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    F1, Haas: Fittipaldi al posto di Grosjean in Bahrain. E Mazepin sarà pilota ufficiale 2021

    Il Team Haas F1, ha annunciato oggi che Pietro Fittipaldi sostituirà Romain Grosjean al prossimo Gran Premio di Sakhir in Bahrain mentre il prossimo anno Nikita Mazepin sarà pilota ufficiale. Dopo il terribile incidente occorso a Romain Grosjean in Bahrain, il Team Haas ha annunciato oggi il nome de… L’articolo F1, Haas: Fittipaldi al posto […] LEGGI TUTTO

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    F1, Fuoco e fiamme a Sakhir: il volto spietato e reale del motorsport!

    Ogni volta che si verifica un grave incidente, il motorsport si esibisce in contorsionismi ideologici e mentali degni di una clinica psichiatrica. Da un lato i freddi, impassibili realisti, coloro i quali perseguono il buonsenso, dall’altro i moralisti e coloro i quali perdono il lume della ragione.

    L’incidente occorso a Romain Grosjean durante il primo giro del GP del Bahrain rimarrà per sempre scolpito nella memoria del pubblico appassionato e degli addetti ai lavori. Un incidente le cui dinamiche appaiono irripetibili, più uniche che rare. Sbattere contro il guard-rail interno, in quel tratto di pista, è — appunto — un evento più unico di una nevicata sulla Riviera Maya in piena estate.
    Partiamo dall’analisi tecnica, dai dati fattuali. La Haas VF-20 ha fatto il proprio dovere. E bene. La vettura realizzata dalla Dallara, all’impatto con il guard-rail, si è letteralmente disintegrata, spezzandosi in due. Un fatto normale. Scocca da una parte, retrotreno dall’altra. Normale, al contempo, che un guard-rail subisca, in tali condizioni, il danno che abbiamo avuto modo di constatare.
    L’urto è stato devastante: la monoposto condotta da Grosjean ha subito una decelerazione pressoché istantanea, passando da oltre 200 km/h (circa 220 km/h) a 0 km/h in un battito di ciglia. Il picco istantaneo di decelerazione è stato pari a 53 g.

    Nulla se messo in confronto con quanto David Purley subiva nel 1977, in occasione delle pre-qualifiche del GP di Gran Bretagna (Silverstone). In quella circostanza, la LEC CRP1-Cosworth condotta dal pilota inglese passava da una velocità di poco oltre i 170 km/h a 0 km/h in meno di 70 cm. Il picco di decelerazione era pari a circa 180 g. Purley riporta fratture multiple ma sopravvive. La LEC si era accartocciata su se stessa. Le scocche dell’epoca, ricordiamo, erano in pannelli di alluminio.
    La complessa scocca in materiali compositi della Haas (e di tutte le F1) — benché provata, scalfita e danneggiata dal tremendo urto contro il tagliente guard-rail— ha retto ottimamente; l’energia cinetica dell’impatto — nonostante la istantanea decelerazione della vettura — correttamente dissipata.
    A salvare la vita al pilota della Haas è stata, senza dubbio, la presenza dell’HALO. Il discusso dispositivo ha fatto ciò per cui è stato progettato e introdotto: proteggere la testa del pilota in questi rari incidenti. È un innegabile dato di fatto: senza HALO, verosimilmente, Grosjean non sarebbe sopravvissuto.
    Quello stesso HALO, tuttavia, che in altre circostanze può rivelarsi un autentico intralcio. Basti pensare ad un capottamento, in condizioni ben più critiche di quelle occorse a Lance Stroll in Bahrain: la struttura dell’HALO potrebbe non agevolare l’uscita del pilota dall’abitacolo in tempi rapidi. Due facce della medesima medaglia…
    Il merito, dunque, non va alla sola Dallara ma ai regolamenti FIA in fatto di costruzione della cellula di sopravvivenza, ai quali debbono sottostare tutti i costruttori impegnati in F1. Se al posto della Haas ci fosse stata una qualsiasi altra monoposto di F1, l’epilogo non sarebbe cambiato.
    Se è più che raro assistere ad un incidente in quel tratto di pista (praticamente rettilineo), è ormai altrettanto raro assistere a vetture che penetrano le maglie dei guard-rail, in disuso (o debitamente protetti da apposite barriere) nei circuiti permanenti in corrispondenza delle autentiche vie di fuga. Insomma, siamo in presenza di un incidente tanto agghiacciante quanto, oggigiorno, pressoché irripetibile. E, in quanto tale, legittimamente impressionante.
    E non deve nemmeno sconvolgere l’incendio propagatosi violento e potenzialmente mortale a seguito del micidiale impatto. Un simile urto — senza tanti giri di parole — disintegra la vettura: un mix incandescente e altamente infiammabile di carburante (miscela alcol-benzina), olio motore, lubrificanti, componenti elettriche, accumulatori di energia (ad iniziare dalle batterie del sistema ERS…) capace di innescare una autentica esplosione. In questo caso, non ci sono prove crash e prove a carico statico che tengano.
    A tal proposito, occorre mettere in discussione le motorizzazioni ibride, inutilmente rischiose e mal gestibili sotto molti aspetti. Motorizzazioni emanazione della demagogia “ambientalista-elettrificata” oggi in voga (e quindi difficilmente sacrificabili…) ma che, concretamente, non aggiungono nulla ai contenuti tecnici della F1.
    Persino il più che sicuro serbatoio del carburante adottato in Formula 1 può subire ingenti danni a seguito di un simile impatto. Qui, trovate i principali articoli estrapolati dal Regolamento Tecnico F1 2020 inerenti al serbatoio del carburante.
    Le indagini FIA saranno approfondite. Vedremo se e quali modifiche verranno apportate alle monoposto di F1 e ai circuiti, in particolare ai guard-rail e al loro posizionamento. Parliamo di modifiche: non sempre, infatti, queste modifiche si sono tradotte e si traducono in migliorie, specie quando in ballo vi è la sicurezza o presunta tale. Il rischio — alto — è la tipica, classica isteria collettiva, la quale ha già prodotto uno scadimento del “prodotto” Formula 1 e, più in generale, del motorsport. Il rischio di “deriva demagogica” è, in questi casi, molto alto. E chi ha vissuto appieno i mesi, gli anni post Imola 1994 sa bene a cosa ci riferiamo…
    Insomma, solo per citare un esempio, dalle vie di fuga più ampie all’assillo degli odiosi “track limits” è un attimo…
    I gravi incidenti scatenano polemiche, alzano polveroni, spesso ingiustificati. Ma, specie oggi, fanno tornare coi piedi per terra. Stiamo vivendo, infatti, un momento storico nel corso del quale le cronache della F1 (ma più in generale del motorsport) vengono letteralmente ridicolizzate e quotidianamente svilite da appassionati, tanto giovani quanto improvvisati e sprovveduti cronisti e addetti ai lavori stessi.
    Cronache che ci raccontano solo ed esclusivamente di inflazionati e tristi meme, di cani che attraversano la pista, di Roscoe e compari umanizzati protagonisti delle frivole, stucchevoli, patetiche vicende social di piloti e team, di glamour, di “outfit” alla moda, di treccine e tatuaggi, di piloti sempre meno piloti e sempre più “influencer”, di frasi fatte, di sedicenti e strumentali battaglie sociali, di finti, paraculi e artefatti hashtag, di caschi speciali, di arcobaleni e altre amenità.
    No, signori, non ci siamo. Il motorsport non è una partita di ping pong, non è una pagina social tutta apparenza e zero sostanza, non è il palcoscenico del sudicio politicamente corretto imperante.
    Il motorsport è una cosa tremendamente seria. Sì Svago, sì passione, sì divertimento, sì festa, ma tutto inscritto in una cornice unica, inimitabile, che solo altri pochi sport possono sfoggiare e vantare: uomini e macchine che sfidano i propri limiti, uomini che giocano a dadi con la morte.
    La prova di questo “politicamente corretto” imperante è quanto dichiarato da Daniel Ricciardo. Il pilota della Renault, infatti, denuncia l’eccessiva “spettacolarizzazione” dell’incidente occorso a Grosjean. La regia, secondo l’opinabile opinione dell’australiano, avrebbe indugiato troppo a lungo con i replay dell’incidente.
    La realtà, però, non è quella descritta da Ricciardo. Esiste, infatti, un diritto di cronaca. Un sacrosanto diritto di cronaca. Il motorsport, che piaccia o no, contempla incidenti, anche cruenti, anche mortali. Circostanze che vanno documentate, al pari di un podio, di un pit-stop o di un semplice testacoda.
    Ma è la stessa regia internazionale a cadere nella (parziale e iniziale) censura. I filmati relativi all’incidente, infatti, sono stati trasmessi solo quando Grosjean è uscito illeso dai rottami della propria Haas.
    Domanda: e se Grosjean fosse deceduto, non avremmo mai visto alcun filmato o alcuna foto? Questa si chiama censura. Ingiustificabile censura.
    L’incidente di Grosjean costituisce un aspetto tanto spietato quanto reale del motorsport. Un aspetto sovente dimenticato, soffocato dalla frivolezza delle odierne cronache, da vetture che sembrano indistruttibili, da piloti che troppo spesso sembrano fluttuare in un mondo patinato fatto solo di Instagram, scenette social, vuoti slogan e caschi speciali, da circuiti sempre più sicuri, molti dei quali anonimi, persino stucchevoli e noiosi tanto riescono a perdonare il minimo errore di guida.
    La sicurezza (come, purtroppo, la demagogia…) ha fatto passi da gigante. Si chiama progresso, evoluzione tecnologica. Come sempre avvenuto: è sufficiente contestualizzare le varie epoche per afferrare tale, basilare concetto. Il concetto di sicurezza non nasce nel 1994 né con HALO.
    In passato, il rischio di rimetterci la pelle era innegabilmente più alto rispetto ad oggi. Abbiamo tutti negli occhi le immagini, le foto degli incidenti occorsi a Lorenzo Bandini, Jo Schlesser, Jochen Rindt (il cui incidente mortale presenta affinità con quanto accaduto a Grosjean), Jo Siffert, Roger Williamson, Niki Lauda, Ronnie Peterson, Riccardo Paletti, Gerhard Berger, solo per citare i più ricorrenti, indelebili momenti di una Formula 1 così amata e rimpianta quanto maledettamente spietata.
    Il fuoco, in particolare, costituiva un ricorrente demone.
    Incidenti che hanno portato via con sé vite. Incidenti gravi che, al contrario, hanno avuto lieti fini. Lauda, miracolato in quel del Nürburgring grazie al tempestivo intervento di alcuni, valorosi colleghi; Berger, scampato al rogo di Imola 1989 (vettura spezzata in due); Michele Alboreto, anche lui “vittima” del Tamburello (vettura disintegrata e incendio) nel corso di alcuni test nel 1991 (Footwork FA12).
    Ma anche il già citato David Purley, colui il quale nel 1973 cerca — invano — di salvare la vita a Williamson e, nel 1977, esce vivo da uno degli incidenti più cruenti e devastanti che la storia della F1 ricordi. Contrariamente a quanto si pensi, anche in passato si poteva uscire vivi da incidenti potenzialmente mortali.
    Frivolezza, incontenibile voglia di ridicolizzare: ed ecco che anche l’incidente di Grosjean è, in queste ore, terreno fertile per cuoricini, lacrimevoli emoji, frasi fatte, strampalate analisi tecniche e storiche che lasciano il tempo che trovano in salsa “se c’era HALO, Tom Pryce non sarebbe morto”.
    I dati fattuali sono pochi e ben individuabili.
    1) Le odierne vetture da competizione (F1 comprese) sono altamente sicure grazie ad un continuo (e in questo senso apprezzabile perché sensato e mirato) lavoro sui materiali e sulle prove crash e a carico statico.
    2) Il motorsport era, è e sempre sarà uno sport in cui la “componente rischio” non potrà mai essere eliminata e azzerata. E, detto senza peli sulla lingua, è un bene.
    3) L’incidente di Grosjean rientra in quella categoria di circostanze più uniche che rare. Imponderabili, non prevedibili, non gestibili secondo una reiterata e scientifica casistica. Come la morte di Senna, la quale è stata solo ed esclusivamente frutto di un “accidente” unico nella storia del motorismo, un “accidente” che nulla aveva a che fare con le prestazioni e la sicurezza delle allora vetture. Ma la demagogia, si sa, ha cavalcato questo tragico evento…
    4) HALO ha salvato la vita di Grosjean. Se da un lato questo dispositivo di sicurezza risulta, sotto molti aspetti, controverso e ancora lungi dall’essere perfetto (il traguardo, probabilmente, è arrivare ad abitacoli integralmente chiusi e ben integrati al resto della vettura come avviene per i Prototipi), in simili circostanze può rivelarsi determinante. Un dispositivo certamente non bello a vedersi, poco (o per nulla) utile contro detriti che possono penetrare attraverso le ampie aperture ma, senza dubbio, ben concepito e salvifico in simili pur rare circostanze.
    Analisi, controanalisi, moviole, sentenze. La speranza è che si giunga ad una semplice, elementare, logica conclusione: Motorsport is dangerous. Prendere o lasciare. LEGGI TUTTO

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    F1, Mondiale di centro gruppo: in Turchia la Racing Point si prende la scena

    Nel weekend turco il midfield si è preso non poco la scena. Approfittando delle condizioni singolari in cui si sono trovati a correre i piloti nella tre giorni di Istanbul, le sorprese e i colpi di scena ci hanno regalato riscontri a dir poco inaspettati. Una su tutti la pole position targata Lance Stroll e Racing Point, spezzando così l’egemonia in qualifica dei tre top team nell’era turbo-hybrid. Parlando di top team, cinque delle sei monoposto hanno concluso in top ten. Nel mondiale di centro gruppo, che assegna punti escludendo proprio Mercedes, Red Bull e Ferrari, anche chi ha concluso in posizioni arretrate, ottiene quindi lunghezze utili.
    È proprio la scuderia di Mr. Stroll a mettere il luce le performance più brillanti, prendendosi la scena nelle fasi più importanti del fine settimana. Se infatti nelle sessioni di libere non erano state ottenute prestazioni interessanti, le condizioni di qualifica e gara hanno premiato i due piloti che si sono ben destreggiati in condizioni non proprio solite. Al sabato è emerso un ottimo Lance Stroll che ha compiuto un giro perfetto sul bagnato, ritrovando la pole che gli mancava dai tempi della F3. Si è ben adattato alle condizioni di bagnato, dove aveva già espresso il tuo talento in qualifica a Monza nel 2017, anche nei primi due terzi di gara, dove dopo una buona partenza ha mantenuto la leadership e costruito un solido gap sul compagno Sergio Perez. La scelta di farlo sostare ai box per sostituire le intermedie non lo ha aiutato, in quanto dopo la sosta non è più riuscito a ripetere le stesse performance della prima parte di gara. La squadra ha tenuto a precisare però come un danneggiamento alla parte inferiore destra dell’ala abbia causato un degrado anomalo dello pneumatico anteriore. Situazione differente invece per il Messicano, che dopo aver sopravanzato Max Verstappen in partenza, ha mantenuto la seconda posizione fino alla bandiera a scacchi, gestendo alla perfezione le gomme e tenendo alle proprie spalle i due arrembanti Ferraristi.
    Arrivano buoni segnali anche da casa McLaren, dopo che al termine della qualifica i riscontri non erano stati così incoraggianti. Un assetto forse volto più al regime di GP, non ha aiutato i piloti al sabato, quando non erano riusciti a piazzare le loro macchine in Q3. Carlos Sainz al termine della gara si è poi detto soddisfatto per il passo mantenuto, un ottimo start gli ha permesso di guadagnare diverse posizioni nelle prime fasi gara. Un buon ritmo gli ha poi consentito di arrivare alla bandiera a scacchi a ridosso delle Ferrari, non lontano quindi dal podio generale. Anche Lando Norris può dirsi soddisfatto, perché dopo una partenza dalle retrovie che non lo ha favorito, ha preso il ritmo e recuperato terreno, un ritmo culminato con la conquista del giro veloce assoluto in gara.
    È accaduto invece l’opposto in casa Renault che dopo un buon sabato, dove il team transalpino aveva raggiunto l’ultima fase della qualifica con entrambe le monoposto, non ha capitalizzato il risultato alla domenica. La partenza ha in parte condizionato la loro gara. Daniel Ricciardo dopo un buono spunto iniziale ha colpito la monoposto del compagno Esteban Ocon in curva 1, nell’intento di evitare la W11 di un Lewis Hamilton protagonista di un ottimo scatto al via. Il francese, finito in testacoda, si è trovato a dover ricostruire la sua gara dal fondo della griglia. Protagonista di un testacoda anche Ricciardo, nella seconda parte di gara, dove si è trovato a faticare non poco con le gomme intermedie.
    È accaduto qualcosa di molto simile anche all’Alfa Romeo Racing che dopo aver brillato in qualifica, disputando la migliore della stagione, con una doppia qualificazione per il Q3, ha avuto non poche difficoltà alla domenica. Antonio Giovinazzi, fortunato per essere riuscito a piazzarsi in griglia dopo essere finito in ghiaia nel giro di uscita dai box, ha dovuto parcheggiare la sua C39 a bordo pista dopo pochi giri per un problema al cambio. Kimi Raikkonen ha invece faticato nel suo secondo stint di gara, ovvero quando è passato dalla gomma wet all’intermedia.
    Dopo gli ottimi riscontri di Imola, è stato invece un weekend anonimo per l’AlphaTauri. Il team faentino ha infatti faticato ad interpretare le condizioni di bagnato, non riuscendo ad ottenere buone performance, a discapito di un venerdì in cui entrambi i piloti si erano piazzati fra i primi dieci della griglia nelle due sessioni di libere.
    Classifica piloti
    Daniel Ricciardo Renault 217
    Sergio Perez Racing Point 197
    Lando Norris McLaren 174
    Carlos Sainz McLaren 150
    Lance Stroll Racing Point 140
    Pierre Gasly Alphatauri 133
    Esteban Ocon Renault 109
    Daniil Kvyat Alphatauri 92
    Kimi Raikkonen Alfa Romeo Racing 52
    Antonio Giovinazzi Alfa Romeo Racing 35
    Nico Hulkenberg Racing Point 28
    Kevin Magnussen Haas 24
    Romain Grosjean Haas 24
    George Russell Williams 21
    Nicholas Latifi Williams 18
    Classifica costruttori
    Racing Point 365
    Renault 326
    McLaren 324
    Alphatauri 225
    Alfa Romeo Racing 87
    Haas 48
    Williams 39
    Classifica giri più veloci
    Daniel Ricciardo Renault 5
    Lando Norris McLaren 3
    Carlos Sainz McLaren 2
    Lance Stroll Racing Point 1
    Nicholas Latifi Williams 1
    Romain Grosjean Haas 1
    Pierre Gasly Alphatauri 1 LEGGI TUTTO

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    F1, Mondiale di centro gruppo: a Imola l’AlphaTauri si conferma in crescita

    Su uno dei circuiti più iconici di questa stagione è andato in atto l’ultimo round europeo del mondiale 2020. A dare spettacolo ancora una volta, il centro gruppo, che si è rivelato protagonista di diverse battaglie e colpi di scena, andando contro le aspettative della vigilia. Nonostante infatti si trattasse di un tracciato non così propenso al sorpasso, l’azione in pista e non solo, non è mancata, regalando spettacolo in uno scenario che merita di essere presente anche in futuro. Nel mondiale che assegna i punteggi ad esclusione dei top team, la renault continua a governare la classifica piloti con Daniel Ricciardo e punta alla leadership fra i costruttori.
    A confermare la propria crescita e competitività, l’AlphaTauri. La scuderia faentina ha messo in scena una delle migliori performance della stagione, confermando la costanza nei risultati ormai intrapresa diverse gare fa. Tutto ciò proprio nel fine settimana in cui si correva a pochi chilometri dalla sede della scuderia. Ad ottenere il miglior risultato è stato Daniil Kvyat, che nella lotta del midfield ha concluso alle spalle del solo Daniel Ricciardo. Dopo una qualifica in cui era riuscito ad entrare in Q3, seppur messo alle spalle dal compagno, ha compiuto la miglior gara dell’anno, arrivando a concludere a poco più di un secondo dal podio. La tessera vincente è stata senz’altro la sua incredibile partenza dopo la safety car, dove in un solo giro ha sorpassato tre monoposto, sfruttando anche il vantaggio delle gomme soft. Ha infatti bruciato Alexander Albon e Sergio Perez, uscendo dalla chicane del Tamburello alle spalle di Charles Leclerc, sorpassato all’esterno alla curva della Piratella, una mossa non proprio così semplice…
    Tanta sfortuna invece per Pierre Gasly che nel weekend in cui correva nel segno di Ayrton Senna, con i suoi colori sul casco, è dovuto rientrare ai box per un problema di raffreddamento emerso dopo poche tornate, quando si trovava in una vantaggiosa posizione che, con il senno di poi, sarebbe potuta valere il podio finale. Per Gasly e per l’AlphaTauri resta però la consapevolezza di avere in tasca ottime performance, lo dimostra anche la quarta piazza del francese stampata nell’unica sessione di libere e confermata poi in qualifica.
    A conquistare la miglior piazza del midfield è stato Daniel Ricciardo, che per la seconda volta in questa stagione ottiene il podio, dopo averlo conquistato al Nurburgring. Tutto ciò a conferma di una Renault che come obiettivo principale si pone quindi quello di laurearsi regina del midfield, dopo le continue conferme in termini di risultati. A Imola l’australiano si è dimostrato ben veloce già in qualifica, conquistando la quinta casella in griglia alle spalle di Gasly. Si è poi dimostrato veloce e costante in regime di GP, la buona condotta di gara è stata poi coronata con la scelta di fare l’opposto di Perez in regime di Safety Car, evitando la sosta e raggiungendo così la zona podio, mantenuta quindi fino alla bandiera a scacchi.
    A perdere il podio quindi Sergio Perez che con la sosta si è ritrovato alle spalle di un gruppetto che, nonostante la gomma soft fresca, non è riuscito a sopravanzare completamente visti i pochi giri restanti. È andata peggio a Lance Stroll, che ha concluso come penultimo pilota al traguardo, al termine di un fine settimana travagliato. Il canadese sta attraversando un periodo non così semplice in termini di risultati in pista, il podio di Monza resta infatti l’ultimo risultato utile ottenuto finora.
    Possono dirsi soddisfatti invece in casa McLaren, con un doppio piazzamento all’interno della top 10 ottenuto in qualifica per essere poi migliorato ulteriormente in gara. La scuderia di Woking dovrà limare ancora qualcosa nelle ultime quattro gare che restano, dopo che la competitività dei diretti avversari sembra essersi alzata ulteriormente rispetto alla prima parte di stagione. Lo dimostrano infatti i distacchi minimi che i piloti di questa fascia di classifica si rifilano ogni fine settimana.
    Se a Portimao la magia di Kimi Raikkonen in partenza non era bastata per dar sufficiente soddisfazione ai ragazzi di casa Alfa Romeo Racing in termini di concretezza, non si può dire lo stesso per quanto accaduto in quel del Santerno. Per il team che la scorsa settimana ha confermato la partnership fra Sauber e il Biscione, è arrivato un risultato concreto che potrebbe rivelarsi fondamentale in chiave classifica finale. Se da un lato bisogna riconoscere che i diversi ritiri hanno favorito il recupero di posizioni, dall’altro bisogna dar merito all’ottimo lavoro compiuto da parte dei piloti. Il finlandese ha gestito alla perfezione le gomme soft, mantenute per ben 50 giri; Antonio Giovinazzi è stato protagonista di un’altro ottimo scatto al via, che gli ha permesso di guadagnare ben sei posizioni nel corso del primo giro.
    Classifica piloti
    Daniel Ricciardo Renault 207
    Sergio Perez Racing Point 172
    Lando Norris McLaren 158
    Carlos Sainz McLaren 132
    Pierre Gasly Alphatauri 129
    Lance Stroll Racing Point 128
    Esteban Ocon Renault 101
    Daniil Kvyat Alphatauri 86
    Kimi Raikkonen Alfa Romeo Racing 50
    Antonio Giovinazzi Alfa Romeo Racing 35
    Nico Hulkenberg Racing Point 28
    Kevin Magnussen Haas 24
    Romain Grosjean Haas 24
    George Russell Williams 20
    Nicholas Latifi Williams 18
    Classifica costruttori
    Racing Point 328
    Renault 308
    McLaren 290
    Alphatauri 215
    Alfa Romeo Racing 85
    Haas 48
    Williams 38
    Classifica giri più veloci
    Daniel Ricciardo Renault 5
    Carlos Sainz McLaren 2
    Lando Norris McLaren 2
    Lance Stroll Racing Point 1
    Nicholas Latifi Williams 1
    Romain Grosjean Haas 1
    Pierre Gasly Alphatauri 1 LEGGI TUTTO

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    F1, Grosjean e Magnussen lasciano Haas. I piloti pronti a sostituirli

    È un anno imprevedibile anche per la F1, oltre che per il mondo intero. Una stagione in cui i fatti più interessanti accadono spesso fuori dalla pista. Come oggi con lo tsunami in casa Haas che scuote il Circus. Prima Romain Grosjean comunica su Facebook l’addio al team al termine del 2020. Poi arriva lo stesso annuncio anche di Kevin Magnussen e il ringraziamento della scuderia, senza alcun cenno alla nuova coppia 2021. Questo duplice abbandono, tuttavia, conferma indirettamente tutte le indiscrezioni di mercato che girano attorno a due uomini e alle due note squadre legate alla Ferrari. I drivers in questione sono Mick Schumacher e Antonio Giovinazzi, Alfa Romeo e la stessa Haas i team.
    Uno dei posti lasciati liberi per il prossimo Mondiale da Grosjean e Magnussen, a questo punto, potrà essere occupato proprio dal figlio di Michael o dal pilota italiano. Il tedeschino ha però la precedenza, molto più vicino adesso agli americani rispetto a qualche settimana fa, quando sembrava imminente il suo approdo all’Alfa, dove invece Antonio è ora ben avviato sulla strada della riconferma accanto a Kimi Raikkonen. A fianco di Mick le voci di mercato piazzano il 21enne pilota russo di F2 Nikita Mazepin e Sergio Perez. Niente alternativa in F1 sia per Grosjean, proiettato nel Wec o in Formula E, che per Magnussen, anch’egli con il pensiero altrove.
    “L’ultimo capitolo è concluso – ha scritto sulla sua pagina Facebook – e il libro è finito. Sono stato con la Haas dal primo giorno. Cinque anni nei quali abbiamo vissuto alti e bassi. Ho imparato tanto, sono diventato un pilota e un uomo migliore. Spero di aver anche aiutato anche le persone nel team a migliorare. Questo è il mio orgoglio più grande”. “Mi sono trovato bene con il team in questi quattro anni – ha dichiarato il danese su Instagram – ed è stata una sfida che mi è piaciuta moltissimo facendomi acquisire parecchia esperienza, migliorare e crescere come pilota. Vorrei ringraziare Gene, Gunther e tutto il team per la loro lealtà e fiducia”. LEGGI TUTTO

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    F1, Mick Schumacher conteso da Alfa Romeo e Haas per il debutto 2021

    Alfa Romeo oppure Haas? È quasi certo ormai che sarà una di queste scuderie dell’orbita Ferrari ad offrire a Mick Schumacher il suo primo volante di F1 per la stagione 2021. Nelle scorse settimane l’Alfa era nettamente favorita ma adesso si sta facendo molto insistente l’ipotesi americana per il giovane talento tedesco figlio d’arte.
    Di sicuro si saprà molto presto perché il team principal della scuderia con sede ad Hinwil, Frédéric Vasseur, ufficializzerà a breve la line-up piloti del prossimo anno. Come già evidenziato giorni addietro, Antonio Giovinazzi è dato per probabile partente mentre il fresco 41enne Kimi Raikkonen ha buone chances di riconferma. Il posto del driver italiano potrebbe essere occupato proprio da Schumi jr. “Penso che nel corso di questo mese prenderemo una decisione”, ha affermato a tal proposito Vasseur ad Autosport.
    Dal canto suo, però, il suo collega della Haas, Günther Steiner, ha manifestato chiaramente l’intento di assicurarsi il campioncino nel suo team. Intervistato da Sport1 ha dichiarato: “Chi non vorrebbe uno Schumacher di nuovo in F1? Soprattutto nello stato di forma che ha attualmente in Formula 2. Guida il campionato e non con un piccolo margine, ma con uno ampio. Assolutamente non sarei contrario a prendere Schumacher”. Alfa o Haas, quindi per Mick? La parola alla Ferrari. Spetta a loro decidere. LEGGI TUTTO