Benedetto Camerana ha intrecciato spesso la sua professione di architetto con lo sport, dal Museo della Juventus alle Atp Finals, ma questa volta è come presidente del Museo Nazionale dell’Automobile che incrocia un mito. E la mostra che celebra Ayrton Senna a trent’anni dalla tragica scomparsa di Imola è un’altra perla nella sua collezione non solo per l’indubbia bellezza dell’esposizione, ma per la capacità di trasmettere emozioni a chiunque, dall’appassionato di automobilismo a tutti quelli che, al netto di pistoni e ottani, non sono mai riusciti a rimanere impermeabili al fascino carismatico di Senna.
Buongiorno Camerana, la mostra sta riscuotendo un grande successo già nei primi giorni di apertura.
«Lo definirei clamoroso, ma in realtà ce lo aspettavamo, abbiamo avuto giorni da 5000 visitatori con code che arrivavano al limite della capienza. Posso solo ringraziare le persone che sono volute venire e ci hanno onorato della loro attenzione, premiando il nostro coraggio nel lanciarci in una mostra per nulla scontata. Il timore era di non riuscire a far capire la portata dell’evento alla famiglia Senna, alla Fondazione e ai collezionisti che ci hanno prestato le auto e i cimeli esposti. E invece con la competenza e la fama di Carlo Cavicchi, che l’ha curata, e con la figura internazionale del nostro museo siamo riusciti nell’impresa».
Qual è il pezzo più emozionante?
«Diciamo che il casco bianco, indossato da ragazzino , quando non aveva ancora la sua personale comunicazione, mi emoziona molto. Così come la Williams del 1994, quella della stagione della sua morte. Sono l’inizio, pieno di speranze, e l’apoteosi del campione, poi finita in tragedia». Il pezzo più difficile da reperire nella mostra? «Forse poteva essere la Mercedes 190 16 valvole, quella della vittoria al Nürburgring del 1984 che faceva capire cosa sarebbe diventato. Poteva essere duro avere quell’auto, ma per fortuna, abbiamo eccellenti rapporti con il ma ottimo rapporto con la il reparto storico della Mercedes e abbiamo avuto anche quella vettura».
Cosa sarebbe Senna oggi?
«Un campione totale come è stato. In fondo lui ha preconizzato il tipo di campione odierno: meticoloso in tutto, dalla preparazione atletica al rapporto con i tecnici, puntuale, preciso, attento nello scegliere le persone di cui si circondava. Come i Verstappen o gli Hamilton di oggi».
Forse rispetto a questi aveva più carisma umano.
«Certo, carisma, intelligenza, ironia, simpatia e quel fascino malinconico che aveva nello sguardo. Era anche un mago della comunicazione, ne parleremo con Antonio Ghini, capo della comunicazione Ferrari per molti anni. Era un maniaco del controllo di ogni dettaglio, mi viene in mente Mick Jagger pensando a lui».