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    Medvedev: “La terra battuta? Non si adatta al mio fisico e colpi”

    Daniil Medvedev è pronto all’esordio sui campi in terra battuta, dopo esser stato costretto a rinunciare al primo 1000 della stagione a Monte Carlo per aver contratto il Covid-19. Recuperato dal virus, il russo è a Madrid e ha parlato delle sue condizioni. Per fortuna il Coronavirus sembra alle spalle: “Sto bene, mi sento in […] LEGGI TUTTO

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    Dolgopolov annuncia il ritiro, un suo ricordo (di Marco Mazzoni)

    Sasha Dolgopolov

    Alexandr Dolgopolov ha annunciato il ritiro dal tennis Pro. Lo comunica il sito ATP, con un ricordo del 32enne ucraino, che da moltissimo tempo era costretto ai box per colpa in un problema al polso destro, purtroppo mai superato. L’articolazione ha ceduto nella primavera 2018, e nonostante tanti tentativi di recupero (due operazioni) il suo ultimo match ufficiale sul tour maggiore risale agli Internazionali BNL d’Italia di quell’anno, quando perse nettamente all’esordio contro Djokovic. Tre mesi dopo il primo intervento al polso, poi un secondo, riposo e fisioterapia, tentativi di rientro agli allenamenti, mai sul tour per partite ufficiali. Lascia con 3 titoli vinti (Umag 2011, Washington 2012 e Buenos Aires 2017) e un best ranking al n.13 toccato il 16 gennaio 2012. Negli Slam vanta i quarti di finali agli Australian Open 2011. Ricordare “Dolgo” con i freddi numeri è quasi inutile. Non perché questi non contino, tutt’altro, ma l’ucraino, classe 1988, più che un giocatore è stato un “giocoliere”, un sorta di illusionista con racchetta, pronto a stupire gli avversari, il pubblico (…e forse anche se stesso) con colpi particolari, estemporanei, totalmente istintivi e creativi.
    Dotato di un fisico da normotipo e un incedere a volte buffo, “Dolgo” è esploso nel grande tennis quasi all’improvviso, dopo una veloce gavetta nei Futures e Challenger. Ancora lo ricordano bene a Roma, dove esordì nel 2007 al Challenger che si disputava appena prima degli IBI. Con quel gioco spumeggiante, senza ritmo, colpendo in salto totalmente decontratto, arrivò nei quarti, sconfitto dal solido rumeno Victor Hanuecu dopo averlo quasi “umiliato” sul piano tecnico in un primo set vinto 6-0. Nello stesso anno vinse il Challenger di Sassuolo e poi semifinale a Mantova. L’esplosione nel 2010, con ottimi risultati nei Challenger ad inizio anno, l’ingresso nella top100 e quindi l’approdo nei tornei maggiori, dove valeva sempre il prezzo del biglietto. Al 1000 di Madrid passò le quali, sconfisse Andy Seppi e poi gioco una partita splendida contro il “tiranno” Nadal, sorpreso più volte dalle accelerazioni in salto, improvvise e perentorie di Sasha. Fu il suo vero “ingresso in società”, dopo quel match il suo nome era spesso cercato nei tabelloni e schedule giornalieri, perché ammirarlo (soprattutto nelle giornate sì) era un’esperienza diversa, appagante. Il suo momento magico resterà la corsa a Melbourne 2011, quando superò prima Tsonga (allora n.13 del mondo) e poi Soderling (quello vero, era n.4 in quel momento) con due partite splendide in 5 set. Perse da Murray in 4, ma giocando un’altra bella partita, con momenti di tennis notevoli.
    Momenti è la parola esatta che descrive “Dolgo”. Oggi che annuncia il ritiro, posso dire che di Dolgopolov non ricordo tanto un match, una partita, un torneo, ma momenti del suo gioco. Perché lui alla fine giocava nel senso vero del termine, si divertiva a divertire se stesso e gli altri. Mai due colpi uguali, non uno schema rigido. Mai l’efficacia piegata alla vittoria, vincere era la conseguenza di uno stato di flusso tecnico che accompagnava la sua visione. Perché lui vedeva il campo in modo diverso. Quel rettangolo così ortogonale per lui era come una tela, da dipingere con palle una diversa dall’altra. Sentiva il momento, sentiva il rivale, lo osservava e quindi sparava palle lente, poi lunghe, quindi forti e velocissime, e infine di nuovo tagli e arrotate. Il tutto neanche per “fargli male” quanto per imporre il suo tennis. Non che non si difendesse, ma lo faceva a suo modo, senza forza bruta, senza palle a far sbagliare. Non ne aveva nemmeno il fisico per calarsi nei panni del pedalatore. Lui era diverso, in tutti sensi. E dice oggi nel momento del ritiro, “spero di aver divertito chi mi ha seguito”. Eccome se hai divertito… e proprio per questo ci mancherai, e già mancava il tuo estro, quel modo di porsi così differente in un mondo estremizzato su tutto, dall’atletismo all’agonismo.
    Lo ricordo distintamente in un’edizione del torneo di Umag, edizione 2010. Pioveva a dirotto quella settimana, e appena il sole faceva capolino, tutti in campo ad allenarsi per preparare al meglio i match. Lui no. Quella mattina se ne stava a passeggio sulla laguna di Katoro, osservando le barche e sentendo il vento nei capelli con il suo fido coach Jack Reader, e sorseggiando una bibita. Il campo poteva aspettare perché era finalmente spuntato il sole, il panorama era splendido e quello era il momento di goderselo. Per la cronaca poi in campo ci andò, dopo un breve allenamento, e vinse giocando da Dio, strapazzando Skugor tra palle corte perfette ed accelerazioni di rovescio micidiali.
    Del resto, quando hai un tennis così fondato sulle sensazioni, solo con un buon “mood” lo puoi esprimere. “Avevo bisogno di essere di buon umore per giocare il mio miglior tennis”, ammette oggi Dolgopolov, “Era così semplice. A volte ero stanco o di cattivo umore e non avevo davvero bisogno di competere. In generale avevo bisogno di essere sano, ma anche di lottare e competere, e a volte non è successo. Tutto era basato sulla sensazione”.
    Molti gli hanno rimproverano, nei suoi anni migliori, di non aver espresso il massimo del suo potenziale. Lo pensa anche Reader, che oggi dichiara: “Una volta abbiamo avuto una conversazione che “mi ha ucciso”… Era nel momento migliore, gli dissi ‘Sei arrivato al numero 13 con talento, ma se tratti meglio il tuo corpo e la tua dieta possiamo andare oltre’. Sascha mi ha risposto: ‘Quindi devo lavorare di più Jack?’ guardandomi come se gli avessi detto chissà cosa. Quello fu come un calcio nel volto… Se avesse iniziato a fare le cose come fanno i ragazzi più forti, sarebbe potuto andare più in alto, aveva i mezzi per farcela”.
    In un tennis sempre più spinto verso l’estremo per competizione, fisicità, intensità, la leggerezza di palla e di pensiero di Dolgopolov manca e mancherà terribilmente. Buona vita, genio.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cervara: “Medvedev ha recuperato dal Covid e lavorato bene una settimana”

    Gilles Cervara con Daniil Medvedev

    Il coach di Daniil Medvedev, Gilles Cervara, ha parlato a Tennismajors delle condizioni del suo pupillo. Costretto al forfait appena prima del Masters 1000 di Monte Carlo, dopo aver scoperto di esser positivo al virus, Daniil è tornato negativo e soprattutto ha già ripreso gli allenamenti in campo presso l’accademia di Mouratoglou in Costa Azzurra, a due passi dalla sua residenza.
    “Ha potuto lavorare per una buona settimana. I primi giorni abbiamo tenuto d’occhio la reazione del suo cuore allo sforzo, la reazione dei suoi polmoni, siamo stati molto attenti alle sue sensazioni, per controllare che non avesse mal di testa, difficoltà nello sforzo, affaticamento eccessivo, ecc. Non si riprende dall’oggi al domani dopo una settimana di ferie, soprattutto dopo aver contratto un virus ancora poco conosciuto”.
    “È ancora molto presto per sapere a che punto è. Dipenderà dalla prima partita, poi dalla seconda… Ciò che conta in queste settimane di lavoro è la capacità di avere un filo conduttore tra il contenuto delle partite e il lavoro che ci permetta di andare verso gli obiettivi fissati. Siamo in questa ricerca”.
    Il rapporto tra Medvedev e la terra rossa è piuttosto complicato… “Il programma è giocare Madrid e Roma. Questi tornei ci permetteranno di valutare le condizioni e decidere che strada prendere poco prima del Roland Garros. Per i nostri allenamenti ed eventualmente per giocare un altro torneo se fosse necessario. Daniil ha molti margini di miglioramento sulla terra battuta, lo dimostra il fatto che non ha mai vinto una partita al Roland Garros. A volte ci scherza sopra, il che è positivo per non lasciare che la pressione lo prenda, ma io adesso non ho più voglia di scherzare molto su questo tema, è ora di iniziare a vincere partite anche lì”.
    Chiedono a Cervara se Medvedev ha qualche difficoltà ad affrontare le altissime aspettative nel ritrovarsi al n.2 o 3 del mondo, di fatto appena dietro al dominatore Djokovic, che l’ha sconfitto “brutalmente” nella scorsa finale degli Australian Open. Il coach risponde così: “Solo lui può rispondere a questa domanda, ma non ho davvero la sensazione di pensieri negativi o difficoltà in quel senso. Che abbia pensieri del genere è possibile, con lo status che ha raggiunto è normale che si pensi che lui possa vincere i tornei a cui partecipa. Questa convinzione richiede un’abilità speciale e non sono molti gli atleti che sono riusciti a gestirsi per reggere quelle aspettative. Daniil è lì, in alto, ma chiaramente non ancora sulla terra. Deve ancora fare tanti passi in avanti, gli stessi che ha fatto per arrivare a questo livello sul cemento e indoor. Questa convinzione è qualcosa di “fresco”, risale a quest’inverno, quando ha giocato davvero alla grande (ricordiamo il bellissimo finale di 2020, con vittorie a Bery, alle Finals ATP e quindi alla ATP Cup sino alla finale degli Australian Open, ndr). Adesso ha bisogno di rafforzare la sua convinzione, è un equilibrio instabile, ed è esattamente questo che tiene i migliori pronti a scattare per vincere”.
    Anche se non avesse contratto il Covid, pensare a Medvedev tra i favoriti sul rosso sarebbe stato azzardato. Come ben sottolineato dal suo allenatore, Daniil ha tutto da dimostrare sulla terra. La sua situazione è particolare: è il “re” del tennis tattico, quindi in teoria la sua ragnatela di palle lente-veloci, alte-basse, difesa-attacco potrebbe essere molto intrigante anche sulla terra battuta. Il problema probabilmente sta nel fatto che il suo super servizio sul rosso è meno decisivo, e quando accelera non riesce a sfruttare – come sul veloce – tutta la velocità della palla in incontro per scaricare le sue bordate improvvise. Molto forse dipende anche dalla testa, perché sul rapido è consapevole di poter produrre lo strappo vincente quando vuole, mentre su terra trova più spesso avversari “tattici”, che arrotano molto, che lo spostano e rimettono anche le sue accelerazioni. Un passo in avanti anche sui tornei primaverili in Europa potrebbe essere il lancio decisivo alla prossima estate, quando sia a Wimbledon che soprattutto sul cemento americano sarà, se in salute, uno degli uomini da battere.
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    Ci sarà pubblico per la finale degli Internazionali BNL d’Italia

    Il Centrale del Foro Italico

    A pochi giorni dall’avvio dell’edizione 2021 degli Internazionali BNL d’Italia, arrivano finalmente le prime conferme sulla possibile presenza di pubblico al torneo. Secondo quanto dichiarato ieri dal Sottosegretario alla Salute Andrea Costa, almeno per la finale del torneo dovrebbe esserci un po’ di pubblico. Ecco le parole dell’esponente del governo, che parla soprattutto di calcio, ma anche di tennis.
    “La finale di Coppa Italia, Atalanta-Juventus, prevista per il 19 maggio al Mapei Stadium di Sassuolo, sarà aperta al pubblico. Dopo essermi confrontato con il Ministro Roberto Speranza, confermo la disponibilità del Governo ad aprire lo stadio al 20% della capienza. Il Cts in queste ore sta studiando il protocollo per permettere agli spettatori di raggiungere e seguire la partita in sicurezza nel pieno rispetto della normativa anti-Covid. Dopo aver dato il via libera agli Europei con una presenza di tifosi pari al 25%, ho sostenuto sin da subito la possibilità di poter consentire l’accesso al pubblico con percentuali inferiori anche ad altri eventi sportivi, come la finale di Coppa Italia e la finale degli Internazionali di Tennis del 16 maggio a Roma. Saranno test importanti in vista delle partite dell’Europeo che si terranno a Roma. Un segnale fondamentale per il mondo dello sport tutto, che ancora una volta fa da apripista nell’indicare le date per un ritorno graduale alla vita normale”.
    Il Governo ha emesso un decreto secondo cui dal primo giugno sarà consentito ospitare fino 25 % della capienza di un impianto sportivo, tenendo fermo in ogni caso un massimo di mille spettatori, con possibili deroghe per eventi ritenuti di “particolare rilevanza”. Trapela che la federazione tennis abbia preparato un piano per consentire l’accesso in sicurezza ad un numero maggiore di persone all’interno dell’area del Foro Italico, piuttosto ampia, fin dal primo giorno del torneo, anticipando quandi il “via libera” fissato per giugno. Tuttavia ogni proposta passerà dalle autorità sanitarie e di sicurezza, che devono approvare ogni piano.
    Visto che gli IBI21 scatteranno tra pochi giorni, una decisione in merito dovrebbe arrivare a breve.
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    Federer mette all’asta da Christie’s oltre 300 cimeli per finanziare la sua fondazione

    Una racchetta di Federer presente all’asta

    La prossima estate i cacciatori di cimeli sportivi e tennistici in particolare avranno un appuntamento da non perdere. La storica casa d’aste londinese Christie’s ospiterà la Roger Federer Collection, in due sessioni di aste esclusive con importanti cimeli sportivi personali del campione svizzero. Il ricavato andrà totalmente a sostegno della Roger Federer Foundation, attiva in molti progetti in Africa per la salute e scolarizzazione di migliaia di bambini in difficoltà.
    Il 23 giugno si svolgerà l’asta principale, con 20 oggetti che ricordano momenti straordinari della carriera di Federer: dalle scarpe con cui vinse il Roland Garros 2009 (a completamento del proprio career Grand Slam), visivamente segnate dalla terra rossa parigina, alla racchetta della finale di Wimbledon 2007, quella disputata con il centrale dei Championships “scoperchiato”, visti i lavori in corso per la costruzione del tetto retrattile. All’asta anche l’intero completo indossato nella finale di Roland Garros 2009, ed un borsone autografato portato in campo a Wimbledon. Altro oggetto “cult” il cardigan bianco indossato nella finale di Wimbledon 2012, insieme alla racchetta di quell’edizione del torneo.
    Seguirà una seconda asta online, dal 23 giugno al 14 luglio 2021, con oltre 300 oggetti di Roger, per i quali sarà possibile fare un’offerta. La collezione ripercorre l’intera la carriera di Federer dalle Olimpiadi di Sydney nel 2000 fino agli ultimi (pochi) incontri disputati nel 2021. Molti degli oggetti messi all’asta riguardano momenti storici e partite memorabili disputate contro i suoi più grandi rivali, tra cui Nadal, Djokovic, Murray, Agassi e via dicendo.
    Roger ha personalmente espresso il desiderio di includere stime accessibili, già a partire da 100 sterline (anche se presumiamo sia difficile accaparrarsi qualcosa con una cifra così bassa). Saranno disponibili per le offerte oggetti di vario tipo: magliette, cappellini, polsini, asciugamani, borsoni, ecc. Uno dei pezzi più pregiati sarà il blazer indossato a Wimbledon 2006.
    Dichiara lo svizzero lanciando l’iniziativa: “Ognuno dei pezzi in vendita rappresenta un momento unico nella mia vita di tennista. Con questa asta ho la possibilità di condividere una parte della mia collezione personale con i miei fans e, soprattutto, il ricavato andrà alla mia fondazione per proseguire nella realizzazione dei nostri progetti educativi in Africa”.
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    Il vincitore al Masters 1000 di Madrid guadagnerà 315mila euro, -73% rispetto all’edizione 2019

    La Caja Magica di Madrid

    Il Masters 1000 di Madrid nell’avveniristico impianto della Caja Magica è pronto a scattare, senza il n.1 Novak Djokovic che così non difenderà il titolo conquistato nel 2019.
    Proprio rispetto all’edizione 2019 (l’ultima disputata) il Prize money del torneo è stato notevolmente decurtato: l’evento attribuisce lo stesso premio per ATP e WTA, con un montepremi totale combinato di € 5.228.930, in calo del 60% rispetto a due anni fa. Il calo è progressivo verso l’alto, ossia è stato decurtato maggiormente l’assegno per i giocatori che arriveranno più avanti nel torneo. Infatti il campione a Madrid 2021 porterà a casa 315.160 euro, una riduzione del 73,79% rispetto a quello che Novak Djokovic e Kiki Bertens hanno ricevuto ciascuno nel 2019. Il finalista riceverà 188.280 euro, in calo del -69,07% rispetto a due anni fa. Le riduzioni si riflettono a cascata (ma progressivamente in modo minore) su tutti i participanti.
    Ecco la lista completa, che riportiamo da perfectennis:
    Qualificazioni 1° turno: 4.080 € (-10,33%)
    Qualificazioni 2° turno: 7.665 € (-15,93%)
    1° turno tabellone principale: 15.060 € (-36,7%)
    2° turno: 22.720 € (-46,19%)
    3° turno: 36.400 € (-54,85%)
    Quarti di finale: 58.370 € (-63,73%)
    Semifinali: 106.690 € (-65,83%)
    Finale: 188.820 € (-69,07%)
    Vincitore: 315.160 € (-73,79%)

    Si conferma quindi a Madrid il piano annunciato dall’ATP di riduzioni del montepremi ma colpendo di meno chi perde nei primi turni, con i giocatori “meno ricchi” penalizzati in misura minore rispetto agli assegni pre-pandemia.
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    Shapovalov: “Giocare su terra è divertente, ma io preferisco l’erba. Quando entro in palla, posso battere chiunque”

    Denis Shapovalov all’edizione 2020 degli Internazionali

    Denis Shapovalov ha iniziato così così il 2021, 8 vittorie e 7 sconfitte in totale. La semifinale a Dubai il miglior risultato, ma non possiamo dimenticare come abbia gettato al vento la partita vs. Harris, dominata fino ad un passo dalla vittoria e poi…  clic. Si è spenta la luce, solo errori, rimonta e sconfitta.
    “Shapo” stenta a fare il salto di qualità definitivo, entrare nella top10 e battagliare alla pari con la nuova generazione di campioni. La prossima estate potrebbe essere il banco di prova per le sue ambizioni. Intanto si trova ad Estoril, per il torneo su terra battuta in corso questa settimana. Dal Portogallo ha rilasciato alcune dichiarazioni interessanti, sulle superfici e non solo. Dice che l’erba è la superficie che preferisce. In effetti, pensando al suo tennis, sembrerebbe ideale: tennis rapido, pochi scambi, focus su rischio e colpi di inizio gioco. Però se andiamo a vedere la sua storia sui prati, il tabellino da Pro è a dir poco modesto: 3 vittorie in carriera, solo tre partite, tutte nel 2018, solo vittorie al primo turno e poi sconfitte. Qua viene fuori probabilmente la sua lacuna principale: non regge la tensione, non legge il momento, gioca troppo d’istinto. Quando si gioca sui prati tutto corre veloce, l’istinto è fondamentale; ma se non riesci a restare solido mentalmente e saper cogliere il momento decisivo, il match ti scappa via, al primo errore, alla prima pausa.
    “Se devo essere completamente onesto, preferisco altre superfici alla terra battuta”, ha detto Shapovalov al sito ATP. “Adoro la sensazione di giocare sulla terra battuta, lo scivolare per arrivare sulla palla, il gioco è più estenuante, sono punti più lunghi, non si adatta al mio tennis. Penso che le condizioni che preferisco sono i campi in erba. Non ci sono praticamente scambi, è fantastico, tutto scorre su servizi e risposte, è perfetto”.
    Denis crede che giocare su terra possa aiutarlo a migliorare: “Qua cerchi di costruire un po’ di più il punto, di essere più paziente, costruisci perché ovviamente molti ragazzi giocano da molto dietro la riga di fondo e il campo è molto più lento, quindi è difficile solo colpire ed entrare. Su terra devi scegliere la palla giusta per accelerare. Tuttavia, non cambio di molto il mio modo di giocare: sia sui campi in cemento o in terra battuta o su qualsiasi superficie, cerco di essere aggressivo e di entrare, quindi non cambia davvero molto alla fine. Non importa chi c’è dall’altra parte, giocherò al mio gioco e quando entro in palla, tutto va. Non so se è un momento specifico o no, ma succede e basta. Ottieni una vittoria qua o là e poi inizi a sentirti super sicuro dei tuoi mezzi. È lì che penso di poter essere pericoloso, quando ottengo un paio di vittorie e inizio a sentire il mio gioco. In quel momento sento come se fossi in grado di battere qualsiasi giocatore”.
    Tutto vero. Shapovalov ha mezzi straordinari, può battere ogni giocatore. Ma, come lui stesso ha dichiarato, tutto parte da sensazioni, da un focus del momento, dalla luce che si accende e tutto scorre. E se la luce non si accende, Denis? Basando tutto su questo tennis “umorale” e senza compromessi, stazionare lassù in vetta non sarà affatto facile…
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    Wimbledon, addio al riposo della prima domenica (dal 2022)

    I Championships di Wimbledon sono da sempre il baluardo di molte tradizioni tennistiche. Si va oltre all’erba, superficie bellissima per fortuna tornata di moda negli ultimi tempi. Sui prati londinesi si è giocato ancora con le palle bianche, quando tutto il resto del tour si era già convertito alla palla gialla per migliorare la visibilità in tv. Per giocare sui courts verdi è necessario indossare un abbigliamento “prevalentemente bianco”, anche se il colore via via è entrato nello storico club. I teloni di fondo campo sono neutri, per non disturbare il gioco, …ma nell’edizione 2019 (l’ultima giocata) oltre allo sponsor storico sul tabellone dello score che indica il tempo ufficiale, è comparso anche un piccolo banner promozionale in basso laterale, molto discreto, di un partner tecnologico. Di piccole grandi tradizioni come questa, ce ne sono tante altre.
    Uno degli ultimi retaggi di un tennis che non c’è più era la storica frase “Never on Sunday”, ossia il giorno di pausa del torneo, la prima domenica, per consentire un minimo di “riposo”agli abitanti del quartiere, invaso pacificamente per la quindicina dell’evento. Anche per curare un po’ di più i campi, già mal messi dopo 6 giorni intensi di competizione.
    Nel’2022 cadrà anche questo “mito”: oggi nella conferenza stampa di aggiornamento sulla prossima edizione del torneo – confermato al 100% – è stato annunciato che dal 2022 i Championships si disputeranno su 14 giorni, come gli altri Slam. Addio alla “Middle Sunday”.
    Storicamente il torneo si concludeva di sabato (per il vero Never on Sunday) con la finale maschile a chiudere l’edizione. Fino al 1981. Nel 1982 infatti si disputò la prima finale maschile di domenica, con in campo il genio di John McEnroe sconfitto in 5 set dal tennis muscolare e offensivo dell’eterno rivale Jimmy Connors. Nella domenica di mezzo del torneo si era giocato solo in 4 occasioni: 1991, 1997, 2004 e 2016, per far fronte al grave ritardo causato dalle avverse condizioni meteo di un’inizio estate piovosa sulla capitale inglese.
    Si racconta che quella domenica 30 giugno 1991, la prima volta in cui ci fu tennis nella “Middle Sunday”, l’allora direttore del torneo Chris Gorringe disse “oggi è il migliore e il peggiore giorno della mia vita allo stesso tempo”. Molto British, ma rende l’idea. Del resto fu l’unico modo di salvare il torneo (vinto da Michael Stich), visto che su Londra imperversò tempaccio per  28 giorni di fila, con solo 50 partite terminate al primo sabato sulle 240 previste.
    Tornando all’attualità, ed alle parole della press conference odierna, l’amministratore delegato di AELTC Sally Bolton ha dichiarato: “Vogliamo che questo meraviglioso evento sia disponibile il più possibile per più persone in tutto il mondo, per condividere la gioia dei Championships. Includere la domenica di mezzo in modo permanente nel nostro programma ci consentirà di fare proprio questo e inserire una nuova tradizione di cui speriamo di poter diventare immensamente orgogliosi”. Un giorno in più di gara significherà anche un incasso extra importante… A Wimbledon sono in previsioni importanti investimenti, forse la scelta è arrivata anche per questo. “Nel corso del tempo Wimbledon si è continuamente evoluto per soddisfare le mutevoli richieste e comportamenti dei nostri fan, cambiando sempre e rimanendo sempre noi stessi”.
    Aggiungono inoltre che “Giocare la domenica di mezzo ci consente di fare di più con il secondo lunedì, noto come “manic” per una buona ragione”. Infatti storicamente il programma del secondo lunedì era ricchissimo, con in campo contemporaneamente tutti gli ottavi di finale (maschili e femminili), per una miriade di match di altissimo livello, tanto da diventare a suo modo folle e iconico.
    La direzione del torneo, conferma la presenza di pubblico sugli spalti per quest’anno: “Ci auguriamo vivamente che il 25% della capacità sia una posizione minima da cui possiamo partire”.
    Buone notizie quindi, sperando che la situazione Covid non peggiori nuovamente in UK (e non solo…), eccetto che per i nostalgici della tradizione più integralista. Wimbledon resta il baluardo di molta della tradizione del gioco, ma è anche un evento che ha avuto il coraggio di innovare in tanti aspetti. Forse il mito dei Championships deriva proprio dall’abilità di restare in perenne equilibrio tra nuovo e vecchio, tra passato e futuro. Solo se hai radici forti, cresci verso il cielo.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO