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    Renault, De Meo: “Elettrificazione è l'inizio di una nuova era”

    Non si smentisce mai. Istrionico, disponibile, vulcanico, mai banale, assolutamente diretto. Luca de Meo, il bocconiano milanese di orgogliose origini pugliesi che governa con il sorriso il volto scoperto della luna francese dell’auto, quello di Renault, si può definire lo specialista dei grandi rilanci. Richiamato a gran voce sul luogo dell’esordio, porta in dote il suo tocco magico, visto che ha partecipato ai trionfi di Toyota Yaris, Lancia Yspilon e soprattutto Fiat 500, quando venne nominato a capo della squadra marketing del Lingotto dal compianto Sergio Marchionne, prima di accettare la corte del gruppo Volkswagen dove ha posto le basi del definitivo decollo dell’Audi e poi della rinascita di Seat, prima della “genialata” Cupra. A Renault non poteva dire di no, nonostante la situazione difficile in cui si trovava il costruttore della Losanga dopo la fuga di Carlos Ghosn, il difficile rapporto con i giapponesi di Nissan e i fragili equilibri con il Governo francese che aveva appena restituito al mittente l’ipotesi di accordo con FCA.
    Così, a poco più di un anno di lavoro – ha preso il potere l’1 luglio del 2020 – con l’annuncio di un piano ambizioso come il Renaulution a metà gennaio, eccolo lì, pronto a mettere in atto le sue mosse. Lo abbiamo incontrato al Salone di Monaco, davanti alla prima pietra del suo nuovo edificio, rigorosamente sostenibile: la Renaul Mégane E-TECH Electric. “Per noi è l’inizio di una nuova èra basata su un tema complesso come quello dell’elettrificazione e dopo un periodo molto difficile. Abbiamo studiato e capito esattamente dove siamo rispetto alle scelte dei nostri competitor. Non mi va di fare classifiche, noi non spariamo cifre, ma vi posso dire che siamo molto avanti, perchè i soldi possono comprare molte cose, non l’esperienza. E Renault ne ha accumulata tanta in questi 10 anni”.
    Ma come fate a competere con una concorrenza che sembra scatenata?«Anche se non abbiamo le risorse per sparare 46 nuovi modelli (per caso si riferiva al Gruppo Volkswagen? ndr), riteniamo di disporre di tutto l’ecosistema necessario per essere competitivi in questa rivoluzione. Non si può valutare la bontà dei numeri e dei volumi dalle macchine che si lanciano. Perché se poi non creano valore… Piuttosto, possiamo contare sulla partnership con NIssan e godiamo di un grande vantaggio su scala usando lo stesso modulo di batteria e la stessa piattaforma, la CMF-EV, molto flessibile, sulla quale riusciremo a costruire modelli più piccoli come nuova Renault 5 e anche più grandi, tipo Suv di segmento C e D, tipo Nissan Ariya”.
    Intanto, la prima pietra della Renaulution, l’avete messa.”Semplicemente, la Mégane elettrica è una nuova partenza, stiamo uscendo dalla rianimazione, ma è una vettura che parla al cuore del mercato europeo, è nativa digitale, dotata di 26 sistemi di ausilio alla guida, ha l’autonomia giusta – 300 o 480 km, ndr – si ricarica in 30 minuti e grazie alla grande collaborazione con Google siamo riusciti anche a tenere conto dell’aspetto più importante, la connettività, evitando la discontinuità tra smartphone e macchina. Sì, penso che nuova Mégane possa diventare una prima auto. E lo dico senza problemi: con questo prodotto siamo sicuri di offrire la migliore tecnologia sul mercato in rapporto al prezzo e vogliamo giocare nella major league del segmento elettrico per dimostrare che queste vetture sanno essere emozionanti e divertenti”.
    Ma secondo il vostro business plan quando comincerete a fare profitti all’altezza delle vetture con motori termici?”Per l’investimento che abbiamo fatto sull’elettrificazione serviranno più di 10 anni, ma già oggi su una Zoe elettrica guadagnamo più che su una Clio normale. Diciamo che le curve di rendimento si dovrebbero incrociare intorno al 2025-26, anche perché entro quel periodo prevediamo che le vetture con motori a combustione vedranno raddoppiare i prezzi”.
    Il futuro sarà solo elettrico?”No. Non a caso abbiamo convinto il Governo francese di sostenere in ambito Unione Europea la necessità di mantenere la tecnologia ibrida e l’uso dei carburanti alternativi oltre il 2035″.
    Com’è nato il lancio della nuova Renault 5 ora solo Prototype?”È stato frutto del caso. Dopo pochi giorni che ero in Renault, avevo già bocciato metà dei progetti di design. Poi, passando per i corridoi vidi un modello messo da parte in una teca di vetro. Era una Renault 5, da tutti valutata retrò. La presi e dissi “dovete fare questa elettrica….” e siamo finiti su tutti i giornali. Non ho reinventato nulla, ma guardarsi dietro non significa essere a corto di idee perchè la gente ha buona memoria. E ora, visto che funziona, pensiamo di fare la stessa operazione con la Renault 4″.
    Lei crede ancora nella funzione dei Saloni?”Rispondo così: quando abbiamo deciso di andare a Monaco perdevamo 8 miliardi di euro. Spero che le altre Case facciano lo stesso l’anno prossimo a Parigi. Quella dell’automobile è una bella industria perché ha sempre saputo condividere ricchezza, ora forse è troppo business e meno show, ma i ragazzi si fanno ancora le foto con le Lambo”.
    Dacia, Mobilze, Alpine sono gli altri pilastri della strategia del Gruppo: a che punto sono?”L’offerta adesso è completa. Dacia si concentra sulle soluzioni più accessibili. E più Dacia vendo più ci guadagno, sarà l’assicurazione sulla nostra profittabilità, con i motori termici finchè si potrà, anche bifuel, poi dal 2023 l’ibrido. Ma c’è anche la Spring elettrica. Con Mobilize offriamo mobilità a pacchetti flessibili, come Sky, per rendere la mobilità più efficiente. Alpine si è posizionata più in alto grazie all’effetto F.1 che funziona, regala sempre più emozioni e questo ci spinge a riflettere su altre situazione come Le Mans, dove aspettiamo di conoscere l’evoluzione dei regolamenti prima di decidere e sul Mondiale Rally elettrico”.
    Quanto peserà l’emergenza figlia della crisi dei chip?”Su di noi tanto, perchè eravamo riusciti a scendere a -2,8 miliardi nel primo semestre, un salto enorme rispetto agli 8 miliardi a cui accennavo prima. E ora è dura. All’automotive è successo di tutto, manca solo l’invasione delle cavallette. Scherzi a parte, è un problema serio che non si risolverà prima del 2022, almeno completamente. È una situazione complessa perché complessa è la catena di lavoro che li produce. Catena che passa da un fornitore all’altro, magari in Paesi diversi. Per fare un esempio, dalla fusione del silicio alla sistemazione dei circuiti possono trscorrere dai 3 ai 5 nesi e rimettere in funzione il meccanismo interrotto dalla pandemia e da altre situazioni non è facile. Per evitare che riaccada qualcosa del genere bisognerà una rilocalizzazione della produzione. meglio se ce li produciamo in casa”. LEGGI TUTTO

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    Mobilize Limo: l'elettrica a noleggio del Gruppo Renault è in arrivo

    La nuova berlina elettrica Limo, sorta di interpretazione di quanto già offre Renault Koleos, verrà presentata al prossimo Salone di Monaco 2021 dove, il quarto pilastro del Gruppo Renault – Mobilize per l’appunto -, lancerà la sua nuova proposta a noleggio. Proposta che guarderà principalmente a privati, al mondo flotte e ai guidatori professionali.Guarda la galleryMobilize Limo: elettrica con guida a noleggio
    Diverse le formule commerciali
    Perché scegliere Mobilize per lanciare un’elettrica? Perché il ruolo che la Limo avrà da metà 2022, quando arriverà sul mercato, è di un modello offerto in abbonamento e diretto al mondo flotte, ai guidatori professionali, ai tassisti ma anche ai privati in cerca di una soluzione da noleggiare.
    Ecco, Mobilize Limo si guiderà a noleggio, con pacchetti di servizi più auto personalizzabili. Dal canone tutto incluso a integrazioni ulteriori, le formule commerciali arriveranno in una fase successiva al lancio.
    Passo ampio 
    Ergonomia, comfort, isolamento acustico sono punti cruciali del progetto, ritagliato su misura di quanti percorrono per lavoro tanti chilometri (le statistiche dicono di una media di 250 km al giorno per i guidatori professionali). Passo ampio dal quale si arriva a ottenere uno spazio interno di 28,8 centimetri all’altezza delle ginocchia dei passeggeri posteriori. Si starà anche in tre adulti sul divano posteriore, promette Mobilize, che sul cofano porta il logo della divisione del Gruppo Renault. Spazio che nel bagagliaio si traduce in 411 litri, non moltissimi se rapportati alle dimensioni esterne. 
    Autonomia di circa 450 km
    Si tratta di un progetto che nasce su un’architettura adattata all’installazione delle componenti dell’elettrico: il motore anteriore è da 150 cavalli, la batteria da 60 kWh assicura un’autonomia di circa 450 km, valore da confermare in fase di omologazione. Serviranno 40 minuti per una carica 10-80% collegati a una postazione di ricarica veloce.
    Il pacchetto di servizi inclusi nel canone – e quelli integrabili – debutteranno con Mobilize Limo e verranno estesi anche alle altre proposte elettriche del Gruppo. Ovviamente compresi nel canone ci saranno le coperture standard dell’assicurazione, della manutenzione, fino alle possibilità di ricarica incluse. L’utenza privata avrà a disposizione anche soluzioni di noleggio del tipo pay as you drive.  LEGGI TUTTO

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    Renault: i futuri modelli saranno limitati a 180 km/h

    Oltre al concetto di mobilità a zero emissioni, anche quello della sicurezza è un tema che ormai da anni è diventato caro alle grandi Case automobilistiche. Detto questo, però, c’è qualcuno che sta già pensando al futuro e a come poter realizzare vetture sempre più sicure, riducendo al minimo gli incidenti sulle strade. Per fare questo, infatti, Renault ha deciso di forzare l’imposizione di limitatori di velocità a 180 km/h sulle future auto in uscita. 
    Il primo modello Renault con velocità autolimitata sarà Megane-E, il crossover elettrico in arrivo nel 2022, poi seguiranno altre vetutre tanto di Renault che Dacia.
    Guarda la galleryNuovo Renault Arkana 2021, la prova
    Al tema della maggiore sicurezza stradale, restando l’eccesso di velocità tra le principali cause di incidenti stradali – senza dimenticare come 180 km/h sia una velocità ben al di sopra di quanto concedono le norme dei Codici della strada nazionali, con l’eccezione dei tratti di Autobahn tedesche -, si lega un altro fattore.
    Più autonomia e meno consumi 
    Con una mobilità sempre più orientata verso l’elettrico, limitare la velocità massima diventa una soluzione vantaggiosa anche per migliorare l’autonomia di marcia e ridurre il consumo d’energia.
    Proposta elettrica che vedrà Renault Megane-E in arrivo tra 12 mesi, mentre la Renault R5, concept accolto con gran favore di critiche social, vede confermato nel 2025 il proprio debutto. Sarà un modello non sono dai richiami storici a un’auto diventata icona per Renault, ma verrà prodotta in uno stabilimento in Francia alimentato da energia pulita, priva di emissioni carboniose.
    Obiettivo neutralità carboniosa 
    Dal pacco batterie, poi, si avrà un progresso pari al 20% sulla riduzione delle emissioni carboniose nel processo produttivo rispetto a una batteria impiegata su Renault Zoe 2020. Misure che Renault abbinerà a processi di riciclo dei materiali pregiati (nichel, cobalto, litio) presenti nelle batterie e a un approvvigionamento delle materie prime che sia sostenibile e responsabile. L’obiettivo è giungere alla neutralità carboniosa nel 2040 in Europa e, a livello globale, nel 2050. LEGGI TUTTO

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    F1, Renault mai iridata con i motori turbo

    Renault contro tutti. È senza dubbio uno dei contenuti tecnici e sportivi della stagione di Formula 1 che ci appresteremo a commentare. La Casa francese, infatti, può fare affidamento sulle sole Alpine A521 affidate a Fernando Alonso ed Esteban Ocon.
    Almeno per questo 2021, pertanto, Renault dovrà gestire i soli motori della scuderia ufficiale. Col passaggio alla power unit Mercedes della McLaren, infatti, il motorista francese ha perso anche l’ultimo team clienti. Un periodo di transizione che, tuttavia, vede la Renault di nuovo in lotta per le posizioni di vertice, secondo quanto già assaporato nel 2020.
    Renault costituisce una autentica pietra miliare per la storia della Formula e, quindi, dell’automobilismo più in generale. È la Casa della losanga, infatti, ad aver avuto il merito (ed il coraggio) di introdurre la motorizzazione turbocompressa in Formula 1.
    Una tipologia di motore già ampiamente impiegata, a partire dalla fine degli Anni ’60, in altre realtà motoristiche (ad iniziare dalle vetture Indy e Can-Am), ma che in F1 arriva solo nel 1977 con la Renault RS01 ed il V6 Turbo di 1500cc denominato EF1. È il GP di Gran Bretagna (Silverstone) quando Jean-Pierre Jabouille porta in gara, per la prima volta nella storia della F1, una monoposto azionata da un motore Turbo.
    La rivoluzione tecnica introdotta dalla Renault viene, ben presto, assorbita e rinnovata dai più importanti e rinomati motoristi dell’epoca. A vincere titoli Piloti e Costruttori grazie a vetture Turbo saranno Brabham-BMW, Ferrari, McLaren-Porsche, Williams-Honda e McLaren-Honda. Ricordiamo che la “prima Era Turbo” va dal 1977 al 1988.
    Dal 2014, la storia si ripete. Il nuovo ciclo di V6 Turbo-ibridi, infatti, ha visto dominare la Mercedes.
    Insomma, sembra che la Renault non riesca a conquistare in iride con il motore che essa stessa ha introdotto in Formula 1.
    La Renault, in qualità di motorista, ha ottenuto ben 168 vittorie, la maggior parte delle quali realizzate da V10 e V8 aspirati; dal GP del Canada 1989 al GP del Brasile 2013, dalla Williams FW12C alla Red Bull RB9, da Thierry Boutsen a Sebastian Vettel. Solo 23, infatti, i successi conseguiti da motori Turbo Renault.
    La prima, storica vittoria risale al GP di Francia (Digione) del 1979: in quella occasione, è il “dimenticato” Jabouille (l’attenzione è rivolta al duello finale tra Arnoux e Villeneuve per il 2° posto) a trionfare al volante della Renault RS10-Renault EF1. Nel 1980, la Renault si aggiudica i GP del Brasile, Sudafrica e Austria: i piloti sono René Arnoux e ancora Jabouille, la vettura è la Renault RE20.
    Il 1981 vede Alain Prost portare al successo la Renault RE30 in occasione dei GP di Francia, Paesi Bassi e Italia. L’anno seguente, al volante della RE30B, Prost e Arnoux si aggiudicano rispettivamente i GP del Sudafrica, Brasile, Francia e Italia. Nel 1983, Alain Prost e Renault sfiorano il titolo Piloti. Il campione francese vince i GP di Francia, Belgio, Gran Bretagna e Austria. La monoposto è la Renault RE40.
    Quelli colti da Prost nel 1983 sono, invero, gli ultimi successi colti in F1 da vetture Renault azionate da motori Turbo. Nel 1985, infatti, sono Ayrton Senna ed Elio De Angelis a portare sul gradino più alto del podio i V6 Turbo Renault, ma al volante delle Lotus 97T (Estoril, San Marino e Spa-Francorchamps). È ancora Senna a portare al successo i V6 Turbo transalpini: è il 1986 quando l’Asso brasiliano trionfa in quel di Jerez e Detroit, al volante della Lotus 98T.
    Tra il 1983 ed il 1986, i V6 turbo Renault vengono forniti anche ad altre scuderie: le vetture “clienti” azionate da propulsori Renault sono le Lotus 93T, 94T, 95T, 97T e 98T, le Ligier JS23, JS23B, JS25 e JS27 e le Tyrrell 014 e 015.
    La Renault, dal canto suo, chiude il ciclo intrapreso nel 1977 a fine 1985, anno in cui l’Equipe Renault Elf schiera le interessanti ma poco competitive Renault RE60 e RE60B, affidate a Patrick Tambay e Derek Warwick.
    Dal 2014, anno della introduzione dei V6 Turbo-ibridi di 1600cc, la Renault ha colto solo tre successi. Lo fa nell’anno del debutto, grazie a Daniel Ricciardo e alla Red Bull RB10, vincitrici dei GP del Canada, Ungheria e Belgio.
    Riuscirà la Renault a portare a casa un “titolo turbocompresso”? Se nel passato l’impresa non è riuscita, il presente ed il futuro potrebbero raccontare una storia diversa.
    L’imminente congelamento dei motori Turbo-ibridi (abominio) ed il discutibile, conseguente Balance of Performance finalizzato — detto senza tanti giri di parole — a penalizzare la power unit Mercedes e a favorire, senza merito, le altre motorizzazioni oggi inferiori a quella anglo-tedesca, costituiscono fattori che potrebbero attribuire nuova linfa anche alla motorizzazione Renault.
    Renault che, contrariamente a quanto si poteva immaginare solo pochi mesi fa, non potrà riabbracciare Red Bull e Alpha Tauri, considerato che la “galassia Red Bull” continuerà ad utilizzare i motori Honda almeno sino al 2025. Ciò è reso possibile grazie alla costituzione della società Red Bull Powertrains Limited. Il motorista francese, dunque, dovrà cercare nuovi partner o sferrare l’attacco al vertice col solo team Alpine.
    Come noto, le peculiarità tecniche degli odierni V6 Turbo-ibridi sono pressoché ignote, fatte salvo le caratteristiche regolamentari comuni a tutti. Di seguito, invece, riportiamo una tabella tecnica relativa ai Renault EF15-EF15B, motori impiegati nel biennio 1985-1986 da Renault, Lotus, Ligier e Tyrrell.
    Si tratta di un 6 cilindri in V di 90°, 1500cc di cilindrata (come da regolamento) e realizzato interamente in alluminio (basamento e teste).  Albero motore e bielle sono in acciaio, i pistoni in alluminio. La distribuzione si avvale di valvole (4 per cilindro, 2 di aspirazione e 2 di scarico) a richiamo pneumatico (altra grande innovazione). L’angolo tra le valvole è di 21,5°. Il diametro delle valvole di aspirazione è pari a 29,8 mm, quello delle valvole di scarico è di 26,1 mm.
    Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 80,1 mm x 49,4 mm. Il rapporto di compressione è dell’ordine dei 7-7,5:1. La sovralimentazione avviene mediante due turbocompressori Garrett.
    Per quanto concerne il regime di rotazione massimo, siamo sull’ordine dei 12,500 giri/minuto nel 1985 e 13,000 giri/minuto nel 1986. Il peso del motore, turbocompressori compresi, si attesta attorno ai 154 kg.
    Le potenze sono ragguardevoli. Nel 1985, si parla di oltre 850 CV in gara ad una pressione di sovralimentazione di 3,6 bar e di circa 1000 CV in qualifica a 4,5 bar. Nel 1986, le potenze salgono ad oltre 900 CV in gara (pressione tra i 3,7 ed i 4 bar) e circa 1200 CV in qualifica ad una pressione massima di 5,2 bar.
    Ricordiamo che, nel 1985, il consumo massimo di carburante a gara è pari a 220 litri, ridotto a 195 litri nel 1986.
    In foto, invece, riportiamo un interessante contenuto estrapolato da “Il Turbo-Compressore”, documento datato novembre 1980 e realizzato dal Centro di Formazione Tecnica Renault.
    Apprezzabili le differenze tra la prima versione del V6 Gordini-Renault provvisto di singolo Turbo ed il biturbo introdotto nel 1979 con la Renault RS10.
    La Renault non si arrende e, nell’immediato futuro, cercherà di agguantare quell’iride che ancora le manca.
    Un iride Turbo…compresso! LEGGI TUTTO

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    F1, Fernando Alonso: Quando vedi una Formula 1 per la prima volta in pista, quel giorno lo ricordi per sempre!

    Intervistato da Maria Leitner a TG2 Motori, Fernando Alonso spiega come avvicinare i giovanissimi alla Formula 1.

    Fernando Alonso sarà al via del Campionato Mondiale 2021 di Formula 1. Lo spagnolo rientrerà nel Circus con Renault, team con il quale ha già vinto due titoli mondiali piloti. Intervistato oggi da Maria Leitner a TG2 Motori, Alonso ha parlato del suo rapporto con Luca De Meo (CEO di Renault), del suo legame con l’Italia, delle regole che entreranno in vigore nel 2022 e di come trasmettere ai giovanissimi la passione per la Formula 1.
    Alonso su De Meo
    “Mi ha dato fiducia – ha commentato lo spagnolo -. Il nuovo Presidente ama le corse e questa è una cosa molto importante perché in queste grandi case automobilistiche devi avere anche un po’ di passione per le corse altrimenti viene un po’ tutto dimenticato. Vedere Luca (De Meo, ndr) alle gare quest’anno, penso sia venuto a 4 o 5 Gran Premi, è una cosa non comune per il Presidente di un gruppo automobilistico come Renault. Questa sua passione la sta trasmettendo a tutta la gente in squadra”.
    Il legame con l’Italia
    Ancora un italiano dunque nel “destino” dello spagnolo che iniziò la sua carriera con Gian Carlo Minardi ed è da sempre legato a Flavio Briatore, senza dimenticare la sua lunga militanza in Ferrari: “La mia carriera in F1 è sempre stata un po’ legata all’Italia. Mi piace che ci sempre un po’ di Italia in tutte le cose che sono legate al motorsport”.
    I nuovi regolamenti 2022
    “Le regole del 2022 – ha detto Alonso – andranno nella direzione di avere una competizione con vetture più vicine tra loro, più sorpassi e con risultati un po’ meno prevedibili. Ora sappiamo già come sarà il risultato del Gran Premio la domenica, prima che inizi la gara. Abbiamo bisogno di un F1 con macchine più vicine tra loro e con il Budget Cap che avremo dall’anno prossimo va in quella direzione. Speriamo che il risultato sia buono”.
    La passione per la F1
    Alla domanda di Maria Leitner su come avvicinare i giovanissimi alla Formula 1, Alonso ha le idee chiare e pensa che il poter vedere da vicino una monoposto in pista sia la molla che poi fa scattare qualcosa dentro di noi: “E’ sempre difficile trasmettere una passione perché la devi sentire in qualche modo. Io li porterei a un test o a un Gran Premio. Li lascerei vicino a una curva o a un rettilineo per vedere queste macchine passare. Questo ti da un’emozione unica: la Formula 1 sfida la fisica, il rumore anche se lo abbiamo perso un po’ rispetto al passato, la tecnologia e tutto quanto c’è dentro una F1 è davvero appassionante. Quando vedi una Formula 1 per la prima volta in diretta, quel giorno lo ricordi per sempre!”.
    FERNANDO ALONSO, L’INTERVISTA COMPLETA (TG2 MOTORI) LEGGI TUTTO

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    UFFICIALE: Davide Brivio sarà Racing Director del Team Alpine F1

    Davide Brivio assume la carica di Racing Director del Team Alpine F1 (ex Renault) e riporterà direttamente al CEO di Alpine Laurent Rossi.

    Il Team Alpine F1 ha comunicato oggi che Davide Brivio come Racing Director anche se, sempre all’interno della nota stampa dell’ex Team Renault, si legge che il ruolo specifico e soprattutto le responsabilità del manager italiano ex Suzuki MotoGP, saranno rese note nelle prossime settimane.
    La cosa certa è che Brivio entra ufficialmente a far parte del team anglo-francese che vedrà quest’anno il ritorno di Fernando Alonso al fianco del confermato Esteban Ocon. Il manager italiano sarà un diretto riporto dell’Amministratore Delegato di Alpine, Laurent Rossi.
    Qui sotto il post su twitter del “nuovo” account ufficiale del Team Alpine F1.

    Davide Brivio joins Alpine F1 Team as Racing Director
    We are delighted to confirm Davide Brivio will strengthen our team ahead of the 2021 FIA Formula One World Championship season.
    His specific role and responsibilities will be announced in the coming weeks.
    [1/2] pic.twitter.com/DKsMzFzea5
    — Alpine F1 Team (@AlpineF1Team) January 17, 2021 LEGGI TUTTO

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    Renault F1: Abiteboul out. Rossi nuove CEO di Alpine F1. Quale ruolo per Brivio?

    La Renault ha annunciato oggi che Cyril Abiteboul, Team Principal del Team F1, lascerà l’azienda con effetto immediato. Il nuovo CEO di Alpine sarà Laurent Rossi il quale assumerà anche il controllo del Team F1 riportando direttamente a Luca De Meo.

    Rossi era Direttore della Strategia e dello Sviluppo del Gruppo Renault e andrà a ricoprire il ruolo di Amministratore Delegato della squadra di Formula 1, da quest’anno rinominata Alpine F1 Team.
    Per quel ruolo era circolato il nome di Davide Brivio, ex Suzuki MotoGP. L’italiano potrebbe ricoprire il ruolo di Team Principal anche se fonti vicine alla compagine anglo-francese avevano indicato in Marcin Budkowski il nome più probabile per ricoprire il ruolo all’interno della squadra.
    Nei prossimi giorni però un nuovo comunicato potrebbe fare chiarezza sull’organizzazione del Team che il prossimo anno vedrà sulla griglia di partenza Fernando Alonso ed Esteban Ocon. LEGGI TUTTO

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    F1, Alpine: un rilancio tra tanto marketing e poca sostanza!

    Il 2021 della Formula 1 sarà l’anno dei grandi Marchi, di nomi roboanti, di autentici miti dell’automobilismo. Peccato che, al di là del tanto pomposo quanto rancido marketing, la sostanza latiti. Alfa Romeo Racing, Aston Martin F1 Team, Alpine F1 Team.
    Tre team che, assieme alle ormai storiche scuderie Ferrari, McLaren, Williams e Mercedes, danno lustro alla Formula 1. Ma è davvero così? Si tratta, invero, di scatole vuote, di attraenti confezioni prive, però, di reali contenuti.
    Come tutti sappiamo, le Alfa Romeo F1 (dalla C38 del 2019 alla C40 del 2021) sono realizzate dalla (nobilissima) Sauber (la sigla “C” non mente…) e motorizzate Ferrari. Le debuttanti Aston Martin-Mercedes affidate a Sebastian Vettel e Lance Stroll sono Racing Point (ex Force India, solo per citare la scuderia più recente in ordine di tempo) sotto mentite spoglie.
    Il medesimo discorso vale per il debuttante Alpine F1 Team. La Renault è impegnata, dal 2012, nel rilancio del Marchio Alpine. Fondata nel 1955 a Dieppe da Jean Rédélé, la Société Anonyme des Automobiles Alpine è da sempre legata, indirettamente o direttamente, a Renault. Il sodalizio si salda ufficialmente già negli Anni ’60, quando Alpine e Renault stringono una esplicita collaborazione tecnica.
    E si sa, il pesce grande finisce per mangiare quello piccolo. Renault, gradualmente, allunga e serra i propri tentacoli attorno alla Alpine, sino a prenderne il controllo.
    Già nei primi Anni ’70, il costruttore di Dieppe barcolla, in crisi di vendite nonostante gli ottimi risultati sportivi. Nel 1973, infatti, grazie ai successi colti da Jean-Claude Andruet, Jean-Luc Thérier, Bernard Darniche e Jean Pierre Nicolas si aggiudica il Campionato del Mondo Rally. La vettura è la iconica Alpine A110, i cui motori Renault vengono maggiorati sino a 1800 cc.
    Nel medesimo anno, avviene la definitiva fusione con Renault. La produzione di vetture GT stradali continua sino al 1995 (l’ultimo modello è la A610, realizzata dal 1991 al 1995). La produzione di serie riprende nel 2017, allorché viene lanciata sul mercato la nuova edizione della A110, dalla quale è nata una competitiva versione da corsa di classe GT4.
    La vita sportiva della Alpine — parimenti a quella legata alla produzione di serie — si può dividere in due periodi: quello pre-Renault e quello post acquisizione da parte della Casa di Boulogne-Billancourt.
    Storia sportiva ricca di trionfi quella della Alpine, sviluppatasi tra ruote coperte e vetture monoposto. Molteplici i successi e gli ottimi piazzamenti colti con vetture Sport-Prototipo nelle più importanti gare di durata internazionali.
    Ad iniziare, ad esempio, dai trionfi ottenuti alla 24 Ore di Le Mans nel biennio 1966-1967. In quelle edizioni della corsa della Sarthe, le ufficiali Alpine A210 concludono rispettivamente al 9° posto assoluto (1° di classe P 1300, equipaggio composto da Henri Grandsire/Leo Cella) e al 13° posto assoluto (1° di classe P 1600, equipaggio composto da Mauro Bianchi/Jean Vinatier).
    Piovono allori e consensi. Negli Anni ’60, Alpine inizia a dedicarsi alla Formula 3. Ron Tauranac svolge consulenze progettuali: non è un caso che le monoposto Alpine di questo periodo siano fortemente imparentate con le Brabham di pari epoca. È il 1964 quando Henri Grandsire vince il Campionato Francese di Formula 3.
    Nel biennio 1971-1972, la Alpine porta a casa altri due campionati francesi di F3, grazie rispettivamente a Patrick Depailler (Alpine A360-Renault) e Michel Leclère (Alpine A364). Sempre nel 1972, Depailler si aggiudica l’importante GP di Monaco di F3, al volante della ufficiale Alpine A364-Renault.
    Formula 3 e, ovviamente, Formula 2. Le bellissime e originali Alpine progettate da André de Cortanze sono ammirate ed apprezzate. Nel 1973, Depailler conclude al 3° posto il Campionato Europeo di Formula 2 al volante della Elf 2 (Alpine A367)-Ford DBA. L’anno successivo, le rinnovate Elf 2 (Alpine A367) motorizzate BMW consentono a Jean-Pierre Jabouille, Michel Leclère e Patrick Tambay di ben figurare nell’Europeo di categoria. L’impegno in F2 (le vetture sono ribattezzate Elf-Renault) culmina nel successo di Jean-Pierre Jabouille nel 1976 al volante della Elf/Alpine 2J-Renault.
    L’attività nelle categorie riservate alle monoposto a ruote scoperte è affiancata dall’impegno nell’Endurance. Le biposto Alpine macinano ottimi risultati e successi.
    È ancora Le Mans a portare in casa Alpine fortuna e gloria. Nel 1978, l’edizione della celebre 24 Ore è vinta dalla Alpine A442B #4423 (Equipe Renault Elf Sport) di classe Gruppo 6 Sport +2000, condotta da Didier Pironi/Jean-Pierre Jaussaud. Il bel Prototipo “bubble top” francese — provvisto di minigonne a spazzola, come quelle proposte dalla Lotus in F1 — è azionato dal 6 cilindri in V di 90° Gordini-Renault, di 1996 cc e sovralimentato mediante singolo turbocompressore. Alpine e Renault, con tenacia e quel pizzico di fortuna che a Le Mans non guasta mai, piegano lo squadrono Martini Racing Porsche System.
    Gordini, appunto: un altro celebre Marchio — fondato dall’italiano Amedeo Gordini — entrato sin dagli Anni ’50 nell’orbita Renault dopo aver militato nell’orbita Simca. Un Marchio, Gordini, celebre e rinomato per la progettazione ed elaborazione di motori (Marchio impegnato con ottimi risultati in F1 negli Anni ’50) ma che Renault (statale) ha gradualmente cancellato dal palcoscenico motoristico.
    L’ultima apparizione alla 24 Ore di Le Mans di una autentica Alpine risale al 1994. In quell’edizione, la Société Legeay Sports Mécanique schiera una A610-Renault V6 3000 cc Turbo nella classe GT2. L’esito della corsa è positivo: Benjamin Roy/Luc Galmard/Jean-Claude Police conducono la bella GT francese al 13° posto assoluto, 5° di classe.
    Il recente passato ed il presente parla di altre vetture Sport-Prototipo battezzate Alpine. In realtà, le moderne Alpine A450, A450B, A460 e A470 altro non sono che i modelli Oreca 03, 05 e 07 (tutti di classe LMP2) rimarchiati e gestiti dal team Signatech Alpine. Anche la Alpine LMP1 motorizzata Gibson che prenderà parte al World Endurance Championship 2021 è realizzata dalla Oreca.
    Alpine A350 e A500, ad un passo dalla Formula 1
    La Alpine medita, sin dagli Anni ’60, l’approdo in Formula 1. Elf e Renault (ossia, lo Stato francese) sollecitano la Alpine circa la realizzazione di una monoposto di F1. A progettare la vettura, col supporto dei tecnici Michelin, è Richard Bouleau. Nasce la interessante Alpine A350. Siamo tra il 1967 ed il 1968.
    La peculiarità tecnica della vettura risiede nelle sospensioni, semi-indipendenti. Una soluzione atta a ridurre il rollio in curva così da mantenere quanto più “piatto” possibile l’assetto della monoposto.
    Ad azionare la vettura è il rinnovato Gordini-Renault V8, un 3000 cc aspirato erogante poco più di 300 CV, alimentato mediante 4 carburatori Weber doppio corpo. Un motore (stiamo parlando del Gordini T62) che troverà spazio nelle gare Endurance (spinge, infatti, con discreto successo ma per breve periodo i Prototipi Alpine A211 e A220) ma ormai obsoleto per la F1.
    Soprattutto, è la scarsa potenza ad allarmare i vertici Alpine e Renault. Potenze dell’ordine dei 310 CV nulla possono contro cavallerie dell’ordine dei 400-415 CV dei V8 Cosworth DFV, dei Ferrari V12, dei Maserati V12, dei BRM H16 e V12, del Weslake V12, degli Honda V12 e dei Matra V12. Il Gordini risulta persino meno potente del V8 Repco.
    I riscontri in pista della Alpine A350 sono controversi. A testarla è Mauro Bianchi. Se sul fronte ciclistica e telaistica la vettura sembra promettente, non si può dire lo stesso per quanto concerne il motore, eccessivamente fiacco per la F1. La storia racconta che la vettura stava per essere iscritta al GP di Francia del 1968. Una corsa, tuttavia, che la Alpine A350 non disputerà mai. Il solo esemplare di A350 viene smantellato.
    Ma la Formula 1, nonostante l’insuccesso della A350, rimane tra i piani della Alpine. E della Renault.
    A partire dagli Anni ’70, e specie dopo la definitiva acquisizione da parte della Renault, Alpine diviene il “braccio armato” sportivo della Renault stessa. Le vetture — Sport-Prototipo e formula — realizzate dalla Alpine vincono ovunque. La Renault, tuttavia, vuole imporre il proprio nome. La Renault, infatti, dopo aver vinto coi motori Gordini-Renault (e telai Alpine) in F3, in F2, nell’Endurance e nelle ruote coperte, punta alla Formula 1. L’obiettivo è chiaro: vincere con una propria vettura spinta dal nuovo V6 Turbo.
    Tra il 1975 ed il 1976, Alpine e Renault-Gordini partoriscono la Alpine A500. A curare il progetto e la realizzazione della vettura vi sono André de Cortanze, François Castaing e Marcel Hubert, figure che poi comporranno l’ossatura tecnica del debuttante Equipe Renault Elf a partire da quel GP di Gran Bretagna 1977. 
    La monoposto si presenta compatta e, come da tradizione Alpine, molto interessante e originale. Il cuore della vettura è il motore: si tratta del 6 cilindri in V di 90° Turbo (1 singolo turbocompressore). Questo propulsore sovralimentato trae vita dai V6 aspirati già in uso con successo su vetture Formula e Sport Alpine.
    Convertito in Turbo, il V6 — in varie versioni e cilindrate — coglierà successi nelle gare Endurance, tra cui la già citata 24 Ore di Le Mans 1978. Più tardi, anche BMW e Hart trasformeranno ed elaboreranno i propri motori aspirati in turbocompressi da destinare alla F1.
    Il V6 Turbo presenta, come da regolamento, una cilindrata massima di 1500 cc. Il singolo Turbo Garrett è posizionato centralmente a valle del motore e riceve aria mediante una presa d’aria a periscopio posta sul lato destro della vettura. Le due prese d’aria dinamiche poste immediatamente a valle del roll-bar alimentano lo scambiatore di calore, collocato davanti al motore, molto incassato e nascosto (come sui Prototipi Alpine). Questa impostazione generale è — assieme a quella alternativa, ossia prese d’aria per l’intercooler integrate nella parte alta delle fiancate — mantenuta anche sulle prime Renault di F1, prima della introduzione del doppio turbocompressore con la RS10 del 1979.
    Particolarmente complesso e poco razionale risulta il “gioco” di tubazioni in aspirazione e scarico (wastegate comprese). Sulle Renault, infatti, possiamo osservare una disposizione più ordinata di questi organi. I dischi posteriori sono, seguendo una impostazione molto in voga in quegli anni, collocati entrobordo.
    La Alpine 500 non disputerà mai un GP di F1. I test, condotti da Jabouille, non promuovono la vettura, ancora acerba. I problemi dei primi motori Turbo di F1 si presentano evidenti: surriscaldamenti, un eccessivo Turbo-lag, una potenza — dell’ordine dei 500 CV — tutt’altro che irresistibile se raffrontata ai 3000 cc aspirati di pari epoca.
    Il potenziale, ad ogni modo, c’è. Le soluzioni della Alpine 500 verranno riprese e cesellate per dar vita alla Renault RS01, prima vettura di F1 azionata da un motore Turbo. La gialla vettura debuttante nel 1977 — tanto nella versione a muso stretto quanto in quella a muso largo e carenante — non nasconde la parentela con la Alpine A500, specie nel muso e nella inconfondibile rastremazione delle fiancate.
    Nei fatti, possiamo affermare che la Renault RS01 attiva tra il GP di Gran Bretagna 1977 ed il GP del Belgio 1979 è una versione riveduta, corretta ed ulteriormente elaborata ed aggiornata della embrionale Alpine A500.
    Il Marchio Alpine, dunque, farà il proprio ingresso in F1 nel 2021. Ovviamente si tratta del Renault DP World F1 Team con nome diverso. Fernando Alonso ed Esteban Ocon sono i piloti destinati a portare in gara la futura Alpine-Renault di F1.
    Nuovi adesivi, una nuova livrea, un team dal nuovo nome. Marketing, ma nulla più. Una costante sempre più ramificata e salda nel moderno motorsport. LEGGI TUTTO