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    Nick Kyrgios: “Io il più forte sull’erba. Voglio dimostrare alla gente che non è necessario giocare sempre per essere al top”

    Nick Kyrgios nella foto – Foto GETTY IMAGES

    Quando è in fiducia, Nick Kyrgios e molto motivato e crede fermamente nelle proprie possibilità. Se a questo si aggiunge Wimbledon, la sensazione diventa ancora più forte. Ne è una prova la risposta che l’australiano, attualmente numero 78 della classifica ATP, ha dato quando gli è stato chiesto chi è il tennista più forte al mondo sull’erba in questo momento.
    “Sull’erba? Sull’erba, sono io il più forte!” ha commentato Kyrgios, che è molto soddisfatto per quello che sta facendo in questa stagione, già con il titolo di doppio degli Australian Open in tasca. “Quest’anno c’è qualcosa di diverso. Ho giocato cinque o sei tornei e ho fatto molto bene in quasi tutti, oltre a battere molti giocatori di alto livello. È un anno di rinascita. Voglio dimostrare alla gente che non è necessario giocare sempre per essere al top. Mi sto divertendo”, ha ammesso.
    Quello che è certo è che Kyrgios vuole pensare anche al bene comune quando è in campo. “Gioco per molte persone. Sento che le persone si riconoscono in me. Molti bambini mi guardano con ammirazione quando gioco. Se qualcuno come me può arrivare fino a questo punto e raggiungere ciò che ho raggiunto io, penso che dia loro una speranza. Certo, ho 27 anni e devo guadagnare dei soldi, ma è davvero divertente. Voglio godermela finché posso”. LEGGI TUTTO

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    Rafael Nadal e il dolore continuo: “ Vivo con gli anti-infiammatori per potermi allenare, altrimenti non posso allenarmi”

    Rafael Nadal nella foto

    Rafael Nadal: “Non sono una vittima e non voglio dare Una visione negativa della mia situazione, cerco di essere il più chiaro possibile in questo momento della mia carriera. Vivo con gli anti-infiammatori per potermi allenare, altrimenti non posso allenarmi. Poi arrivano sere come queste in cui non posso giocare. Spero che la mia testa mi permetta di accettare che i miei giorni sono così, fino a quando la mia testa mi dirà basta, che non si può vivere con così tanto dolore ogni giorno. Lo dico col cuore, gioco per essere felice, ma il dolore ti rovina la felicità, non solo per il tennis ma per la vita. Mi piace molto la competizione, ma mi dà anche molta infelicità per il dolore quotidiano. Credo che la mia testa sia preparata per accettare questa situazione. Credo che entro una settimana e mezza recupererò. Spero solo che il piede mi permetta di giocare, non chiedo altro”.
    “Non so cosa accadrà in una settimana, non ne ho idea. Ho cominciato la stagione bene, ma è difficile per me allenarmi tanti giorni di fila. E ho bisogno di muovermi bene per competere. Comincia a diventare sempre più difficile. Mi spiace sentirmi così. Quando queste cose accadono il resto delle cose positive scompaiono. E’ tempo di accettare la situazione e combattere. Non posso dire altro al momento. La prima cosa che mi serve per andare avanti è non avere dolore. Oggi non è possibile giocare per me, ma magari in un paio di giorni lo sarà. Sono ovviamente triste, questo torneo mi piace molto”. “Non mi manca l’attitudine – continua – ho sempre la mentalità del lottatore. Cerco di trovare il lato positivo. Spero di stare bene entro una settimana e mezza, ho una squadra di medici che mi può aiutare per Parigi. C’è una possibilità che io sia in forma per Parigi”. LEGGI TUTTO

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    Quarti di finale Internazionali Under 18 “Città di Santa Croce”

    Federico Bondioli nella foto

    L’Italia è protagonista assoluta in mezzo a quaranta nazioni nel Torneo ITF giovanile “Città di Santa Croce” Mauro Sabatini, organizzato dal Tennis Club Santa Croce sull’Arno (Pisa), unico Grado 1 tra i tornei internazionali juniores in Italia e tappa imperdibile su terra rossa prima del Bonfiglio e del Roland Garros: Federico Bondioli e Georgia Pedone strappano il pass per le semifinali, conquistando il diritto di giocarsi i prestigiosi titoli che mancano da tempo al nostro paese. Un azzurro infatti non trionfa sui campi del Cerri dal 2015 (in quell’edizione ad alzare il trofeo fu Andrea Pellegrino), mentre se ricerchiamo l’ultima vincitrice femminile dobbiamo andare indietro addirittura al 1989 con il successo di Gabriella Boschiero.
    Per i due semifinalisti, partiti con poche chance di vittoria, è già un’impresa essere arrivati fino a qui, considerando il livello altissimo della concorrenza. In passato attuali campioni come Sinner o Musetti non sono riusciti a fare meglio di loro a Santa Croce.A stupire soprattutto è stato Federico Bondioli, emiliano classe 2005 e atleta più giovane dei quattro rimasti a contendersi il titolo. Mancino, dotato di soluzioni potenti e fantasiose e di un carattere invidiabile, sta realizzando nel pisano un’autentica escalation. Se negli ottavi aveva dovuto sudare le classiche sette camicie per superare il croato Luka Mikrut, salvandosi da una situazione difficilissima di punteggio al tie-break del terzo set, nei quarti si è scatenato: al messicano Rodrigo Pacheco Mendez, sulla carta favoritissimo dall’alto della posizione numero 19 al mondo, ha letteralmente nascosto la palla (63 61) in virtù una superiorità impressionante. A braccetto con Bondioli sbarca in semifinale Georgia Pedone. Vittoriosa quest’anno nel Grado 2 di Firenze, la siciliana non è dotata di un gioco appariscente ma è capace di sviluppare trame solide ed efficaci, e a Santa Croce sta crescendo con il passare dei turni, come dimostra il netto 61 63 imposto nei quarti alla britannica Ranah Stoiber, testa di serie numero 8.Se l’Italia va forte, non vale altrettanto per il continente asiatico, che conferma la sua tradizione sfortunata al Cerri. L’ultima tennista asiatica in gara, la giapponese Sara Saito, si arrende alla testa di serie numero 2 Nikola Daubnerova (prossima avversaria di Georgia Pedone) in una sfida tra regolariste (46 63 61), dove la slovacca recupera un set e un break di svantaggio per far valere la sua maggiore esperienza. La Saito si consola con il Trofeo Beppe Giannoni, destinato all’atleta più giovane a giungere nei quarti di finale, un premio che rappresenta un’assoluta garanzia per il futuro: basti pensare che appena sei anni fa se lo aggiudicò Iga Swiatek, attuale dominatrice del tennis mondiale femminile, e ancor prima si sono imposti nomi come quelli di Martina Hingis, Anna Kournikova e Mario Ancic. Tuttavia l’Asia, la cui rilevanza tennistica è sempre più elevata nel panorama mondiale, non riesce a lasciare il segno a Santa Croce: in quarantadue anni di storia degli Internazionali soltanto tre tennisti asiatici hanno scritto il loro nome nell’albo d’oro (il coreano Woong Sun Jun nel 2004, il giapponese Naoki Nakagawa nel 2014 e la cinese Quinwen Zheng nel 2018).L’ingresso al circolo è libero per tutta la durata della manifestazione. LEGGI TUTTO

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    Match fixing, tennis: arbitro squalificato a vita per partite truccate

    Match fixing, tennis: arbitro squalificato a vita per partite truccate

    L’International Tennis Integrity Agency (ITIA) ha squalificato a vita l’arbitro di sedia portoghese Daniel Zeferino per partite truccate.
    Decidendo sul caso, Ian Mill, funzionario indipendente dell’audizione anticorruzione (AHO) ha detto che Zeferino avrebbe dovuto essere rimosso dallo sport in modo permanente, il che significa che non sarà più in grado di arbitrare eventi di tennis autorizzati o sanzionati da alcun organo di governo internazionale del tennis. Zeferino, che era un ufficiale di livello due con badge bianco, non ha contestato le accuse.
    L’ITIA , riporta agipronews, ha rilevato che Zeferino ha violato due sezioni del Programma anticorruzione del tennis (TACP), secondo cui nessuna persona deve, direttamente o indirettamente, facilitare qualsiasi altra persona a scommettere sul risultato o su qualsiasi altro aspetto di un match di tennis. Questa settimana l’ITIA aveva confermato la squalifica di sei tennisti spagnoli, condannati per accuse penali relative a partite truccate LEGGI TUTTO

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    Raducanu preoccupata per l’infortunio: “Non voglio assolutamente saltare il Roland Garros…”

    Emma Raducanu GBR, 13.11.2002 – Foto Getty Images

    Emma Raducanu è preoccupata per un problema alla schiena. Questo problema le ha complicato nuovamente la vita al WTA 1000 di Roma, tanto che la campionessa degli US Open ha persino abbandonato il suo match contro Bianca Andreescu. Qualcosa che naturalmente la lascia preoccupata in vista del Roland Garros.
    “Non voglio assolutamente perdere il Roland Garros. Tutta la stagione sulla terra battuta porta a quel torneo. Le ultime settimane sono state molto positive. Ho imparato molto su di me e il mio gioco è migliorato molto su questa superficie. Ma ovviamente devo assicurarmi che la mia schiena sia completamente a posto, non importa quanto tempo ci vorrà. Devo continuare a lavorarci. Non voglio giocare da limitata i prossimi incontri”, ha ammesso.
    “Dopo Madrid, ho pensato che se avessi avuto uno o due giorni di riposo il dolore sarebbe sparito, perché molti altri piccoli problemi che avevo sono scomparsi dopo non aver giocato per qualche giorno. Ma sono arrivata qui, mi sono allenata e la situazione non sembrava migliorare. Non riuscivo a muovermi bene”. LEGGI TUTTO

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    Dal Foro Italico: Jannik Sinner – “mi piace giocare a tennis, sono un giocatore felice”

    Jannik Sinner ITA, 2001.08.16 – Foto Sposito

    Jannik Sinner : “Questo pubblico è incredibile: uscire dal tunnel ed entrare in campo è stato emozionante. Ho cercato di non dargli ritmo perché altrimenti lui può diventare molto pericoloso. Con Simone (Vagnozzi, il coach) prepariamo tatticamente i match: analizziamo come gioca l’avversario ma soprattutto come devo giocare io. So che posso migliorare e che ho ancora tanto margine. Sto lavorando sulle soluzioni d’attacco ma vorrei sottolineare che non è sempre così tanto facile come sembra da fuori…”. Quello contro Fognini sarà un match particolare: Fabio e Simone (Bolelli) in Davis mi hanno aiutato molto visto che per me era la prima volta, e se a Torino ho giocato bene è stato anche grazie ai loro consigli. Contro Thiem Fabio ha giocato piuttosto bene: domani spero che sarà una bella partita perché ci sarà tanta gente. Cosa fa meglio Fognini in campo? Ve lo dico domani…Sono uno a cui piace la competizione, affrontare le situazioni difficili: mi piace giocare a tennis, sono un giocatore felice”. LEGGI TUTTO

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    Il mito della freddezza

    L’indimenticata Jana Novotna nella foto

    Quando guardiamo una partita di tennis, e il giocatore o la giocatrice per cui facciamo il tifo non chiude a suo favore un punto delicato, può venire quasi naturale cercare le cause che l’hanno portato/a a perdere il punto nel controllo delle emozioni, il cosiddetto “braccino”, e richiamare alla mente atleti o atlete che nelle situazioni topiche di un match davano invece la sensazione di avere tutto sotto controllo, anche negli scambi più complessi, o addirittura di sentirsi ancora più a loro agio con quel tipo di tensione.
    E questo potrebbe portarci a pensare al mito della freddezza, dell’atleta emotivamente glaciale e imperturbabile. Se paragoniamo tra loro giocatori come Fognini, Kyrgios o Nadal, ci troviamo di fronte stili di gestione delle emozioni differenti. Perdere un punto in una fase delicata di un match, mentalmente parlando, può essere paragonato allo stare nel bel mezzo di un ingorgo che ci farà arrivare in ritardo a lavoro. Come reagireste in questa situazione? Contro voi stessi, contro gli altri, o manterreste la lucidità? E cosa differenzia queste diverse reazioni?Possiamo provare a cercare la risposta a questo quesito nel concetto di autoefficacia, che può essere descritto come il senso di fiducia nelle proprie abilità, tale da fornirci la percezione di poter affrontare un determinato compito con successo.
    Tuttavia, se una determinata situazione viene codificata come pericolosa, significa che una zona del nostro cervello, l’amigdala, il centro di controllo delle nostre emozioni, ha riconosciuto, nel confronto tra l’esperienza corrente e quelle passate, un segnale per il quale è meglio metterci in guardia, e per fare questo ci offre tre soluzioni immediate e biologicamente adattive: attacco, fuga, freezing. Quando allora osserviamo giocatori come Paire, Fognini, o Kyrgios perdere il controllo durante un momento delicato del match, probabilmente ciò che sta accadendo è che le risorse disponibili per un problem solving più “raffinato” non siano più sufficienti per evitare l’attivazione del nostro sistema limbico: la reazione “ruba” il posto all’azione, il senso di pericolo supera la percezione di autoefficacia, e ci si ritrova ostaggi del cosiddetto sequestro emotivo. Quello che nel trading ti può far perdere soldi, nella vita può logorare le relazioni, nel tennis può far perdere le partite.Quando il carico cognitivo è tale da rendere inefficace la gestione della frustrazione, con reazioni a volte rabbiose contro sé stessi o contro gli altri, le cause possono essere molteplici, e non sempre vanno ricercate all’interno di un singolo incontro, o un singolo punto. Ad esempio, possiamo avere ridotte risorse cognitive a disposizione perché abbiamo dormito poco e male, perché abbiamo litigato con la nostra compagna o il nostro compagno, perché non vinciamo una partita da tanto e tendiamo a pensare eccessivamente durante tutto l’incontro, o semplicemente perché sentiamo di non esserci allenati abbastanza.È come se la memoria RAM di un telefonino fosse sovraccarica per l’eccessivo numero di applicazioni aperte in contemporanea.
    In sintesi, quella che chiamiamo in gergo freddezza non è altro che la capacità del tennista e della tennista di far fronte agli eventi stressanti di un match attraverso risposte cognitive e di gestione emotiva adeguate alla situazione.
    Non tutti gli atleti hanno imparato ad affrontare questo tipo di eventi in autonomia nel migliore dei modi, e molto può dipendere dal mix di variabili biologico-ambientali che hanno influenzato la crescita di quel singolo individuo. Tuttavia, pur trovandoci di fronte a comportamenti o attitudini non irreversibili o prive di margini di miglioramento, la falsa credenza che lo psicologo si occupi esclusivamente di “disturbi mentali” ha per lungo tempo tenuto lontano questa figura dal mondo dello sport, facendoci percepire come normale la frustrazione che si manifesta durante un match, con i suoi monologhi infiniti, le racchette distrutte o le accuse all’avversario, all’arbitro o al tifo troppo rumoroso, come se fossero aspetti del gioco sul quale si può fare poco o niente, perché semplicemente quel giocatore è troppo emotivo, troppo impulsivo, o senza carattere.Per questo la notizia di Lorenzo Musetti, che avrebbe potuto scegliere di non condividere pubblicamente, di richiedere il supporto di uno psicologo, assume particolare significato, in quanto potrà dare coraggio a tutti quegli atleti, che ancora oggi, hanno paura di appoggiarsi a un professionista, per timore di essere a sproposito etichettati come deboli, strani, o senza speranza, e far comprendere a chi ancora nutre dei dubbi, che l’intervento dello psicologo nello sport è possibile, utile, e forse necessario.

    Dott. Marco Caocci LEGGI TUTTO

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    Jannik Sinner in esclusiva su Eurosport Players Voice – “Vorrei essere Federer per un giorno. Sul rosso cambia tutto: tirare sempre forte non serve”. Vagnozzi “Sinner potrebbe diventare anche più forte di Alcaraz”

    Jannik Sinner ITA, 2001.08.16

    A soli vent’anni, Jannik Sinner ha già conquistato 5 titoli ATP, giocato due quarti di finale Slam e un epilogo Masters 1000, raggiungendo lo scorso autunno le Finals di Torino. Intervistato in esclusiva da Simone Eterno di Eurosport Italia, il giovane Jannik si racconta a Players Voice, dai suoi prossimi obiettivi sul rosso a un sogno chiamato Federer:
    «Non penso al ranking (oggi è numero 13 della classifica ATP, ndr), non l’ho mai fatto e credo che non lo farò mai. Mi piace invece pormi degli obiettivi in senso più ampio: vedermi per esempio cresciuto fisicamente, dove so di avere tanto margine. E poi mentalmente, perché a vent’anni non puoi essere completo. Se poi penso al gioco, ecco, vorrei svegliarmi ed essere un altro tennista per un giorno: vorrei essere Roger Federer. Un’utopia, ma credo che ci si possa lavorare con l’obiettivo più realistico di diventare un giocatore un po’ diverso, più completo. Non vuol dire che mi vedrete fare il serve&volley o giocare solo slice, però forse un giorno, in partita, se ce ne fosse bisogno, vorrei sentirmi pronto, affidandomi anche a soluzioni del genere. Insomma, il vero obiettivo è diventare un giocatore migliore, più completo, nella mia ottica di crescita».
    Com’è cambiata la vita di Sinner da quando, nel 2019, ha fatto il suo ingresso nel circuito ATP? «Oggi è tutto diverso e ho maturato il pensiero di potermela giocare con tutti. So anche che questo comporta delle pressioni, soprattutto in Italia, dove c’è grande attesa su di me. La pressione però è un privilegio. Sono io il primo a voler vincere e a “voler arrivare”, quindi per quanto tutti parlino e tutti scrivano, non lo vivo come un problema, ma come parte del gioco. Lo accetto, mi sta bene.
    Come persona invece non mi sento cambiato. Sono lo stesso ragazzo di sempre, rimasto me stesso. Guardo la vita con la stessa prospettiva, ovvero aver la fortuna di poter fare ciò che mi piace, “selezionando” le persone che davvero contano per me e limitando l’uso dei social, che eppure sono parte integrante della vita di uno sportivo, per risparmiare ogni energia mentale necessaria per il tennis».
    Sinner parla delle esigenze che richiede il gioco sul rosso, impegnato in questi giorni agli Internazionali di Roma verso il grande appuntamento con il Roland Garros, che Eurosport e discovery+ trasmetteranno in diretta integrale ed esclusiva: da domenica 22 maggio alla finale maschile del 5 giugno, su Eurosport 1 le partite di cartello, su Eurosport 2 i match italiani, con Roberta Vinci volto nostrano di una grande squadra di ex-campioni e oggi analisti di Warner Bros. Discovery come John McEnroe, Mats Wilander, Barbara Schett e Justine Henin.
    «Sulla terra cambiano molte cose. Anzi, cambia un po’ tutto: devi giocare in modo diverso, cercare più rotazioni, più angoli, e anche servire diversamente, perché tirare sempre forte non serve. Sento che su questa superficie posso ancora imparare tante cose. Monte Carlo è stato subito un bel banco di prova e spero di ritrovare a Roma quell’atmosfera che avevo trovato anche a Torino, perché quel tifo lì è davvero speciale. Il pubblico un’arma e se hai la possibilità, la devi usare. Mi aspettano grandi giornate di tennis e non vedo l’ora!».
    Parla anche Simone Vagnozzi dal sito degli Internazionali D’Italia: “Ho un ‘materiale’ tra i migliori del mondo. Ha un tennis molto efficiente, deve completarsi in diverse aree del suo gioco, come a rete, deve aggiungere variazioni. Sono contento della sua disponibilità e del suo approccio al lavoro.Siamo contentissimi di essere qui, c’è grande euforia su Jannik. Il clima è ottimo, il pubblico lo aiuterà. Riccardo Piatti è il miglior coach in Italia a livello di risultati. Non mi posso confrontare con lui: io ho iniziato la mia carriera da sei anniSe avessi paura di tutti i commenti e le reazioni non avrei preso questo incarico. Sicuramente per me è un’occasione importantissima, spero di poterlo aiutare.Jannik però gioca sempre per vincere, e questo rende il lavoro più facile. Per un allenatore, sapere che il giocatore dà sempre e comunque il 100% è speciale.I coach bravi sono importanti, devo difendere anche la categoria. Anche perché tra i giocatori si sta riscoprendo un po’ di varietà. Basta vedere un giocatore come Alcaraz, che si è lanciato, è ancora più precoce di Jannik. Ma questo non significa che Jannik non possa diventare ancora più forte”. LEGGI TUTTO