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    F1, I migliori piloti del 2022: La classifica dei Team Principal

    Come ogni anno, i 10 Team Principal della Formula 1 hanno dato i voti ai piloti del Campionato Mondiale 2022.

    I Team Principal della Formula 1 hanno votato Max Verstappen come pilota numero uno dell’anno 2022 per la seconda stagione consecutiva nel sondaggio annuale di Formula1.com, dopo che il pilota della Red Bull ha vinto il secondo titolo piloti consecutivo.
    Ai piloti sono stati assegnati punteggi basati sull’attuale sistema di punti della F1: da 25 per il primo pilota a uno per il decimo. Questi punteggi sono stati poi combinati per creare la classifica finale.
    Dopo aver conquistato il suo secondo campionato in Giappone a quattro gare dalla fine, Verstappen (207 punti) ha staccato tutti i suoi avversari in questa speciale classifica, battendo Charles Leclerc (144 punti) della Ferrari di ben 63 punti.
    George Russell (127 punti) ha completato il podio nella sua prima stagione con la Mercedes.
    Lewis Hamilton, che per la prima volta in carriera ha vissuto una stagione di Formula 1 senza vincere un Gran Premio, ha chiuso al quarto posto (100 punti), mentre Perez, compagno di squadra di Verstappen, si è piazzato al quinto posto (91).
    Lando Norris (81) della McLaren ha ottenuto un ottimo sesto posto, dopo aver concluso il campionato come migliore degli altri, mentre Carlos Sainz (68) della Ferrari si è classificato solo al settimo posto.
    Fernando Alonso, che lascia la Alpine dopo due stagioni per sostituire Sebastian Vettel all’Aston Martin il prossimo anno, è ottavo, a un solo punto (67) dal connazionale Sainz.
    Valtteri Bottas (29) ha chiuso al nono posto in questa classifica per il secondo anno consecutivo, dopo essere passato dalla Mercedes all’Alfa Romeo, mentre Sebastian Vettel (24) è una new entry al decimo posto nella sua ultima stagione in F1.

    La classifica dei Team Principal che hanno votato i migliori 10 piloti del mondiale 2022 di Formula 1:
    # Pilota Punti
    1 Max Verstappen 207
    2 Charles Leclerc 144
    3 George Russell 127
    4 Lewis Hamilton 100
    5 Sergio Perez 91
    6 Lando Norris 81
    7 Carlos Sainz 68
    8 Fernando Alonso 67
    9 Valtteri Bottas 29
    10 Sebastian Vettel 24
    I 10 team principal che hanno partecipato alla votazione (in ordine alfabetico) sono stati: Mattia Binotto, Jost Capito, Christian Horner, Mike Krack, Andreas Seidl, Guenther Steiner, Otmar Szafnauer, Franz Tost, Fred Vasseur e Toto Wolff.
    L’analoga classifica dei Team Principal relativa al mondiale F1 2021 era stata la seguente:
    # Pilota Punti
    1 Max Verstappen 213
    2 Lewis Hamilton 192
    3 Lando Norris 110
    4 Carlos Sainz 85
    5 Charles Leclerc 70
    6 Fernando Alonso 69
    7 Pierre Gasly 64
    8 George Russell 44
    9 Valtteri Bottas 43
    10 Esteban Ocon 41 LEGGI TUTTO

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    F1, Chris Horner: “Nel 2023 Red Bull vincerà meno gare rispetto al 2022”

    In un’intervista esclusiva rilasciata a RacingNews365.com, il Team Principal della Red Bull Christian Horner ha affermato che il suo team difficilmente potrà vincere lo stesso numero di gare (17) anche nel 2023.

    “È inevitabile che dopo un grande cambiamento di regolamento – ha detto Horner a RacingNews365 – ci siano squadre che lo hanno interpretato bene e squadre che lo hanno interpretato male. Chi avrebbe mai immaginato che la Mercedes avrebbe vinto una sola gara quest’anno, dopo tutti i successi ottenuti negli otto anni precedenti?”.
    Il commento sulla stagione 2022 da parte del Team Principal della Red Bull prosegue poi dicendo: “Siamo stati fortunati ad aver azzeccato il progetto e abbiamo vinto molte gare grazie a questo ma le cose cambieranno e non ho dubbi che nel 2023 le statistiche saranno un po’ diverse”.
    Quando gli è stato chiesto se credeva che la Red Bull potesse continuare a dominare anche nel 2023, Horner ha detto di aspettarsi una forte rimonta da parte dei rivali: “Mi piacerebbe continuare a dominare! Ma in questo settore è un po’ irrealistico, perché gli altri team sono semplicemente troppo bravi”.
    Horner ha poi aggiunto che “gli avversari avranno imparato molte lezioni da quest’anno e sono sicuro che le auto convergeranno in modo significativo nel 2023”.
    Il Team Principal della Red Bull ritiene che il successo della sua squadra nel 2021 e 2022 sia una testimonianza del lavoro svolto dal “nucleo” del Team durante le stagioni meno fortunate: “Credo che lo spirito e la cultura di squadra che abbiamo sempre avuto non abbiano mai perso la convinzione o l’obiettivo di tornare a vincere. Ovviamente, abbiamo avuto alcuni anni di magra dopo il dominio del V8 (l’era dei motori) e il grande cambiamento di regolamento con il V6, ma tutti si sono concentrati sul proprio ruolo e hanno fatto del loro meglio nelle aree su cui potevano influire. Abbiamo mantenuto un nucleo molto forte, abbiamo sviluppato alcuni giovani talenti e questo sta iniziando a dare i suoi frutti”.

    Il britannico ha poi sottolineato l’importanza delle power unit utilizzate dalla Red Bull negli anni difficili. La partnership precedentemente di successo con Renault si è rivelata negativa nell’era dei turbo-ibridi, prima che il team passasse a una più fruttuosa collaborazione con Honda: “Una volta che siamo riusciti a risolvere l’anello mancante, ovvero il gruppo propulsore, i risultati hanno iniziato ad arrivare: In primo luogo, nel Campionato Piloti dello scorso anno e poi per il più grande cambiamento regolamentare che abbiamo visto in 40 anni. La squadra ha fatto un lavoro eccezionale nell’adattarsi, in un lasso di tempo molto breve, a questi nuovi regolamenti, e questo è dovuto alla forza e alla profondità che abbiamo”. LEGGI TUTTO

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    F1, Adrian Newey: “Sanzioni budget cap limitanti per Red Bull”

    ROMA – In F1 è già tempo di pensare al 2023, in vista della preparazione della nuova stagione che comincerà a marzo. C’è chi sa già di dover fare i conti con alcuni grattacapi, come la Red Bull, che dopo aver vinto il titolo piloti e costruttori sarà limitata nei test aerodinamici sulla nuova monoposto come conseguenza dello sforamento del budget cap, per il quale la casa di Milton Keynes è stata anche multa sanzionata per sette milioni di dollari. Una sanzione ritenuta troppo penalizzante dalla Red Bull, mentre le squadre rivali avrebbero voluto provvedimenti più pesanti. Sul tema, Adrian Newey, capo tecnico della Red Bull, ha affermato: “Ridurre la possibilità di testare la vettura significa poter valutare meno componenti e meno idee. Ci sono sempre delle parti che speri che funzionino, ma non sempre è così. È difficile dire quale sarà l’impatto delle sanzioni, ma di sicuro sono limitanti. Durante l’inverno dovrebbe anche cambiare il regolamento sul fondo, che verrà alzato di 50 millimetri: sembra poco, ma in realtà è un cambiamento aerodinamico significativo. Abbiamo la vettura migliore, ma sarà comunque un anno difficile”.
    “Ferrari limerà i punti deboli”
    L’ingegnere britannico, in questa anticipazione dell’intervista che verrà rilasciata nella versione integrale dalla stessa scuderia il prossimo 21 dicembre, ha poi parlato della concorrenza, in particolar modo della Ferrari. Secondo Newey, “la Ferrari non fermerà la propria crescita. Appianerà i punti deboli, perché ha avuto qualche problema di affidabilità e ha anche commesso alcuni errori al muretto, per cui saranno subito lì. E poi c’è la Mercedes, che quest’anno sono partiti da molto lontano e poi si sono evoluti”.  LEGGI TUTTO

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    Verso il 2026, sarà un festival di motori

    TORINO – Non a tutti piacciono i motori “semplificati” che verranno usati dal 2026, ma non c’è dubbio che l’intento di attirare nuovi motoristi (e dunque nuove Case costruttrici, in forma diretta o indiretta) sembra un obiettivo più che possibile, anzi ormai è vicino. Ai tre attuali (Ferrari, Mercedes e Renault) si affiancherà l’Audi, che rappresenta il grande ingresso del gruppo Volkswagen in Formula 1. Un inedito di grande importanza. Poi c’è la questione che riguarda la Red Bull e la Honda. La Red Bull, come tutti sanno, usano motori prodotti in collaborazione con la Honda, che tuttavia non è più presente ufficialmente in Formula 1. La Casa giapponese, tuttavia, ha firmato il documento per l’ingresso nel 2026 e a questo punto non è scontato che riprenda la collaborazione con la Red Bull. La quale, nel frattempo, si è attrezzata per dare vita a una propria unità motori. Anzi, secondo alcune voci che circolano in Formula 1, si profilerebbe un interesse della Ford, assente (come marchio) da molti anni. Sarebbe una grande operazione, a prescindere da quanto travaso di tecnologia (o di personale) possa esserci tra la Casa madre e la squadra britannica.
    Giapponesi a caccia di nuovi partner
    Se davvero si dovesse concretizzare questa ipotesi, allora la Honda sarebbe costretta a cercare altri partner. Che, dire il vero, non mancano (dalla Aston Martin alla Williams, per citarne due). Se si dovesse davvero andare in questa direzione, di passerebbe tra motoristi (e mezzo…) che caratterizza l’attuale ciclo di normative tecniche e sportive, a un campo partenti caratterizzato da sei marchi. Un ulteriore segno di come questa Formula 1 stia andando nella giusta direzione, all’insegna della crescita costante e a beneficio di competizione e spettacolo.
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    La Honda verso il ritorno in F1 dal 2026

    ROMA – Manca sempre meno al ritorno di Honda in F1. Le power unit della casa giapponese spingono già in pista l con Red Bull e Alpha Tauri, ma con nome Red Bull Powertrains, e il raggiungimento delle vittorie negli ultimi due anni, più la svolta del Circus verso una maggiore elettrificazione a partire dal 2026, hanno fatto rinascere l’entusiasmo in Honda che, secondo quanto afferma Autosport, potrebbe rientrare con una collaborazione ufficiale proprio con la scuderia di Milton Keynes.
    La conferma di Watanabe
    Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma anche Koji Watanabe, presidente di Honda Racing ha confermato la registrazione, condizione indispensabile per il rientro in F1. “Come HRC ci siamo registrati in veste di costruttore Power Unit a partire dal 2026 – spiega lo stesso Watanabe – bisogna considerare che la scadenza per l’iscrizione era al 15 novembre ed è stata nostra premura effettuarla per continuare la ricerca nelle corse”
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    F1, Horner: “Stagione svoltata a Imola, con doppia vittoria a casa della Ferrari”

    ROMA – La stagione 2022 di F1 ha rappresentato un trionfo totale per la Red Bull, che, oltre al titolo costruttori, ha visto Max Verstappen bissare il proprio successo iridato con ben quattro gare di anticipo. Un successo maturato nel tempo, al termine di una stagione fatta di diverse tappe. A riviverle è il team principal Christian Horner, intervistato da Motorsport.com a margine della serata di gala organizzata dalla FIA a Bologna, per celebrare i protagonisti della stagione da poco conclusa: “Sapevamo che sarebbe stato un campionato da giocare sulle 21 gare, dopo il doppio ritiro del Bahrain. La Ferrari in partenza aveva la macchina migliore della nostra, e sapevamo di dover mantenere il contatto. Secondo me, uno dei weekend cruciali è stato quello di Imola. La doppia vittoria a casa loro, nella sprint race e nella gara della domenica, è stata molto importante psicologicamente per noi, come squadra. E penso lo sia stato anche per loro. Da lì, con lo sviluppo dell’auto e la perdita di peso, è arrivata anche la velocità”. 
    Horner: “Binotto ha lavorato bene”
    Il team principal della Red Bull non si è poi potuto esimere dal commentare quello che è forse il tema più caldo nel Circus, ovvero l’addio di Mattia Binotto dalla Ferrari, dopo le dimissioni di poche settimane fa. “In tutta onestà, penso che Binotto abbia fatto un ottimo lavoro per il 2022, presentandosi ai nastri di partenza con una monoposto molto competitiva. Poi certamente hanno avuto qualche difficoltà a livello operativo – spiega Horner -. Mattia ha dedicato un lungo periodo della sua carriera e della sua vita per la Ferrari, e sono certo che per lui sia stato difficile lasciare. C’è molta pressione in Ferrari, perché nei fatti è un team nazionale. C’è una grande responsabilità e pressione su chi ricopre quel ruolo”. 
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    Red Bull contro Ferrari, Horner: “Ecco momento spartiacque del 2022”

    ROMA – La Red Bull ha concluso in modo trionfale il 2022 in F1, aggiudicandosi con ampio anticipo il mondiale piloti con Max Verstappen, e certificando la supremazia con il titolo costruttori poco dopo. Un successo maturato nel tempo, al termine di una stagione fatta di diverse tappe. A riviverle è il team principal Christian Horner, intervistato da Motorsport.com a margine della serata di gala organizzata dalla FIA a Bologna, per celebrare i protagonisti della stagione da poco conclusa: “Sapevamo che sarebbe stato un campionato da giocare sulle 21 gare, dopo il doppio ritiro del Bahrain. La Ferrari in partenza aveva la macchina migliore della nostra, e sapevamo di dover mantenere il contatto. Secondo me, uno dei weekend cruciali è stato quello di Imola. La doppia vittoria a casa loro, nella sprint race e nella gara della domenica, è stata molto importante psicologicamente per noi, come squadra. E penso lo sia stato anche per loro. Da lì, con lo sviluppo dell’auto e la perdita di peso, è arrivata anche la velocità”. 
    Horner e l’addio di Binotto
    Il team principal della Red Bull non si è poi potuto esimere dal commentare quello che è forse il tema più caldo nel Circus, ovvero l’addio di Mattia Binotto dalla Ferrari, dopo le dimissioni di poche settimane fa. “In tutta onestà, penso che Binotto abbia fatto un ottimo lavoro per il 2022, presentandosi ai nastri di partenza con una monoposto molto competitiva. Poi certamente hanno avuto qualche difficoltà a livello operativo – spiega Horner -. Mattia ha dedicato un lungo periodo della sua carriera e della sua vita per la Ferrari, e sono certo che per lui sia stato difficile lasciare. C’è molta pressione in Ferrari, perché nei fatti è un team nazionale. C’è una grande responsabilità e pressione su chi ricopre quel ruolo”. 
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    Brembo celebra la carriera di Sebastian Vettel raccontando le sue gesta

    Per celebrare la carriera di Sebastian Vettel, Brembo ha voluto raccontare le sue gesta ripercorrendo tutti i suoi anni in Formula 1 in cui ha sempre corso con freni Brembo: 299 GP corsi, 52 vittorie, 57 pole position, 38 giri veloci e 122 podi.​Il suo cuore batteva forte per le auto, tanto che già a tre anni i genitori gli avevano preso un go-kart. Come tutti i bambini guidava per divertimento ma in cuor suo voleva salire i gradini che l’avrebbero portato ad avere il mondo ai suoi piedi. I suoi sogni di conquista non si sarebbero nutriti di armi, gli bastava il talento che madre natura gli aveva donato. E fu così che il 17 giugno 2007 Sebastian Vettel esordì in Formula 1. Un debutto sensazionale con il 7° posto in qualifica e l’8° in gara al GP Usa al volante della BMW Sauber dotata di freni Brembo.
    Quel giorno Vettel divenne l’unico Under 20 a punti in Formula 1. Un record che gli fu strappato 7 anni dopo, ma che mise tutti i rivali in guardia sulle capacità del ragazzo di Heppenheim. Otto mesi prima aveva appesa il casco al chiodo un certo Michael Schumacher, ritiratosi con un bottino di 7 titoli Mondiali, tutti cavalcando destrieri che per fermarsi utilizzavano gli impianti frenanti Brembo. L’impresa di Sebastian risvegliò l’interesse dei tifosi tedeschi ma anche in Italia, più precisamente a Faenza, a molti vennero gli occhi a forma di cuoricino. E fu così che, a partire dal GP Ungheria, la Toro Rosso lo ingaggiò: meglio averlo dalla propria parte uno con tali doti, invece che come nemico. L’adattamento alla nuova realtà non fu facile ma in Giappone il tedesco mise in mostra un mix di coraggio e intelligenza, portandosi al comando al 29° giro. Vettel aveva soltanto 20 anni 2 mesi e 27 giorni, quasi un anno e cinque mesi in meno del precedente primatista. Manco a dirlo, anche in occasione di quella conquista, Sebastian si affidava ai freni Brembo che hanno accompagnato l’intera esistenza della Toro Rosso.
    Da quell’istante il podio sembrava prossimo invece continuava a sfuggirgli per un nonnulla: fu 4° al GP Cina 2007 e 5° prima al GP Monaco 2008 e poi al GP Belgio 2008. Come in tutte le favole che si rispetti, l’attesa per l’ascesa era parte integrante del destino di Sebastian. A Monza, il 13 settembre 2008, approfittando della pioggia, Vettel riuscì a mettersi tutti alle spalle prima in Q2 e poi nella decisiva Q3. Appena 76 i millesimi di vantaggio, sufficienti a garantirgli il primato di più giovane poleman di tutti i tempi, record che detiene tutt’ora. Con lo scoccare della mezzanotte, molti credevano che la magia sarebbe svanita e i rivali ne avrebbero fatto un sol boccone. Contrariamente alle attese, però, il giorno dopo la sua STR3 motorizzata Ferrari non si trasformò in zucca, grazie anche alle abilità di guida di Sebastian che superò per primo la bandiera a scacchi. Prima di allora nessun Under 22 aveva mai vinto in Formula 1: Vettel ci era riuscito a 21 anni 2 mesi e 11 giorni, ancora oggi seconda miglior prestazione di tutti i tempi. Nel ravennate divenne un mito e Re Mateschitz lo invitò a corte, per portare in Austria la corona imperiale, impresa fallita da tutti i suoi predecessori. Con la Red Bull impiegò appena 3 gare per realizzare una seconda doppietta pole-vittoria. Presoci gusto, alzò l’asticella e tra il 20 e il 21 giugno 2009 conquistò la pole, vinse il GP Gran Bretagna e stabilì il giro veloce in gara. Il tutto ad appena 21 anni 11 mesi e 18 giorni.

    Lo scrigno dei preziosi del team che tra le varie armi annoverava le pinze Brembo cominciò a riempirsi e in campionato Seb finì secondo, ad 11 lunghezze da Jenson Button, gettando le basi per il dominio del successivo quadriennio. Eppure dopo il ritiro in Corea del Sud, per noie al motore, le sue chance di conquistare il titolo 2010 sembravano ridotte al lumicino. In classifica era infatti solo 4°, attardato di 4 punti da Lewis Hamilton, 14 dal compagno di squadra Mark Webber e addirittura 25 da Fernando Alonso. Ma poi, al termine di una cavalcata da batticuore con la RB6, schivò tutti gli attacchi dei rivali e riuscì ad aprire una breccia nella fortificazione nemica, vincendo in Brasile. Gli restavano 15 punti da recuperare, un macigno difficile da sollevare per un umano. Sebastian però si fece coraggio e con tutte le sue forze vinse pure ad Abu Dhabi, scavalcando tra squilli di tromba e rulli di tamburi gli avversari. Ai piedi del deserto, Vettel ascese al trono, a soli 23 anni 4 mesi e 11 giorni, diventando il più giovane sovrano nella storia della Formula 1. Il primo anno con il numero uno sulla carrozzeria fu un giubileo ovunque andasse: vinse 11 GP, conquistò 15 pole position e totalizzò 739 giri in testa, migliorando per entrambe le voci gli storici record stabiliti nel 1992 da Nigel Mansell.

    I suoi sudditi lo amavano sempre più ma ai confini dell’impero, in Emilia Romagna, un manipolo di rossi tramò per scalzarlo dal trono. Il colpo di stato fallì di un nonnulla, grazie alla prontezza di Sebastiano che in Brasile sventò l’ultimo assalto. Imparata la lezione, anche con l’aiuto del druido Adrian Newey, nel 2013 Sebastian rafforzò i confini dell’impero e fiaccò la resistenza con 9 (avete letto bene, nove) vittorie consecutive. L’abbuffata di prelibatezze riempì la pancia dei generali austriaci che sottovalutarono il rafforzamento dei vicini di casa, bravi a dotarsi di una nuova arma, il turbo, le cui immense potenzialità erano per lo ignote agli altri eserciti. Sebastian s’intristì perché in tutto il 2014 non fu nemmeno una volta primo, in qualifica come in gara. La storia aveva fatto il suo corso e anziché restare controvoglia alla Red Bull, cercò di accasarsi alla Ferrari, di cui era segretamente innamorato fin da bambino. Già allora il Cavallino rallentava le sue sfuriate montando dischi Brembo sugli zoccoli, come faceva dal lontano 1975, anche se ai tempi avevano meno di un centinaio di fori, a fronte degli oltre mille attuali. Al secondo appuntamento, in Malesia, nel 2015, si diedero il primo bacio, poi Sebastiano esplose in un urlo di gioia: «Grazie ragazzi, forza Ferrari». Quell’anno ci furono altre due effusioni amorose, in Ungheria e a Singapore. Sul 2016 meglio stendere un velo pietoso ma l’anno successivo le divergenze si appianarono. Assiso sulla sua SF70H Vettel conquistò prima l’Australia, poi il Bahrain, quindi il Principato di Monaco. Al cospetto del Principe Alberto II, forte di 25 punti di vantaggio, Vettel iniziò ad aspirare ad un quinto regno. L’illusione fu però cocente, malgrado un guizzo d’orgoglio in Ungheria e uno decisamente tardivo in Brasile.
    Il mondo era cambiato ma Sebastian continuava a nutrire fiducia incondizionata nella sua amata che a inizio 2018 lo ripagò con le scorribande in Australia e Bahrain. Prima di preparare la campagna d’Europa, bisognava però passare indenni la Cina e l’Azerbaigian. Trafitta dalle frecce d’argento a destra e a manca, l’armata rossa restò in inferiorità numerica e si trascinò stancamente per il resto della stagione. L’incantesimo si era rotto, il matrimonio del secolo non aveva funzionato nonostante l’innamoramento e la buona volontà di entrambi. Un ultimo sorriso, in Turchia, e a fine 2020 Sebastian prese la strada dell’esilio oltre Manica, dove era nato il nemico di tante battaglie.
    L’emergere dei giovani condottieri che aspiravano allo scettro di re Luigi sembrava aver ridimensionato il ruolo di Vettel. Invece, anche in Aston Martin, Sebastian tornò a confermare i suoi talenti, fino ad ottenere un ultimo podio, in Azerbaigian. A 35 anni suonati, dopo aver dettato legge per un quadriennio sull’intero pianeta, vinto in 21 circuiti siti ai quattro angoli del globo, conquistato pole in 23 tracciati ed essere salito sul podio in 26 località differenti, Sebastian ha scelto di rintanarsi nella sua dimora in Svizzera, guarda caso uno degli stati più neutrali di tutti i tempi. Le sue imprese resteranno nei libri di storia, dell’automobilismo. ​​ LEGGI TUTTO