Di Redazione
Adorata da scrittori di fantascienza e filosofi, la teoria degli universi paralleli non è ancora completamente dimostrata da un punto di vista scientifico, ma in alcuni casi sembra essere l’unica via per interpretare fenomeni altrimenti inspiegabili.
Potrebbe essere il caso della lettera inviata oggi dal presidente della Fipav Bruno Cattaneo, che chiede al suo omologo del Coni, Giovanni Malagò, di far rispettare con rigidità l’ultimo DPCM che impone lo stop a tutte le attività sportive non considerate “di preminente interesse nazionale“: un decreto in seguito al quale la stessa Federazione Italiana Pallavolo ha disposto lo stop agli allenamenti di tutte le categorie con l’esclusione di Serie A e Serie B (decisione non del tutto condivisa nemmeno internamente, come dimostra ad esempio la dura presa di posizione del Comitato Regionale del Lazio).
Nella sua missiva, Cattaneo denuncia quella che definisce “una situazione non più sostenibile (…) che vede da una parte un chiaro monito governativo ad un maggior controllo e restrizione delle attività sportiva, e dall’altra l’allegra corsa a dichiarare come di preminente interesse nazionale attività che sono e rimangono di carattere puramente promozionale“. Il presidente della Fipav rivendica quindi la decisione presa “con grande senso di responsabilità” dal suo Consiglio, che avrebbe “interpretato letteralmente quanto da voi richiesto, andando a restringere in modo sensibile tutta la nostra attività e dichiarando di preminente interesse nazionale i soli campionati di Serie A e B (…), attività che riguarda solo 400 delle nostre 4000 società“. Con grande “disappunto del movimento“, ovviamente.
Il bersaglio di Cattaneo è presto chiaro: “Non posso accettare di vedere come da parte degli Enti di Promozione Sportiva si continui con grande disinvoltura a dichiarare come di preminente interesse nazionale tutta una serie di attività che non possono che avere un carattere promozionale, e comunque mai di primario interesse rispetto alle discipline sportive stesse“. Riferimento piuttosto trasparente a enti come, per esempio, l’UISP, che tramite i propri Comitati locali ha ribadito che le sue attività continueranno a svolgersi regolarmente poiché il nuovo DPCM “non presenta in materia di sport sostanziali differenze dal precedente“.
E da qui deriva la preghiera a Malagò di “voler esercitare con grande attenzione e determinazione quella attività di vigilanza che il DPCM stesso assegna al Coni, evitando che questa situazione possa degenerare in una corsa all’ultimo tesseramento, creando ulteriori sofferenze a un sistema che è già messo duramente alla prova“.
Tutto chiaro e, forse, anche coerente. Se non fosse che fino a 4 giorni fa la Federazione Italiana Pallavolo considerava “di interesse nazionale” quasi tutte le categorie, tra cui la Serie C e i campionati giovanili fino all’Under 13, facendosi forte di un Regolamento Gare da lei stessa promulgato, e permettendone di conseguenza l’attività. In questo modo fin da ottobre, in una situazione epidemiologica e sanitaria ben diversa da quella di oggi, migliaia di atleti su tutto il territorio nazionale – “zone rosse” comprese – avevano avuto, almeno in teoria, la possibilità di continuare ad allenarsi.
All’epoca evidentemente la Fipav non aveva ritenuto di dover fare proprio “il chiaro monito governativo ad un maggior controllo e restrizione dell’attività sportiva” presente nel testo dei precedenti DPCM, che pure era identico a quello della norma attualmente in vigore, con la sola eccezione della parola “preminente“. Né aveva considerato la possibile contraddizione tra lo spirito di un provvedimento che invitava i cittadini a uscire di casa il meno possibile e la possibilità di recarsi tutti i giorni in palestra, anche in comuni differenti dal proprio. E allo stesso modo era sicuramente passato inosservato il dettaglio che bastasse tesserarsi alla Federazione per ottenere il via libera agli allenamenti di Beach Volley, dal momento che tutti i tesserati sono potenziali partecipanti ai campionati nazionali.
L’intervento del Coni, con una circolare datata 4 dicembre che richiama la Delibera numero 371 del 17 novembre (quando la maggior parte delle attività della Fipav erano permesse), ha ribadito però il riconoscimento di “preminente interesse nazionale” alle sole manifestazioni calendarizzate entro il 31 gennaio (requisito di cui non possono avvalersi la Serie C e i campionati Under), e la Fipav è stata costretta a fare marcia indietro.
A questo punto, forse, la Federazione dovrebbe spiegare dal suo punto di vista quale sia stato il cambiamento così radicale da giustificare una repentina inversione di tendenza rispetto alle proprie certezze del passato appena più recente. E, di conseguenza, una contestazione esplicita ad altri che, a torto o ragione, ora si avvalgono degli stessi principi. In altre parole, perché la stessa Fipav che fino a ieri riteneva possibile una larga apertura oggi, anziché ribadire e difendere il proprio punto di vista, si preoccupa che siano gli altri a chiudere?
Forse c’è qualche passaggio che ci sfugge. O forse, come dicevamo all’inizio, tutto quanto abbiamo raccontato si è svolto in un universo parallelo, spiegazione che sarebbe decisamente più logica e razionale… LEGGI TUTTO