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Ruud, la crisi continua. Può permettersi di “giocare di meno”?

A.A.A. cercasi Casper Ruud. Il forte tennista norvegese, terza testa di serie al Masters 1000 di Indian Wells, sta attraversando il peggior periodo della sua giovane carriera. Dopo anni di crescita costante, prima rafforzando il fisico presso la Academy di Nadal, quindi affinando gioco e mentalità, Ruud sta vivendo da mesi una fase di stallo piuttosto pericolosa. “Pericolosa” sì, se andiamo a leggere tra le righe di quel che ha dichiarato nell’ultimo periodo. Entrato stabilmente tra i top10, prima grazie ad un intelligente percorso da formichina accumulando il massimo dei punti nei tornei 250 e quindi finalmente sbocciato nei grandissimi tornei, ha affermato di voler affrontare il 2023 in modo totalmente diverso. L’idea era chiara: ho fatto due finali Slam lo scorso anno (Parigi e New York), ora devo programmare al meglio la mia stagione per arrivare al massimo della condizione nei maggiori appuntamenti per essere pronto a vincere. Quindi si gioca di meno, ci si prepara di più. Da qui la scelta di saltare a piè pari tutto quasi tutto il mese di febbraio concentrandosi su preparazione e allenamenti, per arrivare al massimo in primavera ed estate. Tutto giusto sulla carta, ma… in realtà i risultati di Ruud dopo quell’US Open che poteva portarlo clamorosamente al n.1 del mondo in caso di vittoria sono stati a dir poco deludenti. Una discesa che l’ha fatto crollare anche come convinzione, come ha dichiarato dopo le recenti sconfitte. “Non trovo il miglior ritmo”, questo il senso delle sue parole.

Infatti dalla finale di New York persa contro Alcaraz, le sue prestazioni sono scemate in modo incredibile. Se si escludono le Finals di Torino, torneo assolutamente qualificato ma totalmente atipico, Casper infatti ha inanellato il seguente percorso, davvero modesto: quarti di finale a Seoul, dove ha vinto un solo match di secondo turno; eliminato all’esordio a Tokyo e Basilea; terzo turno al 1000 di Bercy; una vittoria e una sconfitta in United Cup ad inizio 2023; uscita al primo turno al 250 di Auckland; out al secondo turno a Melbourne; battuto da Daniel al secondo turno ad Acapulco e ora addio a Indian Wells al terzo turno. Poco, davvero troppo poco per un tennista che di solito non ti regalava nulla, uno forte e continuo nelle sue prestazioni negli anni recenti e che proprio su queste basi aveva spiccato il volo.

Continuità. Questa è probabilmente la parola chiave, quella che spiega il suo momento “no”. Ruud è un tennista a suo modo formidabile: sostenuto da un fisico micidiale, è un grande agonista, uno che spinge, corre, rincorre, generando un tennis ad alta energia ed intensità, senza colpi che ti fanno sobbalzare dalla sedia ma terribilmente concreto ed efficace. Buono per tutte le superfici, buon contro tutti i tipi di avversari. Ma… non ha un gioco che scorre facile, deve “costruirlo”, palla dopo palla. Per eccellere deve scambiare, colpire tante palle, andare in ritmo e progressione, sfiancando i rivali con la sua sostanza e continuità di prestazione. Proprio per questo è il classico tipo di tennista che per vincere deve dare il suo meglio ogni giorno e ha assolutamente bisogno di giocare tanto. Vince più sulla quantità che sulla qualità, e quella quantità la costruisci battendo il ferro caldo ogni santo giorno. Aver giocato di meno, per scelta o perché ha inanellato troppe sconfitte nei mesi finali del 2022, deve aver guastato qualcosa, a livello di fiducia e di sensazioni.

La nostra sensazione è che Ruud sia il classico tennista che non rientra dopo uno stop e trova subito il suo miglior gioco. Necessita di tempo, di match vinti uno dopo l’altro per ritrovare la migliori sensazioni, la fiducia ed arrivare a quel livello che gli ha permesso di giocare alla pari e battere i migliori. È quel che tipo di tennista che quando entra in un periodo negativo fa fatica ad uscirne perché perde ritmo e stenta a ritrovarlo. Eccellente l’idea di programmarsi bene per arrivare fisicamente al top negli Slam, in estate. Ma… se sei quel tipo di giocatore, puoi permetterti di giocare di meno rispetto ai tuoi standard? Alla fine, il riuscire ad adattare gli sforzi fisici e mentali al tuo modo di giocare e incastrare tutto al meglio in una programmazione oculata è la chiave verso il successo. Bilanciare sforzi-picco di forma-programmazione. Purtroppo non è operazione banale e scontata, perché se ti arrivano alcune sconfitte di fila, tutto l’ingranaggio che ti aveva portato in alto si inceppa e farlo ripartire non è affatto semplice.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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