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    L’organizzazione delle società secondo Di Giacomo e Giovenzana

    Di Redazione
    Confermato il successo di partecipanti ed interazioni anche per la puntata numero 6 del “Salotto del Volley”, il format di dirette Facebook ideato da Nino Di Giacomo, candidato alla Presidenza di Fipav Sicilia, che tutti i martedì sera riunisce nell’arena virtuale della propria pagina Facebook ufficiale tantissimi appassionati ed addetti ai lavori scandendo il viaggio di avvicinamento alle prossime elezioni regionali per il quadriennio 2021/2024, programmate per il 28 febbraio prossimo.
    Per questa puntata il “padrone di casa” ha avuto il grande piacere ed onore di ospitare Rodolfo Giobbe Giovenzana, attuale Docente Nazionale della Federazione Italiana Pallavolo con un trascorso da giocatore che lo portò anche a giocare Mondiali ed Olimpiadi con indosso la maglia azzurra e, ancora, una lunga carriera in panchina alla guida di numerose squadre di Serie A femminile. Oltre 60 minuti di altissima qualità, ricchi di esperienze, di approfondimenti e spunti interessanti su svariati argomenti, partendo dall’organizzazione societaria con riguardo alla mission giovanile per poi spaziare su formazione ed educazione sportiva da trasmettere ai giovani, affrontati con particolare attenzione grazie alla preziosa presenza di Giovenzana che, più che un semplice Docente, rappresenta un autentico innovatore nel campo della formazione. Fondatore e Presidente onorario della Scuola di Pallavolo Anderlini Modena, Giovenzana supera il classico ruolo istituzionale e, convinto che la condivisione delle idee stia alla base della crescita di ogni individuo, da vita al Progetto Anderlini Network, un progetto innovativo sul piano dell’educazione e della formazione al quale aderiscono negli anni oltre 60 Società italiane, 6 Società europee ed anche realtà sportive del Messico, della California e di Miami.
    “Abbiamo con noi una figura di assoluto spessore con la quale abbiamo l’opportunità di parlare di società e di giovani – cosi Di Giacomo analizza gli argomenti della puntata – Ancora una volta esprimo la ferma convinzione che, soprattutto in questo particolare momento di emergenza, è necessaria una decisa riorganizzazione delle nostre società sportive che punti concretamente alla crescita dei nostri giovani prima ancora di puntare al risultato finale. Tecnici e dirigenti di una società hanno la grande opportunità di plasmare i ragazzi, curandone la crescita non solo sportiva ma anche e soprattutto la maturazione personale. È importantissimo, dunque, sostenere questo processo di cambiamento delle società verso una nuova organizzazione, più funzionale alla crescita del ragazzo e, di conseguenza, allo sviluppo dello stesso movimento pallavolistico”.  
    “Il tema della riorganizzazione societaria mi tocca molto da vicino perchè noi con la Scuola Anderlini siamo stati lungimiranti in questo senso – questo l’approfondimento di Giovenzana – La Scuola Andrelini nasce nel 1985 ma nel 1997 cambiamo completamente i paradigmi gestionali della società sportiva per costruire un progetto futuro che mirava a diversi obiettivi tra i quali c’era anche quello di creare posti di lavoro. Un argomento, quello del lavoro sportivo, che oggi più che mai è di assoluta attualità. Oltre a questo obiettivo abbiamo cercato anche di organizzazione la nostra attività diventando una società di servizi legati al mondo della pallavolo e rivolti al territorio. Parlo di cose forse oggi normali ma che ai tempi erano delle novità assolute e mi riferisco ai centri estivi, ai dopo scuola sportivi, allo sport a scuola ed a tante altre attività che danno la possibilità alla società sportiva di fornire servizi al contesto territoriale ed alle famiglie, permettono di attrarre bambini e di reperire anche risorse economiche utili a finanziare la società stessa. Su questa banale riflessione abbiamo già toccato diversi spunti importanti che oggi quasi ogni società mette in pratica anche se, molto spesso, in maniera disorganizzata: dal branding al reclutamento, dalla formazione a marketing sportivo e territoriale vero e proprio. Bisogna, dunque, passare dall’improvvisazione ad un’organizzazione programmata di queste attività di marketing che diventano fondamentali per il rilancio del nostro movimento”.
    “Il modello Sicilia che ho in mente – incalza Nino Di Giacomo – deve avere la mission di portare le società ad organizzarsi in modo tale da sviluppare questi valori e questi progetti e la Fipav Sicilia che immagino dovrà istituire dei meccanismi di premialità a tutte le Società che opereranno in questo modo, sia al loro interno sia all’esterno attraverso dei meccanismi virtuosi con il network pallavolistico e territoriale di riferimento. Probabilmente per lo stato attuale del movimento pallavolistico siciliano sembra una visione lontana anni luce rispetto ma sono convinto che, con la giusta programmazione strategica e con la corretta visione di cooperazione da parte di tutto il network regionale e provinciale, possiamo raggiungere l’obiettivo lungimirante di guardare ad un futuro fatto di competenza e professionalità, formazione costante e qualificazione”. 
    Proprio sul futuro della nostra pallavolo Giovenzana fa eco a Di Giacomo: “Il futuro a mio modo di vedere è quello di professionalizzare tutti i ruoli sportivi. Per noi della Scuola Anderlini è ormai attualità: è una strada che abbiamo già percorso ed oggi ci ha portato ad essere non più solo una società sportiva ma una vera e propria azienda che conta quasi 1500 ragazzi ed oltre 100 tecnici. Se dobbiamo guardare al futuro dobbiamo continuare ad operare con lo spirito degli educatori ma con assoluta professionalità, dando spazio alla divisione dei ruoli, alla formazione, al merito delle competenze e, di contro, se vuoi mantenere delle professionalità elevate devi garantire loro un futuro, e il futuro è quello di riuscire a far si che il mondo dello sport produca dei posti di lavoro e che le persone all’interno delle società possano trovare un’occupazione sviluppando le proprie passioni insieme allo sviluppo di competenza e professionalità. Solo cosi possiamo avere delle persone felici”.
    Educazione, cooperazione e promozione dei valori sportivi. Temi cari a Nino Di Giacomo e più volte ripresi nel suo programma collettivo: “Ho ribadito che credo fermamente nella programmazione. Negli ultimanti ho visto che da noi in Sicilia ci siamo mossi secondo una logica di semi improvvisazione, soprattutto per quanto riguarda il movimento giovanile. L’obiettivo, invece, deve essere quello di costruire un progetto fatto di sinergie con tutte le realtà territoriali, di condivisione di conoscenza e di cooperazione reciproca finalizzata alla crescita collettiva del movimento pallavolistico isolano. La nuova Fipav Sicilia deve puntare fermamente in questa direzione e, con un’attenta e lungimirante programmazione a medio-lungo termine, puntare su strategie ben definite e professionisti competenti per una crescita a 360°, che ovviamente sia anche resa sostenibile attraverso dei collaterali progetti di marketing, fondamentali per lo sviluppo dei progetti che abbiamo in cantiere”.
    Tra cooperazione e marketing Giovenzana rafforza i concetti di Di Giacomo facendo appello alle proprie esperienze personali: “Il Network Anderlini è nato tanti anni fa dallo spirito di condividere i percorsi e le idee. Ancora oggi le società si chiudono in sé stesse ma non capiscono che più è la condivisione e maggiore sarà il ritorno ed il vantaggio che si riuscirà ad ottenere, riuscendo ad avere maggiori risorse economiche in conseguenza alla maggiore condivisione di know how. Noi l’abbiamo fatto con il Network ed i risultati sono stati incredibili. Personalmente l’ho fatto non solo con la pallavolo ma con la scuola perchè credo che cooperazione e scuola siano i punti più importanti dai quali dobbiamo partire – Nel 2013 Giovenzana si dedica per la scuola ad un progetto di Cooperazione Internazionale in Etiopia dal grande successo sociale denominato “oltre la rete” – Noi dobbiamo imparare a “vendere” valori, dobbiamo imparare a farci apprezzare per i valori sociali e sportivi che offriamo, la vera forza delle società sportive, dobbiamo diventare patrimonio del territorio ed essere considerati tali e la risorsa economica sarà una conseguenza dei nostri valori. Ecco perchè nel mondo dello sport ci vogliono educatori, professionali e competenti, in grado di trasmettere e condividere valori ai nostri giovani. Una volta che avremo compreso che il nostro è un mondo di valori positivi allora dovremo imparare a veicolarli nella maniera corretta, attraverso delle precise e studiate strategie di marketing che investono il territorio all’interno del quale operiamo trasmettendo il valore aggiunto della nostra attività”.
    Anche in questo caso, ancora una volta, il tema centrale diventa quello della riorganizzazione societaria puntando sulla divisione dei ruoli e sulla valorizzazione delle competenze, argomento ripreso in chiusura da Di Giacomo quando argomenta sul binomio, tanto caro al candidato, tra sport e turismo. “Dobbiamo mettere al centro l’interesse delle società sportive siciliane e solo puntando alla valorizzazione delle nostre migliori risorse riusciremo a ristabilire la centralità del nostro movimento in Italia. Quando parlo di risorse mi riferisco anche delle meravigliose bellezze territoriali che offre la nostra Sicilia, location uniche al mondo che abbiamo il dovere morale di promuovere attraverso il messaggio positivo della nostra pallavolo. In questo senso sport e turismo camminano di pari passo: abbiamo risorse e potenzialità per organizzare e portare i grandi eventi sulla nostra Isola. Potrei sembrare un sognatore ma nella mia vita ho realizzato tante attività e tanti eventi. Anche questa volta sono convinto che, attraverso la squadra che mi affiancherà ed affiancato da tutti coloro che vorranno mettersi a disposizione per collaborare, costruendo degli specifici gruppi di lavoro settoriali come quello del marketing o quello dei grandi eventi, potremo finalmente dare nuova vita alla pallavolo siciliana”. 
    (Fonte: comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Stefano Storti, mental coach dei Diavoli Rosa: “Lavoro su otto abilità degli atleti”

    Di Redazione
    Stefano Storti, milanese, 51 anni, è un mental coach vicino da più di un anno al mondo dei Diavoli Rosa. Da 25 anni lavora nel settore sport e fitness, è un imprenditore e trainer professionista e si occupa inoltre di integrazione e di nutrizione. In un’intervista realizzata dall’ufficio stampa della società di Brugherio, Storti approfondisce l’attività del mental training, inquadrandolo nella dimensione sportiva.  
    Stefano, di cosa si occupa esattamente un mental coach? 
    “Della preparazione mentale dell’atleta, cercando di permettere all’atleta stesso di esprimersi al massimo del suo potenziale. Studi scientifici hanno dimostrato che migliorando la parte mentale dell’atleta si possono ottenere performance migliorate quasi del 60%“.
    Guai a definire il mental coach un motivatore, giusto? 
    “Esatto, a volte è un concetto forviante. Il mental coach non è un motivatore, non dà pacche sulle spalle. È una figura che va a lavorare sulla capacità di un atleta di automotivarsi. Ad un certo punto il mental coach non ci sarà più, ma deve lasciare all’atleta gli strumenti tecnici che gli permetteranno, nei momenti di difficoltà, di ritrovare i propri standard. Fornisce gli strumenti per diventare autonomi nella gestione delle difficoltà di partenza“. 
    È giusto dire che mente e prestazione sono un po’ il filo conduttore del tuo lavoro? 
    “Sì, è giusto. Il mental coach si occupa specificamente di preparazione mentale e va ad integrarsi all’interno di un team e di uno staff“.
    Come si “convince” uno sportivo delle proprie capacità? Ma prima ancora, cosa si aspetta un atleta o una società che si rivolgono a te? In cosa vorrebbero essere aiutati? 
    “Le aree di riferimento su cui un mental coach va a lavorare, su richiesta di un singolo atleta o di una società, sono principalmente un caso specifico all’interno della squadra, ad esempio la difficoltà di un atleta di gestirsi a livello emotivo durante la partita, piuttosto che avere performance che non corrispondono al suo livello tecnico, andando così a lavorare nello specifico su un singolo atleta, oppure si lavora su un obiettivo che la squadra si è data durante la stagione. In questo contesto il lavoro del mental coach va ad integrarsi con quella che è la preparazione generale“.
    Come pensi di poterli aiutare?
    “La strada del mental coach che ho intrapreso io è quella di andare a lavorare su otto abilità dell’atleta, abilità che ognuno possiede ma in maniera diversa, a seconda del proprio percorso personale. Le otto abilità sono la fiducia, la gestione delle emozioni, il focus, l’immaginazione, la motivazione, l’attivazione, il self-talk e il goal setting. Succede poi che, dopo un’analisi preliminare, attraverso dei test, si stabilisce qual è il livello dell’atleta per ogni singola abilità. Viene fuori un risultato ed in base al livello di quel risultato, riferito ad ogni abilità, si va a valutare come intervenire. Lavoreremo per alzare la media di quelle abilità che sono sotto la media al fine di far raggiungere all’atleta la sua miglior performance“.
    Quali sono gli strumenti che utilizzi? 
    “Esercizi di respirazione, di training autogeno oppure tecniche di visualizzazione e di auto motivazione. Un atleta inserisce nella sua routine oltre che l’allenamento della ricezione, della battuta, dell’alzata, anche le tecniche che apprende durante le sedute col proprio mental coach“.
    Quali sono le paure e le ansie più diffuse? 
    “Sicuramente gestire la parte emotiva durante la competizione. Questa è la parte che va ad incidere maggiormente sul risultato personale e, in un contesto di squadra, va poi ad influire sul risultato del gruppo. Ci sono poi diversi atleti che non si parlano nel modo corretto, ma la capacità del self-talk incide tantissimo su quello che è l’approccio alla gara piuttosto che sul riuscire ad uscire da situazioni negative per poi trasformarle in positive. Se il linguaggio che utilizziamo con noi stessi non è funzionale inciderà molto sulla performance“.
    Quanto può essere importante l’apporto di un mental coach nella pallavolo? Quanto secondo te è importante per i giovani? 
    “Direi che è fondamentale. Il ruolo del mental coach è trasversale. Soprattutto nei giovani, le difficoltà nel gestire le emozioni o nell’essere sempre focalizzati sono le stesse che si ritrovano a scuola piuttosto che nei rapporti con le persone. Quindi un lavoro così, anche se legato allo sport, diventa poi importante per il resto della vita di un adolescente. Certamente più si sale di livello, di professionalità, più diventa uno strumento in più a fare la differenza laddove sono i piccoli dettagli a fare la differenza tra il vincere ed il perdere“.
    Queste sono quindi le motivazioni per cui l’allenamento mentale è sempre più importante in ambito sportivo, quasi imprescindibile dall’allenamento fisico? 
    “A certi livelli, al di là della tecnica, della preparazione fisica e della tattica di gara, l’essere sempre presenti, sempre focalizzati, senza mai perdere focus e motivazione, in partita fanno la differenza. Settare la squadra su certi standard può fare la differenza“.
    Qual è il momento in cui puoi dirti “soddisfatto” del lavoro fatto con un atleta, una squadra, uno staff? 
    “Il lavoro del mental coach è molto pratico ed oggettivo. Si fissano obiettivi nel breve e nel lungo periodo, obiettivi rappresentati da dati concreti a cui l’atleta deve allinearsi. Nel momento in cui questi numeri vengono rispettati, sempre in relazione agli obiettivi che l’atleta o la squadra di sono prefissati col mental coach, quello è già un parametro di soddisfazione. Il lavoro successivo sarà poi analizzare e capire cosa c’è dietro quel dato numerico a livello emotivo. Ancoro l’atleta ai momenti che gli hanno permesso di ottenere quella performance e cerco, attraverso questi ancoraggi, di ripeterli il più possibile così da renderli un atteggiamento e non un episodio“.
    Al di là dell’aspetto professionale che ti lega agli atleti, dopo le sessioni di lavoro insieme, li segui? Li tieni sotto controllo? 
    “Rimane un rapporto personale, di confronto. Poi dipende dal tipo di rapporto che si instaura con la società piuttosto che con l’atleta o con la famiglia dell’atleta. Molte volte dietro ai ragazzi, soprattutto più giovani, c’è una famiglia che vuole sapere, capire e che trova un riscontro positivo nel comportamento che il giovane ha nella vita quotidiana“.
    Viviamo oggi l’esperienza di una pandemia. Come si inserisce la figura del mental coach in questo scenario così pieno di incognite e di ansie? 
    “Andando a lavorare su tre abilità a lungo termine: obiettivi, focalizzazione e concentrazione. Questi tre aspetti consentono di tenere alta l’attenzione perché cercano di concentrare l’atleta o la squadra su obiettivi non imminenti ma che arriveranno. Il mental coach in questo caso tiene la squadra o l’atleta con la giusta tensione agonistica anche se in quel momento non c’è nulla di agonistico“.
    Un risultato di cui ti senti particolarmente orgoglioso? 
    “Un risultato che mi ha gratificato è l’aver seguito un ragazzo, due anni fa, che giocava nelle giovanili della Juventus come portiere. Era una promessa nel settore. Ad un certo punto, dopo due/tre anni di rinnovo, la società ha deciso di puntare su altri atleti. Lui è andato in crisi e l’ho aiutato a scegliere un’altra strada visto che aveva subito un trauma psicologico molto forte. A distanza di un anno dalla fine del nostro lavoro ho ricevuto la telefonata della madre per comunicarmi che il figlio era tornato a giocare, gli è ritornata la voglia, chiaramente con altre prospettive,  però ha trovato la sua dimensione sportiva. È uscito da un fallimento sportivo, l’ho aiutato in questa transizione, ed ora si è messo di nuovo in gioco. Non necessariamente la soddisfazione è legata ad un risultato sportivo. È più un risultato di vita che può fare la differenza“.
    Quali sono i tuoi progetti futuri? 
    “Mi piacerebbe portare un atleta alle Olimpiadi“.
    (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Nel nuovo DPCM restano invariate le norme sullo sport

    Di Redazione
    Il DPCM del 14 gennaio, contenente le ultime misure adottate dal Governo per il contenimento della pandemia di coronavirus, lascia sostanzialmente immutate le norme sugli eventi e le competizioni sportive. Il comma 3 dell’articolo 10 riprende infatti in toto quello del precedente decreto del 3 dicembre 2020, ribadendo che “sono consentiti soltanto gli eventi e le competizioni – di livello agonistico e riconosciuti di preminente interesse nazionale con provvedimento del CONI e del CIP – riguardanti gli sport individuali e di squadra organizzati dalle rispettive federazioni nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva ovvero da organismi sportivi internazionali“.
    Per queste competizioni sono consentiti anche gli allenamenti a porte chiuse, mentre in tutti gli altri casi lo svolgimento degli sport di contatto è sospeso, così come l’attività sportiva dilettantistica di base, le scuole e l’attività formativa di avviamento relativi agli sport di contatto e tutte le gare, competizioni e attività connesse.
    Com’è noto, la Federazione Italiana Pallavolo aveva inizialmente inserito nell’elenco degli eventi “di preminente interesse nazionale” soltanto Serie A e Serie B, salvo poi tornare sui suoi passi e riaprire alle altre categorie definite come “nazionali” dal Regolamento Gare, ossia la Serie C e i campionati giovanili fino all’Under 13. Queste categorie possono dunque continuare ad allenarsi e a giocare (laddove sono già stati calendarizzati i campionati), mentre per le altre (Serie D, campionati territoriali dalla Prima alla Terza Divisione, Under 12 e Minivolley) lo stop continuerà almeno fino al 5 marzo, termine di validità del decreto.
    (fonte: Governo.it) LEGGI TUTTO

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    Una rete “schermata” al Sanbapolis di Trento per proteggersi dal Covid-19

    Foto Twitter Marco Fantasia

    Di Redazione
    Al Sanbapolis di Trento si sperimenta una rete speciale: battezzata “Covernet“, è rivestita da una speciale pellicola per coprire i buchi ed evitare il passaggio di particelle virali da una parte all’altra del campo, riducendo così il rischio di contagio da Covid-19.
    La ghiotta anticipazione è stata fornita oggi in un tweet da Marco Fantasia, telecronista di RaiSport.

    (fonte: Twitter Marco Fantasia) LEGGI TUTTO

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    ToonMe Challenge: i giocatori in versione… cartone animato

    Foto Facebook Allianz Milano

    Di Redazione
    In questi giorni impazza sul web la ToonMe Challenge, un trend, in realtà, anche all’inizio dello scorso anno. In cosa consiste? Trasformare la propria faccia in quella di un cartone animato, simile ai tratti iconici dei genitori del cartone animato Inside Out, per intenderci.
    Diverse società pallavolistiche si sono cimentate nel modificare il proprio gruppo squadra in un team..animato!
    Ecco, ad esempio, Alessandro Frattini della Gamma Chimica Brugherio:
    Matteo Zamagni, il centrale dell’Emma Villas Aubay Siena:
    Che dire, poi, della caricatura animata di Riccardo Sbertoli, palleggiatore dell’Allianz Milano?
    Insomma, la ToonMe Challenge si diffonde alla stessa velocità con cui, ai suoi tempi, era apparsa la challenge che ti mostrava la tua versione da anziano, o da eterno bambino.
    (Fonte: Facebook) LEGGI TUTTO

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    Alessandra Marzari al fianco di San Patrignano: “Lavoro e sport contro le droghe”

    Di Redazione
    L’uscita su Netflix di “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano“, docuserie sulla discussa figura di Vincenzo Muccioli, ha riacceso i riflettori sull’esperienza della Comunità di San Patrignano, la comunità di recupero per tossicodipendenti attiva ormai dagli anni Settanta in Romagna. Sull’argomento è intervenuta anche Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, che ricopre la carica di Ambassador della ONG e fa parte del CdA della Fondazione, con un’intervista e un’inserzione pubblicate oggi dalla Gazzetta dello Sport.
    “Ho guardato con interesse la serie – ha detto Marzari – ma alla fine qualcosa non mi tornava, cioè il messaggio di cosa questa comunità in realtà ha fatto negli anni. Dal secondo processo a Muccioli sono passati quasi 25 anni, un tempo lunghissimo. E i numeri, come accade nello sport, non mentono. La comunità ha una percentuale altissima di ‘non ricadute’ nelle dipendenze: attorno al 72%, contro altre che non arrivano al 30%. Qualcosa vorrà dire“.
    La numero uno del Vero Volley ha poi ricordato la stretta collaborazione in atto da anni tra il Consorzio brianzolo e la Comunità: “Lavoro e sport sono punti saldi di questa idea, ma d’altra parte la fatica e il sacrificio sono elementi fondanti di ogni squadra sportiva. Prima dell’emergenza Covid avevamo portato oltre 700 dei ragazzi del Consorzio e molti studenti delle scuole medie di Monza a vedere lo spettacolo dei Ragazzi Permale, messo in piedi dai ragazzi della Comunità per raccontare ai soggetti sensibili quali erano stati i loro disagi, il loro malessere e le scappatoie che hanno cercato attraverso le droghe. Un incontro importante anche per far arrivare il messaggio alle famiglie, quelle dei nostri atleti“.
    “Siamo andati molte volte all’interno della Comunità – ha continuato Marzari – con la prima squadra e con i nostri allenatori. Prima accadeva tutte le settimane, perché è molto importante il messaggio da dare a chi sta dentro e sta lottando: che fuori c’è qualcuno che aspetta, qualcuno che crede in loro, c’è una speranza“.
    E in cantiere, ormai da tempo, c’è anche un’altra iniziativa: “Abbiamo commissionato ai Fabbri della Comunità una scultura in ferro che rappresenta i pallavolisti. La porteremo a Monza, sarà dedicata alla città. La cosa importante è che i ragazzi della Comunità, ancora una volta, verranno da noi per un altro momento di condivisione autentico. Al di là della solidarietà, delle esperienze condivise, c’è un’identità di vedute in questa partnership: fare bene le cose e puntare sulla rinascita umana“.
    (fonte: Gazzetta dello Sport) LEGGI TUTTO

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    “Prendeteci sul serio”: il progetto The Bigger Picture contro i calendari “sexy”

    Di Redazione
    Pallavoliste in pose “sexy” e ammiccanti, ritratte in costume da bagno, abiti succinti o lingerie: nel corso degli anni ne abbiamo viste tante ritratte sui calendari ufficiali, tradizionale oggetto da collezione per gli appassionati di volley (soprattutto di genere maschile). Oggi però, in un clima di crescente insofferenza per quello che viene considerato un esempio di mercificazione del corpo femminile, c’è anche chi si oppone con forza a questo fenomeno: è il progetto The Bigger Picture, lanciato da un gruppo di giocatrici ed ex giocatrici statunitensi con l’eloquente hashtag #TakeUsSeriously, “prendeteci sul serio”.
    “Crediamo – recita il manifesto del collettivo – che le giocatrici di pallavolo debbano essere riconosciute per il loro carattere, l’intelligenza e le qualità atletiche, non solo per la bellezza estetica. Finché tutte le pallavoliste non saranno trattate con rispetto continueremo a produrre il calendario ‘The Bigger Picture’, con la partecipazione di atlete che in passato sono state ritratte in maniera sgradita a loro stesse e a molte altre giocatrici“. E poi un’ulteriore dichiarazione d’intenti: “Sappiamo quanto sia importante essere un buon esempio per la nuova generazione di atlete, e siamo determinate a farlo con le nostre azioni. Siamo qui per essere modelli di comportamento, non modelle di costumi da bagno“.
    Nel calendario, acquistabile online, ognuna delle giocatrici aderenti all’iniziativa – tra cui Ciara Michel, Michelle Bartsch, Rachael Adams e molte altre – compare in una posa ben lontana dai cliché del classico calendario femminile e accompagnata da una breve intervista su carriera, aspirazioni e obiettivi. Il calendario ha anche uno scopo benefico: i fondi raccolti saranno donati alla charity Let’s Keep the Ball Flying.
    (fonte: The Bigger Picture) LEGGI TUTTO

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    Sport Governo: dal 4 al 20 gennaio riesame dei contributi a fondo perduto

    Di Redazione
    Sulle domande pervenute il Dipartimento Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha effettuato un riscontro con l’Agenzia delle Entrate al fine di individuare in anagrafe tributaria, per il Codice fiscale della ASD/SSD comunicato nella domanda, un contratto attivo alla data del 17 novembre 2020 (termine di chiusura del Bando), corrispondente al numero di registrazione fornito sempre nella domanda.
    Pertanto, le ASD/SSD non ammesse e pubblicate con dicitura “Verifica negativa Agenzia delle Entrate”, sono state escluse dal beneficio per una serie di  casistiche.  
    Tutti i dettagli e informazione completa nella circolare in allegato. Allegati: Riesame esclusi da contributo a fondo perduto.pdf
    (Fonte: comunicato stampa) LEGGI TUTTO