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    Incontro Fipav-CEV a Belgrado: Manfredi fa visita a Boricic (e Arena)

    Di Redazione Si è svolto a Belgrado un importante incontro tra Federazione Italiana Pallavolo e CEV: presente, oltre al presidente federale Giuseppe Manfredi e al numero uno europeo Aleksandar Boricic, anche il vicepresidente italiano della Confederazione continentale, Renato Arena. I temi principali dell’incontro sono stati l’organizzazione dei Campionati Europei 2023 (le finali maschili si svolgeranno in Italia), la cooperazione sportiva tra Federazioni e le prospettive strategiche per la crescita della pallavolo europea. Viene da chiedersi se i due leader avranno affrontato anche l’argomento della fase conclusiva di Champions League e le vicende poco trasparenti che hanno riguardato i rinvii di alcune partite – segnatamente quella della Dinamo Mosca femminile – a danno del cammino delle squadre italiane… (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Caso Dalfovo, la Corte d’Appello dà ancora ragione al consigliere federale

    Di Redazione Ennesimo capitolo della battaglia a colpi di sentenze tra Federazione Italiana Pallavolo e CONI sull’eleggibilità del consigliere federale Massimo Dalfovo, in carica come rappresentante degli atleti. A luglio 2021 il Collegio di Garanzia del Comitato Olimpico aveva accolto il ricorso di Giorgio De Togni, presidente di AIP – Associazione Italiana Pallavolisti, ritenendo che non fosse provata la sussistenza dei requisiti di eleggibilità e rimandando il giudizio sul caso alla Corte Federale d’Appello. Quest’ultima, lo scorso 22 dicembre, ha nuovamente rigettato il reclamo ritenendo che Dalfovo fosse pienamente candidabile. L’oggetto del contendere è noto: secondo il ricorrente, Dalfovo non può ricoprire la carica essendosi ritirato da molti anni dall’attività agonistica, per poi tesserarsi solo nell’imminenza delle elezioni con una squadra di Serie D, la Pallavolo C9 Arco Riva (che, all’epoca, non poteva scendere in campo per lo stop imposto dalla pandemia). La Corte, previo consulto con la Segreteria Nazionale della Fipav, ritiene che i requisiti siano soddisfatti: Dalfovo si è tesserato il 3 gennaio 2021, dopo aver svolto la visita medica il 24 dicembre 2020 e aver ottenuto il relativo certificato di idoneità, e ha partecipato a due gare di campionato (il 25 aprile e il 22 maggio). Secondo il giudice, non è rilevante la modesta partecipazione da parte del consigliere federale all’attività della sua squadra: “Alla definizione di ‘atleti in attività che partecipano a competizioni almeno di livello regionale’ non risulta associata alcuna precisazione e/o specificazione circa il numero di allenamenti e/o il numero di gare cui l’atleta in attività deve aver partecipato, il numero di minuti in cui deve essere rimasto in campo o quant’altro che possa essere oggetto di conteggio“. Quanto al fatto (pacificamente accertato) che Dalfovo non abbia svolto alcun allenamento prima della presentazione delle candidature, avvenuta a fine 2021, la Corte ritiene che le circostanze di sospensione dei campionati e dell’attività delle squadre di Serie D concretizzino il verificarsi di “comprovate e documentate ragioni di esonero o di incolpevole impossibilità di fatto” e non incidano quindi sulla candidabilità. Nella sentenza si legge inoltre che prendere in considerazione anche gli anni precedenti, come richiesto dal ricorrente, “oltre a sancire una disparità di trattamento tra le varie cariche (…) violerebbe il principio di democrazia e di uguaglianza, perché impedirebbe agli atleti più giovani di età o, comunque, di tesseramento di accedere alle rispettive cariche federali e/o comunque di poter essere rappresentativi della rispettiva categoria“. In sostanza, secondo la Corte, “l’aver ripreso, anche da poco, l’attività di campo, sia pure ai modesti livelli che potrebbero essergli consentiti anche in considerazione dell’età, non significa che egli (Dalfovo) non possa essere un valido rappresentante della categoria“. Va sottolineato inoltre che il collegio giudicante ha rigettato le richieste di ulteriore attività istruttoria da parte dei ricorrenti, che chiedevano tra l’altro di acquisire le testimonianze dei compagni di squadra e di altri tesserati della Pallavolo C9. La vicenda giudiziaria, comunque, non termina qui: quasi certamente vi sarà un ulteriore ricorso al Collegio di Garanzia del CONI che, a quasi un anno dalla candidatura di Dalfovo, sarà nuovamente chiamato a esprimersi sulla vicenda. (fonte: Federvolley.it) LEGGI TUTTO

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    Caso Dalfovo, il CONI: “Non è provata la sussistenza dei requisiti di eleggibilità”

    Di Redazione Il Collegio di Garanzia del CONI ha pubblicato il testo integrale della decisione con la quale, lo scorso 5 luglio, ha rinviato alla Corte d’Appello della Federazione Italiana Pallavolo la decisione sull’eleggibilità di Massimo Dalfovo, attuale rappresentante degli atleti in Consiglio Federale. Fin dal momento della presentazione della candidatura, Giorgio De Togni, presidente di AIP-Associazione Italiana Pallavolisti e a sua volta candidato per la stessa carica, ne aveva contestato la legittimità, ritenendo che Dalfovo non fosse in possesso dei requisiti previsti (in particolare, aver partecipato a competizioni di livello almeno regionale per almeno due stagioni sportive negli ultimi 10 anni). Il Tribunale Federale e, in seguito, la Corte Federale d’Appello avevano rigettato il ricorso di De Togni, ma il Collegio di Garanzia ha ribaltato la decisione: “(…) Affinché la piena regolarità delle condizioni di eleggibilità del sig. Dalfovo sia effettivamente tale – spiega la sentenza – è necessario che essa venga indagata, non soltanto alla luce della singola disciplina federale, ma attraverso un attento e integrato confronto con il compendio complessivo delle regole e dei principi di rango primario e costituzionale che vengono in rilievo nella fattispecie“. Il CONI si richiama, in particolare, ai “principi costituzionali di democrazia, uguaglianza e parità di trattamento“, ricordando che “presenza e attualità dei requisiti specifici, che connotano la funzione per la quale avviene la candidatura e la successiva elezione in seno agli organi direttivi dell’ente, costituiscono un momento indefettibile di estrinsecazione della rappresentatività all’interno dell’ordinamento federale“. Scendendo nel dettaglio, la sentenza rileva poi che “l’art. 22 dello Statuto FIPAV (…) richiede, oltre al mero ‘tesseramento’, degli elementi ulteriori, e nello specifico: l’essere ‘in attività’ e partecipare alle competizioni di livello quantomeno regionale ovvero, per i soli atleti ‘non più in attività’, che quest’ultimi abbiano partecipato alle medesime competizioni per almeno due stagioni nell’arco dell’ultimo decennio“. Nel caso di specie, invece, “emerge che la posizione del sig. Dalfovo non sia adeguatamente corredata da alcuna prova in ordine alla sua attività nel contesto agonistico di riferimento, al di là del mero tesseramento preceduto da visita medica“. “Le norme – insiste il CONI – chiariscono come quello dell’atleta non sia uno status permanente, che si acquisisce una volta e per sempre, essendo strettamente dipendente dall’attualità e della concretezza dello svolgimento dell’attività sportiva agonistica, per un lasso di tempo anteriore alla candidatura tale da consentirne un’apprezzabilità in termini di effettiva preparazione e presenza alle competizioni nazionali o regionali“. Mentre per Dalfovo “non pare affatto incontroverso né provato (…) che i requisiti della candidabilità in qualità di atleta ‘attivo’ sussistessero nella fattispecie concreta. Anzi, pare che il pressoché nullo lasso di tempo intercorrente tra tesseramento e candidatura, a fronte della precedente comprovata inattività del resistente, confermino il contrario“. La sentenza prosegue parlando di “convergenti circostanze temporali e ambientali nel senso di ritenere che il sig. Dalfovo abbia artificiosamente precostituito le condizioni affinché, non potendo più candidarsi come atleta ‘non in attività’, per aver terminato la carriera oltre il decennio precedente, potesse giovarsi dei requisiti per l’eleggibilità come atleta di nuovo ‘in gioco’“. Ancora più severa la conclusione: “Il tesseramento e la relativa iscrizione dell’atleta nel campionato, al solo fine di conseguire l’elezione in Consiglio Federale, non supportata nei fatti da alcuna volontà di prendere parte all’attività o da alcuna forma di partecipazione concreta alla preparazione atletica, non solo rappresentano un vulnus per gli altri concorrenti candidati e per l’intera categoria che si intende rappresentare, ma costituiscono altresì una potenziale turbativa al corretto funzionamento e alla regolare organizzazione delle competizioni sportive. Che detta evenienza fosse da escludersi senza ombra di dubbio nella fattispecie concreta, il giudice del merito non ha fornito logico e puntuale riscontro in motivazione“. La decisione finale è quindi rinviata nuovamente alla Corte d’Appello, che (in diversa composizione) dovrà decidere nuovamente sulla candidabilità di Dalfovo. (fonte: AIP) LEGGI TUTTO

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    Nello Statuto della Fipav spunta la tutela delle atlete in maternità

    Di Redazione Le importanti modifiche al regolamento sul vincolo sportivo non sono le uniche novità introdotte (silenziosamente) dalla Federazione Italiana Pallavolo nell’ultima versione del suo Statuto. All’articolo 10, quello che riunisce le disposizioni sugli atleti, è stato infatti inserito per la prima volta un comma specifico dedicato alle atlete madri, a tutela della gravidanza e della maternità. Un breve paragrafo che recita così: “È garantita la tutela della posizione sportiva delle atlete madri in attività per tutto il periodo della maternità, fino al loro rientro all’attività agonistica, che non potrà avvenire prima di quattro mesi dalla data del parto“. Va detto che l’interpretazione del testo è tutt’altro che immediata: è poco chiaro cosa si intenda precisamente per “tutela della posizione sportiva” e in che modo la Fipav intenda “garantirla”. Tuttavia, si tratta indubbiamente di un primo passo nella direzione dell’introduzione di norme ad hoc in favore di una categoria da sempre ignorata dai regolamenti e soggetta a clausole contrattuali decisamente discutibili. Una discriminazione venuta prepotentemente alla luce con il caso di Lara Lugli, che nella scorsa stagione è stato ripreso in breve tempo dai media di tutto il mondo e ha generato numerose iniziative di protesta e di sostegno, senza però produrre, almeno fino a questo momento, conseguenze concrete nel movimento della pallavolo italiana. (fonte: Federvolley.it) LEGGI TUTTO

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    Nuove norme sul vincolo sportivo: per i minori si interromperà a 18 anni

    Di Redazione Malgrado il silenzio abbastanza inspiegabile che circonda l’argomento, è in vigore già dallo scorso 27 ottobre il nuovo Statuto della Federazione Italiana Pallavolo, approvato con delibera della Giunta Nazionale del CONI del 22 ottobre. Il documento, integralmente disponibile sul sito della Fipav, contiene tra l’altro importanti modifiche alla normativa sul vincolo sportivo, alcune delle quali apportate su richiesta dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. (Nella foto: Gabriele Di Martino, protagonista di uno dei più noti “casi” riguardanti lo scioglimento del vincolo). L’articolo 10 ter dello statuto, infatti, cambia i termini di applicabilità del vincolo pluriennale, che d’ora in poi riguarderà tutti i giocatori e giocatrici dai 12 ai 34 anni: per i minori di 18 anni durerà al massimo 6 anni, ma si interromperà comunque al compimento della maggiore età. Dai 18 ai 24 anni la durata del vincolo sarà ancora di 6 anni, mentre rimarrà di 5 anni per gli atleti dai 24 ai 34 anni. Gli Under 12 e gli Over 34, invece, continueranno a sottostare alla disciplina del vincolo annuale, così come gli atleti amatoriali. Un mutamento radicale, dunque, che da un lato amplia l’età di applicazione della norma (in precedenza fino ai 14 anni si procedeva per vincoli annuali) ma dall’altro introduce nuove garanzie a favore dei minorenni, che potranno “liberarsi” dalla società di appartenenza – comunque dietro pagamento di un indennizzo, stabilito da un’apposita tabella – al raggiungimento della maggiore età. Ricordiamo, infatti, che la norma comporta l’obbligo di giocare per la squadra a cui si è vincolati, con la possibilità di tesserarsi per un’altra società solo in seguito ad accordo economico (a parte i casi di scioglimento previsti dallo statuto stesso). La nuova normativa sul vincolo entrerà in vigore già da questa stagione per gli atleti al primo tesseramento, e nelle stagioni successive per tutti gli altri: dal 2022-2023 per i nati nel primo semestre 1999 e secondo semestre 1998, dal 2023-2024 per i nati nel primo semestre 2000 e secondo 1999, e così via a scalare. Tutto questo è naturalmente subordinato all’entrata in vigore della riforma dello sport, approvata dal Governo a febbraio, che va nella direzione dell’abolizione del vincolo (prevedendo però un “premio di formazione” ancora tutto da definire a favore delle società d’origine). L’applicazione del decreto legislativo 36, quello che disciplina la materia, era stata prima rinviata a dicembre 2023 e infine nuovamente anticipata a gennaio 2023. Lo Statuto Fipav prevede la possibilità, entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, di adottare opportune modifiche all’articolo 10 ter con un’apposita delibera del Consiglio Federale. (fonte: Federvolley.it) LEGGI TUTTO

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    È rottura tra Federazione e Lega femminile: “Impossibile dialogare”

    Di Redazione Nel giorno in cui prendono il via le Olimpiadi, si consuma la rottura definitiva tra Federazione Italiana Pallavolo e Lega Pallavolo Serie A Femminile. Oggetto del contendere i criteri di ammissione ai campionati, in particolare quello di Serie A2 femminile: ieri – dopo la mancata ammissione di ben 5 squadre – la Lega aveva accusato la Fipav di aver imposto norme troppo rigide e una riforma non voluta dalla società, utilizzando toni molto duri anche in riferimento alla vicenda della squalifica (poi annullata) dei componenti del CdA. Oggi la risposta altrettanto piccata della Federazione, che in un comunicato precisa: “I criteri di ammissione ai campionati di Serie A1 e A2 femminili, e in particolare la circolare di indizione e il regolamento di ammissione ai campionati, sono stati da sempre recepiti e ratificati dal Consiglio Federale sulla base dei documenti ufficiali inviati dalla Lega stessa dopo l’approvazione dell’assemblea delle società e del suo CdA“. “Alla luce quindi di questa reiterata mistificazione della realtà – prosegue la nota – che non tiene conto delle proposte fatte dal Consiglio Federale a favore delle società (ad esempio relativamente agli impianti di gioco), con rammarico la Federazione constata l’impossibilità nel portare avanti qualsiasi forma di dialogo con l’attuale governance della Lega Femminile, il tutto anche in vista di un eventuale rinnovo della convenzione tra le parti“. Una dichiarazione di guerra in piena regola, che rischia di lasciare pesanti strascichi sulla prossima stagione. (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Fipav Umbria: nuove squalifiche per gli ex dirigenti dei Comitati Territoriali

    Di Redazione Secondo round di squalifiche per gli ex presidenti e consiglieri dei due Comitati Territoriali Fipav dell’Umbria. I dirigenti, pesantemente sanzionati nel marzo 2020 per numerose violazioni dello Statuto e delle norme federali, sono stati nuovamente giudicati dal Tribunale Federale per altri capi d’imputazione. I due ex presidenti Luigi Tardioli (Comitato Umbria 1) e Luigi Dominici (Comitato Umbria 2) sono stati puniti con 6 mesi di sospensione da ogni attività federale, insieme a 9 Consiglieri territoriali. Tardioli e Dominici e i consiglieri dei rispettivi Comitati sono accusati, tra l’altro, di aver “mancato di adottare corretti criteri di riscossione, imputazione e contabilizzazione di proventi derivanti da attività istituzionale“, consentendo che il responsabile del Settore Tecnico gestisse “una sorta di contabilità separata e non ufficiale“, nonché di aver consentito che dal 2018 al 2020 le funzioni di Arbitro Associato e Segnapunti Associato fossero svolte da soggetti privi di abilitazione. I Comitati Territoriali Umbria 1 e Umbria 2, in precedenza commissariati, hanno nel frattempo cessato di esistere, confluendo nel Comitato Regionale della Fipav Umbria. (fonte: Federvolley.it) LEGGI TUTTO

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    Dall’apertura alla chiusura totale: l’universo parallelo della Fipav

    Di Redazione
    Adorata da scrittori di fantascienza e filosofi, la teoria degli universi paralleli non è ancora completamente dimostrata da un punto di vista scientifico, ma in alcuni casi sembra essere l’unica via per interpretare fenomeni altrimenti inspiegabili.
    Potrebbe essere il caso della lettera inviata oggi dal presidente della Fipav Bruno Cattaneo, che chiede al suo omologo del Coni, Giovanni Malagò, di far rispettare con rigidità l’ultimo DPCM che impone lo stop a tutte le attività sportive non considerate “di preminente interesse nazionale“: un decreto in seguito al quale la stessa Federazione Italiana Pallavolo ha disposto lo stop agli allenamenti di tutte le categorie con l’esclusione di Serie A e Serie B (decisione non del tutto condivisa nemmeno internamente, come dimostra ad esempio la dura presa di posizione del Comitato Regionale del Lazio).
    Nella sua missiva, Cattaneo denuncia quella che definisce “una situazione non più sostenibile (…) che vede da una parte un chiaro monito governativo ad un maggior controllo e restrizione delle attività sportiva, e dall’altra l’allegra corsa a dichiarare come di preminente interesse nazionale attività che sono e rimangono di carattere puramente promozionale“. Il presidente della Fipav rivendica quindi la decisione presa “con grande senso di responsabilità” dal suo Consiglio, che avrebbe “interpretato letteralmente quanto da voi richiesto, andando a restringere in modo sensibile tutta la nostra attività e dichiarando di preminente interesse nazionale i soli campionati di Serie A e B (…), attività che riguarda solo 400 delle nostre 4000 società“. Con grande “disappunto del movimento“, ovviamente.
    Il bersaglio di Cattaneo è presto chiaro: “Non posso accettare di vedere come da parte degli Enti di Promozione Sportiva si continui con grande disinvoltura a dichiarare come di preminente interesse nazionale tutta una serie di attività che non possono che avere un carattere promozionale, e comunque mai di primario interesse rispetto alle discipline sportive stesse“. Riferimento piuttosto trasparente a enti come, per esempio, l’UISP, che tramite i propri Comitati locali ha ribadito che le sue attività continueranno a svolgersi regolarmente poiché il nuovo DPCM “non presenta in materia di sport sostanziali differenze dal precedente“.
    E da qui deriva la preghiera a Malagò di “voler esercitare con grande attenzione e determinazione quella attività di vigilanza che il DPCM stesso assegna al Coni, evitando che questa situazione possa degenerare in una corsa all’ultimo tesseramento, creando ulteriori sofferenze a un sistema che è già messo duramente alla prova“.
    Tutto chiaro e, forse, anche coerente. Se non fosse che fino a 4 giorni fa la Federazione Italiana Pallavolo considerava “di interesse nazionale” quasi tutte le categorie, tra cui la Serie C e i campionati giovanili fino all’Under 13, facendosi forte di un Regolamento Gare da lei stessa promulgato, e permettendone di conseguenza l’attività. In questo modo fin da ottobre, in una situazione epidemiologica e sanitaria ben diversa da quella di oggi, migliaia di atleti su tutto il territorio nazionale – “zone rosse” comprese – avevano avuto, almeno in teoria, la possibilità di continuare ad allenarsi.
    All’epoca evidentemente la Fipav non aveva ritenuto di dover fare proprio “il chiaro monito governativo ad un maggior controllo e restrizione dell’attività sportiva” presente nel testo dei precedenti DPCM, che pure era identico a quello della norma attualmente in vigore, con la sola eccezione della parola “preminente“. Né aveva considerato la possibile contraddizione tra lo spirito di un provvedimento che invitava i cittadini a uscire di casa il meno possibile e la possibilità di recarsi tutti i giorni in palestra, anche in comuni differenti dal proprio. E allo stesso modo era sicuramente passato inosservato il dettaglio che bastasse tesserarsi alla Federazione per ottenere il via libera agli allenamenti di Beach Volley, dal momento che tutti i tesserati sono potenziali partecipanti ai campionati nazionali.
    L’intervento del Coni, con una circolare datata 4 dicembre che richiama la Delibera numero 371 del 17 novembre (quando la maggior parte delle attività della Fipav erano permesse), ha ribadito però il riconoscimento di “preminente interesse nazionale” alle sole manifestazioni calendarizzate entro il 31 gennaio (requisito di cui non possono avvalersi la Serie C e i campionati Under), e la Fipav è stata costretta a fare marcia indietro.
    A questo punto, forse, la Federazione dovrebbe spiegare dal suo punto di vista quale sia stato il cambiamento così radicale da giustificare una repentina inversione di tendenza rispetto alle proprie certezze del passato appena più recente. E, di conseguenza, una contestazione esplicita ad altri che, a torto o ragione, ora si avvalgono degli stessi principi. In altre parole, perché la stessa Fipav che fino a ieri riteneva possibile una larga apertura oggi, anziché ribadire e difendere il proprio punto di vista, si preoccupa che siano gli altri a chiudere?
    Forse c’è qualche passaggio che ci sfugge. O forse, come dicevamo all’inizio, tutto quanto abbiamo raccontato si è svolto in un universo parallelo, spiegazione che sarebbe decisamente più logica e razionale… LEGGI TUTTO