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    Paolo Cappio: “Ho scelto la pallavolo, e non mi sono pentito”

    Di Roberto Zucca È nostalgica l’immagine di Paolo Cappio e Marco Vitelli durante la Coppa Italia di Beach Volley dello scorso anno a Bellaria. Quei volti entusiasti, quella grinta che permise ai due outsider venuti dalla pallavolo indoor di conquistare il secondo posto, rimangono impressi nel ricordo di una foto che racconta parecchio – ma non tutto – di due ragazzi che hanno scelto la loro carriera. Una, la più nota, è quella di Vitelli alla Kioene Padova. L’altra, quella di Paolo, si sviluppa in un campionato di vertice in Serie A3 con la sua Aurispa Libellula Lecce: “Sì, ho scelto anche io la pallavolo rispetto al Beach. Una decisione sofferta, arrivata qualche anno grazie al fatto che sul mio tavolo arrivò un’offerta di Vibo Valentia per la Superlega, a cui non potevo dire di no. Dall’altra parte, col Beach c’era molta incertezza. Così, dopo aver ricevuto un ‘ultimatum’, decisi di investire sulla pallavolo. A posteriori penso di avere fatto la scelta più giusta“. Sono passate quattro stagioni. Da Vibo, a Civitanova, passando per Pineto. Lo rifarebbe? “Decisamente sì. Sono tutte stagioni che mi hanno aiutato a diventare l’atleta che sono. Ora a Lecce siamo un bellissimo gruppo, e sono felice. Siamo partiti con alcune incognite, e ci sono stati dei cambi in panchina che potevano in qualche modo rompere gli equilibri. Ma abbiamo dimostrato sul campo di essere solidi e di cedere difficilmente alle pressioni del campionato“. Dalla cima della classifica immagino possa esprimere solo soddisfazione. “Esprimo soddisfazione ma possiamo fare sempre meglio. E soprattutto dobbiamo resistere. Il campionato è ancora lungo e gli avversari ostici si incontrano tutte le domeniche. Dobbiamo sopravvivere nel lungo periodo“. Scegliere Lecce ha significato scegliere il mare? “Non potrei vivere senza quell’aria. Non a caso i posti in cui sono stato sono sempre vicini a quell’atmosfera che mi riporta a Pescara“. Foto Aurispa Libellula Le manca? “Pescara è nel mio cuore. È la famiglia, l’amicizia, il mare, l’estate. Ma avevo messo in conto, scegliendo la pallavolo, di dovermi allontanare per qualche anno. L’abbiamo fatto tutti per il lavoro. Però poi è sempre bello ritrovarsi lì“. Il suo amico Edgardo Ceccoli è l’unico ad aver lasciato il volley per il Beach. Lei lo farebbe? “Rispetto molto la decisione di Edgardo, perché è uno dei miei più cari amici. E credo che abbia preso la decisione più giusta per la sua carriera. Io anni fa ho fatto la scelta contraria, e non me ne sono pentito. Mi piacerebbe molto poter continuare questo percorso di crescita iniziato quattro stagioni fa“. Ammettiamo che Lecce salga in A2. Lei, sul carro della categoria superiore ci salirebbe? “Ovvio che sì!“. Finita la stagione con la pallavolo, ci conferma che Cappio-Vitelli torneranno a giocare a Beach Volley? “Lo straconfermo. Ma dipende da Marco e da come andrà dopo Padova. Potrebbe avere degli impegni per cui il beach dovrà purtroppo passare in secondo piano… (ride, n.d.r.)”. Foto Massimiliano Natale Lei che lo conosce bene, come spiega le ragioni dell’ascesa di Vitelli? “Perché è un grande lavoratore, uno che in campo dà il 200% sempre. Uno che ha sacrificato tutto per lo sport. Si merita ogni secondo del suo successo“. Il suo allenatore di beach Simone Di Tommaso allenerà Nicolai-Cottafava. Il merito esiste anche nel Beach Volley, quindi… “Simone ha fatto un percorso straordinario nel beach. È un allenatore che è stato capace di costruire tanto, e di allenare tanti giocatori che poi hanno fatto uno splendido percorso in questa disciplina. Da una parte sono molto felice per lui e per la strada che andrà ad intraprendere. Dall’altra sono dispiaciuto per il fatto che non potrà più allenarmi. Ma ovviamente prevale la soddisfazione per questo suo successo“. (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Matteo Zamagni tra realtà e sogni: “Vorrei provare a fare lo schiacciatore”

    Di Roberto Zucca Le storie come quelle di Matteo Zamagni, centrale della Conad Reggio Emilia, hanno in sé la bellezza della semplicità. Della palestra di Bellaria da cui è partito tutto, alla piadina e alla bibita con i compagni di squadra dopo la gara. Alle parole del suo primo allenatore, che disse a Matteo, appena maggiorenne, che avrebbe dovuto essere felice di tutto ciò che si sarebbe guadagnato sul campo: “Arrivando da un settore giovanile che per prestigio non poteva certo paragonarsi a quello di Treviso o Macerata, sapevo di avere davanti a me una strada in cui ogni centimetro di campo conquistato e ogni piccola soddisfazione ottenuta, per me, sarebbero valsi il doppio. Forse è proprio questa la storia della mia carriera: una storia di piccoli passi, fatti piano e senza mai montarsi la testa, lavorando e ragionando per piccoli traguardi“. Una storia che inizia a Bellaria, Zamagni, ma che prosegue per tantissimi anni in squadre come Spoleto, Siena e ora Reggio. “A ripercorrerla è una bella storia, infatti. Ho lavorato tanto ed è arrivato tutto nei giusti momenti. Sono state tutte stagioni che ricordo con piacere perché ogni incontro, ogni vittoria e ogni sconfitta sono state importanti per costruire il quadro completo“. Spoleto la storia più lunga. Poi Siena. “Anni preziosi, esattamente come gli altri. Non ho mai firmato biennali perché non volevo legarmi ad una squadra. Mi chiedevo: ‘E se mi trovo male poi cosa faccio? E se poi sono loro a trovarsi male con me?’. Mi sono mosso a piccoli passi, così come è successo lo scorso anno a Siena. Terminata la semifinale ci siamo guardati e abbiamo deciso che fosse giusto separare le nostre strade. Ed è arrivata la telefonata di Mastrangelo per Reggio. In passato mi aveva chiesto di giocare qui, ma avevo declinato l’offerta. Quest’anno il progetto presentato mi ha fatto propendere da subito per il sì“. Foto Piero Taddei/Volley Tricolore Reggio Emilia. Simpaticamente le dico che è una squadra per tutti i gusti. “(ride, n.d.r.) Sì, ci sono dei ragazzi davvero in gamba ed è un ambiente davvero interessante. Per la prima volta sono tra quelli più anziani, assieme a Sesto e Garnica. Ho accettato con piacere perché ho visto con quanto entusiasmo si stava costruendo la squadra di quest’anno. In primis la diagonale Garnica-Cantagalli, e ricordando che lo scorso anno Diego ha messo a terra 46 palloni non potevo dire di no! Scherzi a parte, è un bel gruppo. I risultati sono arrivati e non possiamo che cercare di confermarci nel girone di ritorno“. Le chiedo a bruciapelo se Reggio Emilia può arrivare in fondo. “Assolutamente sì. Il campionato è molto lungo. Non abbiamo ancora incontrato una squadra ammazzacampionato, anche se non abbiamo giocato contro Bergamo. Ma credo, senza sembrare presuntuoso, che una squadra così non ci sia quest’anno. In molte puntiamo alla testa della classifica. I play off, poi, hanno dimostrato negli anni che gli stravolgimenti possono capitare. Io voglio dire che Reggio c’è. E lo dimostrerà“. Dopo tutte queste stagioni, cosa la rende ancora così desideroso di entrare in campo? “Non potrei vivere senza questo sport. Da quando la pallavolo è entrata nella mia vita per me ha avuto un effetto quasi totalizzante. Adesso ci sono mia moglie Giuditta e mio figlio Mattia, ma mia moglie sa quanto per me lo sport sia importante dodici mesi l’anno. In estate se non ho la partitella da fare con gli amici cerco qualche altra disciplina anche a Policoro, in Basilicata, dove i miei suoceri hanno la casa e dove trascorriamo parte delle vacanze“. foto Volley Tricolore Cosa la stimolerebbe in futuro? “Prima di concludere la carriera mi piacerebbe cambiare ruolo e magari provare a fare lo schiacciatore. Non so se in una serie minore o sempre in A2 o chi lo sa, ma è da anni che ho quest’idea che mi balena nella testa“. Nessuno le ha mai proposto il cambio? “Una volta Babini, il mio allenatore, me ne parlò molto superficialmente, ma poi non se ne fece nulla. Magari in un futuro molto prossimo ci potrei pensare seriamente“. Le metto sul piatto la Superlega e il cambio ruolo in A3. Sceglierebbe la Superlega? “Rispondo ‘Ni’. E Questo le fa capire che quando mi fisso su una cosa è difficile farmi cambiare idea!“. LEGGI TUTTO

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    Enrico Cester: “È una fortuna giocare in una squadra come Piacenza”

    Di Roberto Zucca Davanti al suo gioco e alla sua grande esperienza, Enrico Cester, da buon veneto, ha sempre messo il suo lavoro, testimonianza di come il sacrificio e il sudore generino grandi carriere e ottime stagioni sul campo. A 33 anni il centrale della Gas Sales Bluenergy Piacenza rappresenta ancora perfettamente quel vecchio modo di intendere il volley fatto appunto di impegno e dovere. Quell’impegno che quest’anno ha messo a disposizione di una formazione bella e ambiziosa: “E proprio in queste settimane abbiamo ripreso a lavorare parecchio per riprenderci da alcune partite in cui abbiamo fatto fatica. Non dobbiamo andare sotto con squadre che sulla carta sono meno attrezzate di noi. L’obiettivo è riprendere a giocare con continuità di risultati da subito“. Da cosa è stato causato il calo? “Bella domanda. Non saprei però darle una risposta. Ci sono squadre come Padova che mettono in difficoltà tutti, ad esempio, e anche noi siamo usciti sconfitti dal campo. Ma Piacenza ha fatto un grande sforzo per costruire questa squadra e dobbiamo tenere il ritmo di questo campionato senza perdere punti preziosi“. Piacenza come Civitanova, Perugia, Trento? “Dobbiamo chiederci chi siamo. Siamo quelli che hanno vinto contro Civitanova? O quelli di Padova? Sul lungo periodo credo che la risposta verrà finalmente a galla“. Foto Lega Pallavolo Serie A Non crede che questa situazione di discontinuità provocata dalla pandemia incida sul rendimento? “È normale che cambiare sempre piani a causa degli stop, dei rinvii, dei contagi, della positività possa incidere, ma dobbiamo essere pronti ad affrontare certe avversità nonché dovremo aver fatto l’abitudine, visto che negli ultimi due campionati si sta giocando in queste condizioni“. La sua parabola negli ultimi anni ha avuto un bel divenire. Verona, Vibo e ora Piacenza. Le manca trascorrere molte stagioni in un’unica compagine? “Ho giocato a Civitanova per tanti anni. Ma non sono un giocatore che vive con la nostalgia degli anni che furono. Fa parte della vita di un pallavolista attraversare periodi in cui si firmano lunghi contratti e rinnovi, e altri in cui si gioca anno per anno anche in squadre diverse“. Compirà 34 anni nel 2022. “Ed è una fortuna poterli compiere dopo aver militato in una squadra come Piacenza, alla mia età. È un’occasione che ho subito voluto e quando sono stato cercato dalla società non ho esitato a dire di sì. A 34 anni credo sia una possibilità importante, vista la fatica che molti di noi fanno ogni anno a restare in Superlega, soprattutto in formazioni e società così prestigiose“. Domanda a bruciapelo: meglio una carriera chiusa in Superlega a 35 anni o in B a 40 e oltre? “(ride, n.d.r.) Aggiungo una clausola: meglio a 40 anni in B, ma vicino a casa. Credo che arrivino anni in cui uno rallenti o voglia semplicemente essere altro oltre la pallavolo“. Lei ha investito in un’attività in Puglia. “Si con mia moglie abbiamo un’attività a Gallipoli. Quindi le dicevo, se dalla Puglia a fine carriera mi chiameranno, con la premessa di alternare lavoro e pallavolo, perché no?“. Puglia significa mare. Riaprirebbe quella pagina sul Beach Volley di cui si parlò anni fa? “No, assolutamente. Se ne era parlato anche troppo. Voglio concludere da pallavolista la mia carriera“. Come mai è così restio a condividere la sua vita sui social? “Ho aperto tardi il mio account Instagram e ho capito che non fa per me. Capisco qualche foto sportiva, che di certo non pubblico spesso. Ma credo che un po’ di sana privacy nella vita di ognuno sia sacrosanta. Non ho una foto del matrimonio con mia moglie e di certo non vedrà me che riprendo la sala parto quando accadrà. È una questione di principio“. LEGGI TUTTO

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    L’anno magico di Daniele Lavia: “Chiedo solo che tutto continui così…”

    Di Roberto Zucca La sequenza di scatti di una sua esultanza ha riempito la pagina Instagram di Daniele Lavia di migliaia di like negli scorsi giorni. E non è solo una vittoria conquistata meritatamente contro la capolista Sir Safety Conad Perugia la fonte della gioia dello schiacciatore dell’Itas Trentino, bensì un periodo molto felice della sua vita: “Sì, lo ammetto: è un bel periodo. Trento era la squadra che volevo e che ho sempre desiderato. Siamo una squadra forte, completa, e soprattutto una compagine di gente che lavora molto bene assieme. Ho ritrovato due amici come Riccardo Sbertoli e Oreste Cavuto, con cui negli anni della nazionale si è creata una bellissima amicizia“. In più Trento sembra proprio piacerle. “Oreste, che qui a Trento gioca da più stagioni di noi, ci ha presentato i suoi amici: quando si ha la possibilità di trascorrere qualche momento libero, è bello godersi anche ciò che si ha fuori dal campo. È una bella città in cui fare questo lavoro, l’ho sempre pensato, e sono contento di essere qui proprio in questo momento storico della società“. Foto Lega Pallavolo Serie A Che campionato è stato fino a questo momento per lei e per Trento? “Fino ad ora siamo contenti dei risultati che sono arrivati. Abbiamo perso qualche punticino nelle scorse settimane, ma abbiamo recuperato contro Perugia, e data l’importanza della sfida è stato un bel successo. Il bilancio è più che positivo, abbiamo vinto la Supercoppa e siamo arrivati terzi al Mondiale per Club, lottando fino all’ultimo con ogni avversario. Dobbiamo migliorare nella costanza del gioco. Ecco, questo sicuramente nel lungo periodo, dovrà essere il nostro obiettivo“. Lei quest’anno gioca con un entusiasmo particolarmente evidente. “Ho cercato di portare quella carica e quell’entusiasmo che per molti di noi è arrivato dopo la vittoria agli Europei. Penso di parlare anche a nome degli stessi compagni con cui ho condiviso quel momento, e dire che è un entusiasmo contagioso che appartiene un po’ a tutti quelli che l’hanno vissuto“. Foto Volleyball World Giocare in questa condizione, con i contagi che aumentano, può incidere sul campionato? “Be’, incide nella misura in cui avere tre giocatori positivi può portare la metà della squadra a non scendere in campo. Ma è una situazione a cui dovevamo abituarci da tempo perché giochiamo col virus e con i contagi già dalla scorsa stagione. Una volta negativizzati, i giocatori ritornano subito in campo, quindi può essere pericoloso per gli infortuni. Non credo di dire niente di nuovo. È il nostro lavoro e in Superlega dobbiamo essere pronti a dare il massimo a qualsiasi condizione“. Il ricordo più bello dell’Europeo? “Una sera in cui parlavo con Riccardo (Sbertoli, n.d.r.) poco prima che incontrassimo la Slovenia per la prima volta. Gli ho chiesto secondo lui come sarebbe finita e lui mi ha detto: ‘Secondo me questo Europeo noi lo vinciamo’. Ho risposto: ‘Ma che dici? Sei pazzo!’. La realtà è che nessuno, nemmeno noi, avrebbe mai pensato che dopo Tokyo sarebbe potuto arrivare un titolo così importante, trascorso così poco tempo dall’uscita dalle Olimpiadi. E invece è arrivato un oro importantissimo e soprattutto molto bello“. Foto CEV È nata una nuova nazionale. Che ha il sapore di un passato molto bello e pulito, non trova? “È nato un gruppo molto bello. Un gruppo che anche in preparazione spingeva, dava tutto. E che in campo si è ritrovato a perseguire lo stesso obiettivo“. Un gruppo nel quale è mancato Roberto Russo, a cui lei ha dedicato un bellissimo post sull’amicizia. “Ho cercato la definizione del termine amicizia sulla Treccani ed è esattamente la descrizione che spiega ciò che rappresenta il rapporto tra me, Roberto e Riccardo. Mi è spiaciuto non condividere sul campo quella vittoria e ho cercato nel mio piccolo, con Riccardo, di stargli vicino e di fargli vivere qualche giornata spensierata durante l’infortunio“. Quanto conta l’amicizia nella pallavolo? “In alcuni momenti, ti senti fortunato ad essere circondato da persone come Roberto, Riccardo e Oreste“. Posso chiederle cosa si augura per questo 2022? “È una domanda a cui non so rispondere. Posso dirle che spero continui ad andare tutto come sta andando. Alla vita non voglio chiedere altro in questo momento“. LEGGI TUTTO

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    Andrea Mattei, trascinatore di Siena: “Credo di meritarmi una seconda chance”

    Di Roberto Zucca Nell’altalenante campionato di Serie A2 in cui la Emma Villas Aubay Siena è stata talvolta vittima di brucianti sconfitte e talvolta protagonista, soprattutto ultimamente, di incoraggianti vittorie, una certezza è resa oggettiva da numeri e statistiche: la presenza granitica di Andrea Mattei. Il centrale laziale, perno di quella Siena che col cambio in panchina spera di vivere una seconda giovinezza, tiene molto al suo ruolo e alle responsabilità affidate dal tecnico Montagnani: “Mi ha fatto molto sorridere che una persona dello staff qualche giorno fa non mi abbia definito perno, ma abbia usato il verbo trascinare. Mi ha detto in maniera categorica che mi ha visto crescere rispetto agli scorsi anni, passando dall’essere trascinato all’essere trascinatore“. E la definizione la inorgoglisce? “Molto. Credo ci sia molta verità nell’affermazione, soprattutto sul fatto che negli anni abbia fatto un percorso. Mi sono messo a disposizione, lavoro in silenzio, quando c’è bisogno di me mi faccio trovare, non solo con la testa ma anche fisicamente. Se un compagno ha bisogno di una parola in più cerco di pronunciarla io, se c’è qualcuno che ha bisogno di una pacca sulla spalla voglio essere io a darla“. Foto Lega Pallavolo Serie A Un nuovo Mattei. “Diciamo più consapevole di ciò che voglio essere e di ciò che voglio diventare. Questo sport mi ha dato tantissime soddisfazioni, mi ha dato molto ma mi ha anche tolto tanto. Da alcune esperienze ne sono rimasto sinceramente deluso. Quando dico di essere cresciuto significa che ho imparato a fare i conti con tutto questo, e a capire che l’ago della bilancia voglio che in futuro penda dalla parte delle soddisfazioni. E lavoro per questo ogni giorno“. Con Montagnani è scattato il feeling? “Da subito. Stimo moltissimo Paolo, e dal primo giorno mi sono sentito compreso e benvoluto. Non è la prima volta che mi capita con un allenatore, ma Paolo è in grado di sorprendermi alle volte con le parole o con gli atteggiamenti. Sa essere motivante, severo, giusto. Sono contento che sia arrivato qui a Siena“. Siena ha ripreso la sua corsa. Che girone di andata è stato? “Altalenante. Incostante. Ma non per Siena, ne faccio un discorso generale. È un campionato dove tutti vincono e perdono con tutti. È un gioco stimolante che ti tiene vigile perché non puoi mai tirare un attimo il fiato“. Foto Emma Villas Volley Mattei, che cosa ha portato in questa squadra? “Un po’ di bagaglio, con il fardello umile della mia esperienza. Ho ritrovato un bell’ambiente e l’ho scelto perché è un club importante e uno dei più prestigiosi della serie A2. Non siamo partiti col verso giusto ma stiamo col tempo affinando laddove c’era qualcosa da correggere“. La vetta è lontana? “Ora è una vetta parziale e non dobbiamo pensarci. Quello su cui dobbiamo mettere la testa è la continuità. Sarà importante nella seconda parte del campionato soprattutto per i piazzamenti finali“. Sotto l’albero cosa le sarebbe piaciuto trovare? “Intanto sono stato contento di poter passare le festività con i miei genitori e mio fratello qui a Siena. Poi avremo alcune partite dopo Natale in cui dovremo confermarci. Lei mi chiede cosa chiedo al futuro?“. Esatto. “Un’occasione. Credo di meritarmi una seconda chance rispetto ad alcuni anni fa. Ho lavorato tanto per risalire in alto. E a ventotto anni penso sia arrivato il momento di avere un’opportunità di far vedere a tutti ciò che posso dimostrare“. LEGGI TUTTO

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    Simone Starace, da Pastena alla Serie A: “La pallavolo vince sul resto”

    Di Roberto Zucca Sono passati molti anni da quando Simone Starace giocava come portiere in una squadra di calcio della sua città a Salerno. E soprattutto da quando papà Vincenzo e mamma Leuca, una volta lasciato il calcio per la pallavolo, lasciavano la pizzeria di famiglia, “Capriccio di gola”, per andare a tifare Simone, che già a 17 anni esordiva in serie B prima in Basilicata e poi nelle Marche. Oggi Simone di anni ne ha 22, gioca in Serie A3 nella Wow Green House Aversa, e i genitori non hanno smesso di accompagnare la sua avventura: “Adesso hanno il tablet acceso in pizzeria per seguire la partita da lì. Per me la famiglia è un punto cardine della mia vita. Tra qualche settimana mio fratello Daniele tornerà a Salerno per dare una mano in pizzeria e sicuramente papà, mamma e anche mia sorella Giulia avranno più occasione per seguirmi qualche domenica“. Le è pesato non avere quei genitori sempre presenti nel suo percorso? “Loro sono sempre stati presenti. E anche quando il lavoro che ha permesso a me e ai miei fratelli di poter fare le nostre scelte in totale libertà, non li permetteva di esserci, c’erano col cuore. Le confesso di essermi sentito molto fortunato ad avere la famiglia che mi sono ritrovato“. Tutto nasce a Pastena. “È il mio quartiere. Ed è lì che ho iniziato a giocare. Sono stato portiere di calcio, poi mi sono legato ad altri amici e ho lasciato il pallone per la pallavolo. Ho avuto la fortuna di iniziare con Ratiba El Gamal, la pallavolista italo-egiziana che è stata la mia prima allenatrice. Una volta terminati i campionati di under mi ha mandato a Potenza perché ha creduto in me e affinché potessi continuare a salire di categoria e mi sono ritrovato a 17 anni a giocare la serie B. Molto impegnativo, a tratto anche incosciente, ma molto bello“. Ora a 22 anni si ritrova in A3 ad Aversa, non lontano dal primato in classifica. Quanta strada ha fatto? “Be’, sono contento della strada fatta finora. Siamo una squadra molto giovane ma già ambiziosa. Siamo partiti lasciando qualcosa sul campo e ci siamo riequilibrati giornata dopo giornata su un buon livello di gioco. Diventare campioni di inverno del nostro girone sarebbe bello. Saranno decisive le prossime settimane“. foto Instagram Simone Starace Un bilancio personale. “Personalmente sono soddisfatto. Volevo tornare a giocare vicino a casa perché ci tenevo a stare vicino agli affetti e alla mia famiglia. Ma l’ho fatto in primis perché il progetto che mi ha presentato Aversa mi è piaciuto sin da subito“. Ad Aversa ha ritrovato la famiglia. “E anche l’università. Studio economia e sono al terzo anno presso l’Università di Napoli. Laurearmi è una cosa a cui tengo molto. Giocando in A3 riesco a studiare qualche ora al giorno e ciò, incrociando le dita, mi permetterà di laurearmi in questo anno accademico“. Con sincerità: pallavolo o carriera al di fuori di essa? “Per ora vince la pallavolo. Anche perché sono molto curioso di capire dove poter arrivare. Poi non escludo di trovare una squadra in un’altra città e continuare con l’università, e magari diventare un buon consulente finanziario“. Perché proprio questa scelta? “(ride, n.d.r.) Perché viviamo in un paese in cui tante persone tengono i soldi sotto al materasso. E a me piacerebbe acquisire una clientela che impari ad investire con responsabilità e maturità finanziaria“. Per ora però l’obiettivo è la A2? “È l’obiettivo della società, di tutti noi, e anche a me riempirebbe il cuore di orgoglio poter ottenere questo traguardo soprattutto nella mia terra“. (Fonte: Instagram Simone Starace) Fidanzatissimo con Letizia, anche lei pallavolista. “Sì, Letizia gioca in B2 a Salerno. Sono contento di essere anche vicino a lei quest’anno“. Attualmente il più forte dei due è Starace? “Sì, però Letizia è molto più brava di me nello studio! Ed è anche un’ottima pallavolista“. LEGGI TUTTO

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    Nicolò Casaro: “La A2 è un sogno, ma il campionato ha molte facce…”

    Di Roberto Zucca Lecce è un sapore nuovo. Il sapore di una nuova terra, di un Sud che gli ha regalato nuova linfa. È un Nicolò Casaro sicuramente felice quello che, avvicinandosi alla fine del girone di andata, commenta il suo primo anno di Serie A3 all’Aurispa Libellula: “Sono davvero contento, perché volevo giocarmi al meglio questa occasione. Non so se quando si concluderà il girone di andata saremo ancora primi in classifica, ma per adesso stiamo viaggiando nelle zone alte ed è una soddisfazione per me e per tutto il gruppo“. Casaro e il suo spirito battagliero viaggiano sullo stesso binario? “Voglio essere questo, perché sono questo. Sono una persona che aveva necessità di ricavarsi i suoi spazi, di giocare, di fare una nuova esperienza. In campo e in spogliatoio non sono quello che gioca a fare la parte del simpatico a tutti i costi, ma quello che cerca di spingere tutti più avanti“. Ricordo lo scorso anno, quando mi ha parlato di un bisogno di responsabilità. “Qui l’ho trovato. Siamo una squadra giovane ma ambiziosa. Giochiamo ogni settimana per ottenere il massimo possibile e quando non accade ritorniamo in palestra convinti di poter tornare a vincere la domenica successiva. In campo voglio dare tutto quello che ho. Sono fatto così“. Primo posto in classifica. Se lo aspettava? “Sicuramente siamo partiti con molte aspettative. Abbiamo trascorso le prime settimane alla ricerca di un equilibrio: ricordando le sconfitte, mi torna in mente il fatto che bastava fare bene qualcosina in più e non sarebbero arrivate“. Foto Lega Pallavolo Serie A La A3 a Casaro non fa paura? “No. Non abbiamo paura di nessuna squadra. Adesso ci saranno i piazzamenti per la Coppa Italia e sarà importante giocarsi il fattore casalingo perché conta molto. Il calore del pubblico, di questo pubblico in particolare è un valore aggiunto. E quindi giocare in casa ci piace molto“. Lecce, col mare e il sole. Sembra lontano il suo amato Veneto. “Adesso rientrerò per le vacanze natalizie e mi godrò casa. A parte gli affetti, non sono uno che vive con la nostalgia delle cose anche perché so che fa parte del mio lavoro. Sono qui con Eleonora, la mia compagna, con cui convivo e che ha la fortuna di poter portare avanti l’università a distanza. Quindi sto doppiamente bene, perché oltre il posto che è molto bello c’è anche lei“. La A2 cosa è? “Un sogno. Però stiamo ragionando partita dopo partita, perché è un anno lungo in cui rientrano diversi fattori. È un campionato che ha molte facce. Non dobbiamo perdere nessuna occasione per fare punti“. Mi colpiscono i suoi post Instagram senza testo. Una strategia? “Lascio parlare le immagini. Non sono uno che ama mettere frasi ad effetto. E in generale non sono una fanatico della comunicazione e dei social“. LEGGI TUTTO

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    Piervito Disabato: “Ho tanto da imparare, e a Pineto posso farlo”

    Di Roberto Zucca Nella Abba Pineto da primato aleggia il vento della novità, della scommessa. E Piervito Disabato pare essere una scommessa vinta in partenza. Poco più che ventenne, e con l’aria spavalda di chi dalla carriera pretende e pretenderà sempre tanto, lo schiacciatore pugliese ha inanellato una serie di ottime prestazioni che sin dalle prime giornate lo hanno collocato tra le piacevoli sorprese della serie A3: “Ho scelto Pineto perché mi è piaciuto da subito l’entusiasmo e la voglia di fare della società. Mi sono ritrovato in una squadra decisamente ambiziosa, in cui ho tanto da imparare da figure come ad esempio Matteo Bertoli e Lorenzo Calonico che stanno giocando un bellissimo campionato“. Sembra non stia facendo fatica questa Pineto ad affrontare la A3. “Direi che è una visione parziale, perché le squadre che ci troviamo sono delle belle corazzate. Conoscevo un pochino meglio l’altro girone perché lo scorso anno ho giocato a Lecce, e anche nel girone del Sud vedo che ci sono società come Palmi, Tuscania, Aversa, la stessa Lecce che hanno una bella marcia. È un campionato che si migliora ogni anno con gli innesti dalla A2 e dalla Superlega. È bello esserci“. Foto Lega Pallavolo Serie A Non nascondiamoci. Pineto punta a salire? “(ride, n.d.r.) Pineto punta a fare bene e a resistere in questo lungo percorso che è il campionato. Avremo anche la possibilità di giocarci la Coppa Italia e sarà un’occasione importante oltre al torneo canonico“. Vent’anni ma una gavetta importante, soprattutto al Sud. Quanto le manca casa? “A parte la mia esperienza a Civitanova, ho praticamente sempre giocato vicino a casa o giù di lì. Ma non è tanto la Puglia a mancarmi, quanto la mia famiglia. Mi piacerebbe averli più vicino e sicuramente a loro farebbe piacere avermi più vicino“. Papà vi lasciò cinque anni fa. La pallavolo in quel caso ha rappresentato uno sfogo o una salvezza? “Una salvezza. È stato un momento nel quale avevo bisogno di aggrapparmi a qualcosa che mi distogliesse dal dolore. E ho scelto il lavoro, la carriera, anche perché papà ha sempre tifato per noi. Anche mio fratello Nunzio adesso gioca in B in Puglia, è più giovane di me ma si sta affacciando con successo nella pallavolo pugliese“. Nella sua vita, oltre la famiglia, c’è anche Chiara. “Che mi vorrebbe pure lei vicino! Lei è di Aversa e ogni anno tenta di convincermi ad andare a giocare in quelle zone. Ora studia a Roma e in linea d’aria riusciamo a vederci con maggiore continuità anche perché non siamo distantissimi. Comunque sì, c’è anche Chiara, ed è importante che ci sia“. La nazionale invece le manca? “La nazionale manca sempre. Ma senza di essa ho potuto recuperare un pochino di tempo libero in estate, stando un po’ con la mia famiglia e con la mia ragazza. Ho parlato con Frigoni e con onestà mi ha detto di aver optato per altre scelte, che fossero più consone sul tema dell’altezza. Non sono rimasto male, perché capisco le scelte di un allenatore. Credo però di aver dato tanto alla nazionale e soprattutto spero che per me non sia un capitolo chiuso“. LEGGI TUTTO