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Professioni sportive, la legge è ancora in alto mare. Della Rosa: “Serve una soluzione politica”

A2 Maschile: Cantù e Della Rosa ancora insieme? Foto Ufficio Stampa Libertas Cantù

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Era l’8 agosto del 2019 quando il Presidente della Repubblica promulgò la Legge 86: ““. Pochi giorni dopo, Matteo Salvini faceva saltare il banco del governo gialloverde. E oggi, a quasi sei mesi di distanza, i decreti legislativi che avrebbero dovuto, tra i molti altri temi, riformare il CONI e l’ordinamento sportivo italiano dare vita a nuove norme sulle professioni sportive sono ancora in alto mare.

Anche nella più rosea delle ipotesi, appare del tutto improbabile che la scadenza fissata dalla legge (12 mesi dall’entrata in vigore) per la promulgazione dei decreti possa essere rispettata. E per il futuro le prospettive non sembrano rosee. La situazione nel nostro paese rimane bloccata: al momento l’unico impianto normativo che disciplina il lavoro degli sportivi è la famigerata legge 91 del 1981 (la cosiddetta legge sul professionismo sportivo), creata su misura per il calcio e adottata soltanto da alcuni settori di basket, golf e ciclismo. La decisione sull’adesione al professionismo, infatti, è riservata al CONI e alle singole Federazioni.

Il problema è che la legge 91, equiparando gli atleti professionisti ai lavoratori subordinati e garantendo loro le tutele previdenziali riconosciuti a tale categoria, produce effetti economicamente insostenibili per le società e associazioni sportive che praticano la maggior parte delle discipline minori. Nella pallavolo, così come in altri sport “dilettantistici”, il problema della mancanza di tutela e della conseguente incertezza sul futuro resta però molto sentito.

Da più parti si sono levate aspirazioni al professionismo volte a rivendicare il sacrosanto diritto alla “pensione” riconosciuto a tutti i lavoratori. Con l’attuale situazione socio-economica, però, l’applicazione alla pallavolo della normativa vigente sui professionisti  appare una strada impossibile da percorrere, come spiega l’avvocato Massimo Della Rosa, a lungo allenatore di Cantù ma soprattutto esperto di diritto nell’ambito del volley e presidente dell’associazione Professione Volley, che raccoglie avvocati specializzati da tutta Italia. “ – dice Della Rosa – “.

Come fare, quindi, a tutelare gli atleti senza condannare i club al dissesto economico? “ – continua Della Rosa – “.

“ – continua l’avvocato – “. In effetti, i rapporti di lavoro nell’ambito della pallavolo – e di moltissimi altri sport – sono disciplinati da contratti di collaborazione sportiva, per i quali da un lato le norme tributarie prevedono l’esenzione da qualsiasi tassazione per le somme percepite a qualsiasi titolo fino a 10.000 euro annui, ma dall’altro non è previsto alcun tipo di accantonamento previdenziale.

“ – ricorda il legale – “.

“– continua Della Rosa – “.

Che fare, quindi? La conclusione di Della Rosa è netta: ““. Sperando che finalmente il governo trovi il tempo di affrontare una materia trascurata per decenni…


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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