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F1, La storia del Gran Premio degli Stati Uniti dal 1959 ad oggi

Dopo il trionfo di Max Verstappen in Giappone, è già tempo di volare negli Stati Uniti.

Dopo un solo un weekend di pausa, la Formula 1 è pronta a tornare in pista. Il diciannovesimo appuntamento del calendario 2022 prevede la trasferta americana in Texas, dove sarà di scena il Gran Premio degli Stati Uniti sul Circuito delle Americhe, ad Austin.

Verstappen ha chiuso il discorso mondiale nella scorsa gara a Suzuka, conquistando il titolo iridato per la seconda volta di fila. Le polemiche però non sono mancate. In casa Ferrari, infatti, non hanno gradito la penalità di cinque secondi a Charles Leclerc che, in questo modo, è stato scavalcato da Sergio Perez consentendo la matematica vittoria del campionato al pilota olandese.

Neppure il tempo di festeggiare che il mondo Red Bull si è trovato a fare i conti con la questione Budget cap. Nella giornata di lunedì scorso, la FIA ha annunciato che il team austriaco ha violato il tetto massimo di spese durante la stagione 2021 e le sanzioni saranno rese note prossimamente. Si va da una probabile multa a una decurtazione dei punti dalla classifica piloti e/o costruttori della passata stagione, che di fatto rimetterebbe in discussione il titolo vinto da Verstappen nella già controversa gara di Abu Dhabi. E in attesa di capire quale sarà il verdetto finale, lo spettacolo della F1 non si ferma. Restano ancora quattro gare che andranno a mettere la parola fine sulla stagione 2022.

Prossima tappa Austin

Introdotto in calendario nel 2012, il Circuito delle Americhe (spesso abbreviato in COTA, dall’inglese Circuit of the Americas) è solo uno di una lunga serie di tracciati statunitensi entrati a far parte nel mondiale di F1. Per trovare il primo vero Gran Premio a stelle e strisce bisogna tornare molto indietro con gli anni. 1959. Circuito di Sebring, Florida. È qui dove i motori hanno avuto modo di inaugurare la longeva storia che lega gli Stati Uniti con la Formula 1, in una gara passata alla storia per l’eroica manovra compiuta da Jack Brabham, che rimasto senza carburante a pochi metri dal traguardo, ha spinto la sua vettura fino all’arrivo laureandosi aritmeticamente campione del mondo.

Dalla East Coast alla West Coast, nel corso degli anni la F1 è andata in scena in molte diverse città americane. L’edizione del 1960 si è svolta sul tracciato di Riverside nel bel mezzo del deserto californiano, mentre dall’anno successivo il circuito di Watkins Glen, nello Stato di New York, è diventato un appuntamento fisso per venti stagioni. Graham Hill, Niki Lauda e Gilles Villeneuve, tra gli altri, hanno vinto al Glen, che purtroppo rimane anche il luogo di due tragici incidenti che hanno tolto la vita al francese Francois Cevert nel ‘73 e all’austriaco Helmuth Koinigg l’anno
seguente.

In quegli anni l’America poteva vantare un secondo GP in calendario: quello cittadino di Long Beach. Situato nella parte meridionale di Los Angeles lungo le coste del Pacifico, il circuito di Long Beach, spettacolare ma alquanto pericoloso, viene ricordato soprattutto per il grave scontro di Clay Regazzoni nel 1980 che ha messo fine alla carriera automobilistica del pilota svizzero. Nel 1981 e 1982 si sono persino disputate due gare a Las Vegas, lungo un tracciato realizzato attorno al lussuoso hotel Caesars Palace. Dalla prossima stagione la “capitale mondiale dell’intrattenimento”, così l’ha definita il CEO di Liberty Media Stefano Domenicali, ritornerà sede di un Gran Premio di F1, con i famosi casinò e le luci a neon a fare da sfondo a quello che si preannuncia essere il weekend più glamour del calendario.

Un’unica edizione vede protagonista invece Dallas, con il Gran Premio degli Stati Uniti del 1984 tenutosi proprio nella città texana. A causa del clima torrido (emblematico l’episodio che ha coinvolto Nigel Mansell svenuto dal caldo mentre cercava di spingere la sua monoposto sul traguardo) e delle condizioni pessime della pista, questo GP non ha lasciato il segno. Archiviata la parentesi disastrosa di Dallas, la F1 fa tappa a Detroit fino al 1988. Anche qui si corre su un circuito cittadino mai pienamente entrato nei cuori dei piloti per via della particolare configurazione della pista con numerose curve a gomito e di un asfalto molto abrasivo. Padrone del GP di Detroit è Ayrton Senna, che qui ha vinto tre volte su sette edizioni complessive. Il campione brasiliano si è distinto anche durante i GP di Phoenix. Dal 1989 al 1991, infatti, è la città in Arizona a ospitare tre edizioni della gara oltreoceano; dopo risultati sotto le aspettative in termini di pubblico e spettacolo, viene ufficialmente rimossa dal calendario.

Prima dell’attuale presenza di Austin in calendario, la F1 ha avuto il privilegio di correre per otto stagioni, dal 2000 al 2007, anche sulla storica pista di Indianapolis, leggermente modificata per l’occasione. Clamorosi colpi di scena non sono mancati, ed è curioso, e unico nella sua specie, quanto successo nell’edizione del 2005. Dopo il giro di formazione, molte vetture sono rientrate ai box senza prendere parte alla gara per evitare di correre il rischio di eventuali incidenti dovuti alla poca affidabilità delle gomme Michelin. Tra lo stupore generale dei presenti, solo sei piloti si sono schierati in griglia, con Michael Schumacher che ha regalato l’unica vittoria dell’anno alla Ferrari.

Da questa stagione gli Stati Uniti tornano a ospitare due Gran Premi. Dopo la prima volta di Miami nel maggio scorso, il prossimo weekend vedrà la decima partecipazione del GP di Austin nel mondiale. Il tracciato, progettato dall’ingegnere tedesco Hermann Tilke, colui che ha disegnato anche il layout di Sochi, Baku, Jedda e molti altri, presenta lunghi rettilinei, l’inconfondibile snake, ovvero una sequenza di curve destra sinistra molto rapide, svariati saliscendi e curve cieche che lo rendono teatro di numerose battaglie e di uno spettacolo assicurato. Per non farsi mancare nulla,
l’autodromo texano gode di una torre panoramica alta 77 metri, da cui si può assistere alla gara grazie alla terrazza panoramica, e di un anfiteatro riservato per eventi e concerti.

L’albo d’oro di Austin vede Lewis Hamilton vittorioso ben cinque volte, Sebastian Vettel trionfante nel 2013, Kimi Raikkonen conquistare la sua ultima vittoria in F1 qui nel 2018, mentre le ultime due edizioni hanno visto salire sul gradino più alto del podio Bottas nel 2019 e Verstappen l’anno scorso. Ed è proprio l’olandese, fresco bi-campione del mondo, ad avere la possibilità di eguagliare il record di vittorie stagionali (13) di Vettel e Schumacher con un successo in Texas.

Al contrario, Leclerc e Sainz sono alla disperata ricerca di quella vittoria che in casa Ferrari manca dal Gp d’Austria dello scorso luglio, per provare a far risuonare l’inno di Mameli un’altra volta in una stagione iniziata nel migliore dei modi ma poi naufragata dalla Francia in avanti. Mercedes, invece, è ancora a caccia del primo successo dell’anno che porterebbe un’ondata di entusiasmo in vista del prossimo campionato. E poi c’è l’accesa battaglia per il quarto posto nei costruttori tra Alpine e McLaren, con il team francese in vantaggio di 13 punti dopo la sontuosa prestazione di
Ocon e Alonso a Suzuka.

Davanti a oltre 400mila spettatori previsti nell’arco del weekend, la gara di Austin si prospetta infuocata. Tutti i venti piloti hanno buoni motivi per cercare di chiudere in bellezza la stagione, prima di preparare le valige per le vacanze invernali e darsi appuntamento all’anno prossimo. Nel rodeo di Austin, chi diventerà il nuovo cowboy della Formula 1? Appuntamento a domenica 23 ottobre alle 21 (ora italiana).

Scritto da: Luca Santinato

Fonte: https://www.circusf1.com/2022/10/f1-la-storia-del-gran-premio-degli-stati-uniti-dal-1959-ad-oggi.php


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