Si gode il primato Tortona, in compagnia della Virtus Bologna, con 4 vittorie su altrettante partite in questo avvio della A di basket. Coach Marco Ramondino fa il pompiere e spegne, almeno per ora, gli entusiasmi. «E’ presto, veramente troppo presto per fare bilanci. Ai ragazzi dico che sappiamo di essere in testa perché se guardiamo la classifica alla casella delle sconfitte per noi, come per la Segafredo, c’è quel numero 0. Ma è un cosa aleatoria. Come se alla prima giornata di campionato chi vince l’anticipo del sabato si sente primo. C’è tanta strada da fare». Magari vi ha agevolato un po’ il calendario opponendovi nessuna big? «E chi può decidere a priori chi sono le favorite? Prendete noi lo scorso anno. Siamo partiti a fari spenti poi il campo ha raccontato altre storie. Se guardiamo bene nelle prime gare abbiamo faticato da matti. Niente era ed è stato scontato». Ora c’è il primo esame. Che gara si immagina contro Venezia? «La Reyer è una squadra di livello altissimo. Lo dimostra la tradizione che l’accompagna, il roster che hanno, lo staff e il peso che un club così ha anche in Europa». A proposito d’Europa. Perché la Bertram ha deciso di non prendere parte a quell’Eurocup? «Qui a Tortona c’è un progetto che si sta sviluppando nel tempo. Sono stati vinti 5 campionati in 12 stagioni. La crescita è stata vertiginosa. Anche il club è cresciuto, si è strutturato e ha posto degli obiettivi senza fare il passo più lungo della gamba. I risultati vanno sostenuti da una crescente solidità della società. Pensiamo in grande e quando saremo pronti affronteremo l’Europa». E come avete convinto Radosevic, uno abituato a frequentare i parquet dei grandi tornei continentali, a firmare per voi? «Parlando con il ragazzo e spiegandogli il nostro progetto e soprattutto cosa Tortona vuole da lui. E’ stato per tanti anni protagonista in Eurolega e nelle altre competizioni. Alla Bertram gli chiediamo di essere un uomo squadra non una superstar assoluta. Vogliamo da lui solidità, durezza, e tutte quelle cose che nella statistiche non si trovano ma sono alla base di un gruppo». Coach Ramondino ha dovuto spazzare via i pregiudizi di chi non lo riteneva pronto per palcoscenici di alto livello. Quante volte ha sentito questa frase? «Francamente non ci ho fatto e non ci faccio caso. Non ho mai percepito troppo questi dubbi attorno a me. La realtà è che in A ci sono 16 squadre. Poche rispetto ai tanti coach di valore che potrebbero allenarle. Una concorrenza spietata in cui mi sono tuffato con le mie certezze ed i miei dubbi. Ho la fortuna di aver lavorato in contesti unici: prima Casale Monferrato e ora Tortona. Organizzazione e fiducia. Ingredienti perfetti per far crescere un allenatore e io ci sono riuscito». Abbandonando il ruolo di coach cattivo. Di lei si diceva che erano note le sue sfuriate negli spogliatoi. «Il tempo passa e le cose cambiano. Ora sono papà di due gioielli: Emma e Andrea. Loro, dopo ogni partita, mi riportano sulla terra e mi indicano quale sia la mia grande priorità: la famiglia. Vinciamo, sono euforico e penso in grande? Loro mi riportano con i piedi per terra. Perdiamo e sono arrabbiato? Un attimo e mi fanno spuntare il sorriso». Che futuro aspetta lei e Tortona? «Lo dirà il campo a fine stagione. Il nostro obiettivo è migliorarci ma nulla qui è scontato. Ogni squadra ha i mezzi per fare bene e la concorrenza è spietata. Noi ora dobbiamo pensare alla Reyer. Abbiamo tante cose da mettere a posto. Sarà una settimana dura». LEGGI TUTTO