Dopo dieci anni di assenza dal circus iridato, fra opere d’arte varie ed eventuali va in scena in Francia la fiera del bue che dice cornuto all’asino, benché di asino – grosso e rosso – si tratti.
Cari amici francesi, organizzatori del Gran Premio di Francia, non avreste dovuto preoccuparvi così per noi, umili commentatori. Siete stati davvero molto, troppo gentili: ci avete offerto materiale non dico per qualche pezzo, ma per mesi di pezzi dedicati a voi e al ritorno nel circus iridato del circuito del Paul Ricard!
Calma che ce n’è per tutti…
“La piaga del Paul Ricard è il tchaffico!”
Per meglio celebrare il ritorno della Formula Uno nel proprio Paese, gli organizzatori del Gran Premio di Francia sono riusciti in un colpo solo a unificare tutte le anime dei tifosi accorsi all’autodromo, rendendoli, per la prima e unica volta, un solo popolo. Un popolo furibondo per le offensive condizioni delle vie di accesso al circuito. Una sola strada percorribile, stretta e tortuosa, per ampi tratti di campagna, si è rivelata non insufficiente, bensì ridicola allo scopo. Appassionati e giornalisti costretti a ore di estenuante coda sotto il sole, fra parcheggi inesistenti e indicazioni monche, mentre organizzatori e autorità riuscivano nell’impresa di far sembrare i luoghi più accidentati dell’automobilismo mondiale – India, Corea, Monza… – dei simulacri dell’accoglienza. Interpellato da un giornalista che gli chiedeva conto delle immense code formatesi per accedere all’impianto, Chase Carey BaffoCheConquista rispondeva, garrulo, che era felice che l’evento avesse avuto un tale successo di pubblico. Spero fosse una battuta, perché c’era ben poco da ridere.
Opere d’arte varie ed eventuali
Non appena hanno iniziato a diffondersi in rete le prime immagini del layout del Paul Ricard, il grande pubblico si è potuto rendere conto non solo che il glorioso rettilineo del Mistral fosse stato sfreg… ehm… arricchito da una graziosa chicane ma soprattutto che la pista fosse circondata da una serie di strisce colorate concentriche, rosse e blu, le quali, raccordandosi fra loro intorno alla pista stessa, definivano lo spazio delle vie di fuga. L’effetto ottico era davvero notevole, bisogna ammetterlo, così come altrettanto notevoli sono state le difficoltà nel discernere quale fosse il percorso di gara, poiché sulla pista non vi sono divisori di sorta che separano le vie di transito o i percorsi alternativi da quello valido per il Gran Premio. Osservando le immagini del Paul Ricard, insomma, veniva da commentare con la tipica esclamazione che ci viene alle labbra quando ci mostrano qualcosa il cui senso sfugge alla nostra immediata comprensione, proprio come avviene quando nelle nostre città di punto in bianco compaiono enormi strutture prive di una funzione pratica e dall’estetica discutibile: “Oh! Ma è un’opera d’arte!”
Picasso, Mondrian e i massimi esponenti dell’arte psichedelica degli anni Settanta sono stati chiamati come epigoni di quel gran pezzo di opera d’arte che è, adesso il Paul Ricard, con una sola certezza: guardarlo a lungo fa venire il mal di testa!
A parte gli scherzi, per gli addetti ai lavori non si tratta di una novità, come molti hanno fatto più o meno acidamente notare: il circuito di Le Castellet è usato da anni per i test e per altre competizioni automobilistiche e quelle curiose strisce multicolore sono in realtà zone a grip differenziato, che consentono di rallentare in maniera più o meno decisa un’auto che esce fuori di pista, evitando dannosi impatti contro le barriere. Ciò nonostante, Ericsson è riuscito a schiantarsi su un muretto. Il pubblico, però, quello che non conosce a memoria tutte le evoluzioni delle piste usate a vario titolo negli ultimi vent’anni e che poco comprende il senso di certe scelte se vede che perfino i piloti hanno problemi a orientarsi sulla pista, ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione in merito, più o meno caustica che sia, senza che i Capiscioners di turno si levino indignati contro la pocaggine del popolino. La leggerezza, amici, vale più dell’esibizione della competenza, a volte.
A proposito di leggerezza: un arguto utente di Twitter, alla vista del soggetto usato per il trofeo vinto dai primi tre classificati, ha commentato dicendo qualcosa tipo E così il Paese del Louvre ha concepito questo?
Effettivamente, c’è da rimanere perplessi di fronte a una statua di resina tricolore raffigurante un gorilla nell’atto di scagliare furibondo un pneumatico Pirelli, una riedizione in scala ridotta degli altrettanto incomprensibili gorilla furibondi messi qua e là per il tracciato. Cos’avranno voluto rappresentare? Forse interpretano la reazione sopra le righe degli appassionati a un qualche evento legato alla Formula Uno? Qui sotto una serie di interpretazioni, scegliete quella che più vi aggrada:
- La Ferrari ha perso la testa del Mondiale per un erroraccio di Vettel in partenza: GORILLA FURIBONDO!
- Quelle strisce colorate fanno venire il mal di mare: GORILLA FURIBONDO!
- Nessuno ha ancora capito un’acca di quanto durino effettivamente le Pirelli multicolore: GORILLA FURIBONDO!
- Hamilton ha inciso una nuova canzone rap: GORILLA FURIBONDO!
- La McLaren continua la propria lacrimevole stagione: ALONSO FURIBONDO!
- Kimi Raikkonen si addormenta in qualifica giustificando tutti i rumor su una sua possibile sostituzione con Leclerc: GORILLA FURIBONDO!
- Kimi Raikkonen agguanta il podio zittendo tutti i Capiscioners che al suo posto volevano Leclerc: GORILLA FURIBONDO!
- “Il talento francese Leclerc”: GORILLA MONEGASCO FURIBONDO!
- Dieci ore di coda per arrivare in questo posto dopo aver speso millemila euro di viaggio, sistemazione, parcheggio e biglietto: GORILLA FURIBONDO!
Allons enfants de la Patrie, Grosjean est arrivé.
Comunque questi Francesi sono da ammirare per la fierezza con la quale hanno accolto un grande evento come un Gran Premio di Formula Uno che veniva organizzato dopo dieci anni nel loro Paese. Ogni angolo del circuito di Le Castellet rifulgeva di orgoglio patrio, riducendo le manifestazioni in occasione dei concomitanti Mondiali di Calcio a una specie di sagra paesana al confronto. Ciò comporta, però, l’esibizione di un certo sciovinismo da parte degli orgogliosi transalpini, ben spiegato da Grosjean nel corso del primo giro: non potendo sopportare che una pacchiana auto italiana guidata da un volgarissimo tedesco si prendesse la scena al primo giro con un pirotecnico tamponamento, ha rilanciato coinvolgendo i suoi connazionali Ocon e Gasly in una strepitosa carambola qualche centinaio di metri dopo. Liberté, egalité, ciritiriamotuttiettré.
I buoi e l’asino ferrarista.
Sebastia’, io ti voglio bene come una zia. Mi preoccupo per te, prego che imparino ad aggiustarti l’orlo dei pantaloni o a sceglierti delle giacche della tua taglia, che mangi perché stai sciupato e che nessuno ti porti dal parrucchiere di Hamilton ma… Se fossi stata il mio conterraneo Sergio Marchionne, dopo il tuo allegro divagare alla prima staccata che è costato a te la testa del Mondiale e a Bottas la tranquillità, oltre che la gara, io t’avrei detto: “Ah, hai chiesto scusa? Ah, ti hanno dato la penalità? E IO TI CI MENO PURE SOPRA!”
Questo perché sia chiaro che l’asinata da parte di Sebastian Vettel c’è stata ed è pure evidente. Ma quel che allo stesso modo mi fa prudere le mani sono alcune dichiarazioni udite nel post gara: Lauda che biasima la direzione gara per la lieve punizione comminata a Vettel crede che non ricordiamo l’autoscontro di Bottas contro Raikkonen a Baku 2017? Hamilton e Verstappen, noti per la grande cortesia e gentilezza usata in carriera nei confronti di gente come Massa o Ricciardo, cos’avevano da borbottare nel retropodio? Comprendo le dichiarazioni a caldo, ma si parla di incidente di gara, per di più scaturito in una mischia alla partenza. Questo Gran Premio di Francia è diventato una gran bella fiera del bue che dice cornuto all’asino, insomma, benché di asino – grosso e rosso – pur sempre si tratti.
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/JvBW6RYhdsU/smontate-lhalo-voglio-scendere-in-francia-al-paul-ricard.php