Il tricolore sulle spalle alle prime foto con la canotta di Orlando. La mezza promessa di esserci al Mondiale: «È il mio obiettivo, ma devo ancora cominciare la mia prima stagione Nba». Ma Banchero, comunque vada è già Magic e non soltanto per la franchigia della Florida è così denominata, non soltanto per noi italiani. In primo luogo l’ala centro di 2,10 ha una tale maturità da reggere l’impatto emotivo con la Nba. E fisicamente è scolpito nella pietra perché papà Paolo giocava a football americano e mamma Rhonda Smith è stata una grande giocatrice, anche nella WNba. Predestinato perché i genitori pensavano in grande per lui (di secondo nome fa Napoleon) e perché a 15 mesi era già 91 centimetri. Orlando ha scommesso su di lui, ma non soltanto la franchigia. Ieri infatti Paolo è entrato nella “squadra” del Jordan Brand. Affianca giovani dominatori della lega come Luka Doncic, Jayson Tatum, Zion Williamson. E sa già come proporsi: «Sono cresciuto indossando le Nike Jordan, questo è un sogno». Paolo è serissimo candidato al premio di rookie dell’anno, anche perché Chet Holmgren, scelto al n. 2 è fuori per la stagione. E Jabari Smith gioca in una squadra senza certezze, zeppa di ragazzi come Houston. Orlando invece, seppur molto giovane, sembra avere un senso più definito. Magari sarà il playmaker di Detroit, Jordan Ivey, il rivale. Nba del nuovo corso anche per noi italiani perché oltre a Banchero potremo seguire con grande interesse Simone Fontecchio, reduce da un Europeo stellare, per quanto chiuso con quei due liberi falliti. Che non cambiano la sostanza. Utah ha deciso di ricostruire e Simone potrebbe avere spazio perlomeno come specialista del tiro da tre. A proposito dei Jazz, hanno seguito l’esempio di Oklahoma, non giocheranno dichiaratamente a perdere, ma per ricostruire. Hanno accumulato scelte. Lo scambio più grande dell’estate a riguardato Rudy Gobert, il centro miglior difensore della lega che dovrà far compiere l’ultimo o penultimo passo verso la grandezza a Minnesota.
Nba, una stagione di cambiamenti
E in effetti sembra una stagione di svolta e cambiamenti. Certo, Golden State sembra favorita e lo sarebbe stata con certezza se Draymond Green non avesse sferrato un pugno fortissimo a Jordan Poole, minando uno spogliatoio che è sempre stato una garanzia per gli Warriors. Rivali credibili certo Milwaukee a Est, forse più Philadelphia, se Harden sarà più efficiente a fianco della divinità Joel Embiid. A Ovest spera Phoenix, ma bisognerebbe prestare attenzione ai Memphis Grizzlies del fenomenale Ja Morant. Ecco, Morant ,il nuovo che avanza e si candida a ruolo di prima grandezza, come vorrebbe fare anche Zion Williamson, n. 1 del 2019 fermo per infortunio tutta la scorsa stagione. Ieri ha annunciato che alla prima ci sarà. Al titolo di Mvp sono candidati i soliti non americani, Antetokounmpo e il bi-vincitore uscente Jokic. Ci prova Doncic che però deve recuperare una forma accettabile. Da seguire nella corsa proprio Embiid e Morant. E non va dimenticato tra i trascinato Trae Young. Gregg Popovich il decano dei coach, inseguirà nuovi primato di longevità. La Nba è un riferimento per tutto lo sport professionistico mondiale. Gli high lights sono su YouTube poche ore dopo la fine delle gare. I social sono zeppi, i giocatori e le franchigie sono impegnate nel sociale. Le regole sono ferree, al punto che un proprietario importante (Phoenix ha giocato la finale 2021) deve vendere perché sospeso un anno e multato di 10 milioni per le accuse di razzismo e sessismo. È la lega più vicino alla perfezione, sempre pronta ad aggiornarsi.
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