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    Dimissioni Stoytchev: quello che sappiamo e quello che forse non sapremo mai

    Con una nota stampa ufficiale, diramata nella serata di giovedì 13 marzo alle ore 20.40, la Rana Verona ha reso note le dimissioni di Rado Stoytchev. “Per motivi personali ritengo di non poter più dare il contributo al 100% per la squadra e la società, come ho sempre fatto sino ad oggi e per questa ragione penso sia giusto rassegnare le mie dimissioni” sono state le parole del coach bulgaro per spiegare la scelta sua, non della società, di lasciare l’incarico. Questa la versione ufficiale. Ne prendiamo atto, ma qualcosa non torna.

    Le reazioni che si possono avere davanti a una notizia come questa sono due: una di pancia, una di testa. Contrariamente a quanto si possa immaginare, ragionando con la pancia si potrebbe essere portati a pensare per logica che due più due faccia quattro, mentre con la testa si potrebbe anche scoprire che la matematica non sempre è una scienza esatta. Per lo meno in un caso come questo. Per spiegare meglio questa riflessione dobbiamo fare però qualche passo indietro.

    LA BUCA DI CIVITANOVADi pancia fare due più due altro non è che unire tutti i puntini di questa vicenda. Il primo ci riporta al 5 gennaio scorso. Verona gioca e perde nettamente a Civitanova (27-25, 25-19, 25-14). Per tutta la partita Stoytchev ha un tifoso Lube alle spalle che lo provoca in continuazione, la situazione degenera a bocce ferme, il coach di Verona gli si fa sotto a brutto muso, volano parole pesanti da una parte e dall’altra e alla fine i due vengono al contatto fisico. I presenti raccontano che Stoytchev abbia messo addirittura le mani al collo del tifoso marchigiano, un fatto gravissimo. Una buca nella quale il bulgaro ci è finito con tutte le scarpe.

    DIVORZIO NON DIVORZIOBen cinque giorno dopo, il 10 gennaio, la società scaligera esce con un comunicato ufficiale nel quale prende le distanze dal comportamento del suo allenatore e “porge le proprie scuse, innanzitutto, ai tifosi avversari coinvolti nell’accaduto, alla società A.S. Volley LUBE S.r.l, ai tifosi di entrambe le squadre tra cui è in essere uno splendido gemellaggio, agli amici/sostenitori del Club ed ai propri Partner”. Passaggio quest’ultimo che ha un peso specifico rilevante: amici/sostenitori del Club ed i propri Partner. Rilevante perché, in seguito, inizierà a girare la voce che uno in particolare di questi partner, la famiglia Rana, abbia fatto pressione affinché Stoytchev venisse allontanato all’istante. Voce che però non è mai stata confermata da fonti ufficiali e dunque agli atti resta solo un pettegolezzo.

    POTERE DELLA COMUNICAZIONEAltro aspetto da tenere in considerazione è che in quel comunicato, in cui Verona Volley prende le distanze dal comportamento di Stoytchev, viene riportata anche una dichiarazione dello stesso allenatore che si dice “profondamente addolorato per quanto accaduto. Ho sbagliato a reagire a delle reiterate provocazioni ricevute nel corso della gara, mettendo in imbarazzo il Club per cui lavoro, la proprietà, i nostri tifosi e i nostri partner. È giusto che da un professionista ci si aspetti un comportamento sempre responsabile. Non posso far altro che riconoscere il mio errore, e chiedere scusa ai tifosi della Lube, in primis, alla società A.S. Volley LUBE S.r.l., ai nostri tifosi, ai nostri partner”. 

    Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, insomma, e ancora la parola ‘partner’ ripetuta addirittura due volte. È stato indotto a fare pubblica ammenda? Forse sì, forse no, di sicuro in questa circostanza abbiamo compreso come agisce e come comunica esternamente la società Verona Volley: notizia, posizione della società, dichiarazione “spontanea” del diretto interessato. Questo ci servirà più avanti, intanto ce lo segniamo su un post-it, lo attacchiamo al muro davanti a noi e continuiamo ad unire i puntini.

    LA COPPA DELLA SPERANZACome detto, quel pettegolezzo citato in precedenza raccontava di un divorzio che alla fine non si è consumato. O per lo meno non pubblicamente e nell’immediato. Passano due settimane, Verona perde 1-3 in casa contro Milano, vince 0-3 al PalaPanini e poi si mette in viaggio per Bologna dove gioca una Final Four di Coppa Italia sontuosa. Talmente sontuosa da far pensare che le nuvole sulla testa di Stoytchev si fossero diradate lasciando spazio a qualche timido raggio di sole. Tutt’altro.

    OMBRE E RAGGI DI… SOLIPassano altre due settimane, siamo a metà febbraio, e proprio noi di VolleyNews diamo per primi notizia dell’accordo raggiunto per la prossima stagione da Verona con Fabio Soli. Dunque pubblicamente Verona e Stoytchev continuano insieme, ma internamente si sono già detti che a fine stagione le strade si divideranno.

    LA QUIETE DOPO LA TEMPESTANelle ultime tre giornate di campionato gli scaligeri non fanno prigionieri, anzi, condannano pure Taranto alla retrocessione: tre vittorie su tre, otto punti su nove a disposizione e quarto posto centrato. Preziosissimo in chiave Play-Off.

    IL GIALLO KEITAChiusa così la regular season, tutti ora vedono Verona come la mina vagante nella corsa scudetto, peccato solo che a pestarla e saltare in aria sia proprio lei stessa. Gara 1 dei Quarti di Finale, in casa, contro una Piacenza che quest’anno dalla Rana le ha prese sempre di santa ragione (doppio 3-0 in campionato, sconfitta 3-2 nei Quarti di Coppa Italia). Prima ancora che inizi il match accade un fatto strano. Nel gruppo whatsapp di Verona dedicato alla stampa, quando viene comunicato lo starting six non si legge il nome di Keita. Qualcuno chiede come mai. L’ufficio stampa, incredulo anche lui, chiede chiarimenti allo staff tecnico poi, sempre in chat, risponde “scelta tecnica”. Verona, clamorosamente, perde 1-3 contro Piacenza, che lei sì l’allenatore l’ha cambiato per davvero. Keita, non si sa perché, non si sa per come, appare magicamente in campo nel corso dell’ultimo parziale. Commento di Stoytchev nel post partita: “Sapevamo che sarebbe stata una partita difficile. Si è complicata ulteriormente con le assenze”.

    Passi per l’assenza di Mozic, dichiarato indisponibile alla vigilia, ma l’assenza di Keita… in che senso? Se è stata “scelta tecnica” è stato Stoytchev a determinare l’assenza del giocatore nella gara, corretto? Per la pancia, questo due più due fa indiscutibilmente quattro. Non contenti, per scrupolo, abbiamo riguardato la partita, ma francamente Keita non sembrava avesse problemi fisici. Il riscaldamento lo ha fatto tutto, schiacciare ha schiacciato, battuto ha battuto, saltato ha saltato. Stessa cosa quando ha visto finalmente il campo nel quarto set entrando sul punteggio di 9-8 per i suoi, accolto dal pubblico con un boato. Il primo attacco è devastante e va subito a segno (11-11). Piacenza gioca comunque meglio e porta a casa il risultato. Tornando al maliano, Abaev gli serve appena cinque palloni, lui ne manda a bersaglio solo due, ma fisicamente non appare di sicuro come un giocatore non in perfette condizioni. Il dubbio su quella “scelta tecnica” rimane.

    LE DIMISSIONIEvidentemente non rimane solo a noi, agli altri addetti ai lavori, ai tifosi, ma anche a qualcuno in società. Passa qualche giorno e infatti arriviamo al comunicato delle dimissioni, e qui riprendiamo in mano il famoso post-it appiccicato al muro: notizia, posizione della società, dichiarazione “spontanea” del diretto interessato. Il modus operandi a livello comunicativo non cambia. La nostra pancia, che vuole far di conto, dopo aver unito tutti questi puntini vorrebbe sentenziare che due più due fa quattro e i fatti le danno ragione. Eppure potrebbe non essere così.

    SE LA METTI SUL PERSONALE… DOBBIAMO CREDERTI“Per motivi personali ritengo di non poter più dare il contributo al 100% per la squadra e la società“. Queste parole di Stoytchev, riportate nel comunicato di Verona, tracciano una linea che è anche un monito: qui i ragionamenti e le speculazioni devono fermarsi, andare oltre non si può. Non si può per il semplice fatto che dietro questa affermazione possono esserci davvero ragioni serie, legate alla sfera personale, che non è dato indagare. Per un discorso prima di tutto deontologico per noi giornalisti. Per un discorso di buon senso per i tifosi. Per un discorso di rispetto da parte di tutti a prescindere. È vero però, abbiamo analizzato attentamente ogni comunicato di Verona e potremmo anche sospettare che sia stato tutto studiato ad arte, con una regia geniale che ha saputo trovare la formula perfetta, comunicativamente parlando, per chiudere questa storia, ma questo non lo possiamo sapere e forse non lo sapremo mai.

    MORALE DELLA FAVOLAMorale della favola, però, si torna sempre lì: Rado Stoytchev o lo ami o lo odi. Le mezze misure con lui non esistono. Ci sono sfilze di giocatori che non lo vogliono vedere neanche in fotografia e altrettante sfilze di colleghi allenatori e tifosi che invece la sua foto ce l’hanno appesa in ufficio come quella del Presidente della Repubblica nelle caserme delle forze dell’ordine. E forse non è un caso, visto che la sua idea di pallavolo si può definire per certi versi militaresca. Funziona, e bene, con chi si mette sull’attenti e risponde “obbedisco”. Un po’ meno con chi è più estroso e fa andare le mani sulla palla agendo anche d’istinto. C’è chi sostiene che sia un folle e c’è chi lo venera come il più grande allenatore visto in Italia negli ultimi vent’anni. C’è chi dice che abbia perso il suo tocco magico e c’è chi afferma che, tanto per dirne una, le sue analisi pre gara sugli avversari siano mitiche, leggendarie, inimitabili, inarrivabili, anni luce avanti rispetto a chiunque altro.

    L’unica cosa che forse mette tutti d’accordo è una: la constatazione del suo smisurato egocentrismo. Il primo nemico di Stoytchev forse è diventato nel corso degli anni Stoytchev stesso. Nel senso che la smania del controllo che lo contraddistingue, e che probabilmente lo ha anche portato a vincere tutto a Trento, ma ottenere anche l’esatto contrario a Modena (dove però la stagione l’aveva finita, play-off compresi, salvo poi far volare gli stracci per i quattro anni a seguire), poco si sposa con le strutture societarie di oggi nelle quali è impensabile che un solo uomo possa essere contemporaneamente allenatore, preparatore, scoutman, direttore sportivo, direttore generale, direttore della comunicazione e del marketing, presidente e amministratore delegato. I tempi sono cambiati, la pallavolo e le squadre sono cambiate. Detto questo, però, bisogna dare anche a Cesare quel che è di Cesare: se Verona Volley oggi è questa, dal punto di vista sportivo e societario, una bella fetta del merito è anche di Rado Stoytchev. E su questo crediamo che mai nessuno possa affermare il contrario.

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    Il caso Gioiella Prisma Taranto: anatomia di una retrocessione che poteva essere evitata

    Mai stata ultima, tranne al termine dell’ultima drammatica giornata di regular season. Retrocedere così fa malissimo, ma è quello che è accaduto alla Gioiella Prisma Taranto. Una squadra che, per come era stata costruita, avrebbe potuto tranquillamente ambire a un piazzamento da Play-Off. E invece…SQUADRA COSTRUITA BENE, MA…Quello costruito dal ds Vito Primavera era un roster che, sulla carta, mixava alla perfezione esperienza e talento. Gente dalle spalle larghe come Pippo Lanza e il libero Marco Rizzo, un palleggiatore di esperienza internazionale come Jan Zimmermann e una chioccia come Aimone Alletti da una parte. Dall’altra giovani che adesso finiranno sicuramente nel mirino di tante squadre, big comprese. Parliamo dei due centrali Wout D’Heer, un gigante a muro, e Roamy Alonso, più offensivo nell’interpretazione del ruolo. Parliamo dei due martelli Brodie Hofer, canadese classe 2000, e Tim Held, italiano classe 1998. Parliamo di un opposto come Fabrizio Gironi, anche lui del 2000, che dopo aver ben figurato lo scorso anno a Piacenza, quest’anno aveva la grande opportunità, e voglia, di consacrarsi. Tutti giovani, sì, ma comunque nel giro delle rispettive nazionali e già con diversi campionati di alto livello alle spalle.Eppure una sua identità ben precisa questa squadra forse non l’ha mai avuta, finendo col perdersi strada facendo invece che strutturarsi, costruirsi delle certezze, trovare continuità nei risultati. Ne è dimostrazione il girone di ritorno. Dopo i 10 punti conquistati in quello d’andata, nelle successive undici giornate Taranto ha fatto sua una sola vittoria, da due punti contro la Vero Volley, e appena 5 punti.

    BILANCIO SCONTRI DIRETTIAlla fine della fiera, guardando i confronti diretti con le altre squadre alla sua portata, si scopre che i rossoblu hanno raccolto 3 punti nel doppio confronto con la Yuasa Battery, 3 in quello con Monza (due tie-break, il primo vinto, il secondo perso), 1 in quello con Cisterna, 1 in quello con Modena, addirittura 0 contro Padova. Largamente insufficienti le appena 4 vittorie conquistate in tutta la stagione, ben due in meno rispetto a Monza. Sanguinose, a conti fatti, si sono rivelate le occasioni non colte già prima della sfida da ultima spiaggia contro Verona, ad esempio i due tiebreak mancati sia a Civitanova che a Modena nelle due giornate precedenti: terzo set perso contro la Lube 26-24, quarto set perso contro la Valsa Group per 25-23.

    TROPPI ALTI E BASSIPer non parlare di come la squadra di Taranto si sia accesa e spenta troppe volte, anche nel corso di una stessa partita. Alcuni esempi andando a ritroso in questo girone di ritorno. Avanti due set a uno contro Verona, invece di chiudere il conto perde il quarto a 17. A Modena perde il primo a 15 prima di iniziare a dare battaglia dal secondo set in avanti. A Civitanova vince il primo di forza (17-25), salvo poi subire pesantemente nel secondo (25-11). Contro Cisterna, in casa, lotta per quattro set, ma ancora una volta manca di killer instinct (tie-break perso 11-15). Contro Padova un match da aggredire finito invece con l’essere aggredita (25-20, 25-21, 24-26, 25-19). Contro Trento partenza a tutta birra, due set giocati alla pari, se non meglio, poi altro black-out (30-32, 25-19, 20-25, 15-25) e altra occasione persa di muovere la classifica anche con un solo punto. RICEZIONE TALLONE D’ACHILLEChe dire poi dei numeri di Taranto nel fondamentale della ricezione: prima come errori totali (176), prima per numero di ricezioni negative (907 su un totale di 1668), ultima per numero di ricezioni perfette (279 e appena il 16,7%), ultima per efficienza (0,06).

    SI SAREBBE POTUTO EVITARLO?Alla luce di tutte queste evidenze, forse l’unica colpa della società è stata quella di non fiutare il pericolo per tempo e agire di conseguenza. I 2 punti fatti da Grottazzolina nelle prime undici giornate probabilmente hanno gettato fumo negli occhi, alimentando la speranza che, male che fosse andata, alla fine a retrocedere sarebbe stata come al solito la neopromossa “sacrificale”. A ridosso del giro di boa, poi, scoprire dalla stampa che il proprio allenatore aveva già firmato per un’altra squadra per la stagione seguente forse non ha contribuito a mantenere un clima sereno, o quanto meno lo stesso focus sull’obiettivo da raggiungere.

    IN PUGLIA LA STORIA NON CAMBIACi ritroviamo così a salutare l’unica rappresentante di tutto il Sud Italia in Superlega. Purtroppo, sotto le Marche sembra proprio che la pallavolo di alto livello o la si fa in Puglia o non la si fa da nessun’altra parte. Per di più, quando la si è fatta in Puglia (Taranto, Gioia, Molfetta, Castellana Grotte) la storia e le cronache raccontano che con Vincenzo Di Pinto in panchina si sono raggiunti determinati risultati, senza Vincenzo Di Pinto in panchina se ne sono raggiunti altri.Fortunatamente, voci di corridoio di queste ore dicono che la pallavolo a Taranto questa volta non dovrebbe chiudere. La società avrebbe intenzione di giocare in A2 il prossimo anno. Una notizia che la città ionica, che ha già visto i fallimenti quest’anno del calcio e del basket, paradossalmente in prossimità dei Giochi del Mediterraneo che si disputeranno nel 2026, si augura venga confermata al più presto.

    Di Giuliano Bindoni LEGGI TUTTO