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    ATP Cup 2021, Berrettini vince anche nel Doppio.

    E’ stato un’eccellente Matteo Berrettini a dare il via alla rimonta dell’Italia sull’Austria, nel match di Atp Cup 2021. Dopo la netta sconfitta di Fabio Fognini contro Novak nel primo singolare, il 24enne tennista romano è riuscito nell’impresa di battere il n. 3 del mondo, Dominic Thiem, con il punteggio di 6-2 6-4.Berrettini ha nettamente dominato l’incontro ed ha giocato ad altissimi livelli, tanto che Vincenzo Santopadre (coach temporaneo, in attesa dell’arrivo del nuovo capitano Filippo Volandri) ha deciso di impiegarlo anche nel doppio in coppia con Fognini. Scelta azzeccatissima, perchè i nostri hanno battuto il duo Thiem/Novak per 6-1 6-4, regalando così all’Italia il punto della vittoria (2-1).

    PROSSIMO AVVERSARIOArchiviata la pratica Austria, adesso gli azzurri dovranno vedersela con la Francia di Gael Monfils e Benoit Paire, avversari molto difficili ma non impossibili da battere, almeno sul singolare. Più problematico il discorso del doppio, poichè la coppia formata da Nicolas Mahut ed Edouard Roger-Vasselin è tra le migliori al mondo della specialità.Lo stato di grazia di Berrettini e la voglia di riscatto di Fognini, comunque, ci fanno ben sperare.La formula dell’Atp Cup, per quest’anno, prevede quattro gironi da tre squadre (l’Italia è appunto inserita nel gruppo C con Austria e Francia) con le migliori quattro che si affronteranno nelle semifinali.La finale sarà il 5 febbraio a Melbourne Park. LEGGI TUTTO

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    Brividi da finale, Sir Safety Conad Perugia a caccia della terza supercoppa

    Tutto pronto per l’atto conclusivo della Del Monte®Supercoppa domani sera alle ore 21:30 all’Agsm Forum di Verona contro la Cucine Lube Civitanova. Heynen e De Giorgi verso la conferma delle formazioni delle semifinali.
    È partita stamattina alla volta di Verona la Sir Safety Conad Perugia
    Mattinata in pullman per i Block Devils che hanno dato il via alla due giorni dedicata alla finalissima della Del Monte®Supercoppa.Allenamento tecnico oggi nel secondo pomeriggio all’Agsm Forum, ultima rifinitura domattina sempre nell’impianto scaligero dove domani sera, con fischio d’inizio alle ore 21:30 e diretta Tv su Rai Due (ampio pregara dalle ore 21:00 su Raisport), i bianconeri sfideranno la Cucine Lube Civitanova per aggiudicarsi il primo trofeo stagionale.Spedizione al completo oggi alla partenza con tutta la rosa salita sul pullman insieme ad Heynen ed al suo staff. Il tecnico belga in questi giorni ha concentrato l’attenzione sulla propria squadra, lavorando su fondamentali e situazioni di gioco che necessitano di olio negli ingranaggi. Stasera e domattina focus incentrato invece sull’avversario della finale, quella Civitanova più volte rivale di Perugia nelle finali delle ultime stagioni. Due squadre che, seppur in parte rinnovate, conoscono a memoria pregi e difetti dell’altra (durante la pre season Sir e Lube si sono affrontate in ben tre allenamenti congiunti), due squadre piene di grandi campioni abituati ai massimi palcoscenici, due squadre che garantiranno alla finale un grande spettacolo di pallavolo.Heynen non dovrebbe apportare modifiche ai sette di partenza delle due semifinali con Modena confermando quindi Travica in regia in diagonale con il canadese Vernon-Evans, Ricci e Solè coppia di centrali, Leon e Plotnytskyi martelli ricevitori e Colaci libero.Anche De Giorgi, tecnico di Civitanova, dovrebbe partire con la formazione vista nelle semifinali con Trento e dunque con De Cecco al palleggio, Rychlicki opposto, Simon ed Anzani centrali, Leal e Juantorena schiacciatori di posto quattro e Balaso a guidare la seconda linea.Perugia, due Supercoppe nelle ultime tre stagioni, va a caccia del tris!
    PRECEDENTI
    Quarantatre i precedenti tra le due formazioni. Ventuno le vittorie della Sir Safety Conad Perugia, ventidue i successi della Cucine Lube Civitanova. Nella Del Monte® Supercoppa si tratta invece del quarto confronto diretto essendosi affrontate le due squadre nella semifinale della Supercoppa 2016-2017 (vittoria 3-1 per Perugia), nella finale 2017-2018 (vittoria 3-1 per Perugia) e nella finale per il terzo e quarto posto 2018-2019 (vittoria 3-1 per Civitanova).
    EX DELLA PARTITA
    Quattro ex, due per parte, nel match tra Perugia e Civitanova. Nel roster di Perugia ci sono Dragan Travica, alla Lube dal 2011 al 2013 e Fabio Ricci, nel settore giovanile marchigiano nella stagione 2012-2013. Nelle file di Civitanova figurano invece Luciano De Cecco, alla Sir dal 2014 al 2020, e Simone Anzani, in Umbria nella stagione 2017-2018.
    PROBABILI FORMAZIONI:
    SIR SAFETY CONAD PERUGIA: Travica-Vernon-Evans, Ricci-Solè, Leon-Plotnytskyi, Colaci libero. All. Heynen.CUCINE LUBE CIVITANOVA: De Cecco-Rychlicki, Simon-Anzani, Leal-Juantorena, Balaso libero. All. De Giorgi

    Arbitri: Daniele Rapisarda – Mauro Goitre LEGGI TUTTO

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    Marco Santucci ai microfoni di SuperNews: “Dispiace per la mancata iscrizione del Sora al campionato. Cerco il riscatto in questa stagione al Lagonegro”

    Marco Santucci è stato intervistato da SuperNews. Il libero della Geosat Geovertical Lagonegro, squadra che milita nel campionato di Serie A2, ci ha raccontato la sua esperienza con la maglia del Sora, che ha indossato per ben due quadrienni, quella con la Monini Spoleto e con Corigliano Calabro. Santucci, a trentasette anni, ha alle spalle ben nove campionati di Serie A2 e ancora tanta energia da spendere con la maglia della Geovertical Lagonegro nel prossimo campionato.

    Come avete affrontato, voi atleti, la decisione dello stop al campionato?Questa decisione era nell’aria. Altri sport, dopo un po’ di tempo, hanno ripreso l’attività agonistica, quindi credo si potesse aspettare prima di scegliere di chiudere il campionato, anche per evitare una sosta così prolungata fino alla prossima stagione, magari facendo dei raggruppamenti o giocando ogni due o tre giorni, almeno per concludere la stagione. In questo modo, si sarebbe potuto dare l’opportunità di raggiungere i propri obiettivi alle squadre più ambiziose.
    Allo Spoleto sei stato per una stagione, dal 2018-2019. Come è iniziata la tua avventura alla Monini?Spoleto mi cercava già da un paio di anni, però io firmai un contratto biennale con Sora dopo la promozione conquistata, quindi non c’erano le condizioni per fare questa nuova esperienza. Dopo due anni, ci fu il divorzio con Sora e Niccolò Lattanzi, mio ex compagno e l’allora attuale direttore sportivo dello Spoleto, mi chiamò e io accettai subito, dal momento che si trattava di un progetto abbastanza ambizioso.
    Cosa ti ha spinto al passaggio alla Geovertical Lagonegro?Ho accettato di diventare un giocatore della Geovertical per l’interesse che il presidente del Lagonegro ha mostrato nei miei confronti. Mi fece un complimento che mi colpì particolarmente, soprattutto per il modo in cui me lo fece. Nel corso dell’estate, la trattativa con la società Geovertical è stata agevolata da questa sua grande voglia di avermi nella sua squadra.
    Fino alla 13esima giornata di ritorno, la Geovertical risultava quinta in classifica. In quel frangente, avreste potuto raggiure uno dei primi tre posti?Non lo so, perché tutte le squadre erano in crescita. Noi avevamo raggiunto un livello importante e costante di rendimento, il campionato era abbastanza equilibrato, quindi credo che avremmo mantenuto più o meno la stessa posizione in classifica. Senza nulla togliere alle altre società, probabilmente, con un calendario favorevole, avremmo potuto scalare qualche posizione in più.
    Hai giocato con Sora ben 4 stagioni, vivendo anche il passaggio dalla Serie A2 alla Serie A1 nel 2016. Che ricordi hai di quel playoff? Cosa ne pensi della scelta del patron Giannetti di non iscriversi al campionato di SuperLega?Con Sora ho giocato per due quadrienni: il primo relativo al periodo della Serie B e il secondo in cui ho vissuto la promozione dall’A2 all’A1. Ho un ricordo bellissimo della promozione, soprattutto del modo in cui avvenuta, con una rimonta epica contro Tonno Callipo Vibo Valentia. Per quello che riguarda la situazione attuale di Sora, mi dispiace particolarmente. Non so a cosa sia dovuta questa scelta, però io ho vissuto metà della mia carriera e dei miei successi in questa squadra, quindi è un dispiacere enorme vedere che non c’è più la stessa realtà.
    Sei stato un giocatore della Caffè Aiello Corigliano dalla stagione 2010/2011 alla 2013/2014, a parte la parentesi alla Sidigas Avellino. Cosa ti porti dietro delle stagioni passate a Corigliano Calabro?Corigliano è stata l’esperienza che più mi ha formato da un punto di vista umano. Ho conosciuto un direttore sportivo eccezionale, Pino de Patto, che mi ha formato caratterialmente, oltre che da un punto di vista tecnico. De Patto mi ha instradato nell’ambiente del volley, mi ha sempre aiutato nei momenti di difficoltà ed è stato lui a riportarmi a Corigliano, dopo l’esperienza ad Avellino.
    Quale pallavolista vorrei avere in squadra?Juantorena. Credo sia il giocatore più completo, che fa ancora la differenza nelle partite importanti. Nei due anni in cui ho giocato in SuperLega, ho avuto modo di constatare il suo temperamento e il tipo di approccio che ha verso la partita. Quello di Juantorena non l’ho ritrovato in altri pallavolisti. Anche soltanto la presenza di Juantorena in campo incute timore.
    37 anni e 9 campionati di A2 alle spalle. Ti saresti mai aspettato di giocare a livelli così alti? Ti senti soddisfatto della tua carriera o manca ancora qualcosa?Sono molto soddisfatto della mia carriera. Probabilmente, negli ultimi tre anni il mio rendimento è calato, un calo fisiologico che va a pari passo con l’età. Questo è il mio unico cruccio, ma sono soddisfatto di tutto ciò che ho fatto.
    Hai sempre scelto la maglia numero 7, eccetto nella stagione alla Monini Spoleto, in cui indossavi il 18. E’ un numero con un valore particolare?E’ un numero che mi è sempre piaciuto. Quando ero più piccolo, lo associavo a David Beckham. Nella Monini Spoleto ho dovuto farne a meno, lasciandolo a Padura Diaz, dal momento che, quando giocavamo insieme a Corigliano Calabro, avevo preso il sette. In questo modo, abbiamo accontentato entrambi.

    Il prossimo obiettivo?Giocare al meglio il campionato, vivermelo in tutto e per tutto. Voglio riscattarmi sotto il profilo tecnico. LEGGI TUTTO

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    Giuseppe Ottaviani ai microfoni di SuperNews: “La proposta della New Mater? Non ci ho pensato due volte. Quello di Ortona il gruppo migliore della mia carriera.”

    SuperNews ha intervistato Giuseppe Ottaviani, ex giocatore della Sieco Service Ortona e futuro schiacciatore della New Mater Castellana Grotte, squadra di pallavolo del campionato di Serie A2. Il pallavolista classe ’91 ha raccontato alla nostra redazione le sue esperienze sportive, quella nella M.Roma dal 2010 al 2012, le tre stagioni nella Tuscania Volley, il periodo da giocatore della Monini Spoleto e l’esperienza nell’Ortona dello scorso anno, per poi svelarci le sue ambizioni e i suoi obiettivi futuri. Ottaviani, infine, ci ha parlato del suo ruolo e di cosa necessita uno schiacciatore per essere un giocatore di alto livello.

    Come nasce l’amore per la pallavolo?E’ nato in maniera spontanea. Ho seguito le orme di mio padre, che ha giocato a pallavolo fino a 50 anni. Andavo a vedere le sue partite. Inoltre, ho due zii che hanno una società di pallavolo a Viterbo, quindi sono cresciuto respirando il volley. Poi, dall’under 14, è sbocciato definitivamente questo amore.
    L’anno scorso giocavi nella Sieco Service Ortona, arrivata quarta in classifica nel campionato di Serie A2, a due punti dal terzo posto. E’ un risultato che sta stretto o ne siete contenti?La scorsa stagione è stata fantastica. La cosa più importante, quando si gioca a pallavolo, è creare un gruppo che si diverta giocando e che ottenga risultati, ed è quello che è successo. E’ stato il gruppo migliore che io abbia mai avuto in carriera. Quest’unione ha favorito gli ottimi risultati raggiunti: abbiamo fatto un girone di andata mantenendo sempre la prima posizione in classifica, nonostante le opinioni di molti, che a inizio campionato ci consideravano una squadra “da salvezza”. Abbiamo dimostrato come l’affiatamento e la forza del gruppo possano garantire una stagione sopra le righe.
    Il prossimo anno sarai un giocatore della New Mater Volley. Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta del Castellana Grotte?Ho ricevuto questa chiamata importante, e non ci ho pensato troppo ad accettare. Il Castellana Grotte è una società che storicamente ha sempre investito tanto nella pallavolo. Sarei rimasto volentieri ad Ortona, ma alcuni problemi derivanti dalla crisi economica avevano cambiato lo scenario. Ho aspettato, poi è arrivata la chiamata della New Mater e non ci ho pensato due volte: ho firmato.
    Hai giocato per tre stagioni nella Tuscania Volley. Come definiresti la tua esperienza in questa squadra?Tuscania è la squadra in cui sono diventato grande. Sono arrivato in squadra a vent’anni, ho disputato due campionati di Serie B, vincendo il secondo. La società mi ha quindi permesso di giocare nel campionato di A2, e da quel momento è nata la mia carriera professionistica. Per me, Tuscania è casa.
    Dal 2010 al 2012 sei stato nella M. Roma, nel campionato di Serie A1. In questa squadra c’erano nomi importanti come Cisolla, Corsano, Zaytsev. E’ stata una delle esperienze che ti ha fatto crescere di più, insieme a quella in Tuscania?Nei due anni alla M.Roma ho fatto parte del gruppo, ma non della rosa. Mi allenavo con i giocatori titolari, ero il ragazzo delle giovanili a disposizione della squadra. E’ in questa società che ho iniziato a muovere i primi passi di volley professionistico. E’ stato importante conoscere e allenarsi con pallavolisti del calibro di Cisolla, Zaytsev, Corsano. Per un giovane, entrare in contatto con giocatori di questo livello è sempre un’esperienza formativa.
    La squadra più forte che hai affrontato?Il Piacenza di due anni fa.
    Hai dei rimpianti? Hai lasciato passare dei treni che avresti voluto prendere?No, per fortuna non ho rimpianti, poiché tutte le stagioni che ho giocato sono state importanti per me. Credo di aver dato qualcosa in ogni squadra, quindi per ora non ho rimpianti.
    Cosa rende forte uno schiacciatore, oltre la forza fisica?Esiste uno schiacciatore attaccante e uno schiacciatore ricevitore. Io sono uno schiacciatore più tecnico, che dà più equilibrio nella fase di seconda linea. Credo che ciò che faccia la differenza sia proprio questo, la ricezione, poiché nell’alto livello se lo schiacciatore sa ricevere bene aiuta a far girare meglio la squadra, anche se il fondamentale più importante è l’attacco, perché è con quello che si vince la partita, ma dal mio punto di punta è la ricezione il valore aggiunto.
    Con quale dei tuoi allenatori hai avuto un rapporto speciale?Sicuramente con Tardioli, il coach che ha sostituito l’allenatore dello Spoleto in corso d’opera. Ho avuto un ottimo rapporto con tutti, anche con Nunzio Lanci, l’allenatore dell’Ortona, con cui mi confidavo e scambiavo anche pareri tattici e tecnici.
    Hai un ricordo importante della stagione giocata a Spoleto?Sì, è legato ad una partita. A Spoleto ero arrivato per giocarmi il posto da titolare, avevo tutto da dimostrare. Una volta conquistato il posto, la situazione si è complicata con l’acquisto di Fedrizzi, che metteva nuovamente in dubbio la mia titolarità. La partita che ha convinto definitivamente è stata quella contro Potenza Picena, in cui il mister ha deciso di schierarmi da titolare e in cui ho fatto una partita davvero importante: realizzai una serie di battute che hanno dato una volta alla partita e che ci hanno portato alla vittoria. Dopo quella gara, ho conquistato la fiducia del mister e della società.

    Il tuo prossimo obiettivo?Il mio prossimo obiettivo è fare qualcosa di importante, non voglio sbilanciarmi tanto, perchè porta male, ma voglio fare qualcosa di molto importante al Castellana Grotte, perché è una società costruita per lottare fino in fondo in ogni competizione e per ambire al massimo, e voglio dimostrare di essere un giocatore che può giocare ad altissimi livelli. LEGGI TUTTO

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    Claudio Mezzadri a SuperNews: “La Coppa Davis? Non esiste più. Il calendario dei prossimi eventi molto affollato, prevedo defezioni e infortuni.”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Claudio Mezzadri, ex tennista oggi commentatore televisivo dei grandi eventi tennistici. Mezzadri ci ha raccontato come è nato l’amore per il tennis, quali sono stati i suoi traguardi sportivi più importanti e come ha conosciuto, nel ’98, il giovanissimo Roger Federer. Abbiamo chiesto al nostro intervistato una personale opinione sul futuro del campione svizzero, sul calendario stilato per i prossimi eventi di tennis e sul nuovo format ideato per la Coppa Davis. Infine, l’ex tennista ha commentato le potenzialità di alcuni giovani tennisti italiani.

    Come nasce la tua passione per il tennis?E’ stato papà a trasmettermi la passione per lo sport. Negli anni ’50, mio padre ha giocato e allenato in Serie A. In seguito, dopo essersi trasferito in Svizzera, ha continuato la carriera da allenatore di calcio, diventando tecnico di tutte le squadre del Ticino. Allo stesso tempo, però, amava giocare a tennis. Quando diventò maestro di tennis, anche io iniziai a praticarlo.
    Nel 1987, il tuo best ranking: 26esimo in classifica nel singolare e 23esimo nel doppio. Nello stesso anno, hai vinto 3 dei 5 tornei del tuo palmares, uno in singolo e due in doppio. Quale competizione hai più a cuore? E perché?Il torneo più importante che ho vinto è l’ATP di Ginevra, l’unico torneo del circuito maggiore vinto in singolare. Ho un ricordo veramente straordinario di quella competizione, è stato raggiungere il traguardo dopo anni di sacrifici. Il torneo che preferisco, invece, è quello degli Internazionali di Roma, in cui ho sempre giocato benissimo: nel 1985 e nell’1987 sono arrivato ai quarti di finale partendo dalle qualificazioni, mentre nel 1984 ho battuto Cash. A Roma ho sempre raggiunto ottimi risultati.
    Sei uno degli otto giocatori svizzeri che in Coppa Davis possiede un bilancio positivo sia nel singolare (11 vittorie e 4 sconfitte) sia nel doppio (3 vittorie e 2 sconfitte). Che emozioni ti regalava la Davis?La Davis è speciale per il tennis. Anzi, preferisco dire “era” speciale, dal momento che adesso non è più così. Quella attuale non ha nulla a che vedere con quella del passato. Nel tennis, la Coppa Davis rappresentava l’unica occasione di giocare per una propria squadra e per la propria nazione prima che per se stessi. Per questo motivo, c’era una responsabilità differente nei giocatori. Inoltre, il valore del pubblico era completamente diverso, sia per ciò che riguarda le partite giocate in casa sia per quelle giocate in trasferta. Era davvero una competizione affascinante, molto sentita dalla maggior parte dei giocatori.
    Cosa ne pensi del nuovo format ideato per la Coppa Davis? Rimani fedele al format precedente o trovi quello attuale ugualmente interessante?Il format attuale ha annichilito lo spirito della Coppa Davis: non esiste più il fattore campo, che era determinante quanto affascinante, si giocava al meglio dei cinque set, tutte le partite venivano disputate nell’arco di tre giorni, c’erano trasferte importanti, c’era una grande voglia di giocare per la propria bandiera. Adesso, la Davis è un campionato a squadre che dura otto giorni, che si gioca solo in Spagna, scelta che non considero equa, dal momento che l’unico team a giocare in casa è proprio quello spagnolo, con la conseguente presenza del solo pubblico spagnolo e di pochissimi tifosi delle altre nazioni. Inoltre, si gioca tutto nella stessa giornata, non giocano tutti e non si gioca al meglio dei cinque set. E’ un torneo che ad alcune persone piace e ad altre no, quello che però è certo è che questa non è più la Coppa Davis. Si tratta di un evento a cui auguro tutto il successo possibile, ma che non è la Coppa Davis. Il tennis ha perso qualcosa.
    Nel ’99 sei stato capitano del team svizzero. In squadra c’era un diciassettenne, un certo Roger Federer. C’erano già tutti i segni distintivi del fuoriclasse e i presupposti per una carriera straordinaria come la sua?Io non lo conoscevo. Sapevo dell’esistenza di questo ragazzo, che giocava molto bene, e sapevo che ci fossero delle aspettative su di lui, era un tennista conosciuto. Io ho avuto modo di conoscerlo nel ’98, quando mi nominarono capitano del team svizzero. Roger non era ancora in squadra, ma io questo ragazzino che giocava bene dovevo conoscerlo. Andai a vederlo giocare in un torneo. L’ho conosciuto in quell’occasione e l’ho inserito subito in squadra, facendolo debuttare. Era già un ragazzo speciale, con qualità eccezionali, era uno di quei giovani tennisti, come Hewitt, che promettevano molto bene. C’era un gruppo di giocatori dalle ottime capacità e lui ne faceva parte. Oggi, sappiamo tutti come è continuata la storia.
    Federer tornerà in campo a gennaio 2021. Pensi possa essere l’ultima stagione del “King”?Il programma è questo. Ha deciso di prendersi tutto il tempo necessario per risolvere il suo problema al ginocchio. Quello che stupisce positivamente è il suo spirito, rimasto sempre quello di un ragazzino: Roger ha ancora una voglia incredibile di giocare, di girare il mondo, di competere, di sacrificarsi. Tuttavia, lo spirito deve essere sostenuto dal fisico. L’incognita è proprio questa, ovvero se il fisico lo sosterrà. Il prossimo anno Federer compirà 40 anni. Nelle ultime partite che ha giocato, lo svizzero ha dimostrato di esserci ancora. Lui vuole esattamente questo: continuare a giocare e ottenere nuovi risultati. Nel momento in cui si accorgerà di non essere più competitivo, sentirà di non avere più le forze e le energie necessarie, allora smetterà di giocare. Purtroppo, quel momento non è poi così lontano.
    A fine carriera, chi tra Djokovic, Nadal e Federer avrà collezionato più Slam?Se prendiamo in considerazione l’età e ciò che sta succedendo nell’ATP, direi che Djokovic e Nadal siano i due tennisti con più probabilità di superare Federer, Novak in particolare, soprattutto se ci riferiamo soltanto ai risultati degli Slam. E’ difficile immaginare che Federer possa ancora riuscire a vincere altri Slam. In realtà dicevamo così anche nel 2017, ma adesso ci sono tre anni in più a fare la differenza.
    Da commentatore, cosa pensi di questo finale di stagione, denso di appuntamenti e con un calendario stravolto a causa dall’emergenza sanitaria? Gli US Open sono a rischio. Se si giocassero, potrebbero registrare molte assenze a causa dei successivi appuntamenti su terra?Se si giocherà a New York, sicuramente ci saranno delle defezioni. E’ molto probabile che giocatori importanti non partecipino. Il sistema di classifica modificato, poi, permetterebbe a Nadal di rinunciare al torneo, poiché lo spagnolo manterrebbe i punti totalizzati lo scorso anno. Per questo, credo che il programma stravolto in questo modo sia una forzatura, che ha il solo intento di far perdere meno soldi ai tornei. Spostamenti di date, raggruppamento di tornei collocati uno dopo l’altro danno vita ad un programma difficile e affollato. Una cosa è certa: nessun tennista giocherà tutto, poiché significherebbe giocare Cincinnati, Us Open, Madrid, Roma e Parigi uno dietro l’altro. Una cosa pazzesca. Ci saranno tornei, al di là delle defezioni, con tabelloni meno forti, che daranno più spazio a giocatori di seconda fascia, pronti ad approfittare della situazione per conquistare classifica. Inoltre, mi aspetto infortuni, poiché non sarà possibile passare dal giocare sul cemento alla terra di punto in bianco, come se non ci fossero difficoltà. La finale di New York, poi, si giocherebbe nello stesso giorno d’inizio del torneo di Madrid. E’ una follia, un pericolo per molti giocatori. Un calendario più diluito sarebbe stato più auspicabile. Tuttavia, il tennis è un business e gli organizzatori dei tornei premevano tantissimo affinché si disputassero. Anche le ATP Finals si giocheranno, con la nuova regola, ed è quasi già stabilito che ci saranno gli stessi tennisti dello scorso anno, a meno che qualcuno non migliori i suoi stessi risultati superando chi lo precede. La qualificazione al Master avviene in base ai risultati ottenuti da marzo 2019 a oggi. Lo stesso Berrettini avrà la possibilità di giocarsi le ATP Finals, un’occasione fantastica per lui, anche se tutto ciò credo che non sia poi così giusto da un punto di vista sportivo. Ma, come dicevo prima, il tennis è anche business: si vuole il cartello importante alle Finals, quindi è fondamentale per gli sponsor avere i più forti nel torneo.

    C’è un giovane giocatore italiano che promette particolarmente bene?Io seguo molto gli svizzeri, ma credo che di italiani promettenti ce ne siano tanti: Musetti è molto bravo, Sinner promette davvero bene, ha la mentalità giusta, anche Sonego ha un buon carattere, un buon spirito. Sono giocatori in evoluzione, che si stanno definendo. Per ciò che riguarda le nuove promesse della Svizzera, ci sono tre, quattro tennisti classe 2003 molto interessanti. LEGGI TUTTO

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    Alessandro Sorgente a SuperNews: “L’Argos Sora Volley penalizzata dai tanti infortuni, ora penso a far bene al Santa Croce. Cisolla il mio idolo sportivo dal 2005”

    SuperNews ha intervistato Alessandro Sorgente, ex libero dell’Argos Sora Volley e oggi giocatore della Kemas Lamipel Santa Croce, squadra che milita nel campionato di Serie A2. Il pallavolista, classe 1993, ci ha raccontato della sua avventura con la maglia del Sora, che quest’anno è arrivata ultima nella classifica di SuperLega, per poi parlarci delle nuove sfide e ambizioni che lo aspettano in casa Santa Croce, che in questa stagione ha ottenuto la sesta posizione in campionato.

    In che modo la pandemia ha trasformato il mondo del volley e la routine di voi atleti?L’ha modificata in maniera perentoria. Noi giocatori ci siamo dovuti adattare alla situazione, al fatto di dover interrompere bruscamente l’attività. Adesso abbiamo ripreso gli allenamenti individuali, ci alleniamo da 15-20 giorni giocando qualche partita di beach volley e di pallavolo per cercare di tornare in forma e nella routine dei professionisti.
    Come è iniziata la tua avventura nell’Argos Sora Volley?E’ iniziata con la ricezione di una chiamata totalmente inaspettata, dal momento che non credevo di poter essere chiamato da una società che giocava in SuperLega. Inizialmente ho avuto anche un po’ di esitazione, poiché avevo dei dubbi sulle mie capacità in un campionato così importante come quello della SuperLega. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’organizzazione dell’Argos Volley. E’ una società che dà spazio ai giovani per crescere e tempo per potersi adattare al gioco. Tutte le persone, dagli addetti ai lavori alla dirigenza, ci hanno fornito tutti gli strumenti necessari ad adattarci alla nuova realtà. Inoltre, è con il Sora che ho condiviso, per la prima volta, uno spogliatoio “internazionale”, popolato da molti giocatori stranieri, che invece non avevo avuto modo di vivere in Serie A2, in cui gli atleti erano italiani, nella maggior parte dei casi.
    La società è arrivata ultima in classifica nel campionato di SuperLega. Cosa non ha funzionato?Probabilmente, l’aver subìto diversi infortuni. Inoltre, a causa del fatto di aver giocato ogni tre giorni, il tempo per allenarsi è stato poco e non ci ha permesso di creare delle solide basi di gioco. Queste defaiances all’inizio del campionato ci hanno portato a collezionare qualche sconfitta di troppo, a cui non abbiamo saputo reagire.
    Cosa ti aspetti dalla prossima avventura nella Kemas Lamipel Santa Croce? Ha ottenuto il sesto posto in classifica, è una squadra che sembra promettere bene…Sì, è una squadra che promette bene, anche se, sulla carta, ci sono squadre più attrezzate. Noi siamo una squadra giovane, che però può contare su qualche giocatore con alle spalle due o tre anni di esperienza in più. Inizialmente, avremo un ruolo di “mina vagante”, poi, con il tempo, riusciremo a crescere, ritagliandoci un posto da protagonisti, che si ottiene soltanto attraverso il lavoro quotidiano in palestra. Un aiuto fondamentale sarà dato dall’esperienza di un coach come Paolo Montagnani, con cui ho avuto la fortuna di lavorare in passato. So bene quello che lui può dare alla squadra, e sono sicuro che dall’inizio alla fine sarà un continuo crescere, sia a livello collettivo sia a livello individuale.
    Tempo fa abbiamo intervistato Massimo Colaci, che condivide il tuo stesso ruolo. Massimo ci ha detto che la caratteristica che ad un libero non può mancare è la forza mentale. Tu cosa ne pensi?Sono d’accordo con Colaci, poiché, al di là delle potenzialità tecniche di ogni libero, il salto di qualità lo fa fare la testa. Il nostro è un ruolo particolare: si toccano pochi palloni, e quei pochi palloni bisogna toccarli bene. Per questo motivo, non è facile entrare in partita toccando pochi palloni, a differenza del palleggiatore, che partecipa ad ogni singola azione di gioco. Inoltre, il libero è il regista della fase difensiva, quindi deve gestire i propri compagni e organizzare anche la fase break di muro-difesa. Negli anni, il mio è un ruolo che ha acquisito sempre più importanza, e credo che continuerà ad acquisirne sempre di più.
    C’è un pallavolista a cui ti ispiri?Sì, il mio idolo pallavolistico è Alberto Cisolla. Ho iniziato a giocare a pallavolo nel 2005, quando l’Italia vinse gli Europei, a Roma, e quando Cisolla fu premiato “Mister Europa”. E’ stato amore a prima vista. Negli anni, poi, ho avuto la fortuna di allenarmi e aver giocato insieme a lui, di conoscerlo personalmente quando venne a giocare nel 2010 nella M. Roma.

    La Nazionale è un sogno o un obiettivo?E’ un sogno, è il sogno di ogni bambino Reputavo un sogno, che si è realizzato,anche giocare in Serie A. Adesso che sono nella massima serie, la Nazionale si trasforma da sogno in obiettivo. Al momento, però, sono concentrato sull’esperienza al Santa Croce, voglio fare una bella stagione. Spero di riuscire a tornare in SuperLega, così da rendere ancora più concreto il sogno-obiettivo della Nazionale. LEGGI TUTTO

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    Cristina Plevani: “Sono riflessiva di natura. Forse, perché sono solitaria”

    Prosegue il nostro viaggio per scoprire come questa emergenza Covid-19 sta cambiando (e come cambierà) la nostra vita quotidiana. Oggi, ha accettato di rispondere a una serie di domande per un’intervista in esclusiva Cristina Plevani: presentatrice radiofonica, opinionista e inviata tv, istruttrice Fin, fitness e hydro bike.

    Ciao Cristina, grazie per la tua disponibilità. In cosa maggiormente è cambiata la tua vita quotidiana durante questa emergenza da nuovo Coronavirus?“Grazie a te per l’intervista e per avermi inserita nella categoria degli ‘sportivi’ e in tutte le altre categorie da te elencate. Io mi sento solo Cristina, senza etichetta. Ad essere sincera la mia vita con l’arrivo del virus non è cambiata molto, perché lavorativamente parlando, ero ferma da ottobre. Ovvero, da quando avevo deciso di mollare tutto per intraprendere il cammino di Santiago in solitaria col mio cagnolino Nano. Quindi, ero a casa in attesa di iniziare un nuovo lavoro”.
    C’è un aspetto positivo di questo stop?“Di aspetti positivi ce ne sono tanti. Dipende se si è stata in grado di vederli e di viverli: ri-pensare a vivere la famiglia, la natura è rinata, l’aria è più pulita”.
    Per molte persone questo periodo di stop è stata anche una specie di pausa introspettiva. Lo è stata anche per te?“Sono riflessiva di natura. Forse, perché sono solitaria. Ho sperato di non ammalarmi perché avevo a che fare con qualcosa di oscuro e feroce nella sua velocità a farti perdere tutto”.
    A più riprese viene detto che nulla sarà come prima. Secondo te, cosa caratterizzerà di più in positivo e in negativo il futuro?“L’uomo non cambierà. Appena si tornerà a pieni ritmi dimenticherà tutto velocemente. Cambieranno i ritmi, il modo di lavorare. Sperando di riuscire a tornare a lavorare”.
    Dopo questa lunga fase di lockdown molte persone riprendono a fare attività fisica. Ci puoi fornire una serie di utili consigli?“Non sono la persona adatta a dare consigli, non sono una personal trainer. Io mi sono allenata in casa perché avevo la fortuna di avere il rullo per la bicicletta (che era chiuso ancora nuovo in una scatola da tre anni). Se non l’avessi avuto, forse avrei vinto il record di permanenza sul divano”. 
    Qualche indicazione sull’alimentazione?“Chi fa sport in modo costante è più bravo di me a gestire la propria alimentazione. Chi ha bisogno di regole e di delucidazioni sono quelle persone, spesso donne, che pensano di dimagrire e di risolvere i problemi correndo dietro a barrette, tisane dimagranti, senza fare nessuno sforzo fisico”.
    A tuo avviso questa emergenza Covid-19 come inciderà nelle attività in piscina?“Sto attendendo con curiosità le direttive per capire come e quando riapriranno gli impianti sportivi. Insegnare nuoto ai principianti senza contato fisico, la vedo un po’ dura”.
    L’anno scorso hai fatto il Cammino di Santiago di Compostela (675 km in un mese), hai seguito una preparazione particolare?“Nessuna preparazione fisica o mentale. Avevo solo deciso di partire e lo volevo fare il più velocemente possibile”.
    Raccontaci, anche, una suggestione particolare che ricordi.“Ho camminato tra ottobre e novembre da Lisbona a Santiago: 20 giorni con zaino e cagnolino in braccio. Oggi, penso a come sono riuscita a camminare ore e ore con la testa bassa sotto un cappuccio. La mattina mi svegliavo e camminavo. Sapevo che in un paio di ore avrei percorso una decina di km. Calcolavo i ritmi così. Volevo arrivare. Volevo arrivare ad ogni tappa come fosse una gara. Un cammino da fare e rifare più volte nella vita. Il senso di libertà è impagabile. Le persone che incontri sono uno scambio reciproco. Il mondo di tutti i giorni lo dimentichi, a me non mancava per nulla. In questi giorni, ho letto del viaggio in bicicletta di Jovanotti, beh… lo invidio. Mi piacerebbe farlo”.
    Un consiglio che vuoi indicare a chi ama fare sport insieme al suo fedele amico a quattro zampe?“Il mio Nano è un maltese, quindi piccolo e gestibile. Andando in un periodo non affollato, anzi, quasi deserto per i pellegrini, non ho avuto problemi a trovare pernottamento. I cani non sono bene accetti, soprattutto in Spagna. Nei bar o ristoranti non posso entrare. Sono stata fortunata a dormire tutte le notti anche se un paio di volte ho avuto paura di trovarmi in strada”.
    Il tuo primo pensiero quando apri gli occhi alla mattina, e l’ultimo prima di addormentarti? “In inverno appena mi sveglio penso: che palle, non voglio alzarmi. In estate sono più allegra… le giornate lunghe e il bel tempo aiutano il mio umore. Dovrei vivere sempre in luoghi caldi, l’inverno non vivo, sopravvivo. Una noia”.
    C’è un breve consiglio che vuoi dare in conclusione di questa nostra chiacchierata?“Nessun consiglio, non mi sento portata”.

    Grazie Cristina, spero di averti presto nuovamente ospite in una prossima intervista.“Grazie a te per la gentilezza”. LEGGI TUTTO

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