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    Wilander: “Non sarei sorpreso se Djokovic vincesse questo US Open e dopo nessun altro Slam”

    Mats Wilander è da anni uno dei commentatori più apprezzati, diventato “uomo degli Slam” per Eurosport. Con US Open oggi al via, ecco alcuni pensieri dell’ex n.1 svedese, inclusa una ipotesi sul futuro di Djokovic: la vittoria a NY 2021 e quindi giù il sipario nei Majors. “Raggiungere il 21esimo Slam è un fardello pesante” afferma […] LEGGI TUTTO

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    US Open: Djokovic a caccia della leggenda, chi può fermarlo? (di Marco Mazzoni)

    Djokovic in allenamento a New York 2021

    Domani a New York si alzerà il sipario di US Open 2021, ma sarà molto di più di una “normale” edizione di un Major. Il torneo potrebbe scrivere una pagina indelebile nella storia della disciplina se il n.1 del mondo Novak Djokovic riuscisse a trionfare, completando un Grande Slam che manca dal 1969 (Rod Laver). Sarebbe un’impresa leggendaria, che non è riuscita ai più vincenti dell’era Open: Bjorn Borg, Pete Sampras (che non hanno mai completato nemmeno 3/4 di Slam nell’anno solare), Roger Federer (gli è mancato Roland Garros nel 2004, 2006 e 2007, con le finali perse nel 2006 e 2007), Rafael Nadal.
    Inutile girarci intorno, tutto il torneo maschile girerà intorno a Novak, a “soli” 7 match dal diventare non solo il più vincente con il 21esimo Major ma uno degli sportivi più forti di sempre All-Sport. Una vittoria che lo isserebbe sull’Olimpo dello sport mondiale, insieme a pochi altri immortali (Carl Lewis, Usain Bolt, Muhammad Ali, Eddy Merckx, Michael Phelps, Ingemar Stenmark solo per citarne alcuni di discipline individuali).
    Il serbo inizierà la sua campagna newyorkese martedì contro il giovanissimo danese Rune, ma chi potrà davvero impensierirlo, o addirittura sconfiggerlo? Uno Slam è un torneo di ricco di insidie, è durissimo sul piano fisico, a volte arrivano anche sorprese ed imprevisti (…vero “Nole”, vedi l’edizione 2020?), ma analizzando il momento in modo razionale, la risposta più coerente alla domanda è solo una: il più pericoloso avversario di Djokovic si chiama… Novak Djokovic.
    “Nole” ha davanti a sé un appuntamento troppo grande per mancarlo. Se c’è un aspetto in cui il serbo è oggi nettamente superiore a tutti i rivali in tabellone è quello mentale, della determinazione, della capacità di lottare e soffrire andando oltre il dolore e la fatica pur di farcela. È accaduto quest’anno a Roland Garros, quando (quasi in modo inaspettato) ha tirato fuori una prestazione monstre contro Rafa. Superato lo scoglio più duro, ha rimontato uno splendido Tsitsipas in finale e si è preso lo Slam per lui più difficile. Qua la faccenda ha iniziato a farsi seria, e a Wimbledon ha confermato il suo ruolo di favorito. A Tokyo ha sofferto, è collassato più per colpa del caldo e della fatica che per gli (ottimi) colpi di Zverev. Ha ceduto, ha perso l’opportunità irripetibile di fare addirittura un “Golden” Grande Slam, ma resta l’obiettivo del classico Grande Slam. Con la “fame” che ha Novak, con la sua superiorità tecnica e soprattutto agonistica, sembra difficile che uno tra Medvedev, Zverev, Tsitsipas o Berrettni riesca a superarlo. Per questo riteniamo che il vero avversario di Djokovic sia un suo crollo, fisico o mentale, agevolato da una prestazione eccezionale di un rivale.
    Esiste un precedente pericoloso per Novak, che è giusto ricordare. Nel 2015 Djokovic volava. Tiranneggiava. Quando arrivò Roland Garros, il giorno del sorteggio, un Nadal un po’ sceso in classifica fu inserito nello stesso quarto di tabellone del serbo, allora testa di serie n.1. La smorfia di Rafa in quell’istante era l’anticipo di quel che accadde in campo nel loro match di quarti. Djokovic schiantò il fortissimo rivale, distrutto. Ormai tutti pensavano che la coppa di Moschettieri fosse già tra le mani del serbo. In finale iniziò bene contro Wawrinka, ma all’improvviso qualcosa nel secondo set si inceppò. Le sue gambe iniziarono a farsi pesanti, i colpi meno intensi e precisi. Stan, da vero campione, non si fece pregare: alzò il suo livello al massimo, mettendosi a sparare una gragnola di bordate pazzesche, finendo per rimontare e sconfiggere clamorosamente Novak. Nemmeno dopo aver battuto Nadal, Djokovic riuscì a vincere Parigi e completare il Career Grand Slam. Completò l’impresa l’anno seguente, arrivando tiratissimo sul piano fisico e mentale, sfinito, tanto da crollare e quasi scomparire per il resto del 2016 e tutto il 2017. Ma tornando a quel 2015, a Parigi, il peso della fatica e della grandissima impresa fu troppo anche per le spalle larghissime di Djokovic che, ricordiamo, è un grandissimo agonista e talento, ma produce un tennis assai dispendioso per energie fisiche e mentali. Djokovic sta per affrontare una situazione simile – l’appuntamento più grande della sua carriera – più vecchio e “consumato” rispetto a 6 anni fa, con quel crollo alle Olimpiadi che non può lasciarlo del tutto tranquillo. Per questo pensiamo che il mix di fatica ed enorme pressione potrebbe essergli fatale, diventando il suo vero spauracchio.
    Djokovic è il vero n.1 oggi, rispettato da tutti ma non esattamente “amatissimo”, sarebbe un boccone molto succulento per tutti passare alla storia come colui che ha stoppato la sua corsa verso la leggenda… A questo di certo aspirano Medvedev, Zverev, Tsitsipas, e perché no Matteo Berrettini, che ha giocato contro “Nole” una bellissima finale a Wimbledon e messo alle corde pure a Parigi. Chi tra i rivali potrebbe aver qualcosa in più per provare a batterlo?
    Medvedev è dall’altra parte del tabellone, quindi lo potrà sfidare solo in finale. Ha un buon tabellone Daniil, Isner potrebbe essere il suo rivale più pericoloso, se il gigante imbrocca una giornata top al servizio. Per assurdo, incontrare Djokovic in finale potrebbe essere “troppo tardi”: di fronte all’ultimo passo per la Leggenda, forse nessuno potrà più fermarlo. Per questo forse hanno qualche chance in più coloro che sono nella parte alta del tabellone. L’ingresso nel torneo non è mai facilissimo, ma ipotizzare che uno tra Rune, Struff, Nishikori o De Minaur possa battere il n.1 sembra troppo. Berrettini e Hurkacz sono i due candidati più probabili a sfidare il n.1 nei quarti. Hurkacz possiede un ottimo tennis, ma che abbia l’intensità per superare questo Djokovic sembra difficile; Berrettini ha già dimostrato di poter giocare ad armi pari contro di lui, sia a Roland Garros che a Wimbledon. Sarebbe una partita splendida, che tutti ci auguriamo di poter commentare… Rublev continua a mostrare quel tennis infernale ma anche i soliti limiti contro i migliori; piuttosto Zverev sembra essere davvero salito di livello. È nel miglior momento della carriera, sta molto bene fisicamente e ama questi campi. L’anno scorso è arrivato ad un passo dall’alzare la coppa, rimontato in modo rocambolesco da Thiem. Sul piano tecnico è l’avversario che può fargli più male tra quelli in gara, più di Tsitsipas perché sul “duro” ha in più il servizio ed un gioco con più anticipo, oltre a reggere meglio sulla diagonale del rovescio.
    Tra poche ore scatterà lo Slam della “grande mela”. Abbiamo moltissimi azzurri al via (tutti curiosamente nella parte alta del tabellone!) ma soprattutto l’appuntamento con la storia di Novak. Buon US Open a tutti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Ciao, e grazie, grande Paolo Lorenzi (di Marco Mazzoni)

    Paolo Lorenzi, classe 1981

    “È stato il viaggio più bello della mia vita. Ogni volta in campo era un sogno diventato realtà”.
    Parole e musica di Paolo Lorenzi, che con la sconfitta nelle “quali” di US Open chiude la sua carriera da professionista.  A quasi 40 anni il senese (nato a Roma) esce di scena con la stessa classe, leggerezza e quel sorriso che ha accompagnato le più grandi vittorie e, ancor più importante, anche le peggiori sconfitte. Sì, perché saper perdere, saper imparare dai momenti difficili analizzando ogni partita con lucidità e umiltà, ed aver la forza di ricominciare con ancor più determinazione e convinzione di potercela fare è merce rara. È esattamente l’abisso che separa la grande persona e sportivo dai mediocri, da chi si lagna di non avercela fatta accampando scuse, non prendendosi responsabilità. Lorenzi è stato un Gigante in tutta la sua lunga carriera proprio per il modo in cui ha saputo viverla, superando montagne invalicabili e andando oltre i propri limiti. Ce l’ha fatta perché ha vissuto tutto questo sentendosi come uno che vive un sogno, uno che ha lottato con tutto se stesso per cavalcare quell’onda che lo attirava più di ogni altra cosa, ripagando la possibilità di vivere il proprio sogno con sudore e fatica. In una semplice parola: Lorenzi è stato un Esempio, per tutti.
    Paolo prima che un ottimo tennista è un grande uomo, l’ha dimostrato in campo e fuori mille volte. È un ragazzo umile, sincero, rispettatissimo da tutto l’ambiente del Tour e sempre benvoluto. Ho avuto il piacere di conoscerlo, bastano poche parole e qualche sguardo per aver la conferma di che razza di persona sia. Colto, arguto, è uno che pensa prima di parlare, pensa veloce e non ti dice mai cose banali. Non uno è che biascica “gioco dove vuole Mister”, no. Lorenzi ha sempre un pensiero interessante, che sia sul tennis o altro. Ogni sua partita è stata una piccola enciclopedia di acume tattico per massimizzare i propri mezzi e mettere in difficoltà l’avversario. In questo sta molta della sua grandezza, umana e sportiva, perché il buon Paolo è stato tutt’altro che baciato dal “talento” tecnico. Ma nonostante tutto possiamo affermare serenamente che ce l’ha fatta. Ha scalato montagne invalicabili, ha sputato sangue nei circuiti minori, diventando enorme in quello Challenger dove ha vinto 21 titoli. Ma è riuscito a dire la sua anche nel Tour maggiore, dove si è tolto l’enorme soddisfazione di vincere a Kitzbuhel e toccare un best ranking di n.33. Impensabile quando fece i primi passi sul tour.
    Non ricordo quando lo vidi giocare per la prima volta, ma avrà avuto già almeno 24 anni, in qualche Challenger in Italia. La prima impressione che ebbi fu a dir poco negativa sul piano tecnico. Col diritto la palla non gli andava proprio, l’apertura del gesto era spropositata, lo forzava a centrare la palla sempre in ritardo e mai con decisione lontanissimo dalla riga di fondo, con traiettorie lente e prevedibili. Per non parlare del servizio, una sorta di catapulta al contrario che lo costringeva a “mettere l’elmetto” per ripararsi dalla bordata in risposta del rivale. Ma lui con l’elmetto c’era nato, perché è sempre stato prontissimo alla pugna, a rimettere ogni palla oltre la rete ed in campo a costo di immolarsi. Questo mi aveva intrigato di lui, l’attitudine e la voglia di sprintare in ogni difesa, come di buttarsi avanti dopo aver sfiancato l’avversario. Era lucidissimo nel capire il momento per l’attacco e la posizione sulla rete era discreta, perché fisicamente pareva “una bestia”, resistente e fortissimo. Il rovescio spiccava, colpito bello pulito, sicuro nel cross e assai pericoloso quando si avventurava in un lungo linea improvviso. In quel lontano 2005 il tennis italiano viveva un bel momento di “stallo”, con i soli Volandri e Starace a tirare la carretta oltre la top 30. Che quel Lorenzi, posizionato oltre il n.250, con tutte quelle lacune tecniche, potesse diventare un “fattore” per il tennis azzurro sembrava ardito. Davvero nessuno si curava di lui.
    Non è importante oggi ripercorrere i tanti passi della sua lunga vita sul tour. È fondamentale invece sottolineare come passo dopo passo Lorenzi sia cresciuto in modo esponenziale, riuscendo a migliorare in modo clamoroso ogni aspetto del suo tennis. Mattone dopo mattone, da un piccolo fortino ha costruito un’Alhambra stupefacente, arrivando a meritarsi il diritto di giocare i grandi tornei, gli Slam, e pure di giocare parecchie partite alle pari contro i migliori. Una su tutte. Lo ricordo nitidamente a Roma contro Nadal sul Centrale. Rafa era “quello vero”, il tiranno del rosso. Paolo l’ha sfidato senza alcuna paura, reggendo in modo misterioso contro il suo diritto, riuscendo a neutralizzare per buona parte del match lo spin allora vigorosissimo del “Rey” e attaccandolo appena possibile. Lorenzi giocò una delle partite più “garibaldine” ed efficienti che io abbia mai visto nella mia vita, tanto che lo sguardo torvo di Rafa in diversi punti persi, e l’aver portato cotanto rivale a dover giocare al 100% per superarlo, vale quanto una grandissima vittoria. Lorenzi quel giorno Monumentale. Ma lo è stato in tantissime occasioni, anche su campi non coperti dalla tv o in Challenger in giro per il mondo.
    Lorenzi è stato come i migliori vini (da senese, poi…), è migliorato invecchiando. Ha preso sempre più fiducia dei propri mezzi, ha lavorato in modo incredibile per affinare corpo e testa, ha limato sino alla fine aspetti tecnici che parevano impossibili da stravolgere. Ha passato oltre 7 anni di fila nei top 100 ed ha raggiunto il best ranking il 15 luglio 2017 (raggiungendo poco dopo gli Ottavi a US Open, miglior piazzamento in uno Slam), a 35 anni “suonati”, se non è classe e testa questa non so cosa lo sia… È stato un esempio per l’intensità che è riuscito ad esprimere in campo, lottando contro avversari troppo più attrezzati sul piano tecnico o fisico, ma senza mai darsi per vinto, entrando sempre in partita con l’idea giusta per provare a vincere. Ha battuto tutto il mondo in lungo e in largo andando a giocare una quantità di tornei enorme, infaticabile, per racimolare punti preziosissimi ad entrare negli Slam e nei grandi tornei.
    Paolo Lorenzi è patrimonio del nostro tennis e del nostro sport. È un ragazzo che coltiva molti interessi, d’ora in avanti potrebbe fare mille cose e ha tutto quel che serve per farle benissimo. Ma mi auguro fortemente che resti nel mondo del tennis, che metta a servizio dei giovani la sua enorme esperienza e capacità di analisi, di lavoro, tattica e mentale. È una vera Treccani 2.0 di come si sopravvive nei mari agitatissimi del tennis Pro, trovando anche nelle peggiori tempeste la rotta migliore per scappare verso il sole. Il tennis azzurro sta vivendo un momento magico, ma proprio nei momenti magici si deve costruire il futuro. Non possiamo assolutamente permetterci di perdere un “ammiraglio” così capace, intelligente e lucido.
    Grazie di tutto Paolo, per la montagne di ore che ho passato ammirandoti in campo, sorprendendomi ogni volta.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    John McEnroe è sicuro: “Djokovic vincerà US Open”

    John McEnroe è sempre molto lucido e schietto nelle sue analisi. Con US Open alle porte, il talento newyorkese ha parlato ai microfoni di ESPN, esprimendo la ferma convinzione che il quarto Slam del 2021 sarà vinto da Novak Djokovic. Ecco un estratto delle parole di “Mac”. “Sono sicuro che Novak vincerà il torneo. Prima […] LEGGI TUTTO

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    On Running, “la scarpa” di Federer, sarà quotata a Wall Street. La società vale 6 miliardi di dollari

    Roger Federer per i noti problemi al ginocchio ha dovuto rinunciare alle Olimpiadi di Tokyo, ma in realtà, anche se in modo diverso, era “presente” con il team rossocrociato. La delegazione svizzera infatti ha sfilato nella cerimonia inaugurale con una linea di abbigliamento e scarpe della On Running, società fondata nel 2010 dall’ex atleta professionista Olivier […] LEGGI TUTTO

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    Gilbert Versier (medico del Tour de France): “Operazione al piede per Nadal? Sarebbe la fine della carriera”

    L’operazione al piede non è una opzione per risolvere i problemi di Rafa Nadal, anzi, in caso di intervento la sua carriera di fatto terminerebbe. Ad affermarlo Gilbert Versier, medico del Tour de France e chirurgo specializzato in ortopedia all’ospedale militare di Vincennes, in un’intervista al quotidiano francese L’Equipe. Il parere tranchant del luminare transalpino viene dalla sua […] LEGGI TUTTO

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    Viktor Galovic si racconta, da tennista a direttore del Challenger di Verona. “Sogno un ATP 250”

    Viktor Galovic a Verona

    Viktor Galovic è un nome assai noto agli appassionati italici della racchetta. Il croato da anni ha fatto base in Italia, navigando sul tour Pro con discreti risultati e vincendo a Recanati l’edizione 2017 del Challenger svolto nella città marchigiana. Il suo miglior risultato è del 2018, quarti a Gstaad, dove sconfisse tra gli altri Haase, allora n.38 del ranking. Risultati ottenuti in mezzo a tanti, troppi, problemi fisici.
    Lo scorso luglio Galovic è stato costretto al ritiro per il persistere di problemi alla schiena ed all’anca, ma dopo aver appeso la racchetta al chiodo si è subito immerso in una nuova avventura, diventando il direttore del nuovissimo Challenger presso l’Associazione Tennis Verona disputato la scorsa settimana. Viktor ha organizzato con successo questa prima edizione del torneo, facendo tornare il grande tennis nella città scaligera dopo oltre 30 anni (si disputò un Challenger dall’88 al 90), ed ora non ha intenzione di fermarsi. Con la “Vk Events” ha idea di organizzare altri eventi simili in Italia già dall’anno prossimo.
    Non è il solo ad aver fatto di recente questo passo. Arnaud Clement lavora al Challenger di Aix-en-Provence, Andres Gomez nella sua Guayaquil come Luis Horna a Lima, mentre Nicolas Escude dirige il torneo di Brest.
    Galovic ha rilasciato una interessante intervista al sito dell’ATP, in cui parla della sua nuova avventura, iniziando da come è passato, in poco tempo, da giocatore e direttore di torneo.
    “Negli ultimi anni stavo giocando un buon tennis sul tour, mi stavo divertendo, ma sono rimasto bloccato da un infortunio alla schiena e ho avuto ben quattro ernie, fino a dovermi operare all’anca. Ora ho quasi 31 anni, non voglio dover subire un altro intervento chirurgico, quindi ho deciso che era l’ora di fermarsi. Ho giocato il mio ultimo torneo a Todi lo scorso luglio. D’ora in avanti resterò nel mondo del tennis, ma in modo diverso, penso che finirò per divertirmi di più adesso rispetto a quando dovevo  allenarmi e sudare tutto il giorno! Il torneo a Verona? In realtà è iniziato quasi per scherzo. Pensavo che fosse pazzesco che un club come questo di Verona (dove Galovic risiede da tempo, ndr) non abbia un Challenger. Per gioco ci siamo detti con un amico ‘Dai, contattiamo l’ATP e facciamolo’. È così che tutto è iniziato. L’idea mi frullava in testa all’inizio dell’anno, abbiamo iniziato a fine aprile, quindi non abbiamo avuto molto tempo per organizzare il tutto. Alla fine credo che siamo riusciti a fare uno dei migliori Challenger in Europa, siamo molto soddisfatti”.
    L’impegno è stato importante, perché il tutto è nato letteralmente da zero. “Sono stato direttore del torneo, ma anche l’organizzatore. Con i miei tre colleghi abbiamo organizzato tutto dall’inizio, in pratica abbiamo fatto tutto questo dal niente. Abbiamo fatto un lavoro straordinario in pochi mesi. I campi sono completamente nuovi e abbiamo un ottimo hotel e ottimo cibo per i ragazzi. Avere una squadra che sa di cosa hanno bisogno i giocatori è importante per il risultato finale. Abbiamo coinvolto Elena Marchesini (co-fondatrice di MEF Tennis Events) per il player desk. Nei primi giorni abbiamo dovuto pensare a mille piccole cose, come spiegare ai ragazzi il corretto modo di pulire i campi, formare i raccattapalle e alcuni membri dello staff, ma non appena hanno saputo cosa fare, è andato tutto liscio, sono stati tutti bravissimi”.
    Galovic sottolinea come l’esser stato giocatore l’abbia aiutato moltissimo nel nuovo ruolo. “Essere un ex giocatore aiuta molto. Conosco tutto ciò di cui i giocatori hanno bisogno. Ero io a lamentarmi a volte in alcuni Challenger… quindi abbiamo fatto di tutto per i giocatori che sono arrivati a Verona. Ad esempio, avremmo potuto prendere un hotel meno costoso, ma volevamo optare per il Crowne Plaza per rendere il soggiorno più confortevole. Con il personale del ristorante abbiamo spinto affinché il cibo fosse ottimo. Abbiamo messo delle luci sul campo centrale per migliorare l’atmosfera per il pubblico. Non ci aspettavamo di avere così tanta gente, già al martedì eravamo al completo. Le persone presenti dovevano essere vaccinate o avere dietro un test covid negativo, tutto si è svolto in grande sicurezza. La settimana ci ha aiutato, molta gente era in vacanza a Verona, quindi sono stati liberi dal lavoro e hanno scelto di venire al torneo. Inoltre erano passati 31 anni dall’ultima volta che Verona aveva ospitato un Challenger, c’era curiosità, ha funzionato anche la scelta di non richiedere un biglietto per l’ingresso”.
    Proprio per attirare il pubblico, Viktor si è ispirato al 250 di Umag, un torneo che ogni sera diventa una sorta di “party”. “L’obiettivo principale era farlo sembrare simile al torneo ATP 250 di Umag. Abbiamo deciso che sarebbe stato un evento oltre al tennis, con ottimo cibo, musica e tennis. È un torneo di tennis, ma anche un grande evento per la città e la gente. Il campo centrale ha luci lampeggianti per creare l’ambiente da show, e dopo le partite abbiamo avuto feste nel club. Anche prima delle partite notturne abbiamo organizzato un’ora di aperitivo. Era interessante anche per coloro che sono venuti al torneo con la moglie e magari lei non era così interessata al tennis, ma in un contesto del genere ci si può divertire e restare per i concerti dopo che le partite sono finite”.
    Il croato parla della sua nuova società e dei programmi, ambiziosi, per il 2022: “La nuova società di gestione, VK Events, per ora è focalizzata solo tennis, l’anno prossimo abbiamo in programma di organizzare tre Challenger. La cosa principale per noi è creare un evento, un’esperienza di intrattenimento, un torneo ideale non solo per chi vuol andare a vedere delle partite. L’anno prossimo proveremo ad andare al Lido di Venezia, e l’altro che stiamo cercando di fare è a Murano. Vogliamo anche fare qualcosa che nessuno ha fatto a Verona, ovvero portare qui un ATP 250. Nell’arena? Sarebbe un sogno”.
    Galovic è molto coinvolto in questa nuova carriera, tanto che guarda avanti con fiducia, non rimpiangendo più di tanto gli anni da giocatore. “I miei ricordi sul tour? Non ho così tanti ricordi che mi vengono in mente dalle partite vinte. L’aspetto più bello della mia carriera Pro è che mi ha insegnato a gestire la pressione e a coinvolgere le persone per organizzare qualcosa. Mi ha insegnato molto perché il tennis è stressante. Viaggiare in aereo due volte a settimana è già uno stress e poi c’è lo stress in campo. Il tennis è una disciplina in cui risolvere i problemi è tutto, per questo mi ha aiutato molto a risolvere i problemi nell’organizzazione di un Challenger”.
    Un progetto chiaro, ambizioso, partito assai bene visto l’enorme successo del Challenger di Verona da poco concluso. Holger Rune, il giovanissimo vincitore, continua a fare passi da gigante verso il grande tennis. Galovic ha esordito con altrettanta qualità da dietro la scrivania. Viste le nuove date ATP nate in Italia tra 2020 e 2021, chissà che il suo sogno non possa diventare realtà molto presto…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    US Open aumenta i prize money, più 22%. Ai vincitori 2,5 mln $, al primo turno 75mila

    Dopo il durissimo anno 2020, segnato dalla pandemia, US Open torna alla normalità, anzi, si supera. Gli organizzatori hanno annunciato i Prize money per il torneo che scatterà lunedì prossimo con i tabelloni principali, con un montepremi record per lo Slam della “grande mela”. US Open infatti distribuirà ben 57,5 ​​milioni di dollari, segnando un aumento del […] LEGGI TUTTO