quanto crudele. Se l’azzurro avesse messo in campo quella prima di servizio esterna sul match point che tanti punti gli ha procurato nella partita, beh, sarebbe stata semifinale vs. Tiafoe, una partita tutt’altro che impossibile, con la prospettiva di ritrovarsi per il titolo Ruud, non Djokovic o Nadal. Una partita giocata in modo pazzesco, fatta e condotta da Jannik. Una partita che l’ha segnato terribilmente, tanto che la sua stagione si è di fatto chiusa lì. Non è riuscito a confermare il titolo a Sofia e giocare il suo miglior tennis in autunno, colpa dei “soliti” problemi fisici. Tuttavia, per capire cosa sia successo a Jannik nel 2022 è necessario riavvolgere il nastro della sua annata e tornare a Melbourne.
    Dopo la straordinaria presenza alle Finals di Torino, Sinner si è presentato nel 2022 con un programma ben definito: giocare tanto e vincere continuando il solido percorso di crescita pluriennale impostato con il coach di una vita, Riccardo Piatti. Si ostentava sicurezza, c’era la ferma convinzione che le meraviglie di fine 2021 potessero sbocciare in altre grandi vittorie nel 2022. Il servizio migliorato, un tennis di pressione sempre più stabile e solido, con l’arma “nuova” di quel diritto cross stretto improvviso che ha tagliato le gambe ai migliori rivali. In realtà, sotto um mare apparentemente calmo, forse covava una tempesta di cui non c’eravamo accorti.
    Sul centrale di Melbourne Sinner gioca una partita orrenda contro Tsitsipas nei quarti di finale. Stefanos vola, serve da Dio e chiude col diritto ogni palla. Jannik non la vede mai. Quella sconfitta è un detonatore. Sinner probabilmente stava riflettendo da tempo su cosa volesse essere “da grande”, forse non era del tutto convinto del piano impostato dal team Piatti, cercava qualcosa di diverso dal proprio gioco. Si becca il Covid e dalla sua Monte Carlo in febbraio fa sapere di aver interrotto il primo rapporto con Piatti. Boom. Si allena con Simone Vagnozzi, che diventa il suo allenatore, affiancato poi in estate da Darren Cahill, uno dei coach più stimati al mondo, che ha sposato con grande fiducia il “progetto” Sinner.
    Questa svolta è il vero fatto dell’annata di Jannik, una scelta così grossa che era scontato portasse mesi complicati, di assestamento, di novità. Di dubbi. Difficile giudicarla non conoscendo a fondo le motivazioni di questa rivoluzione. Di sicuro Sinner ha messo mano pesantemente al suo gioco, cercando un tennis meno ancorato dalla pressione “a-la-Djokovic” da fondo, spostando più in avanti il suo baricentro. Meno colpi prima di cercare l’affondo, meno tennis percentuale e più brillantezza. Solo il futuro ci dirà se questa sia stata la decisione giusta. È la sua carriera, la visione di se stesso e della sua vita. Evidentemente Jannik non era contento di quel che stava producendo, si è preso l’enorme rischio di cercare una via diversa. In alcune interviste aveva dichiarato di sognare un tennis più “divertente” e imprevedibile. Il futuro ci dirà se è stata la scelta giusta o meno, tutti ci auguriamo di sì. L’unica nota che mi permetto di scrivere, è che forse aspettare ancora un anno per “svoltare” sarebbe stata una scelta più prudente, per un fatto molto elementare: la seconda parte del 2021 aveva dimostrato che le novità e affinamenti introdotti con Piatti stavano funzionando benissimo (servizio, schemi nuovi, intensità). Dare a questo gioco ancora un anno per consolidarsi, e anche al fisico di formarsi di più, averebbe forse tutelato maggiormente il suo corpo dai troppi problemi sofferti, e avrebbe consolidato anche automatismi tecnici che nel corso del 2022 ha invece rivoltato. La sua incredibile elasticità innata e il suo senso geometrico per il campo erano esaltati dal “Sinner-a-la-Piatti”, era la scelta più efficiente per massimizzarne le abilità. Tutto è stato rimesso in discussione.
    Infatti molte sue sconfitte nel 2022 sono venute soprattutto per difficoltà fisiche, per scelte di gioco non efficaci (palle corte, discese a rete con tempo errato e posizione rivedibile, affondi affrettati e poca pazienza nel lavorare lo scambio col rovescio, poca efficacia al servizio con un movimento di nuovo cambiato) e per la mancanza di sicurezza nei “nuovi” automatismi. Vedremo che accadrà nel 2023. Lui nelle ultime interviste si è detto convinto di star lavorando molto bene sul proprio fisico. “Il gioco ce l’ho, la testa ce l’ho, ora devo mettere a punto la parte atletica per arrivare dove voglio”, questo il sunto del suo pensiero. Tutto giusto, anche se sul piano squisitamente tecnico del gioco, questa svolta ha portato finora più dubbi che certezze. Probabilmente in allenamento sente progressi importanti che necessitano solo di tempo per esplodere in colpi più incisivi e vincenti. Quando si mette mano pesantemente al gioco, serve tempo e pazienza. Un esempio: il Djokovic di fine 2009 e 2010, cambiò il diritto e il servizio, vivendo un’annata così così. Tutti sappiamo che è successo nel 2011…
    Come dicevamo all’inizio, il 2022 di Jannik ha visto troppe cose, troppi problemi fisici, troppa complessità per dargli risultati eccezionali, quelli che tutti noi sogniamo e gli auguriamo per il 2023. E poi, se mai a NY quel “maledetto” match point l’avesse chiuso, sarebbe stata prima semifinale Slam, forse prima finale, o addirittura primo Slam… e oggi staremmo stilando tutt’altro bilancio. Non dimentichiamoci mai che il tennis resta sempre uno sport di situazione, nel quale le sliding doors sono lì ad aspettarti ogni settimana. Auguriamo a Jannik di aver preso quella giusta, di lavorare in modo eccellente sul proprio corpo per giocare un 2023 sano e competitivo, facendo esplodere il suo talento fisico e tecnico in prestazioni da campione. Come a US Open. Come nei primi due set contro Djokovic a Wimbledon. Quello è il Sinner che ci esalta e ci piace.
    Voto al 2022 di Jannik Sinner: 6
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Le pagelle 2022 degli italiani: Matteo Berrettini

    Matteo Berrettini

    “Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia”. Chissà se Matteo Berrettini, amante delle letture di qualità, si è imbattuto in questa bella frase di Paulo Coelho pensando all’ennesimo diluvio affrontato nel suo travagliato 2022… Una pioggia improvvisa, violenta, battente, nessun ombrello o Anorak ti può riparare a dovere. Devi solo aspettare che passi la tempesta, per ripartire ancora una volta. Cercando di scacciare i mille pensieri negativi che tornano, anche se la ferita dentro sanguina copiosamente. Cercando di tornare in palestra e in campo ancor più motivato e “affamato” di rivincita, nonostante tutto.
    Parlare del 2022 di Berrettini è esercizio difficile e doloroso. Si sperava che dopo un bellissimo e altrettanto travagliato 2021, Matteo avesse chiuso il conto con la sfortuna, o almeno che peggio non potesse andare. Sbagliato. La stagione precedente era stata un incredibile otto volante, iniziata con un infortunio, proseguita con una crescita impetuosa culminata con la finale a Wimbledon, sino alla chiusura da incubo, il “crack” muscolare in campo alle ATP Finals di Torino. Quella da poco conclusa è stata persino più sfortunata. L’azzurro ha giocato solo 44 partite, saltando tre mesi in primavera (tutta la stagione su terra in Europa) per un’operazione alla mano, rinunciano last-second a Wimbledon per il Covid, giocando con un problema al piede in autunno, perdendo la possibilità di dare il suo meglio in condizioni indoor e nella finale di Davis. Peggio di così, davvero, non poteva andare.
    Per questo analizzare la sua stagione 2022 è quasi impossibile. Resta l’enorme rammarico per quello che avrebbe potuto essere, e non è stato. La dimostrazione l’abbiamo dall’Australian Open: nonostante le difficoltà, Matteo ha giocato soffrendo, lottando, vincendo, scrivendo l’ennesima pagina storica per il nostro tennis. Sarà stato sì e no al 60% del suo potenziale, ma non si è mai dato per vinto. Ha stretto i denti nei primi due match; al terzo turno ha battuto lo scatenato Alcaraz al super tiebreak del quinto set, mostrando attributi e freddezza da campione vero. Un successo che l’ha portato a dominare Carreno Busta e quindi sconfiggere Monfils, un’altra battaglia di cinque set. È approdato in semifinale, primo italiano nella storia tra i migliori quattro nello Slam a noi più ostico. Ha lottato anche contro Nadal, ma il tennis del formidabile mancino resterà sempre troppo complicato per le debolezze tecniche del romano.
    Quando inizi una stagione così, riuscendo ad ottenere un risultato incredibile senza essere nemmeno al meglio, pensi che la strada sia assolutamente in discesa. Purtroppo il destino si è messo di nuovo di traverso e ha gustato un anno che poteva diventare divino. Matteo ha scelto di giocare a Rio per conoscere il paese dell’amatissima nonna. Quarti di finale, Alcaraz sul “rosso” si è preso la rivincita. Niente di male, ci sta. Si vola in Messico, nella splendida Acapulco. Ma il suo torneo non è affatto radioso come l’incantevole baia sul Pacifico. Un problema lo forza al ritiro contro Paul. Niente di grave, dice lui, ma l’allarme rosso è già scattato. A Indian Wells contro Kecmanovic (un ottimo Kecmanovic) lotta, vince il secondo set al tiebreak, ma alla fine perde il match con alcuni errori non da lui. La settimana dopo c’è il secondo Masters 1000 statunitense a Miami, ma Matteo si ritira per un altro fastidio, stavolta alla mano destra. Dopo qualche giorno, i milioni di appassionati che lo seguono sui social restano impietriti vedendo sul suo profilo Instagram una foto sorridente, …scattata dal letto dell’ospedale. Si è operato alla mano. Tempi di recupero incerti. Sceglierà di saltare, a malincuore, tutta la stagione su terra battuta, Roma e Parigi inclusi. Troppo importante recuperare e non affrettare i tempi del rientro. C’è da difendere una finale a Wimbledon. Tanti punti. Ancora non sa che per la (sciagurata) decisione di Londra di non accettare i tennisti russi e bielorussi, ai Championships non verrano assegnati punti ATP e che quindi il suo prezioso bottino 2021 è già perso.
    Quel che nella pausa non si è fortunatamente smarrito è il suo tennis. Rientrato sull’erba di Stoccarda senza grandi aspettative, solo ritrovare il giusto feeling con il match, Matteo è imbattibile. Il servizio è già in grande spolvero, il diritto ci mette ben poco a ritrovare potenza e precisione. Anche la risposta è ficcante, entra nella palla con ottimo timing, e il rovescio in back funziona a meraviglia. Attacca la rete col classico approccio, chiude in sicurezza. Berrettini vince di slancio in Germania e difende il titolo al Queen’s. Solo vittorie per lui sui prati. Arriva a Wimbledon, ha il privilegio di calcare in allenamento il Centre Court con Rafa, altra perla indimenticabile – finora solo al campione in carica era concesso di inaugurare l’erba vergine del campo più iconico della disciplina. C’è fermento, Berrettini non più l’underdog col sorriso che uccide le suddite della Regina, è il secondo favorito del torneo alle spalle di Djokovic. Doccia fredda. È positivo al Covid. Non può giocare. Nuova mazzata che solo lui, con quelle spalle granitiche, può sopportare.
    Difficilissimo ripartire, ancora una volta, dopo la solita sfortuna pazzesca che continua a perseguitarlo, e qua non si parla nemmeno di infortuni, di preparazione, di qualche squilibrio tecnico che aggrava un fisico di cristallo. Questa è solo sfiga atavica. Sceglie di rientrare sul rosso di Gstaad, e pur giocando con poco ritmo si issa in finale, dove cede in tre set a Ruud. Questi continui stop and go li soffre, Berrettini per il suo fisico ha bisogno di continuità, ha bisogno di prendere ritmo e macinare match per affinare la condizione. Lo si vede volando in nord America. Gioca male, senza ritmo e buone sensazioni, i due 1000 (Canada e Cincinnati) rimediando due sconfitte immediate. Arriva a New York tutt’altro che in fiducia, e non gioca affatto il suo miglior tennis. Ma nei grandi tornei, Berrettini da campione trova il modo di superare momenti no e diventare tosto da battere. Soffre terribilmente negli ottavi contro Davidovich-Fokina, nei quarti c’è Ruud. Qua Matteo gioca forse la peggior partita del suo anno: Casper è in condizione eccezionale (farà finale, poteva diventare n.1 al mondo in caso di vittoria su Alcaraz), ma non si ha mai la sensazione che quel giorno l’azzurro potesse vincere. Le gambe non vanno, il servizio non fa la differenza, niente funziona. Sconfitta netta, poco da dire.
    Torna in Italia, a Bologna è tempo di Davis e Matteo c’è. Tre partite, tre vittorie convincenti. Si diverte in Laver Cup, nell’addio a Federer, quindi approda a Firenze, città del suo amato nonno. È accolto come un Re: Palazzo Vecchio, onorificenze, presenza allo stadio per la “sua” Fiorentina (anche se perderà contro l’Inter un match al cardiopalma). Purtroppo la sua presenza al nuovo ATP toscano dura solo un incontro, perso male contro Carballes Baena. Lui non accampa scuse, ma si vede che non è al meglio. Sapremo poi che un piede non va, lo tormenta. Lo vedremo benissimo a Napoli, dove continua a stringere i denti e vola in finale, dove un Musetti scatenato lo batte in due set, ma il romano era a malapena in grado di camminare, figuriamoci giocare il suo miglior tennis.
    Come è finita la sua stagione è storia troppo recente, e – tanto per cambiare – dolorosa. Assurdo criticarlo per aver giocato il doppio decisivo in Davis. Non c’erano alternative. Matteo accettando di giocare si è preso un grande rischio, con tutto da perdere. L’ha fatto perché è uno che non si tira mai indietro, ha il senso della squadra e della responsabilità. Ha perso ma ha dato quel che poteva. Purtroppo, come nel 2021, la sua stagione si è chiusa male, con una sconfitta immeritata.
    Dispiace terribilmente ritrovarsi a fare un bilancio stagionale così travagliato per un campione e splendida persona come Berrettini. Meriterebbe ben altro, poter esaltare il pubblico con il suo tennis così ricco di potenza e adrenalina senza continui infortuni e problemi. Per fortuna il nostro Matteo-nazionale ha spalle belle larghe, ha un vissuto importante costruito superando mille problemi fisici. Difficoltà che hanno forgiato il suo carattere e amplificato la voglia di rivalsa. E di vincere. “Sono fragile, non posso cambiare i miei geni ma posso lavorare per rafforzarmi e fare tutto il possibile per non infortunarmi” confessava Matteo in un’intervista. “Questo mi ha portato ad affrontarli con un altro spirito. Prima quando arrivava l’infortunio la prendevo male, mi deprimevo, ora no. Accuso il ‘colpo’ sul momento ma dopo qualche ora già sono mentalmente pronto a ripartire e lavorare per tornare ancora più forte. Cerco di analizzare quel che ho fatto e capire se qualcosa non l’ho fatto bene ed è stato questo che ha provocato l’infortunio. Alla fine è una realtà con la quale devo convivere”.
    “Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità”, così diceva Albert Einstein. L’augurio a Berrettini per le feste natalizie ormai alle porte e per il suo 2023 è quello di aver trovato la chiave per preservare al massimo il suo fisico. Non sarà mai un tennista da 80 partite stagionali, ma se riuscirà a restare sano nelle fasi importanti dell’anno ci farà divertire e potrà lottare per ottenere i risultati che merita. Berrettini è sceso in classifica, ma il suo tennis vale la top10 e soprattutto è competitivo per alzare i tornei più importanti. Anche gli Slam. Impossibile dare un voto “vero” a un’annata così storta. Ma con la storica semifinale a Melbourne, i due tornei vinti su erba e altri buoni risultati (finale a Gstaad e Napoli), quando è riuscito a giocare ha confermato di essere un grande tennista. Forza Matteo!
    Voto per il tribolato 2022 di Matteo Berrettini: 7
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Le pagelle 2022 degli italiani: Lorenzo Musetti

    Lorenzo Musetti

    “Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati”. Parole e musica di Michael Jordan, uno degli sportivi più forti e carismatici di tutti i tempi. Traslando questa frase dal basket al tennis, da uno sport di squadra a una disciplina individuale nel quale la squadra intorno resta elemento fondamentale, trovo che queste parole calzino a pennello per descrivere il fenomenale 2022 di Lorenzo Musetti. Talento. Lavoro. Intelligenza. Tre elementi necessari per eccellere, basilari nel tennis e nella vita del 20enne toscano, che nella stagione da poco conclusa è stato semplicemente l’azzurro già in top 100 cresciuto di più, passato dal n.59 ATP di fine 2021 all’attuale n.23 del ranking mondiale.
    Come sempre nel tennis, i numeri vanno saputi leggere ed interpretare. Il miglioramento di “Muso” infatti va ben oltre quei 36 posti in classifica scalati nel 2022, che l’hanno portato a un passo dall’eccellenza, i migliori venti tennisti al mondo. Il più trentasei e l’attuale numero 23 (guarda caso, quello iconico di Michael Jordan…) sono un importante riscontro aritmetico della crescita esponenziale del tennis di Lorenzo. Un tennis passato dall’essere delizioso manifesto della definizione di talento tecnico, braccio fatato, leggerezza e stile classico, a gioco assai più consistente, continuo, razionale. Vincente. Questo è il vero traguardo raggiunto da Musetti, il più importante, ben più dei due tornei vinti e delle molte posizioni scalate nel ranking.
    Il gioco di Lorenzo affascina, soprattutto gli amanti dei “gesti bianchi”, ma non solo. Se si guarda all’estero (esercizio sempre salutare quello di uscire della visione nostrana delle cose proiettandosi verso orizzonti diversi), tutti i più grandi esperti ed osservatori della disciplina da tempo osservano con la massima attenzione l’evoluzione di Musetti, anche più di quella di Sinner, Berrettini e compagnia. Nel 2022 per questioni personali ho parlato con diversi ex giocatori del Matteo-nazionale, ma nel corso della chiacchierata la domanda arrivava sempre, puntale: “Ma Musetti…”. Lorenzo ha un tennis troppo bello, vario e divertente per lasciare indifferenti. Musetti incarna il tennis nella sua purezza con i suoi movimenti eleganti, con quelle pennellate d’autore che disegnano traiettorie mai uguali, sorprendono e divertono. Musetti incarna l’ideale del tennis che più appassiona, per questo è un ragazzo molto seguito in tutto il mondo, un atleta che piace ed intriga. Un tennis esteticamente straordinario il suo, ma fino allo scorso anno ancora poco consistente, non continuo, con diversi limiti in più esecuzioni se spinto al massimo livello. Per questo nei (troppi) dibattiti su di lui, molti nutrivano dubbi sul percorso di crescita, sul coach Tartarini, sulla direzione da prendere. Dubbi che il suo 2022, soprattutto la parte conclusiva, hanno spazzato via. Lorenzo è maturato, ha inserito grandi novità nel suo gioco, diventato non solo bello ma anche assai più tosto ed efficace.
    C’è voluto del tempo, era scontato che la sua crescita sarebbe stata (e continuerà nel prossimo anno) più lenta. Quando hai tanto talento, molte possibilità, giochi con grande istinto “sentendo” la palla, le geometrie, le rotazioni, il campo, le vibrazioni intorno a te, non è affatto facile gestire in modo razionale tutti questi “impostori” e dare un ordine razionale che possa indirizzare il talento in risultati concreti. Tutti i grandi creatori di gioco maturano più tardi, hanno bisogno di tempo per sperimentare su se stessi situazioni e alternative, trovando un via. La testa di un creativo come Lorenzo vede in frazioni di secondo cose che noi normali tennisti nemmeno potremo immaginare. Un “Muso” deve lavorare tanto per domare istinti e portarli su schemi efficaci, senza castrare la sua fantasia ma facendola correre a tutta su binari sicuri. Questo è stato un lavoro lungo e difficile, tutt’altro che concluso, ma che nel 2022 ha portato i primi grandi risultati.
    La sua stagione è iniziata così così, la prima grande vittoria a Rotterdam su Hurkacz al secondo turno, in mezzo a troppe sconfitte e prestazioni ancora un po’ timide, nelle quali i suoi colpi parevano un po’ trattenuti, titubanti. Una prima fondamentale svolta è arrivata in Davis, in Slovacchia. Quel weekend che tanto ha tolto a Lorenzo Sonego, moltissimo ha dato a Lorenzo Musetti. Capitan Volandri l’ha buttato in campo nel match decisivo, il carrarino ha risposto presente, reggendo il peso del momento e trovando una vittoria in rimonta preziosissima per la nostra squadra e terribilmente importante per lui. Un successo che gli ha dato fiducia, non nell’immediato ma fondamentale per farlo maturare. Niente di buono infatti è successo nella trasferta sul cemento USA, ma al rientro, sulla terra in Europa, ecco i primi buoni risultati. Ancora a sprazzi, ma nel suo gioco si sono iniziati a vedere netti miglioramenti col diritto, sempre più veloce ed efficace, e nel servizio, più esplosivo – ma ancora poco continuo – con la prima palla. Quarti a Marrakech, una bellissima vittoria a Monte Carlo vs. Auger-Aliassime, con il Centre Court tutto in piedi ad applaudire una prestazione tecnicamente sontuosa. Al 1000 di Madrid passa le quali e vince 4 match di fila, prima di gettare la spugna vs. Zverev. Maledetto problema muscolare che lo costringe a saltare Roma. A Roland Garros rientra con poco tennis nelle gambe, va avanti due set vs. Tsitsipas e subisce la rimonta del finalista 2021 dello Slam “rosso”. Gli piovono addosso tante critiche “non regge”, ma il mormorio della gente è cieco, non riesce a vedere quanto quel diritto stia diventando ficcante, più anticipato e diretto sulla palla. Prima della sfortunata mini stagione su erba, si prende il titolo al Challenger di Forlì, lottando pure fin troppo, ma una vittoria è sempre salutare.
    La settimana del 18 luglio è una di quelle che ricorderà per tutta la vita. Amburgo, ex Master-Series, adesso ATP 500, torneo dalla grande tradizione e campi discretamente rapidi. Musetti vola. Regola uno dopo l’altro Lajovic, Ruusuvuori, Davidovich-Fokina, l’emergente Cerundolo in semi e quindi alla domenica si ritrova all di là della rete Carlos Alcaraz, il fenomeno. È semplicemente la partita più bella del 2022. La vince Lorenzo, un film drammatico e tecnicamente bellissimo, in tre set. Quel match meriterebbe un articolo a se stante, per rivivere emozioni clamorose. È il primo torneo ATP in carriera, vinto contro quello che diventerà presto n.1, giocando un tennis eccezionale. L’ennesima conferma che nelle grandi occasioni il suo talento non si deprime, ma esplode. Sente il momento, il pubblico, il rivale, e si esalta.
    Sul cemento in nord America non ottiene granché, ma il lavoro eseguito sul veloce paga straordinari dividendi dopo US Open, in autunno. Lorenzo cambia passo. Il suo gioco diventa sempre più sicuro, veloce, efficace. La prima palla schizza verso le stelle per percentuali, e oltre ai numeri gli porta punti importanti e decisive aperture di campo per entrare forte col diritto. Un diritto diventato assai più stabile, con uno swing più corto, più diretto nella palla e una chiusura splendida, con la palla che esce veloce e sicura. Servizio e diritto cresciuti notevolmente, a sostenere le sue meravigliose sbracciate e cambi di ritmo col rovescio. Ancora troppe palle corte rischiate, qualche momento di confusione tattica, ma niente a che vedere con il tennista titubante, difensivo e attendista di pochi mesi prima. Grazie a questo tennis più rapido e gesti meno ampi, la posizione in campo è meno arretrata, e anche la risposta è migliorata, pur restando la fase meno efficace del suo gioco. Un gioco che lo porta alle semifinali a Sofia, semifinali a Firenze, al titolo a Napoli battendo Berrettini in una finale tutta azzurra. Arriva nei quarti a Bercy, dopo aver battuto Cilic, Basilashvili e soprattutto demolito Ruud, prima di arrendersi a un Djokovic troppo forte. In Davis non brilla, ma ci sta dopo una cavalcata così importante.
    Ci sarebbe ancora tantissimo da scrivere, ma mi fermo qua. Musetti ha vissuto un 2022 notevole, ma sottolineo ancora che più dei risultati è stato lo scatto in avanti nel gioco ad essere la sua vera vittoria. Nel novembre del 2021 Tartarini durante le NextGen Finals disse in sintesi “dobbiamo dare razionalità al suo gioco, deve fare meno cose e farle al meglio”. Missione compiuta. Adesso è necessario continuare su questa strada, rafforzando anche la seconda di servizio e soprattutto l’efficacia e continuità in risposta. I migliori servono benissimo, la risposta di Lorenzo deve esser molto di più di una sicura rimessa in campo, deve permettergli di non perdere campo e porre già problemi al rivale. Il suo obiettivo per il 2023 è continuare il miglioramento, entrare nella top20 e puntare alla seconda settimana negli Slam. Con il suo talento, l’intelligenza dimostrata da tutto il suo team, e la voglia di lavorare che non gli manca, nessun risultato gli è precluso. Nessuno. 
    Voto al 2022 di Lorenzo Musetti: 8
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Le pagelle 2022 degli italiani: Lorenzo Sonego

    Lorenzo Sonego

    Più di un voto, è un’immagine la miglior descrizione del 2022 di Lorenzo Sonego: un suo ritratto pensieroso, in chiaroscuro. Il piemontese ha vissuto una stagione complicata, che l’ha visto scivolare dal n.27 di fine 2021 all’attuale n.45. Meno 18 posizioni, caduta arginata dalla fondamentale vittoria all’ATP 250 di Metz, al quale era entrato da n.65 nel ranking. Un successo che insieme alla splendida, gladiatoria prestazione in Davis a Malaga ha letteralmente salvato un’annata che altrimenti sarebbe stata deludente e del tutto insufficiente.
    C’era da aspettasi più di un ostacolo nel suo cammino quest’anno. Sonego nel 2021 ha disputato una stagione eccezionale, probabilmente superiore alle sue stesse aspettative. Per alcuni, è addirittura andato oltre alle sue capacità. Su questo giudizio non concordo, perché ho sempre ritenuto (e scritto) che Lorenzo avesse ancora un potenziale del tutto inesplorato, soprattutto a se stesso; ma se riavvolgiamo il nastro della nostra memoria alla settimana degli Internazionali di Roma, beh, in quei giorni benedetti “Sonny” non camminava sul mattone tritato ma quasi sulle acque… Vittorie una più bella, sofferta e meritata dell’altra, sino alla semifinale, dove riuscì a giocare per quasi tutto il match alla pari con Mr. quasi grande Slam Novak Djokovic, costringendolo a tirare fuori le migliori giocate del proprio repertorio per arginare e superare la furia agonistica del nostro. Tantissime sono state le prestazioni splendide nel 2021 per Sonego. Ha giocato tanto, ha giocato bene, si è meritato un best ranking eccezionale di n.21 il 4 ottobre. A ripensare cosa era Lorenzo Sonego solo 4 anni fa, quando ancora non era un top100 con importanti limiti tecnici, questo pareva impossibile.
    Niente è impossibile per chi osa sognare. Niente è precluso per chi ha capacità fisica e riesce massimizzare il proprio talento con un lavoro di grande qualità, mentalità vincente aperta alla critica, al miglioramento, all’umiltà. Umile sì, dimesso mai. Sonego ha scritto alcune delle pagine più belle ed esaltanti del nostro tennis negli anni recenti. Vittorie magari meno roboanti rispetto ad altri azzurri ma ottenute con una grinta, testa, mentalità e agonismo di feroce bellezza. Lorenzo ha messo su un servizio fantastico, un diritto con il quale può chiudere il punto contro i migliori, il tutto sorretto da un’energia inesauribile, fiducia sterminata ed entusiasmo contagioso. In queste ultime tre parole si concentra il 2022 grigio del torinese: energia, fiducia, entusiasmo. Quelle che sono state le sue armi nei momenti migliori, nella stagione appena andata in archivio sono spesso mancate. Era la stagione della conferma, la più difficile. Era lecito aspettarsi ostacoli, che sono puntualmente arrivati, aggravati da un weekend per lui nefasto che gli ha maledettamente complicato tutto.
    Dopo un inizio di 2022 promettente (quarti a Sydney, terzo turno molto lottato agli Australian Open e la semifinale sul rosso a Buenos Aires), qualcosa si è guastato. Ha attraversato un momento fisico poco brillante, qualche settimana così così, culminata con una mazzata micidiale sul piano mentale: la sconfitta in Davis in Slovacchia contro Horansky. Una partita brutta, giocata male sotto tutti i punti di vista, in cui i “demoni” della battuta d’arresto patita sempre con la maglia azzurra a fine 2021 contro il croato Gojo sono tornati maligni a pungolarlo, fino a deprimerlo. Un macigno che l’ha accompagnato per mesi, in troppe sconfitte contro avversari alla sua portata. Da lì a Roma ha raccolto due vittorie in sei tornei, perdendo una caterva di punti ma soprattutto non ritrovando mai quella fiducia, energia ed entusiasmo che l’hanno sostenuto nei momenti migliori della propria carriera, permettendogli di giocare un tennis spregiudicato in attacco e difensivamente tostissimo. Nemmeno è stato fortunato a Wimbledon, con quella partita vs. Nadal che grida ancora vendetta per l’episodio avuto con l’iberico, da molti non capito e che ha ulteriormente sofferto sul piano mentale, pur avendo lui ragione al 100%. Per tutta l’estate ha giocato pensieroso, poco spavaldo, a caccia di una scintilla che lo riaccendesse, senza riuscirci.
    Per fortuna la settimana “sì” è arrivata Metz, dove ha messo in fila Karatsev, Simon, Korda, il top10 Hurkacz e in finale quel matto di Bublik, alzando finalmente il primo torneo stagionale (terzo in carriera). Un’iniezione di fiducia di cui aveva assoluto bisogno, che l’ha rivitalizzato tanto da spingerlo a ritrovare la massima motivazione per lavorare bene e preparare un 2023 di nuovo da protagonista. Non vai in vacanza e torni all’improvviso in Davis giocando due match così clamorosi, a-la-Sonego potremmo dire, se prima non ti eri ritrovato e avevi già messo tanto fieno in cascina.
    Lorenzo avrebbe meritato di alzare l’Insalatiera, è stato di gran lunga il miglior italiano in Davis. Due vittorie che hanno scacciato via gli incubi e le tristezze rimediate proprio con la maglia azzurra e che l’avevano così tanto appesantito. Per questo è lecito sperare in un 2023 di altra qualità, intensità e risultati per il piemontese. Il suo obiettivo per la prossima stagione, più di un risultato in sé, deve essere tornare in campo con un’eccellente condizione fisica, con quei piedi pronti a scattare su ogni palla e spingere a tutta, cercando l’affondo e proiettandosi la rete. Il Sonego in fiducia, che gioca con entusiasmo e grinta, è un sempre un grande spettacolo. Gli auguriamo di arrivare tra dodici mesi con ben altra foto a descrivere il suo 2023: nessun bianco nero, solo un salto che sprizza tutta la sua energia e positività.
    Voto al 2022 di Lorenzo Sonego: 6
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    12 nuovi vincitori di tornei ATP nel 2022, ripercorriamo le loro vittorie

    Lorenzo Musetti campione ad Amburgo

    Tempo di bilanci per la stagione 2022, praticamente agli sgoccioli con gli ultimi tornei Challenger in corso. Sono terminati con le ATP Finals di Torino gli eventi del tour maggiore, che quest’anno hanno salutato ben 12 nuovi campioni. Ripercorriamo brevemente la stagione in ordine cronologico con i primissimi successi dei nuovi vincitori, da Kokkinakis a Huesler, passando per Auger-Aliassime e Musetti.

    Thanasi Kokkinakis – 15 gennaio – ATP 250 Adelaide 2
    Primo successo per lo sfortunatissimo talento australiano, uno che prometteva una carriera da top 10 ma che invece ha pagato un prezzo salatissimo agli infortuni. Ha vissuto una settimana magica nel suo paese, prendendosi una piccola grande rivincita dopo tonnellate di sfortuna. Purtroppo poi in stagione non si è ripetuto, tanto che ad inizio 2023 rischia seriamente di uscire di nuovo dalla top 100. Tuttavia, aver potuto giocare una stagione senza gravi infortuni e arrivando anche in finale di Davis è per lui, probabilmente, la vittoria più grande.

    Alexander Bublik – 6 febbraio – ATP 250 Montpellier
    Talento e follia, un tennis estroso tendente all’estremo. Ha varcato persino i confini (vedi la finale contro Sonego a Metz!), ma quando Bublik gioca centrato e con voglia, c’è sempre spettacolo e qualcosa di unico da gustare. Il russo accasato in Kazakistan ha vinto in Francia il suo primo titolo ATP. Mai aspettarsi qualcosa di concreto, ma con quel servizio e colpi piatti può impensierire chiunque sulla partita secca e magari ambire ad altri titoli.

    Felix Auger-Aliassime – 12 febbraio – ATP 500 Rotterdam
    Fa una certa impressione annoverare in questa lista di nuovi vincitori Felix Auger-Aliassime, talento purissimo e già discretamente navigato nonostante sia “solo” un classe 2000. Dopo una caterva di occasioni fallite, si è sbloccato in Olanda e non si è fermato più, segnando record importanti in autunno, dove è stato quasi imbattibile per varie settimane, e trascinando pure il suo Canada (ripescato) alla vittoria in Davis. Molto probabile che nel 2023 vedremo una prima volta per Felix in un 1000 o chissà, uno Slam.

    Pedro Martinez – 27 febbraio – ATP 250 Santiago
    24 anni, l’iberico ha macinato passo dopo passo una crescita lenta ma costante. Poco appariscente, concreto, solido, con qualche colpo che se prende ritmo può fare male. Si è tolto la grande soddisfazione di vincere il primo titolo sull’amata terra in Cile. Resta uno specialista di categoria, che si merita questa soddisfazione, con discreti spazi di crescita.

    Holger Rune – 1 maggio – ATP 250 Monaco
    Primo di tanti. Il danese è stato uno dei grandi protagonisti dell’anno. Partito appena fuori dai 100 nel ranking, con una stagione di continuo progresso è arrivato ad un passo dall’entrare tra i migliori 8 delle Finals, con pieno merito a soli 19 anni. Predestinato, concreto, solido, sportivamente “cattivo” e a molti nemmeno simpatico. Sua madre fece di tutto per fargli sperimentare qualcosa che fosse oltre al tennis da piccolo. Ha fallito. Lui, in pieno stile Djokovic, fin da piccolissimo voleva solo il campo da tennis, puntando a diventare un campione. Ce l’ha fatta, e siamo solo all’inizio…

    Sabastian Baez – 1 maggio – ATP 250 Estoril
    Nello stesso giorno di Rune, anche il furetto argentino ha alzato il suo primo titolo in carriera nel 2022. È uno sveglio, impara in fretta e non molla niente. A chi gli diceva di essere un classico terraiolo alle NGF 2021, rispose sul campo giocando in modo sorprendente nel suo torneo non sul rosso in carriera. Riesce a capitalizzare i momenti “no” dei rivali facendo fruttare la sua velocità, senso d’incontro sulla palla e combattività. A 21 anni, ha disputato anche altre due finali in stagione (Santiago, Bastad). Il tennis albiceleste ha trovato un’eccellente alternativa per il futuro.

    Tim Van Ritjthoven – 12 giugno – ATP 250 ‘s-Hertogenbosch
    L’erba regala meraviglie, sorprese. Meno di un tempo, ormai gli specialisti dei prati si contano sulle dita di una mano, ma la favola dell’olandese è una di quelle che non si dimenticano. 25 anni, gran braccio ma poco stabile, vince sull’erba di Den Bosch un torneo in cui non solo ha abbattuto uno dopo l’altro avversari assai più qualificati ma ha giocato un tennis clamorosamente bello e offensivo. Vedremo se riuscirà a brillare anche in futuro o resterà una splendida meteora. La seconda opzione sarebbe un peccato, perché Tim a tennis gioca proprio bene…

    Francisco Cerundolo – 17 luglio 2022 – ATP 250 Bastad
    Per il 23enne argentino, fratello maggiore di Juan Manuel, il primo titolo era solo una questione di tempo. Gran fisico, impeto tutto latino, con quel diritto pesante e quel rovescio che se prende fiducia può far altrettanto male era scontato che il successo sarebbe stato solo una questione di tempo. A Miami si è issato sul cemento sino in semifinale. Non gioca bene tutti i giorni, ha un discreto carattere focoso tendente al rissoso, ma è un classico rivale che si preferisce trovare dall’altro lato del tabellone, soprattutto nei primi turni. La sensazione è che avrà una carriera poco continua, ma alcuni strappi notevoli.

    Maxime Cressy – 17 luglio – ATP 250 Newport
    Per il franco-statunitense primo titolo in carriera sull’erba “del giorno dopo”, quella della costa est negli USA, appena dopo Wimbledon. Con quel gioco super offensivo, tendente ad un serve and volley moderno, normale che il successo sia arrivato sui prati. Ha dimostrato di saper governare bene anche i tagli e attaccare con convinzione e discreti risultati addirittura anche sul rosso. È un tennista particolare, che l’ATP ha pure inserito nei premi annuali come possibile vincitore nella categoria giocatore più migliorato. È certamente migliorato… ma forse in quella sezione c’erano altri giocatori che avrebbero meritato una nomination più di lui.

    Lorenzo Musetti – 24 luglio – ATP 500 di Amburgo
    Presentare Lorenzo “il Magnifico” è superfluo. Piace solo ricordare che è stato nel 2022, insieme a FAA, l’unico nuovo vincitore in un 500, tutti gli altri hanno alzato il primo trofeo in tornei 250. Ma a differenza del canadese, Musetti ha battuto in finale il nuovo fenomeno e n.1 Carlos Alcaraz in una delle partite più belle dell’anno (a parere di chi vi scrive, la più bella extra-Slam). Vorrà dire qualcosa. Ancor più se poi il nostro talento è esploso in autunno bissando il successo a Napoli e travolgendo il tour con un tennis di una bellezza unica.

    Brandon Nakashima – 25 settembre – ATP 250 San Diego
    Lo statunitense ha confermato i suoi importanti progressi alzato la coppa in California. Rapido, con un gran senso del ritmo e pronto a venire avanti senza paura (nonostante qualche difettuccio di tocco non proprio minimo), è uno che sui campi in duro devi affrontare molto concentrato, perché può essere pericoloso anche per i rivali affermati. Non sembra ha dimostrano finora una personalità vincente, ma è un ragazzo sereno con buoni margini di crescita. Poche parole e parecchia sostanza. Alla fine è salito più degli assai più celebrati connazionali Korda e Brooskby, un po’ fermi al palo nel 2022.

    Marc-Andrea Huesler – 2 ottobre – ATP 250 Sofia
    I nostri appassionati se lo ricorderanno benissimo per l’aver battuto Musetti in semifinale a Sofia, nel “feudo” di Jannik Sinner. Servizio di una precisione micidiale, freddo e concreto, lo svizzero nonostante le 26 primavere è ancora piuttosto giovane per il grande tennis. Ha vissuto forse la settimana della vita in Bulgaria, ma trovatemi sul tour oggi un tennista che abbia altrettanta qualità nel tocco sotto rete abbinato a posizione e tempi per l’attacco. La sensazione che il Marc-Andrea abbia semplicemente sbagliato epoca: se fosse nato con il tennis pre-2002, l’anno del sostanzioso rallentamento delle condizioni, beh questo svizzero garbato e offensivo sarebbe stato molto, molto insidioso.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO