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    Ciclismo, Tour de France: volata brivido, vince Ewan. Roglic mantiene la maglia gialla

    Quando c’è una volata complessa, dove l’inventiva conta quanto la tecnica, l’uomo giusto è Caleb Ewan. E’ anche questione di stazza, di occupazione degli spazi, di cogliere l’attimo. L’australiano tascabile si impone a Poitiers, in un arrivo che sembrava chiamare l’Irlanda: l’ultima volta che il Tour vi era arrivato, nel 1978, si era imposto uno dei grandi del ciclismo irish, Sean Kelly. Sam Bennett però, dopo la vittoria e le lacrime del giorno precedente, non fa il bis. Resta senza compagni nel momento della verità e gli sfugge di mano la situazione. Terzo, anche dietro Sagan, ma senza troppi rimpianti. Quelli semmai sono tutti di Van Aert: il belga resta giù dal podio, ma viene ostacolato da una manovraccia dello slovacco (un colpo laterale con la testa) quando è lì per spuntarla. La giuria ne prende atto e retrocede il buon Peter all’ultimo posto. Nessun problema invece per la maglia gialla Roglic e gli altri big: dopo tanto stress una giornata di relativa calma, con il temutissimo vento alle spalle dopo aver lasciato il mare. Classica frazione da apologia del fuggitivo. Mathieu Ladagnous è perfetto nel ruolo, protagonista di una fuga solitaria senza speranza, durata poco meno di 130 km. Si tratta di un uomo dai parecchi perché. Va in avanscoperta, perché non si sa mai… Va in avanscoperta, perché è uno di quei corridori senza eccessive pretese di gloria che si beano dell’affetto del pubblico. Qualche discreta corsa in bacheca, ma la più importante è rimasta nei sogni: gli sfumò tra le mani 13 anni fa, aveva praticamente portato a termine una azione di 230 km quando fu oscurato dall’ombra di Fabian Cancellara. All’arrivo mancavano 200 metri… Da allora andare in fuga al Tour per lui è stata quasi una terapia: nove tentativi, cinque andati a segno, ma insieme ad altri. E senza che lui riportasse una vittoria… E’ giorno da velocisti, si sa. La volata si respira anche nei personaggi evocati in partenza dagli storici, anche se con la bicicletta c’entrano poco: a Châtelaillon-Plage si stabilì una delle fidanzatine più amate di Francia. Colette Besson e la sua progressione irresistibile che, da quinta quando mancavano 100 metri, gli valse l’oro nel giro di pista a Messico 1968. Nella inevitabile noia che accompagna queste tappe, da segnalare tre cose di cose prima della volata. Una è il ritiro di Gregor Mühlberger: uomo di Sagan, sembra sia partito con qualche linea di febbre. Di questi tempi non può non creare un minimo di inquietudine. Poi una brutta caduta di Jon Izaguirre: si rimette in sella con le vesti stracciate ma dura poco, il suo Tour è finito. Poi la gestione perfetta di un traguardo a punti da parte di Bennett e compagnia: Morkov tira alla perfezione la volata per la maglia verde, poi si scansa di quel tanto per restare secondo e togliere spazio a Sagan.Una gestione sicura figlia anche della vittoria del giorno prima. Sembra un viatico al bis, ma c’è l’imprevisto: parte Postlberger, lo seguono due compagni di Bennett (Deceuninck-Quick Step). Sono Asgreen e Jungels, il secondo sembra potercela fare, ma niente. A Bennett resta solo Morkov, anzi neanche lui… E’ un tutti contro tutti, ed in questi casi Ewan ha qualcosa in più: “Il finale è stato pazzo dopo che i miei compagni avevano fatto un grande lavoro. Importante il finale in salita, lo conoscevo e sapevo di essere in buone condizioni. Importante chiudere con due vittorie all’attivo la prima parte di questo Tour in vista di Parigi”, spiega il vincitore. “Nel finale si rischiava di mandare tutto in aria per l’azione dei tre attaccanti, abbiamo rischiato di perdere il momento giusto ma ce l’ho fatta”.ORDINE D’ARRIVO1. Caleb Ewan          (Aus, Lotto Soudal)         in 4h00’01″2. Sam Bennett         (Irl, Deceuninck-QuickStep)        s.t.3. Wout Van Aert       (Bel, Jumbo-Visma)                 s.t.4. Bryan Coquard       (Fra)                              s.t.5. Clement Venturini   (Fra)                              s.t.6. Mads Pedersen       (Den)                              s.t.7. Luka Mezgec         (Slo)                              s.t.8. Hugo Hofstetter     (Fra)                              s.t.9. Olivier Naesen      (Bel)                              s.t.10. Ryan Gibbons        (Rsa)                              s.t.CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic          (Slo, Jumbo-Visma)      in 46h15’24″2. Egan Bernal            (Col, Ineos-Grenadiers)  a     0’21″3. Guillaume Martin       (Fra, Cofidis)           a     0’28″4. Romain Bardet          (Fra)                    a     0’30″5. Nairo Quintana         (Col)                    a     0’32″6. Rigoberto Uran         (Col)                           s.t.7. Tadej Pogacar          (Slo)                    a     0’44″8. Adam Yates             (Gbr)                    a     1’02″9. Miguel Angel Lopez     (Col)                    a     1’15″10. Mikel Landa            (Esp)                    a     1’42″14. Tom Dumoulin           (Ned)                    a     3’22″15. Richard Carapaz        (Ecu)                    a     3’42” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: doppio colpo di Woods, tappa e maglia azzurra

    SATURNIA – Dopo le due tappe vinte da Pascal Ackermann, la terza frazione della Tirreno-Adriatico, la Follonica-Saturnia di 217 chilometri (la più lunga di questa edizione) va al canadese Michael Woods che ha battuto in uno sprint a due il polacco Rafal Majka della Bora-Hansgrohe. Per l’uomo della Ef Pro Cycling arriva anche la maglia azzurra di leader della classifica generale.Il Poggio Murella dedicato a PantaniSubito otto uomini attaccano all’avvio: Hermann Persteiner (Bahrain Mclaren), Alessandro Tonelli (Bardiani CSF Faizanè), Nathan Van Hooydonck (CCC Team), Dimitri Claeys (Cofidis), Benjamin Thomas (Groupama FDJ), Mathew Holmes (Lotto Soudal), Pascal Eenkhoorn (Team Jumbo Visma) e Marco Frapporti (Vini Zabù KTM). Il gruppo ha lasciato loro spazio, e i fuggitivi hanno raggiunto anche 6′ di vantaggio. Sul primo passaggio sul Poggio Murella, il “Muro del Pirata”, dedicato a Marco Pantani, ha provato a scattare in solitaria Thomas, quindi Frapporti che si è lanciato in modo spettacolare in discesa in solitaria a 20 km dall’arrivo. Sull’ultima scalata al Poggio Murella la corsa è esplosa con lo scatto di Florian Sénéchal (Deceuninck – Quick Step), ma l’andatura del Team INEOS Grenadiers non ha lasciato spazio, andando a riprendere anche tutti gli altri attaccanti di giornata. La stele dedicata a Marco PantaniCondividi   LEGGI TUTTO

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    Tour, i forzati dello sprint e il Sagan sparito

    Ile de Ré – I velocisti, razza condannata a vincere per giustificare la propria esistenza. La vittoria per mezza ruota di Sam Bennett su Caleb Ewan all’Ile de Ré, posizioni invertite rispetto all’altro sprint davvero di gruppo di Sisteron, rimette in discussione il primato del piccolo australiano tra gli sprinter del Tour e forse del mondo intero. Totalmente diversi: Bennett velocista più tradizionale, dal fisico imponente e obbligato ad avere un treno a disposizione (qui l’ultimo vagone è il migliore al mondo nella specialità, il danese Michael Morkov), Ewan piccolo, furbo e cattivissimo, capace di infilarsi in spazi minimi o di imporre i suoi ultimi folgoranti 50 metri a tutti. I velocisti sono bomber, le loro vittorie si contano e non si pesano, e dunque nel 2020 tra i due è perfetta parità, 5 vittorie a testa. Gli unici sprinter puri più prolifici in questa stagione sono Dèmare (9) e Ackermann (6, 2 su 2 alla Tirreno-Adratico, ieri e lunedì). A 5 c’è anche Gaviria, a 4 il povero Jakobsen, a 3 fra gli altri Bauhaus e Groenewegen.Chi manca? Esatto, Viviani e Sagan. I due sono fermi a 0 vittorie nel 2020. Viviani non vince dal 21 settembre 2019, Sagan dal 10 luglio dello stesso anno, al Tour. Due nomi pesanti e assenti. Se Viviani è sembrato in crescita (4° all’Ile de Ré), Sagan, terzo ieri ma lontano dai primi due, sembra invece in netta fase calante, intimidito quasi nelle volate e battuto spesso e volentieri anche nei traguardi volanti. Nella corsa alla maglia verde ora lo slovacco, sette su otto negli ultimi Tour, insegue Bennett a -21, un ritardo enorme a questo punto della corsa. Stanno mancando a Sagan le vittorie in tappe intermedie: quella di Lavaur, preparata e confezionata dalla sua Bora, era perfetta, ma anche lì non ha chiuso meglio che 13°. È una stagione strana per lui: ha dovuto rinunciare alle Classiche preferite, Fiandre e Roubaix, per onorare il contratto e il ruolo quasi di uomo-immagine del Giro d’Italia, purtroppo per lui concomitante con le due Monumento, già vinte entrambe peraltro, sempre con la maglia iridata addosso. Del Sagan di un tempo manca l’atteggiamento, anche, la voglia di dominare, di essere protagonista sempre. Perdere la maglia verde sarebbe praticamente una prima volta per lui, che l’ha sempre portata a Parigi meno che nel 2017, quando fu squalificato per la spallata a Cavendish. Oggi a Poitiers la possibilità di tornarne in possesso. Ma battere Bennett, o Ewan, sul loro terreno per il Sagan attuale sembra impossibile. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: Ackermann concede il bis

    Il tedesco della Bora-hansgrohe, leader della classifica generale, si conferma il migliore dei velocisti bruciando al traguardo per pochi centimetri il colombiano Fernando Gaviria e il connazionale Rick Zabel. Quarto, e primo degli italiani, Davide Ballerini LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: negativi tamponi su corridori, positivo il direttore della corsa Prudhomme

    CHATEAU D’OLÈRON – Si riparte, il Tour è Covid-free, almeno per quanto riguarda i corridori. Nessuno dei 165 atleti in gara è stato testato positivo al virus nel giorno di riposo, ma sono stati allontanati quattro membri degli staff di Ineos, Cofidis, Mitchelton e Ag2r. Per il regolamento del Tour, due positivi nella stessa squadra avrebbero causato il ritiro in blocco della squadra stessa. Ma c’è un fatto clamoroso: Christian Prudhomme, direttore del Tour, è stato trovato positivo. E’ asintomatico ma deve fermarsi. Il suo posto viene assunto da François Lemarchand. Nella tappa di Laruns, Prudhomme aveva ospitato nella sua ammiraglia il primo ministro francese Castex. Al suo posto È stata un’attesa snervante nel villaggio di partenza, cadenzata dai tweet dei team che uno dopo l’altro hanno postato la situazione dei propri corridori. Il comunicato ufficiale era previsto per le 10, ma i tempi si sono dilatati. L’arrivo dei primi pullman delle squadre è stato il segnale atteso. La partenza della tappa è prevista per le 13.30. Frazione piatta tra l’Ile d’Oléron e l’Ile de Re, occhio però al vento: si corre lungo l’Atlantico su strade strette e abbastanza pericolose. Ciclismo LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France; Caruso: “La bolla funziona. Ma tifosi, sosteneteci da lontano”

    LARUNS – Col il suo 16° posto nella generale a 3’42” da Roglic, Damiano Caruso è di gran lunga il miglior italiano del Tour. Per trovarne un altro in classifica bisogna scendere al 56° posto di Formolo. Da Bettiol in poi siamo già oltre l’ora di ritardo. Ma non è solo questo: il ragusano Caruso sta mostrando una volta di più le sue qualità di uomo squadra. In questa occasione è la spalla fondamentale di Mikel Landa nella Bahrain-McLaren. Entrambi, senza il 1’21” beccato nella tappa dei ventagli di Lavaur sarebbero molto più su in classifica. Intanto, però, in questo lunghissimo giorno di riposto c’è lo scoglio dei tamponi da scavalcare. Ansia, Caruso? “Un po’, ma giusta, sono consapevole di aver fatto tutto perbene, a mio giudizio la storia della bolla sta funzionando. Domani sapremo”. Com’è andata con il tampone? “L’abbiamo fatto al mattino presto, in una struttura simile a un museo, non era un ospedale ma c’erano comunque medici e infermieri, in pochi minuti avevamo finito”. Si sente con la coscienza a posto insomma. “All’inizio ero un po’ scettico, ma siamo molto attenti, dal personale a noi corridori, evitiamo anche contatti inutili. Lavorando tutti insieme e facendo tutto quello che si deve si riduce drasticamente il pericolo di contagio”. Lei è solo in camera? “No, dormo con Sonny Colbrelli. Ora a La Rochelle ci è andata male, ne abbiamo avuto una affacciata su uno scalo merci, alcuni compagni invece hanno la vista sul porto e sulla ruota panoramica. Scherzi a parte, siamo molto concentrati e non commettiamo errori, la mascherina fuori corsa la portiamo sempre”. Il problema, forse, è proprio la corsa. “Sui Pirenei c’è stato qualche problema, me ne sono reso conto vedendo delle foto e i filmati. Quando ero in salita ero talmente concentrato da non aver notato che tante persone non indossassero la mascherina correttamente, o non l’avessero affatto. Mi aveva impressionato sì la quantità di gente, come se niente fosse, come se il virus non esistesse. Ma è un modo positivo di reagire. Ancor di più sarebbe però applaudirci a distanza, con la mascherina messa bene”. E se il Tour finisse così, per Covid? “Non voglio pensarci. Ma non ho mai avuto paura di ammalarmi in corsa. Se l’avessi avuta, sarei rimasto a casa”. Sarebbe un peccato per lei, ottimo 12° a Laruns, e per Landa, 5° nell’ultima tappa e ora 10° in classifica e in grande ascesa. “Landa sta andando bene, peccato per il ventaglio di Lavaur. Siamo stati anche abbastanza sfortunati dall’inizio. Valls si è ritirato, Poels ha una costola incrinata. Landa sui Pirenei, comunque, ha dato la sensazione di esserci. Stiamo lottando. Io mi sento molto bene, è uno dei miei migliori Tour”. Come definisce il suo ruolo? “Io sono un operaio specializzato, ho il compito di stare accanto al capitano e di scortarlo il più possibile sulle salite dei grandi giri. L’ho fatto con Nibali, ora lo faccio con Landa. Lo faccio da sempre. Spazio personale ce n’è poco, è vero, ma ormai sono diversi anni che mi sono ritagliato questo ruolo. Mi diverte, quando sto bene in salita mi esalto e poi a sera vado a letto contento. Lo stress lo lascio a quelli che devono vincere il Tour. Per me è bello essere importante per il capitano”. Ha qualcosa di antico, tutto questo. “Nel ciclismo i Caruso ci sono sempre stati. Non li troviamo negli albi d’oro, è vero. Ma in questo sport c’è spazio se hai l’umiltà di capire chi sei e cosa puoi fare”. Il 2 agosto ha vinto in Spagna, al Circuito de Getxo, la sua seconda corsa da professionista, sette anni dopo la prima. Perché ora non va fuori classifica, si getta in una fuga e prova a vincere una tappa? “Perché Landa ha bisogno di me, e io ho il dovere di stare con lui”. Che pensa della crisi di Aru? “Gli ho mandato un messaggio ieri, dopo la tappa. Gli ho detto di resettare tutto e di rispondere al telefono solo ad amici e parenti. Ripartire dalle piccole corse, ritrovare il gusto del piazzamento: questo deve fare. E non pensare a quando vinceva ed era un idolo per tanti. Deve pensare al presente e al futuro, e a ricostruirsi piano piano”. E se facesse un passo indietro e si ritagliasse un ruolo simile al suo, per un capitano? “Non è facile, non è un ruolo che si inventa dall’oggi al domani. Bisogna averlo nella testa”. Un giorno si ritirerà a Punta Secca, la spiaggia del commissario Montalbano, a pochi passi da casa sua, e metterà giù due ombrelloni? Ci pensa al futuro? “Non ancora. Ho 32 anni, finché il fisico regge tengo duro e vado avanti. Al futuro penserò quando arriverà. Non penso ad altro che alla bicicletta. Se pure mettessi su un negozio di cioccolatini, ora, dovrei stargli dietro, e non ho tempo”. E al Mondiale di Imola ci pensa? In azzurro ha corso una fantastica Olimpiade a Rio, nel 2016. “Stamattina ho parlato con Cassani. Mi ha spiegato il percorso. Sarebbe stato meglio per me se fosse rimasto quello di Martigny. Questo mi pare più adatto a scattisti come Alaphilippe o Van Aert. Ma se dovessi essere chiamato, risponderò presente. Ci mancherebbe”.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: sprint 'impossibile' di Ackermann, battuto Gaviria

    LIDO DI CAMAIORE – Pascal Ackermann ha vinto la prima tappa della 55esima edizione della Tirreno-Adriatico, frazione di 133 chilometri svoltasi a Lido di Camaiore. Il 26enne tedesco della Bora-Hansgrohe ha beffato in volata il colombiano Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) e Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling). Uno sprint ‘impossibile’, visto che Gaviria ormai sembrava avviato a dominare la volata, Ackermann però è stato abilissimo, trovano un pertugio strettissimo a ridosso delle transenne.”Ho vinto grazie al colpo di reni”La tappa è stata caratterizzata da una caduta, a poco più di un chilometro dal traguardo, che ha coinvolto fra gli altri Haussler, Merlier e Dainese. Grazie a questo risultato, Ackermann veste la prima maglia azzurra di leader della generale. “E’ stata una vittoria incredibile nella prima tappa di una corsa bellissima – le parole del tedesco dopo l’arrivo -. Grazie a tutta la squadra, che ha lavorato per me: sono molto felice. Ho fatto una buona volata, ho vinto soprattutto grazie al colpo di reni finale”. Ackermann indossa inoltre la maglia arancio di leader della classifica a punti, l’australiano Natal Haas quella verde di leader degli scalatori. Infine, al polacco Szymon Sajnok va la maglia bianca di miglior giovane. LEGGI TUTTO