WTA in subbuglio: le top player avrebbero inviato una serie di richieste urgenti a Steve Simon
Aryna Sabalenka, n.1 WTA e leader nelle rivendicazioni
Il dado è tratto. La celeberrima frase attribuita a Giulio Cesare calza a pennello per descrivere la mossa compiuta a inizio ottobre dalle migliori tenniste al mondo, una richiesta formale, precisa e dettagliata, di migliori condizioni per tutte le tenniste che frequentano il tour WTA, indirizzata al discusso CEO del tennis femminile Steve Simon. La faccenda, che inizialmente doveva restare riservata, è diventata di dominio pubblico grazie all’articolo pubblicato dal magazine “The Atlhetic”, che sull’onda delle surreali condizioni delle WTA Finals in Messico ha preso spunto per interpellare le giocatrici, e qualcosa è trapelato in merito a questa importante missiva, o meglio azione sindacale. Sabalenka, Swiatek & C. sono davvero stufe di vivere in un tour che prende decisioni con totale disorganizzazione e pressappochismo, tanto da passare all’azione, forti anche della nuova spinta rappresentata della PTPA di Djokovic e Pospisil, che vede anche Ons Jabeur tra i membri più attivi e convinti. Secondo rivela l’articolo, Steve Simon avrebbe impedito alle giocatrici ufficialmente affiliate alla PTPA di sedersi al tavolo di una riunione organizzata qualche giorno fa a Cancun, fatto questo che se confermato sarebbe di una certa rilevanza.
La lettera firmata da almeno 20 tenniste, quasi tutte tra le migliori al mondo, è stata ideata nel corso della trasferta in Asia e inviata alla WTA lo scorso 5 ottobre, ma sembra che al momento le giocatrici stiano ancora aspettando una risposta scritta.
Cosa chiedono? Principalmente di essere ascoltate, che le loro richieste siano prese in considerazione affinché possano vivere un’annata agonistica con più serenità sia dal punto di vista economico che nella gestione dei loro impegni, a partire dai viaggi. La tenniste chiedono una retribuzione migliore, un impegno più flessibile e sostenibile che consenta loro un maggior benessere fisico e mentale, un maggiore sostegno per le tenniste madri in modo che possano curare più facilmente i propri figli e una superiore rappresentanza all’interno del player Council, organo che pare praticamente formale ma inascoltato nelle decisioni che contano (calendario, salario, garanzie, assistenza).
Il caso WTA Finals è stato il detonatore di una protesta vigorosa, ma sotto sotto il malcontento è presente da molto tempo e aspettava solo un fatto così evidente e clamoroso per esplodere. Vondrousova per esempio ha pubblicato una storia Instagram nella quale ringrazia i messicani a Cancun per farsi letteralmente in quattro per assisterle, ma punta il dito contro chi non ha dato il tempo, risorse e mezzi per preparare la kermesse di fine anno in modo adeguato. Pare chi gli addetti preposti alla preparazione del campo – terminato il giorno prima dell’avvio del torneo – non potessero far niente in precedenza perché non avevano fisicamente il materiale per la costruzione, tanto che è stato possibile dare un solo manto alla superficie di gioco, quando le buone regole di costruzione raccomandano ben più passaggi e con il tempo affinché il tutto si assesti e diventi regolare.
Il Prize money e le garanzie restano un modo molto importante. Sembra che le giocatrici abbiano chiesto un guadagno annuale garantito di 500.000 dollari per chi finisce l’anno tra le prime 100 nel ranking, 200.000 dollari per chi finisce la stagione nel range 101-175 e 100.000 dollari per la fascia 175-250. Inoltre è stato chiesto un fondo garantito per ottenere un risarcimento economico in caso una tennista subisca un infortuni grave o diventi madre, e l’obiettivo di alzare il montepremi totale della maggior parte dei tornei portando al livello di quello ATP.
Come si legge nell’articolo di The Athletic, Steve Simon ha tenuto alcuni incontri con qualche giocatrice ma nessuno di questi si è concluso con un buon esito, muro contro muro. Le tenniste pare siano state spinte ad affermare nelle interviste quanto fossero felici di giocare in un evento prestigioso come le WTA Finals, “ovunque esso sia”, affermazione questa che forse ha a che fare con un possibile spostamento del torneo in Arabia Saudita, possibilità che tutte le giocatrici – eccetto poche eccezioni – considerano in modo totalmente negativo viste le condizioni delle donne nel paese arabo.
In attesa che le tenniste dicano la loro, confermando l’invio di questa lettera e le richieste realmente fatte alle WTA, non resta che rilevare quanto le acque siano agitate. Una tempesta che sembra solo appena iniziata.
Marco Mazzoni LEGGI TUTTO