Vitali: “Per fare l’allenatore vado a studiare i grandi”
Lascia dopo 21 anni da professionista e intanto ha già tracciato la strada del suo futuro. Ce lo dice, Luca Vitali, playmaker di rara intelligenza passato da Virtus, poi Siena, Milano, Roma, Venezia, tutte le grandi piazze. “Sto andando ad allenare dei ragazzi, d a gennaio 2023 sono responsabile del progetto tecnico giovani (RTT) della Lombardia. Ho preso il patentino nel 2022, insieme con Peppe Poeta”.
Luca, dunque lei ha smesso. Aveva lasciato una porta aperta finora?
“Uno spiraglio in estate, a inizio stagione avevo già le idee chiare. Ora lo dico. È stato un viaggio bellissimo, la palla a spicchi è stata la prima cosa di cui mi sono innamorato quando ero bambino. Doveva esserci una fine. E mentre maturi la decisione, ti rendi conto della grande fortuna che hai avuto, vivere il tuo sogno. E cogli la fortuna dell’aver incontrato lungo il percorso tutte le persone che ti hanno migliorato come giocatore e persona, attraverso tutte le sfumature. Nelle difficoltà e nei momenti belli. Tutti gli allenatori, i dirigenti, i tifosi. La prima palla in mano a 4 anni, la prima Nazionale giovanile a 16. Ne ho 38, sono davvero fortunato”.
Dunque farà l’allenatore.
“Mi piacerebbe tanto, cerco di approcciare a questa nuova esperienza con tutto l’entusiasmo e la passione che sento dentro. E mi piace poter imparare tanto dai migliori. Ho deciso di investire questa stagione per andare in giro e provare a studiare tutti i grandi. Sono partito da Milano con Ettore Messina che mi ha aperto le porte, la sua conoscenza è incredibile. Poi ho iniziato a girare l’Europa: a Belgrado dal sommo Obradovic e da Sfairopoulos, visitando anche realtà diverse come il Mega Basket che lavora su tanti giocatori di prospettiva Nba, andando a vedere il Chemnitz diretto da Rodrigo Pastore , passando per club piccoli e oculati come Vecta, una sorta di Vanoli. Lì allena Martin Schiller che ha fatto G League e allenato Kaunas. Sono stato a Berlino da Israel Gonzalez per studiare la scuola di coach Aito, che ho avuto la fortuna di incrociare come giocatore. Sono stato a Kaunas da Trinchieri. Trinca è un’altra enciclopedia”.
Cosa l’ha colpita?
“Giro per cogliere le tante sfumature. Puoi percepire il talento nella lettura naturale che hanno delle cose e della situazioni, la gestione dei gruppi, la conoscenza del singolo particolare, la metodologia d’allenamento. Per esempio da Ettore l’autoesigenza e come allena i fondamentali. Oppure la cultura che mostra Andrea nella lettura potenziale delle partite e nella gestione dei gruppi e dei singoli. La metodologia Di Sferopoulos”.
A chi vorrebbe sentirsi più vicino?
“Ognuno di loro mi ha detto la verità più grande: sii te stesso. Essere personale cercando di imparare dalla qualità. Chi sarò lo scoprirò nel percorso”.
Come vorrebbe cominciare? Assistente di un big o da capo?
“Sono aperto a tutto, per cogliere il meglio che possa capitare. Certo, imparare da un grande coach sarebbe molto bello”.
Il ricordo più bello da giocatore.
“Da giovane la promozione con Montegranaro, poi tutta l’esperienza a Milano. Ma la Nazionale è l’amore più grande. Cantare inno sensazione la sensazione più bella”.
Segue i giovani: come lanciarli?
“Io ho avuto la fortuna di incontrare due coach che hanno contribuito tanto al mio inizio di carriera: la legenda Recalcati mi ha permesso di esordire ragazzo in Eurolega a Tel Aviv. E a Montegranaro Stefano Pillastrini ha creduto fortemente in me. Lo fa ancora adesso con i giovani. Le giovani generazioni adesso hanno bisogno di tanto entusiasmo e supporto, perché hanno vissuto tanti periodi duri, come il covid”.
Quando ha detto a Michele che smetteva, suo fratello cos’ha risposto?
“Che era ora. Ma mi scambiano ancora per lui, a Varese per la Next Gen, giorni fa. Significa che sembro più giovane. Ci assomigliamo, ma lui ha sempre saltato di più”. LEGGI TUTTO