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    Musetti in Davis, più di una vittoria (e bravo Volandri)

    Lorenzo Musetti, che esordio con la maglia azzurra

    Nel tennis le partite non sono tutte uguali. Ci sono delle vittorie (e, purtroppo, delle sconfitte) che ti cambiano un torneo, una stagione. Persino una carriera. Vittorie che arrivano in periodi particolari, di crescita, quando sei in una fase in cui stai spingendo per fare un salto ma ancora non ci sei riuscito, perché le certezze su cui stai lavorando ancora non sono così solide. O perché i pezzi del puzzle sono ancora disordinati nella tua testa e nel tuo gioco. Questo è quello che potrebbe esser accaduto ieri a Lorenzo Musetti a Bratislava, in Coppa Davis. Il successo contro Gombos nel match decisivo, che porta l’Italia avanti nella competizione quando le cose si erano fatte maledettamente complicate, è più di una vittoria, per tutto il team azzurro e soprattutto per Musetti.
    Intanto è bene sottolineare che Musetti è il primo italiano nella storia a esordire in Davis con una vittoria sul 2-2 di una sfida di Davis. Non era mai accaduto (grazie a Giorgio Spalluto per la nota, molto interessante), fatto questo che rende ancor più merito al giovane toscano e sottolinea ancor più la bellezza e importanza del successo. Alcuni penseranno, “sì, ok, bella vittoria, ma era Gombos…”. Vero… ma la Davis è una “brutta bestia”, solo chi l’ha giocata e vissuta sulla propria pelle può capire che razza di frullatore sia. Tanti campioni sono crollati, hanno avuto la gambe tremanti di fronte al “peso” di una maglia nazionale, di un pubblico ostile, di una partita decisiva. Sampras, Edberg, Lendl, per citarne tre non esattamente scarsi, e l’elenco potrebbe esser ben più lungo. Musetti ha vinto una partitona, perché il buon Norbert era “on fire”.
    Quando sei in Davis il ranking conta il giusto. Lo slovacco ha tirato fuori per oltre un’ora il meglio del suo repertorio, bordate piatte, potenti, offensive, con pochissimi errori. Ha vinto il primo set, col pubblico che l’ha portato per mano, la situazione per il nostro team era a dir poco precaria. L’eliminazione era vicina. Qua è venuto fuori il Giocatore, quello che con classe ha tirato fuori la propria cattiveria agonistica, ha approfittato del primo calo del rivale per “montargli addosso”, con una grandinata di rovesci uno più bello dell’altro, finalmente un paio di risposte ottime, senza tremare, ma trasformando in adrenalina positiva le tensione del momento. La partita pareva in controllo, invece ha perso il vantaggio nel terzo, con l’altro di nuovo molto incisivo con i propri colpi. Ecco la conferma della forza del nostro. “Muso” non è crollato, è restato calmo. Prima ha sparato due Ace per portarsi 5-4 e poi è andato a prendersi il match con un break decisivo nel decimo game. Ha approfittato della tensione nel braccio del rivale, ha spinto con fermezza e lucidità senza esagerare. Puoi farlo quando hai mano, talento, visione, ma soprattutto ti senti forte dentro, ami la sfida, sai giocarti i punti importanti. “Vatti a prendere il punto” ha urlato Filippo Volandri all’ultimo game, e Lorenzo ha non solo eseguito, ha brillato.
    In tutto questo la vittoria è importantissima. Per il momento, per il contesto, per come Musetti ha retto il peso di un match pesantissimo all’esordio in Nazionale. Ma soprattutto per come se l’è giocata. Lorenzo non ha prodotto un match strabiliante dal punto vista tecnico. Questa vittoria non risolve i nodi ancora irrisolti nel suo tennis. C’è tantissimo da fare sulla seconda di servizio, sulla risposta, sul trovare fluidità e tempo d’impatto quando cerca di avvicinarsi alla riga di fondo per spingere, passaggio necessario anche se difficile. Questa vittoria però è la conferma di quanto sia giocatore, di quanto sia forte nei momenti caldi, della sua capacità di tirare fuori il meglio nei grandi contesti. Una vittoria che deve dargli ancor più fiducia, convinzione e spinta per crescere tecnicamente, sospinto da questa forza agonistica. Questo successo può cancellare finalmente quella fase grigia attraversata nella seconda metà del 2021, in cui troppi dubbi l’hanno fiaccato, finendo per impoverire anche il suo gioco, tornato flebile, troppo difensivo, poco incisivo. Questa vittoria è nettare purissimo di energia positiva. Quando hai un talento come suo, la positività è indispensabile, perché giochi sul momento, devi sentire la libertà che ti fa correre il braccio. Un talento a-la-Musetti vive di questo.
    Voglio fare i miei personali complimenti anche a Filippo Volandri, che nel weekend (e già nelle ultime finali di Davis) si è preso qualche critica ingiusta. Ha avuto molto coraggio a buttare in campo il più giovane ed esordiente per vincere il match decisivo (io al posto suo avrei fatto lo stesso), lo ha stimolato per tutto il match, tenuto calmo, focalizzato. Si è preso un rischio, perché un’eventuale brutta sconfitta poteva essere una mazzata micidiale per Lorenzo. Poteva brucialo. Ma lui conosce il “Muso” benissimo, l’ha visto lavorare in settimana. Ha sicuramente sentito che era il momento per dargli questa responsabilità, che era pronto ad accettare la sfida e dare il suo meglio per farcela. I grandi capitani hanno visione e coraggio. Oggi “Filo” ha dimostrato di essere un ottimo capitano, perché sembra ancora uno di loro, ma l’arguzia per stimolarli e spingerli al meglio.
    “Nemmeno a sognarlo un esordio così” ha detto Musetti a caldo, appena vinta la partita, ai microfoni si Supertennis. A volte i sogni diventano realtà, quando si è bravi a cogliere il momento.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Murray si affida di nuovo a Lendl, obiettivo la stagione su erba

    Murray e Lendl, tra poco li rivedremo in campo

    Andy Murray è a caccia di vecchie certezze, e forse per questo sceglie di tornare alle origini dei suoi maggiori successi. Lo scozzese si affida di nuovo alla “cura” Ivan Lendl, ex campione cecoslovacco con il quale riuscì a dare una vera svolta alla propria carriera e diventare campione a Wimbledon, e non solo.
    I due inizieranno a lavorare assieme dopo la trasferta USA di Indian Wells e Miami, con l’obiettivo di lavorare alcuni mesi per la stagione su erba, dove Andy crede di essere ancora competitivo. Infatti già da tempo Murray ha annunciato l’intenzione di saltare completamente i tornei su terra battuta in Europa, focalizzandosi sui prati.
    Adesso lo farà insieme al suo storico coach, con il quale riuscì ad elevare il proprio livello e finalmente imporsi negli Slam sconfiggendo i suoi grandi rivali (Djokovic, Federer e Nadal). Con la guida di Lendl, Murray  ha vinto due titoli a Wimbledon, gli US Open 2012 e due medaglie d’oro olimpiche.
    Il loro rapporto si interruppe per la prima volta nel 2014, poiché l’otto volte campione del Grande Slam non era disposto a impegnarsi a tempo continuo sul tour, come Andy desiderava. Nel maggio del 2016 i due tornarono insieme e il tennis dello scozzese decollò nuovamente, toccando probabilmente il suo apice: vinse il suo secondo titolo a Wimbledon e con una seconda parte di stagione esaltante concluse l’anno come numero uno del mondo. La partnership terminò formalmente nel novembre dell’anno successivo, con Murray già pesantemente debilitato del suo grave infortunio all’anca, che in seguito richiese due operazioni per esser risolto.
    Chissà se anche stavolta il supporto di Ivan riuscirà a risollevare la carriera di Murray. Di sicuro la guida dello “zar” è sempre stata molto efficace sul tennis di Andy, ma stavolta, con la protesi all’anca e milioni di km nelle gambe, sarà ancora in tempo per tornare tra i grandi?
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    Vajda: “Ero contrario ai giochi di Tokyo, lì abbiamo iniziato a separarci con Novak”

    Marian Vajda

    La separazione tra Novak Djokovic e Maria Vajda è uno dei fatti più importanti accaduti nel 2022 tennistico. Dopo i ringraziamenti di rito, lo slovacco ha parlato al media nazionale Sport.sk, spiegando il suo punto di vista sulla rottura con l’ex n.1 del mondo. Una frattura inaspettata che ha interrotto un percorso incredibile, fatto di 20 Slam e record inimmaginabili quando i due hanno iniziato a lavorare assieme. A detta di Vajda, la miccia che ha provocato la frattura è stata la decisione di Novak di giocare alle Olimpiadi di Tokyo, scelta che l’ex coach non ha affatto condiviso.
    “Abbiamo raggiunto un accordo ufficiale dopo le ATP Finals di Torino, anche se le cose si erano già guastate dopo la finale degli US Open contro Medvedev. Novak non è riuscito a vincere il suo 21esimo Slam e il Grande Slam nello stesso anno. Mi aveva promesso che sarebbe venuto a Bratislava per parlare con me e che in qualche modo avremmo finito tutto bene, ma ci sono stati momenti difficili e alla fine mi ha invitato a Torino dove abbiamo terminato il rapporto. Non era giusto che la decisione fosse comunicata nel corso dello scorso dicembre, piuttosto burrascoso, e con il suo viaggio sbagliato in Australia in seguito. Ma il giornalista Sasa Ozmo lo ha scoperto e pubblicato, quindi Novak non ha avuto altra scelta che rilasciare la nostra dichiarazione congiunta”.
    Ecco il passaggio in cui spiega i veri motivi dell’addio: “Le cose non andavano bene già da luglio. Agli US Open aveva esaurito gran parte delle sue forze dopo la fatica fatta alle Olimpiadi. Non ero favorevole alla sua partecipazione ai Giochi, i tempi erano troppo ristretti, troppo poco per prepararsi a vincere a New York visto lo sforzo psicofisico enorme che lo attendeva. Ovviamente ho capito il suo obiettivo, dare alla Serbia un oro. Questo ci ha portato a una frizione. E poi è arrivata la questione della non vaccinazione, il fatto che non giocherà molti tornei da non vaccinato e che ha già una squadra potente con Goran Ivanisevic a suo fianco. Dopo aver valutato tutte le circostanze, abbiamo deciso di comune accordo di interrompere la nostra collaborazione professionale”.
    Vajda è molto modesto quando gli chiedono sul proprio contributo ai successi di Djokovic: “Non è stato un percorso facile. Mi sono sempre fidato di Novak, devo dire che sono stato in grado di aiutarlo nella sua carriera e quindi c’è del mio merito nei suoi successi. È una soddisfazione enorme dopo tanto sacrificio. Anche se devo sottolineare che giocatori come lui non escono esattamente tutti i giorni. Oggi posso affermare di aver allenato il miglior tennista di sempre”.
    Si era scritto che Marian aveva scelto di lasciare Djokovic per starsene finalmente a casa dopo anni e anni sul tour. In realtà, dalle parole dello slovacco traspare la voglia di trovare un’altra sfida dopo una pausa: “Dopo tanti anni di viaggio, vuoi riposarti e trascorrere del tempo a casa. Ma so che non ci starò per sempre. Mi piacerebbe sperimentare qualcosa di nuovo più avanti, una nuova sfida con un altro giocatore, anche se l’asticella è molto alta. I migliori allenatori non sono sempre fortunati con i loro allievi. Lendl ha trionfato con Murray ma non si è adattato a Zverev o anche Agassi ha ottenuto quasi niente con Djokovic”.
    Vajda è sempre stato un porto sicuro per Djokovic. L’ha seguito per mano fin dai primi anni di carriera, assistendolo nel completamento tecnico (diritto e servizio, diventati colpi incredibili nel tempo) e agonistico. Da grande talento poco resistente nella lotta, Novak è diventato un muro, senza punti deboli, dominante. Il lavoro con il coach slovacco ha portato dividendi stellari. Vajda è stato certamente un coach attento e discreto, mai in prima pagina, dedito al lavoro e alla compattezza del team, accettando anche l’ingresso in squadra di personaggi ingombranti come Becker prima e Ivanisevic poi. È impossibile attribuire una percentuale della “mano del coach” ai successi di un giocatore, tuttavia appena Vajda vorrà rimettersi in pista, la sua esperienza, calma e serietà potrebbe far terribilmente comodo a tantissimi giocatori, giovani e non. Anche di casa nostra…
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    Luthi: “Federer a Wimbledon? Credo sia molto difficile”

    Roger in campo con Luthi

    Le notizie sullo stato di salute di Roger Federer arrivano col contagocce. Il diretto interessato rilascia poche scarne dichiarazioni, senza grandi aggiornamenti, come accaduto nell’evento di uno dei suoi sponsor qualche settimana fa. Adesso è l’amico di sempre Severin Luthi a rilasciare qualche dettaglio in più su come procede la sua riabilitazione.
    Il capitano di Davis svizzero ha parlato con René Stauffer sul giornale Tages Anzeiger, affermando che Roger tra poco proverà a rientrare su di un campo da tennis per tirare i primi colpi dopo tanto tempo. Il suo sparring partner dovrebbe essere la moglie Mirka, che ricordiamo ha toccato il n.76 WTA nel lontano 2001. “È ancora in fase di riabilitazione” dichiara Luthi, “Può fare sempre di più, sta lavorando attivamente. Non solo i muscoli del ginocchio o delle gambe vengono rafforzati nella riabilitazione, ma viene rafforzato l’intero corpo. È un vero programma di condizionamento che sta procedendo, anche se non così rapidamente come lui desidera”.
    Altra nota che ancora non era trapelata: “Se lavora già con Paganini (il suo storico preparatore, ndr)? No, ma è in contatto continuo con lui”. Paganini scambia regolarmente idee e programmi con Daniel Troxler, il fisioterapista di Federer.
    “Roger avanza con cautela, come al solito. La cosa principale per lui è tornare in campo lentamente. Non ci sono programmi per un rientro. Al momento non vedo come possa giocare a Wimbledon. Non sono io a dire “impossibile”, ma non riesco a immaginarlo in questo momento”.
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    Djokovic si separa da Marian Vajda

    Novak Djokovic con Marian Vajda

    Marian Vajda, storico coach di Novak Djokovic, non è più parte del team del super campione serbo. Lo riporta il collega Sasa Ozmo. Vajda è stato a fianco del 20 volte campione Slam negli ultimi 15 anni. I due hanno iniziato a lavorare insieme poco prima del Roland Garros 2006 ed eccetto una breve pausa Vajda ha allenato Novak in tutti i suoi più grandi successi, tutti Major inclusi.
    Non era passata inosservata l’assenza del coach nella incredibile e sfortunata trasferta in Australia e nemmeno a Dubai, tuttavia lo slovacco ha difeso il suo giocatore dalle fortissime critiche ricevute in una lunga intervista ad media del suo paese aktuality.sk. Non c’erano avvisaglie di una eventuale separazione.
    Dall’arrivo di Goran Ivanisevic nel team Djokovic (appena prima di Wimbledon 2019), Vajda ha accompagnato Djokovic in meno tornei, non una presenza fissa, alternandosi quasi sempre col croato. Vajda allora motivò la cosa affermando di voler più tempo da trascorrere con la propria famiglia.
    Il resto del team Djokovic rimane lo stesso: Ivanisevic è l’unico coach, i fisioterapisti Ulises Badio e Miljan Amanovic e il preparatore atletico l’italiano Marco Panichi.
    Aspettiamo le parole di Djokovic a conferma di quest’addio ed eventuali motivazioni.
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    Daniil Medvedev, n.1 …ma riuscirà a dominare?

    Daniil Medvedev

    Daniil Medvedev questa settimana è diventato il 27esimo n.1 del ranking ATP. Ha raggiunto un sogno che coltivava fin da bambino, quando nella natia Mosca – già, proprio lei… – ha iniziato a tirare le prime palle, appassionandosi a quello che sport che dalla dissoluzione dell’impero sovietico era letteralmente esploso nel paese, regalando tennisti e tenniste in grande quantità e qualità. Oggi i tennisti russi e/o con familiari russi sono diventati dominanti sul tour maschile. Medvedev, Rublev, Khachanov, Karatsev e l’emergente Safiullin; quindi Zverev, Shapovalov, Tsitsipas, solo per citarne alcuni tra i più forti con famiglia o familiari russi. Un’ondata incredibile di talento e qualità, con Daniil che spicca su tutti e che è diventato il leader della classifica.
    Ricordo personalmente di averlo visto per la prima volta dal vivo alla primissima edizione delle NextGen finals di Milano. I fari erano puntati su altri talenti, Shapovalov su tutti. Ma quel russo alto e magrissimo mi aveva stregato per come la palla gli usciva dalle corde, per la facilità di controllo passando da palle lentissime a palle velocissime senza perdere ritmo, anzi, mandando tutti gli altri fuori palla. E che servizio poi…. “Se inizia a tenerle in campo, è il più forte di tutti questi”, pensai. Per una volta, c’avevo visto giusto. C’è voluto qualche anno, qualche finale Slam persa, l’inevitabile invecchiamento dei big 3, ma ce l’ha fatta ad arrivare davanti a tutti.
    È il terzo n.1 russo della storia. Gli altri due hanno avuto regni davvero brevi: Kafelnikov 6 settimane, Safin 9 settimane. Tennisti di talento ma non continui, si potrebbe pensare. In realtà divennero n.1 in fasi storiche di cambiamento, con diversi cambi al vertice e annate senza veri dominatori. Che ne sarà di Daniil? Riuscirà a stare sul trono più a lungo? Probabilmente sì, ma è una domanda interessante, che coinvolge non solo Medvedev ma anche i suoi avversari.
    Medvedev è diventato n.1 pur non vincendo il torneo della scorsa settimana. Non è cosa rara, anzi è accaduto a moltissimi suoi colleghi. Normale gioco degli scarti dei punti, con il ranking che finalmente sta tornando “normale” dopo la tempesta della pandemia. Il campo però ha parlato chiaro nell’ultimo periodo: Daniil ha perso alle Finals da Zverev, a Melbourne da Nadal, ad Acapulco ancora da Nadal. In questa settimana, Medvedev è numericamente, e meritatamente, n.1 ATP, tuttavia il tennista più forte in questo momento è senza ombra di dubbio Rafa Nadal, clamorosamente rientrato ad inizio stagione e ancora imbattuto, incluso due confronti diretti proprio con Daniil. Quindi? Medvedev non “vale” il n.1? Sì lo vale adesso, ma…
    Il Numero Uno della classifica è il tennista non necessariamente più forte in quel momento, è stato il più continuo negli ultimi 12 mesi. È successo tantissime volte in passato che un giocatore sia arrivato in cima alla classifica in momento non dei più brillanti, o meno vincenti rispetto a qualche mese precedente, proprio per come funziona il sistema di classifica, l’accumulo dei punti nelle 52 settimane precedenti. Il tennis dopo la Davis si sposterà sul sintetico in USA, con i primi i due Masters 1000. Lì Medvedev avrà l’occasione per imporre il suo tennis tattico e affermare – e rafforzare – la sua leadership. Anzi, dovrà giocare da subito discretamente bene perché ha in scadenza 250 punti il 21 marzo e quindi se non arriva ai quarti a IW Djokovic lo scalzerà, anche se come sembra non potrà giocare in California. I campi in duro sono la condizione in cui il tennis del russo eccelle, ancor più indoor ma assolutamente anche all’aperto. Poi si arriverà sulla terra, dove invece Daniil ha ancora molto da crescere e dimostrare, visto che ha sempre sofferto la difficoltà di chiudere il punto; quindi l’erba, altra superficie in cui finora non ha combinato granché (4t a Wimbledon, una semifinale al Queen’s).
    Per questo e anche altri motivi, la sensazione è che Medvedev sia un vero n.1, abbia meritato il suo posto, ma che possa restare un n.1 non di passaggio ma non così solido e duraturo. Non ci dimentichiamo di Novak Djokovic, che è entrato in una spirale perversa e difficilissima vista la sua indisponibilità a vaccinarsi contro il Covid, ma quando potrà giocare – è da vedere quanto… – sarà ancora uno da battere, se non proprio “quello” da battere. Rafa sembra aver trovato l’ennesimo elisir di giovinezza, proprio quando dalla Spagna avevano già pronto il “coccodrillo sportivo”… Zverev e Tsitsipas non sono così lontani dalla vetta, altri sono in crescita.
    La sensazione è che facendo la somma tra le conferme a cui Medvedev è atteso, il momento incredibile di Nadal, la voglia di rilancio di Djokovic e le ambizioni di Tsitsipas e Zverev, il n.1 del russo potrebbe essere assai conteso nell’anno in corso, e probabilmente anche in quello a venire. Potremo vivere una o più stagioni senza un leader indiscusso, dominatore, il Federer – Nadal – Djokovic di turno che spazza via la concorrenza per lungo periodo stabilendosi saldamente davanti a tutti.
    Ci siamo abituati negli ultimi lustri a periodi di dominio, quindi ora può sembrare strano il dover ritornare ad una situazione di incertezza quasi continua. In realtà, varie volte nella storia abbiamo vissuto queste epoche, e in fin dei conti non è affatto male l’aver più di un giocatore che si contende il trono. L’importante è che ci sia qualità nel gioco e soprattutto che si instaurino rivalità di alto livello tra i migliori, in modo che ogni scontro diretto possa essere non solo decisivo al diventare n.1 ma regalarci grande tennis.
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    ATP 500 Dubai: Hurkacz doma Sinner in due set, perfetto al servizio il polacco

    Jannik Sinner a Dubai

    Jannik Sinner s’inchina di fronte ad un Hurkacz perfetto, soprattutto al servizio. Il polacco non concede niente nei propri game (mai si arrivati ai vantaggi) e punge l’azzurro in risposta e nello scambio, commettendo pochi errori, difendendosi in modo solido e spingendo in sicurezza. Hurkacz vince 6-3 6-3 e vola in semifinale (sua prima in un ATP 500), dove affronterà Andrey Rublev. Una prestazione non esaltante di Sinner, con qualche errore di troppo in costruzione, un rendimento con la seconda negativo e la quasi totale incapacità di incidere in risposta. Ha provato a spingere col diritto lungo linea Jannik, ha tentato gli schemi visti ieri contro Murray, ma il polacco si è difeso con tutt’altra qualità rispetto allo scozzese, producendo palle più profonde, più incisive. La qualità in risposta di Hubert è stata decisiva, a sostenere un tennis di ottima intensità, verticale, preciso, che ha disarmato il pressing di Sinner. Mai in tutto l’incontro si è avuta la sensazione che Jannik potesse girare il match, a meno di un calo di Hurkacz che, purtroppo per lui, non è arrivato.

    A breve il commento completo, la cronaca della partita.
    Il match inizia con Hurkacz al servizio. Il primo punto, lungo scambio, lo vince Jannik. Bel ritmo. Hurkacz mette in moto il suo servizio e vince il game. Sinner to serve. La prima non lo assiste, ma comanda lo scambio, sposta il polacco e trova anche una palla corta molto interessante cogliendo Hubert molto lontano. 1 pari. Il set avanza sui giochi di servizio. Buon ritmo, si spinge soprattutto col diritto, tennis piuttosto verticale, con Hurkacz più propenso ad accorciare lo scambio, e Jannik pronto ad avanzare seguendo a rete un colpo aggressivo da dentro il campo. Addirittura un serve and volley eccellente dell’azzurro a chiudere in quarto game, con tutte prime di servizio “in”. Buon tennis complessivo. Sesto game, Jannik attacca dal fondo, ma la difesa di Hurkacz è tenace, l’azzurro sbaglia. 0-30, primo momento difficile del match. Una risposta “nei piedi” su di una seconda palla troppo corta costa a Jannik il 15-40, prime due palle break del match. Con un Ace cancella la prima; lo aiuta ancora il servizio, solida palla al T. Con un gran diritto lungo linea, Hubert strappa la terza palla break del game. Ottimo Sinner, servizio potente e diritto lungo linea dal centro. Affretta col rovescio cross Jannik, la palla va in rete, c’è la quarta PB per Hurkacz. Si scambia, ancora fretta per l’azzurro che sbaglia col rovescio su di una palla molto carica di spin. BREAK Hurkacz, avanti 4-2. È un buon momento per il polacco, comanda il gioco, avanza sul net a chiudere, mentre Jannik sta commettendo troppi errori in questa fase. 5-2 Hurkacz. Gli errori in costruzione di Sinner continuano anche nell’ottavo game, per il 15-30. Si butta avanti con coraggio, trovando una demi-volée difficilissima l’azzurro. A fatica l’azzurro si porta 3-5, ora Hubert serve per il primo set. Ace, gran profondità col rovescio in scambio, altra prima ingestibile per il 40-0, 3 Set Point. OK il secondo, la prima palla pizzica la riga per il quarto Ace del parziale. 6-3 Hurkacz, molto positivo al servizio e assai meno falloso dell’azzurro. Ottime percentuali con la 2a palla per Hubert, segno di una risposta di Sinner poco incisiva.
    Secondo set, Sinner scatta al servizio. Buon game per l’azzurro, meno errori e 1-0. Hurkacz inizia col doppio fallo ma poi agilmente impatta 1 pari. Nel terzo game arriva lo scambio più lungo del match, lo conduce Jannik ma alla fine non chiude e sbaglia. 15-30. Ancora la prima lo abbandona…. Si butta avanti su di una risposta corta e bassa, il rovescio d’attacco vola lungo. 15-40, due palle break delicatissime da difendere. Niente prima (tentativo di S&V con palla esterna), grande risposta di Hubert col rovescio, in grande anticipo, per un bel lungo linea che Jannik non rimette in gioco. BREAK Hurkacz, avanti 2-1 e servizio. Forte del vantaggio, il polacco ora gioca molto sciolto anche da fondo campo, accelera subito col rovescio e Jannik è in netta difficoltà nel contenere. Con un erroraccio in spinta col diritto, Sinner consegna il punto del 1-3. Tutto fin troppo facile per Hurkacz nei propri game, nessuno finora arrivato ai vantaggi. L’azzurro cerca di restare aggrappato al match, ma sui game del polacco praticamente non si gioca. Del resto, finora nel torneo non ha ceduto un gioco di battuta… a confermare il suo stato di grazia nel rendimento col servizio. Sinner invece arranca, prova spostare il rivale sulla destra, ma Hurkacz trova solidi impatti appena l’azzurro non gioca una palla molto profonda. Sul 4-2, si va ai vantaggi. Tenta una palla corta, nemmeno così ben eseguita, ma Hubert è sorpreso e sbaglia il tocco sotto rete. Con un Ace l’altoatesino si porta 3-4. Sul 5-3, Hurkacz risponde alla perfezione, Sinner prova ad aprire il campo ma sbaglia. 0-30 e poi 0-40 con un passante “maligno” di rovescio (ma pessimo tempo d’attacco di Jannik). Tre Match Point. Cancella i primi due Sinner col servizio, ma cede il terzo, sbagliando un diritto a chiudere un doppio scambio. Doppio 6-3 per Hurkacz, perfetto al servizio, solidissimo nello scambio, aggressivo in risposta. Sinner è stato disarmato, non è riuscito ad incidere con il suo ritmo. Un eccellente Hurkacz, ma da Sinner ci si aspettava di più, si è avuta una discreta sensazione di “impotenza” in più fasi del match.

    ATP Dubai Hubert Hurkacz [5]66 Jannik Sinner [4]33 Vincitore: Hurkacz ServizioSvolgimentoSet 2J. Sinner 0-15 0-30 0-40 15-40 30-405-3 → 6-3H. Hurkacz 15-0 ace 30-0 40-0 ace 40-15 40-304-3 → 5-3J. Sinner 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 A-40 40-40 A-40 ace4-2 → 4-3H. Hurkacz 0-15 15-15 30-15 40-15 40-30 df3-2 → 4-2J. Sinner 15-0 30-0 40-03-1 → 3-2H. Hurkacz 0-15 15-15 40-152-1 → 3-1J. Sinner 0-15 15-15 ace 15-30 15-401-1 → 2-1H. Hurkacz 0-15 df 15-15 30-15 40-150-1 → 1-1J. Sinner 15-0 30-0 30-15 40-150-0 → 0-1ServizioSvolgimentoSet 1H. Hurkacz 15-0 ace 30-0 40-0 40-15 ace5-3 → 6-3J. Sinner 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 A-405-2 → 5-3H. Hurkacz 15-0 30-15 40-154-2 → 5-2J. Sinner 0-15 0-30 15-30 15-40 30-40 ace 40-40 A-40 40-40 df 40-A 40-40 40-A3-2 → 4-2H. Hurkacz 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 ace2-2 → 3-2J. Sinner 15-0 30-0 40-02-1 → 2-2H. Hurkacz 0-15 15-15 30-15 ace 40-15 40-301-1 → 2-1J. Sinner 15-0 15-15 30-15 40-15 40-301-0 → 1-1H. Hurkacz 0-15 15-15 30-15 40-150-0 → 1-0
    6 ACES 42 DOUBLE FAULTS 128/49 (57%) FIRST SERVE 42/60 (70%)23/28 (82%) 1ST SERVE POINTS WON 30/42 (71%)13/21 (62%) 2ND SERVE POINTS WON 5/18 (28%)0/0 (0%) BREAK POINTS SAVED 5/8 (63%)8 SERVICE GAMES PLAYED 912/42 (29%) 1ST SERVE RETURN POINTS WON 5/28 (18%)13/18 (72%) 2ND SERVE RETURN POINTS WON 8/21 (38%)3/8 (38%) BREAK POINTS CONVERTED 0/0 (0%)9 RETURN GAMES PLAYED 910/16 (63%) NET POINTS WON 17/22 (77%)18 WINNERS 1715 UNFORCED ERRORS 1436/49 (73%) SERVICE POINTS WON 35/60 (58%)25/60 (42%) RETURN POINTS WON 13/49 (27%)61/109 (56%) TOTAL POINTS WON 48/109 (44%)224 km/h MAX SPEED 204 km/h207 km/h 1ST SERVE AVERAGE SPEED 186 km/h159 km/h 2ND SERVE AVERAGE SPEED 151 km/h LEGGI TUTTO

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    Kyrgios racconta la sua depressione: “Ho pensato al suicidio”

    La foto di Nick nel suo post

    Nick Kyrgios è solito usare i social per messaggi spesso al limite e provocazioni. Stavolta ha usato il proprio profilo Instagram per raccontare una parte molto intima. 3 anni fa ha attraversato un momento molto difficile, in cui ha pensato anche al suicidio, facendo uso di alcool e droghe. Ora si dice finalmente felice, di amare la vita. Ecco il toccante post dell’australiano.
    “Questo ero io 3 anni fa agli Australian Open. La maggior parte di voi penserà che stavo bene mentalmente o mi stavo godendo la vita… è stato uno dei miei periodi più bui. Se mi guardi da vicino, sul mio braccio destro puoi vedere i segni del mio autolesionismo. Avevo pensieri suicidi e stavo letteralmente lottando per alzarmi dal letto, per non parlare di giocare di fronte a milioni di persone. Ero solo, depresso, negativo, abusavo di alcool, droghe, allontanavo la famiglia e gli amici. Sentivo come se non potessi parlare o fidarmi di nessuno. Questo è stato il risultato del non aprirmi e del rifiuto di appoggiarmi ai miei cari e semplicemente di spingermi a poco a poco per essere positivo. So che la vita quotidiana può sembrare estremamente estenuante, impossibile a volte. Capisco che potete sentire che se vi aprirete questo potrebbe farvi sembrare deboli o spaventati. Vi dico adesso che va tutto bene, non siete soli. Ho attraversato quel periodo in cui sembrava che le vibrazioni positive non sarebbero mai diventate realtà. Vi prego, non sentitevi soli, se vi sentite incapaci di parlare con qualcuno, io sono qui, contattatemi. Sono orgoglioso di dire che mi sono completamente ribaltato e ho una visione completamente diversa su tutto, adesso non prendo niente per scontato. Vorrei che tutti voi foste in grado di raggiungere il vostro potenziale e sorridere. Questa vita è bella”

    Davvero un messaggio sorprendente, non solo per l’apertura totale sui propri problemi ma soprattutto come stia cercando di essere uno stimolo positivo per le tante persone che si sentono sole, oppresse, impossibilitate nel riprendere in mano la propria vita.
    Non possiamo che dire, Bravo Nick!
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO