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A2 – Mens Sana Basket 1871, la parola a Maurizio Lasi

A2 - Mens Sana Basket 1871, la parola a Maurizio Lasi

Maurizio Lasi a una settimana dall’insediamento. Partiamo da una considerazione: “Tommaso Marino – ci dice il neo coordinatore delle giovanili di Mens Sana Basket 1871 – è l’ultimo vero giocatore di serie A, tutto senese, espresso da questo vivaio. E’ un dato su cui bisogna riflettere e del quale non si può essere orgogliosi. E’ passato troppo tempo senza dare ad altri ragazzi senesi la medesima opportunità”.

 

–              Sì ma nello stesso periodo abbiamo espresso molti tecnici di caratura superiore e le giovanili hanno continuato lungamente a vincere…

“Certo ma utilizzando risorse economiche e umane che portavano a far trascurare il nostro territorio come principale serbatoio delle squadre stesse. Il discorso dei tecnici è diverso. Molti di quelli che sono emersi hanno comunque potuto vantare periodi più o meno lunghi di assistentato seguendo la prima squadra al fianco di alcuni tra i maggiori tecnici italiani e comunque Siena è stata per lunghi anni un’incredibile fucina di stimoli tecnici . Lavorare con i giovani è diverso, serve un grande equilibrio. E’ giusto che un giovane tecnico si ponga l’obbiettivo di divenire domani un Ettore Messina o un Simone Pianigiani, ma la sua priorità non dovrebbe essere solo quella di ‘arrivare’ ad essere un allenatore affermato, ma di ‘far arrivare’ i ragazzi ad essere giocatori e uomini di pregio, trasmettendo a loro tutto l’entusiasmo, l’ambizione e la voglia di far bene che si possiede. Un grande allenatore di giovani è un uomo che ha molto da dare dentro di sé”.

 

–              Sembra che tu esprima questa considerazione con una certa amarezza…

“Beh sì, il saper ‘essere’ è un ragionamento base della formazione che facciamo nei corsi nazionali verso i tecnici del basket. La mia considerazione è anche data dalla mia esperienze di genitore. Ho due figli ventenni che hanno quasi interrotto la strada del basket e questo per me è un dispiacere. Questo sport è troppo bello, dà troppo perché un giovane possa arrivare al punto di rifiutarsi di andare fino in fondo a meno che non ci siano delle spiegazioni in ciò che gli è stato, o non gli è stato, trasmesso. Ho anche una figlia quattordicenne che fa volley con il PrimoSalto-Emma Villas e lo fa con un tale entusiasmo che finisce per rendere partecipi anche noi genitori. E’ questa la linea che intendo seguire qui alla Mens Sana: entusiasmo e partecipazione. Non voglio vedere altri ragazzi abbandonare questo sport e non voglio che i loro genitori provino turbamenti simili ai miei”.

 

–              Ma questo entusiasmo sono le vittorie a renderlo possibile?

“Le vittorie aiutano, ma l’ansia nel cercarle, la ricerca dei soli giocatori cosiddetti futuribili sono l’anticamera dell’abbandono di molti giovani. Perché vengono bruciati in anticipo, perché li si carica di troppe aspettative, perché li si mette troppo spesso e troppo presto davanti a un percorso di non ritorno. Allenare un giovane vuol dire pazienza e attenzione per i diversi tempi di sviluppo psicofisico e tecnico. Le vittorie che voglio – e che vengono da sole – sono solo la naturale conseguenza di un miglioramento individuale inserito in un contesto di gruppo che riesca esprimere valori in cui tutti si riconoscono”.

 

–              E quindi siamo alle famiglie. Come si fa a convincere i genitori della realizzabilità di certi proponimenti?

“E’ un tema molto caldo. I genitori sono tutto per un figlio e la Società deve proporsi lo scopo di coinvolgerli, far loro toccare con mano il fatto che loro sono i principali artefici della crescita del proprio figlio come persona: la società sportiva, come la scuola, non può sostituirsi a loro ma solo aggiungere apporti professionistici tesi a trasferire nozioni e modi comportamentali al giovane. Per quanto saranno incisivi i nostri atti e le nostre opere alla fine il risultato sarà determinato dalle famiglie e dalle relazioni con loro figli. La cosa funziona quando si lavora con armonia e per far questo bisogna creare intorno alla squadra giovanile un ambiente caloroso e positivo. Senza esagerare, però. Ricordo che una volta a Pistoia io ero genitore, l’allenatore, giustamente ci buttò tutti fuori perché c’era un’allegria troppo fragorosa tale che impediva di parlarsi bene in campo”.

 

–              Temi che l’eventuale rinuncia ad alcune formazioni di eccellenza quest’anno possa essere frainteso dai genitori?

“Quando siamo in Mens Sana spesso anche il sassolino diventa valanga per la molta attenzione che abbiamo su di noi. Al momento la nostra intenzione é  l’iscrizione a tutti i campionati giovanili . Valuteremo nei prossimi giorni quante e quali formazioni potranno fare un campionato d’eccellenza”.

 

–              Che ne pensi di una diffusa abitudine che c’è nelle società di dire senza mezzi termini ad alcuni ragazzi che non hanno sufficienti mezzi fisici e di emarginarli di conseguenza?

“E’ una discriminazione abbastanza comune che non fa parte del mio bagaglio di allenatore stante la mia evidente storia personale. Ho giocato 18 anni in serie A ottenendo 6 promozioni e sempre, sottolineo sempre, mi hanno detto che ero troppo basso, troppo lento e troppo magro. L’unico rimpianto è che del magro ora non me lo danno più. Quindi c’è una strada da battere anche per chi ha minori mezzi fisici: è l’aspetto della convinzione mentale. Bisogna fortissimamente volerlo, senza pensare ai sacrifici e alle cose negative che ti vengono dette, ma ponendosi di volta in volta degli obiettivi da raggiungere per poter continuare a sognare. Non spegniamo i sogni dei nostri ragazzi troppo presto”.

 

–              Alcuni tecnici, a cominciare da Binella, Franceschini e Semplici, sono già a tua disposizione. Ci vorrà molto a completare lo staff delle giovanili?

“Non servirà molto,  perché se da una parte bisogna tenere in forte e continua considerazione che il budget a disposizione sarà ridotto rispetto agli anni passati, dall’altra parte c’è il grande richiamo di essere Mens Sana, perché questo marchio è a livello internazionale ancora sinonimo di qualità. Quindi, nella consapevolezza delle nostre risorse, possiamo effettuare delle scelte, che saranno mirate alle nostre necessità attuali. Stiamo pensando anche al futuro cercando di formare un gruppo di persone con valori e qualità umane importanti offrendo loro la possibilità di intraprendere un percorso formativo atto al miglioramento individuale per creare uno staff  dove collaborazione e condivisione sono le due parole cardine di questo progetto”.

 

–              Siamo veramente impressionati dalla chiacchierata con te, temi spinosi affrontati senza il minimo accenno polemico, alcuna dietrologia e men che meno accuse. Siamo di fronte alla nascita di un “Lasi-style”?

“Ci rido sopra. Vivo questa scelta come una scelta di cuore e un ritorno a casa che mi porta a ricongiungermi con una società di cui con orgoglio posso affermare che mi ha dato tanto e che penso di aver contraccambiato con altrettanta passione e amore. Una maglia e un ‘popolo’ con cui ho condiviso momenti che rimarranno sempre nella nostra memoria e nei nostri cuori. Premesso questo sono contento di sapere che sto già cominciando a trasmettere entusiasmo. Come detto, è la mia prima funzione: nella certezza della nostra appartenenza e del nostro impegno sul futuro non ci potranno essere difficoltà o imprese insormontabili. Ora si tratta di non sbagliare a costruire l’ambiente di lavoro: tutto sarà conseguenza di questa opera. Cito ancora Ettore Messina di recente a Ca’ Foscari che, ai neolaureandi, ha detto cose importanti che faccio mie a proposito di un mondo diviso fra chi è ottimista e favorisce una cultura delle opportunità e chi è pessimista e apporta solo l’assillo del dubbio. Anzi citiamo proprio quel che ha detto perché si avvicina molto alla mia filosofia di istruttore: ‘Non vi darò il compito e la missione di cambiare il mondo, anche perché spesso chi ve lo dice è lo stesso che l’ha distrutto… Molti di voi lavoreranno in squadra, ma pensate sempre che poi conta sempre la responsabilità individuale. La lotta non sarà facile: magari verrete superati da chi ritenete inferiori a voi, ma dovete tenere duro e credere in voi stessi e in quanto siete capaci di dare. Se fate bene, potrete pretenderlo anche dagli altri. Infine non prendetevi troppo sul serio: ‘Ti pagano per far sgambettare dei ragazzi in mutande’, mi disse un amico, facciamo tutti qualcosa che non richiede un talento particolare… Ho imparato in tutti questi anni che, l’entusiasmo e lo scetticismo sono assolutamente contagiosi. Non avete idea l’entusiasmo e l’aspettativa che si può creare prima di una partita, che tipi di risultati anche inaspettati possa portare. Così come la distruzione che può originare da uno o due comportamenti scettici quando stiamo preparando una partita… Ora abbiamo bisogno di entusiasmo, non possiamo avere scetticismo e non potete permettervelo voi… !”

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