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ATP Miami, leggendario Sinner: batte Alcaraz in tre set e vola in finale con Medvedev

Vittoria epica dell’azzurro, che rimonta Alcaraz 6-7, 6-4, 6-2 e vola alla finale del Masters 1000 di Miami, dove domenica (alle 19 in diretta su Sky Sport Tennis e in streaming su NOW) affronterà la sua ‘bestia nera’ Medvedev

“Tonight, I’m gonna have myself a real good time…”. Non è Jannik Sinner, è Mister Fahrenheit di Don’t stop me now: “Viaggio alla velocità della luce/sto fluttuando in estasi/sono un satellite fuori controllo/una tigre che sfida le leggi di gravità, è la mia notte, non fermatemi ora, I’m gonna go go go…”. Ricorderemo questo 1° aprile per il ‘pesce’ più bello nella storia del tennis, perché rimontare così un match praticamente perso – buttato via! – contro il numero 1 del mondo può soltanto essere uno scherzo… del destino. Quando tutto sembrava finito e il tempo dei (soliti) rimpianti incombeva come una falce sulla testa del 21enne di Sesto Pusteria e sui fedelissimi che avevano rinunciato al ‘sacro’ venerdì sera con gli amici perché “stavolta giuro che lo batte”, lui non ci ha tradito. E “It’s friday, I’m in love” dei Cure fa il paio con i Queen ed è tutta per l’altoaloatesino che, dopo i due bocconi amarissimi nell’altrettanto epica battaglia di 5 ore e 18 minuti ai quarti degli US Open 2022 e l’ultimissimo duello di due settimane fa nella semi di Indian Wells, ha rimesso in parità (3-3) il conto dei precedenti tra i ‘grandi’ (se consideriamo il Challenge di Alicante lo spagnolo sarebbe in vantaggio 4-3), chiudendo 7-6, 4-6, 2-6 dopo oltre 3 ore di gioco e volando alla finale del Miami Open dove domenica affronterà Daniil Medvedev, n. 4 del tabellone, che si è imposto 7-6, 3-6, 6-3 nel derby russo contro Karen Khachanov (n. 14). 

Sinner torna in top ten, Alcaraz non è più il n.1

Non solo: Jannik è già virtualmente al n.9 del ranking, proiettato verso la top ten a otto mesi di distanza dall’ultima volta e se riuscisse nell’impresa di vincere il torneo… diventerebbe il nuovo numero 6 al mondo, perché sorpasserebbe in una botta sola Andrey Rublev, Felix Auger-Aliassime e Holger Rune. Ma intanto godiamoci questo trionfo, una partita stellare, con scambi a una velocità supersonica mai visti prima tra due che insieme sono più giovani di Roger Federer. Per il tennista allenato da Simone Vagnozzi e Darren Cahill è la seconda finale in un Masters 1000 dopo quella persa proprio a Miami nel 2021 con il polacco Hubi Hurkacz, la quarta per un italiano: il primo fu Fabio Fognini (l’unico a vincere il titolo, a Montecarlo nel 2019), seguito da Matteo Berrettini (sconfitto a Madrid due anni fa da Sasha Zverev). Per Carlitos, oltre al danno la beffa: perché perde anche la prima posizione nel ranking, riconsegnando lo scettro a Novak Djokovic.

Il racconto e i numeri del match

Si presentavano entrambi sul cemento dell’Hard Rock Stadium senza aver concesso lo straccio di un set, con degli score pazzeschi: Sinner forte di 20 successi su 24 partite (solo Medvedev con 27 e Norrie con 21 sono riusciti a fare meglio di lui nel 2023), Alcaraz reduce da 19 match e una sola sconfitta (il 26 febbraio, battuto nella finale del Rio Open dall’inglese). Il vantaggio dell’azzurro – va detto – è stato senza dubbio il giorno di riposo in più: mercoledì si era sbarazzato del finlandese Emil Ruusuvuori in appena 74′ di gioco, molto meno dell’interruzione causata dalla pioggia che ha fermato la sfida per oltre due ore all’inizio del secondo set; mentre Carlos si è visto slittare a giovedì notte il quarto con Taylor Fritz (liquidato 6-4, 6-2) per via del maltempo che si è abbattuto nei giorni scorsi sulla Florida. Lo sliding doors del primo set nel quinto game: l’altoatesino, avanti 4-1 e 15-30 sul servizio dello spagnolo, cicca malamente lo smash del possibile 15-40 e subisce la ‘remuntada’ del 19enne di Murcia; nel secondo è a un passo dal precipizio, ma le due palle break recuperate sul 3-4 lo rimettono al mondo e da lì è una cavalcata trionfale. I numeri: 28 vincenti e 26 errori gratuiti per Sinner, 22-27 Alcaraz; 8 ace a 5 per l’ex allievo di Riccardo Piatti, 4 doppi falli rispetto ai 9 dell’iberico. Jannik ha servito il 63% di prime con il 68% dei punti. Meglio anche sulla seconda (55 a 41) e nelle palle break salvate: 9 su 12, il 75%, contro il 50 dei rivale (6/12).

In finale per sfatare il ‘tabù’ Medvedev

È inutile girarci intorno: se con Alcaraz è stato come scalare la Marmolada, con il russo saremo a livelli Alpe d’Huez. Medvedev è la sua bestia nera, l’ha battuto 5 volte su 5, l’ultima nella finale del 19 febbraio al ‘500’ di Rotterdam. Ma Jannik non vuole più smettere di cantare e domenica sera ci attende un altro ‘concertone’ live alle 19 in diretta su Sky Sport Tennis e in streaming su Now, per l’acuto finale: “I don’t want to stop at all”.

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