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    Dakar 2023: Al Attiyah vince Sainz comanda Loeb fora 3 volte

    Botta e risposta. Audi- Toyota, pardon, Sainz-Al Attiyah 1-1, con “papà Carlos” che conserva il primato generale sul campione in carica per due minuti e spiccioli proprio grazie al vantaggio acquisito in occasione del successo all’alba del 2023. Ma se questo è il buongiorno della Dakar n.45, ci sarà da divertirsi.

    È vero, il duello tra giganti, in fondo, era abbastanza prevedibile. Molto meno perdersi per strada uno dei favoriti: la notizia di giornata non è tanto il 44° successo del principe qatariota (terzo posto consolidato tra i plurivittoriosi dietro a Peterhansel 49 e Vatanen 50), quanto il fatto che Sebastien Loeb rischia già di essere fuori dalla lotta per vittoria e podio, confermando la sua personale maledizione alla Dakar (7 partecipazioni, tre podi generali con 15 vittorie di tappa). Dopo il brillante secondo posto della prima frazione, ieri il francese 9 volte iridato del Mondiale rally è incappato a bordo della sua BRX in una serie di clamorose forature, ben tre. Il che all’arrivo di Al’ula dopo 430 km di speciale, si è tradotto in un ritardo di 1h26’ abbondanti, per un 60° posto di tappa, davvero nefasto, non meno del 31° in classifica generale a 1h21’ da Sainz. E per sua fortuna (si fa per dire) nell’utima occasione è stato aiutato dal compagno Terranova che gli ha prestato una ruota! Sentenze, alla Dakar, non se ne danno nemmeno a poche centinaia di metri dall’arrivo, ma un ritardo del genere è davvero difficile da colmare.

    Resta lo spettacolo off erto da Al Attiyah e Sainz nell’inferno di pietra di questa tappa che col deserto, inteso come dune di sabbia, aveva davvero nulla a che fare tra canyon, valli e altopiani, dove appunto sassi e pietre sono stati l’incubo di navigatori e piloti. Facendo, non a caso, altre vittime illustri come Peterhansel (due forature), Ekstrom e Al Rajhi, tutti arrivati con un ritardo di oltre 30’. Difficile dire se questo duello Sainz-Audi/Al Attiyah-Toyota sarà quello dominante della Dakar appena iniziata. Ma il rischio che lo possa essere, è forte. Anche perché sull’affidabilità Toyota, dopo il trionfo dello scorso anno, non c’erano dubbi, come dimostrato anche dal secondo posto in rimonta di Van Loon. Colpisce invece la crescita di Audi – un primo e un terzo posto nelle prime due tappe – su un terreno insidioso come pochi. E che oggi vivrà un altro esame importante con un percorso ugualmente selettivo: 430 km di speciale. Vediamo chi passa in vantaggio tra i due contendenti. LEGGI TUTTO

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    Sainz, sotto gli occhi del figlio, vince il primo sprint nel deserto

    C’è la velocità, ma soprattutto l’esperienza a fare la diff erenza in una giornata dove ad attenderlo al traguardo c’era pure un tifoso speciale. Questa prima tappa della Dakar diffi cilmente se la scorderà Carlos Sainz. La leggenda spagnola, alla sua sedicesima partecipazione al raid, regala infatti all’Audi il successo nella prova che vedeva la carovana impegnata lungo un percorso di oltre 600km a Sea Camp di cui 368km su tratto cronometrato. Una speciale in cui i rifl ettori sono stati tutti puntati sul confronto diretto tra Sainz e Loeb, decisosi soltanto all’ultimo chilometro tra sabbia, dune e canyon. Per soli dieci secondi il madrileno è riuscito a spuntarla sul francese, calando il bis al volante della RS Q e-tron E2 dopo il successo nel prologo del sabato.
    Di padre in figlio
    Il meglio per lui doveva però ancora arrivare, perché ad attenderlo all’arrivo della prova c’era suo fi glio Carlos Jr. Per l’occasione il pilota Ferrari ha deciso di godersi il Capodanno in Arabia, seguendo le gesta del padre in elicottero lungo il percorso. Una passione, quella per i motori, tramandata di padre in fi glio, che continua a scorrere nelle vene. Mentre Carlos padre sorride per la super prestazione, suo fi glio non può che ammirare quanto fatto da colui che è il suo maestro di vita: «Questa è la mia prima volta alla Dakar – ha detto Sainz jr – è stata una bellissima avventura poter seguire dall’alto papà, inoltre ha vinto la prova e tutti noi siamo felicissimi».
    Chissà mai che un giorno non vedremo entrambi in azione al raid: «Seguo questa competizione da quando avevo 16 anni – ha svelato Carlos jr – se sono qua è perché la Dakar mi piace e mi interessa. La prova è stata un mix di sensazioni, perché quando papà ha forato pensavo che la sua gara fosse fi nita lì, infatti temevo di portargli sfortuna. Poi però è ripartito e ha vinto». Se Sainz si prende i rifl ettori della scena, in casa Audi la nota dolente è invece rappresentata dai 15 minuti di penalità infl itti a Ekstrom, colpevole di aver saltato un waypoint. Lo svedese lascia quindi la terza posizione all’idolo locale Al Rajhi, mentre Peterhansel non va oltre l’ottavo posto. Giornata complicata anche per il campione in carica della Toyota Nasser Al-Attiyah, soltanto sesto con un distacco dalla vetta di oltre sette minuti.
    Sunderland KO
    Per quanto riguarda invece le due ruote, la tappa dell’1 gennaio ha giocato un brutto scherzo a Sam Sunderland. Il vincitore della precedente edizione della Dakar è stato infatti vittima di una caduta nel corso del 52° chilometro, a tal punto da accusare forti dolori alla schiena ed essere trasportato all’Ospedale di Yanbu. A mettere le mani sulla prova ci ha pensato quindi Ricky Brabec, che ha sfruttato la pioggia di penalizzazioni infl itte a Sanders, Barreda e Quintanilla per aver oltrepassato il limite di velocità previsto dal regolamento. L’alfi ere della Honda guarda quindi tutti dall’alto, mentre Paolo Lucci è il migliore degli italiani con il 23° posto nella generale. Oggi la seconda tappa da Sea Camp ad Alula. LEGGI TUTTO

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    Motori ma anche piloti è sfida tra due epoche

    Ormai è evidente: in corsa, alla Dakar 2023 che scatta oggi con il prologo di 11 km, non c’è solo la sfi da tra piloti Al Attiyah-Sainz-Peterhansel-Loeb e relative Case, Toyota-Audi-BRX. Ma a sibilare tra le dune c’è quella transizione energetica che già sta facendo la sua selezione sul mercato. E che ora, inevitabilmente, si trasferisce in pista, pardon, nel deserto con tutta la sua forza dirompente.

    L’impatto che Audi ha avuto sul raid più famoso al mondo al debutto lo scorso anno – 4 vittorie e 10 podi di tappa – con il suo prototipo dotato di tre motori elettrici e uno termico a fare da … “colonnina” di ricarica alla batteria, è stato defl agrante. Al punto da costringere gli organizzatori a rivedere il regolamento, creando una categoria ad hoc proprio per ospitare il prototipo di Ingolstadt, dandogli in dote una zavorra di 100 kg rispetto alla concorrenza e poi estraendo dal cilindro il BoP (balance of power) ereditato dalla 24 Ore di Le Mans, che vedrete genererà tanta confusione e altrettante polemiche.

    Ma, al netto di queste novità, cui si sommano quelle relative alla navigazione, con l’arrivo dei roadbook digitali, resta intatto il profondo senso di avventura che fa della Dakar una delle ultime corse del motorsport non impacchettate in uno stereotipo prevedibile o troppo ingessato. Dove uomini, cioè piloti, e motori hanno un ruolo almeno paritario sul risultato fi nale. Per questo le parole del campione in carica, il qatariota Al Attiyah (quattro successi alla Dakar) sono ancora più apprezzabili: «Credo che Audi, la mia Toyota e BRX saranno sullo stesso livello, forse con qualche diff erenza elettrica o di potenza. Toyota ad esempio ha le marce e ad ogni cambiata perderemo circa un secondo. Ma le prestazioni saranno simili e in fondo è bello avere le due generazioni di vetture a confronto».

    Parole che regalano proprio quel senso di transizione cui facevamo riferimento prima, in attesa che dal 2030 la Dakar diventi, come previsto, palcoscenico riservato solo alle vetture elettriche. Insomma, quella che va in scena da oggi in Arabia Saudita (per la quarta volta di fi la) è una sorta di sfi da generazionale tra motori e in fondo anche tra piloti. Solo che i più esperti – Sainz e Peterhansel, 17 successi alla Dakar in due – guidano il prototipo elettrico/ibrido; Al Attiyah e Loeb vetture con motori tradizionali. A proposito, attenzione a Loeb. In silenzio potrebbe rivelarsi la (mezza) sorpresa della Dakar 2023. LEGGI TUTTO

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    Dakar 2023, la sfida Audi: punta al podio di sostenibilità

    Le avventure, le corse contro il tempo e l’ambiente. Non è mai facile conciliare due mondi diversi, se non opposti. E quando i mondi diventano tre, la missione se non è impossibile, poco ci manca. Ma quando il gioco si fa duro, c’è sempre qualcuno che si diverte ad accettarlo e soprattutto a trasformare la sfida in una scommessa. Quella di Audi alla Dakar, già in partenza, lo scorso anno, era da far tremare i polsi, per quanto a Ingolstadt sono abituati a trasformare lo sport in una durissima palestra, in un laboratorio per le loro soluzioni stradali, in un’osmosi senza fine.
    La motorizzazione “green” della RS Q e-tron E2
    Portare un’astronave nel deserto arabico, ricco di trappole a ogni metro, alimentata solo da tre motori elettrici (uno per asse per la trazione e il terzo come generatore) e da uno termico (4 cilindri TFSI, turbo a inizione diretta di benzina, utilizzato anche questo come generatore di energia per la batteria ad alto voltaggio) era considerato almeno azzardato, sicuramente rischioso. Ma con quattro vittorie di tappa e 10 podi nell’anno del debutto è stato come aver portato a casa il trofeo della vittoria, oltre alla convinzione di poterci riprovare con altre ambizioni. E allora perché non alzare l’asticella, portarla a vette impensabili fino solo a qualche anno fa? Nel dettaglio, perché non puntare a salire sul podio – poi vedremo su quale gradino – con una patente di sostenibilità davvero totale, capace di andare oltre la trazione elettrica? Detto e fatto. E cosa si sono inventati gli ingegneri tedeschi? Semplice, hanno pensato bene di alimentare il 4 cilindri TFSI derivante dall’Audi RS 5 del campionato DTM con un innovativo carburante rinnovabile. Così, il motore definito “range extender”, proprio perché grazie alla sua capacità di generare energia caricando la batteria in marcia – caricarla nel deserto sarebbe un… miraggio -, prolunga all’infinito l’autonomia della “belva” di Ingolstadt.
    Il carburante sintetico di Audi
    Una maniera intelligente, l’ennesima, per parlare di sport, avventura e sostenibilità, mettendo sul tavolo uno dei tanti argomenti centrali della transizione energetica. E cioè, appunto, gli e-fuels, i carburanti sintetici. Con l’obiettivo di ridurre ancora di più le già ridotte emissioni di CO2 lungo gli 8.500 km del percorso della Dakar 2023, l’Audi utilizzerà un suo reFuel, una miscela di ETG ed e-metanolo a 102 ottani con elevata resistenza alla detonazione. Per essere ancora più chiari: l’ETG (ethanol-to-gasoline) insieme all’e-metanolo costituisce l’80% dei componenti della miscela che riempieil serbatoio del prototipo di gara Audi.
    Ma da cosa è costituito l’ETG? Per ridurre al massimo (nella fattispecie, del 60%) le emissioni di CO2 viene prodotto a base di residui vegetali – senza impatto sulla filiera alimentare – ottenuti convertendo la biomassa in etanolo e successivamente raffinando i semilavorati. Un vantaggio nel vantaggio, considerando che il prototipo Audi già richiede meno carburante di una vettura da corsa tradizionale (e qundi inquina meno). E l’ulteriore risparmio del 60% di emissioni di anidride carbonica rispetto a un tipico carburante da competizione regala alla RS Q e-tron E2 l’alloro della sostenibilità in campo sportivo. All’atto pratico, il reFuel Audi ha caratteristiche chimiche simili a quelle delle benzine a 102 ottani che si trovano normalmente in commercio. L’altra concentrazione di ottani da una parte aiuta le proprietà antidetonanti della miscela aria-carburante che migliora l’efficienza del motore; dall’altra, la grande quantità di ossigeno riduce la densità energetica del carburante e consente al prototipo di avere un serbatoio più capiente rispetto al modello dello scorso anno. Scelte, queste di Audi, per quanto anche controllate dai regolamenti FIA e degli organizzatori ASO della Dakar, che non portano vantaggi in termini di performance, ma regalano a tutta l’avventura, alla sifda e alla stessa competizione sportiva una dimensione davvero diversa. Perché dimostrano che si può fare sport, competizione di altissmo livello (il massimo) senza per questo intaccare, se non minimamente, gli equilibri ambientali, peraltro molto delicati come quelli che si trovano attraversando un deserto, quello saudita, tra i più impervi e selvaggi del mondo. Un biglietto da visita niente male per un Costruttore che proprio quest’anno ha annunciato il suo ingresso in Formula 1. La rivoluzione della mobilità, anche sportiva, sostenibile si può fare in tanti modi, meglio se unendo i motori elettrici ai carburanti sintetici. LEGGI TUTTO

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    Dakar 2023, con l'RS Q e-tron E2 Audi punta al podio

    Dall’AD della sezione Sport, Ralf Michl, ai piloti che insieme ai propri navigatori correranno nel deserto al volante della RS Q e-tron E2: in casa Audi, le ambizioni in vista della Dakar 2023 sono chiare. L’obiettivo del marchio di Ingolstadt è il podio. E a confermalo sono le parole dei diretti interessati.
    RS Q e-tron E2, prototipo elettrico rivoluzionario

    Dopo aver ottenuto quattro vittorie di tappa nella prima apparizione, per la corsa in programma in Arabia Saudita dal 31 dicembre al 15 gennaio 2023 Audi ha intenzione di acciuffare il podio. “Percepiamo una tensione agonistica positiva, vibrante – afferma Michl -. Siamo consapevoli di essere pronti”. Per affrontare il prologo e le 14 tappe nel più grande deserto al mondo, pieno di ostacoli impegnativi, Audi si affida alla RS Q e-tron E2, innovazione del prototipo da corsa elettrico del marchio. Una macchina con tre powertrain elettrici: due generatori su ogni assale che controllano la trazione e un altro che ricarica la batteria ad alto voltaggio. Come recuperare energia nel deserto? Audi lo fa con un range extender, una funzione affidata al motore 4 cilindri turbobenzina a iniezione diretta derivato dal DTM, un propulsore per la prima volta alimentato con un carburatore a base di residui vegetali che riduce del 60% dell’anidride carbonica.
    Le parole dei piloti
    Mattias Ekström, primo dei piloti della scuderia, elogia il team: “Abbiamo sviluppato ogni aspetto della vettura, dai dettagli in abitacolo al set-up delle sospensioni […] Sono particolarmente soddisfatto della definizione dell’assetto”. Il secondo pilota è Stéphane “Mister Dakar” Peterhansel, 14 vittorie assolute: “Abbiamo acquisito fiducia nel corso dell’anno. La costanza delle performance è uno dei nostri punti di forza […] Tre elementi cruciali fanno la differenza: la tecnologia, le prestazioni di noi piloti e la capacità di interpretare il roadbook dei navigatori”. Alle parole del francese fanno eco quelle di Carlos Sainz, tre volte vincitore della Dakar: “L’esperienza maturata con la nuova vettura aiuta decisamente. Di conseguenza, anche gli obiettivi cambiano. Nel 2022 eravamo prudenti, mentre ora contiamo di competere per le prime posizioni. La sfida più grnade resta la Dakar stessa. Ogni giorno riserva sorprese”.
    Dakar 2023, ecco il percorso: 8.500 km e 14 tappe nel deserto LEGGI TUTTO

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    Dakar 2023, ecco il percorso: 8.500 km e 14 tappe nel deserto

    L’avventura tira. E tira ancora tantissimo. La 45a edizione della Dakar si svilupperà lungo un percorso di complessivi 8.500 km, di cui ben 4.500 km in prove speciali con in gara 564 equipaggi (170 rookies) in rappresentanza di 54 nazioni. Un popolo, quello della Dakar sempre in marcia.
    E quest’anno, per la quarta volta, sarà ospitato totalmente nel deserto dell’Arabia Saudita con qualche importante variante. Intanto sono più chilometri e, soprattutto, più sabbia, dove per sabbia s’intende il primo, vero attacco frontale all’Empty Quarter saudita, cioè il cuore del deserto della penisola arabica, 650.000 km di nulla assoluto. 14 tappe (1-15 gennaio), più il prologo del 31 dicembre. Quattro sono ad anello, poi c’è la tappa Marathon che ne unisce due senza possibilità di assistenza intermedia. Auguri. LEGGI TUTTO

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    Verso il 2026, sarà un festival di motori

    TORINO – Non a tutti piacciono i motori “semplificati” che verranno usati dal 2026, ma non c’è dubbio che l’intento di attirare nuovi motoristi (e dunque nuove Case costruttrici, in forma diretta o indiretta) sembra un obiettivo più che possibile, anzi ormai è vicino. Ai tre attuali (Ferrari, Mercedes e Renault) si affiancherà l’Audi, che rappresenta il grande ingresso del gruppo Volkswagen in Formula 1. Un inedito di grande importanza. Poi c’è la questione che riguarda la Red Bull e la Honda. La Red Bull, come tutti sanno, usano motori prodotti in collaborazione con la Honda, che tuttavia non è più presente ufficialmente in Formula 1. La Casa giapponese, tuttavia, ha firmato il documento per l’ingresso nel 2026 e a questo punto non è scontato che riprenda la collaborazione con la Red Bull. La quale, nel frattempo, si è attrezzata per dare vita a una propria unità motori. Anzi, secondo alcune voci che circolano in Formula 1, si profilerebbe un interesse della Ford, assente (come marchio) da molti anni. Sarebbe una grande operazione, a prescindere da quanto travaso di tecnologia (o di personale) possa esserci tra la Casa madre e la squadra britannica.
    Giapponesi a caccia di nuovi partner
    Se davvero si dovesse concretizzare questa ipotesi, allora la Honda sarebbe costretta a cercare altri partner. Che, dire il vero, non mancano (dalla Aston Martin alla Williams, per citarne due). Se si dovesse davvero andare in questa direzione, di passerebbe tra motoristi (e mezzo…) che caratterizza l’attuale ciclo di normative tecniche e sportive, a un campo partenti caratterizzato da sei marchi. Un ulteriore segno di come questa Formula 1 stia andando nella giusta direzione, all’insegna della crescita costante e a beneficio di competizione e spettacolo.
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    Hakimi, piccolo e potente con il Marocco come con la sua Volkswagen Golf

    Nessuno dica ancora che i calciatori amano solo le supercar. Se è vero che i loro lussuosi garage sono pieni di vetture costosissime, bisogna ammettere che ogni tanto qualche stella del calcio ci sbalordisce con qualche eccezione: è il caso di Achraf Hakimi che possiede una Volkswagen Golf!Guarda la galleryNon solo supercar! Hakimi ama la sua “potente” Volkswagen Golf
    Piccola e potente
    L’ex calciatore dell’Inter, oggi impegnato nel Mondiale in Qatar 2022 col suo Marocco, possiede un’Audi Q7, un modello molto potente poiché equipaggiato con un motore V6 turbocompresso da 3,0 litri che eroga una potenza di ben 335 cavalli. Con questa vettura, il difensore può raggiungere una velocità massima di 210 km/h, poco meno rispetto a quella raggiungibile con gli altri sui gioiellini, una Mercedes Amg G63 (lo stesso modello che possiede anche il romanista Gianluca Mancini) e… una Volkswagen Golf! Ebbene si, il calciatore del Paris Saint Germain è appassionato anche di modelli meno prestigiosi ma non per questo meno potenti: la versione Gti è dotata di un 4 cilindri da 245 cavalli che può far sfrecciare il marocchino ad una velocità massima di 250 km/h!
    Sanchez, non solo il pallone: nel suo cuore anche i trattori! LEGGI TUTTO