Ferrari, i rischi e le opzioni per il 2023
TORINO – Sono ore di intenso travaglio, quelle che si vivono a Maranello. Le dimissioni di Mattia Binotto sono diventate note urbi et orbi nei giorni scorsi, ma non sono un fulmine a ciel sereno: da dopo Abu Dhabi il Team Principal e la Ferrari stavano trattando l’uscita. Questione di dettagli. Del resto, Mattia Binotto non sentiva più la fiducia da parte dei vertici aziendali e la sua decisione di dire basta è stata una logica conseguenza. Non è stato licenziato, questo deve essere detto a onor del vero, caso mai la Ferrari avrebbe voluto aspettare almeno le prime gare del 2023 e decidere dopo aver valutato il valore dell’auto, del progetto e quindi la fondatezza delle ambizioni per il Mondiale futuro. Binotto ha detto no a questa strada. La Ferrari non sembra prontissima, tanto che prende corpo di un interim da parte dell’amministratore delegato, Benedetto Vigna, manager che non si è mai occupato di corse. Ma è ovvio che a Maranello il lavoro prosegue ugualmente, in fondo il progetto della futura monoposto è già ultimato.
Ruolo tecnico e ruolo manageriale
Tra le tante voci che si susseguono in queste ore c’è anche quella che vorrebbe un ritorno di Simone Resta, senior designer al tempo di Sergio Marchionne, che negli ultimi anni ha lavorato nelle scuderie satellite (prima la Sauber Alfa Romeo, poi la Haas). Ma anche questa è tutta da verificare. Il suo eventuale ritorno non andrebbe a coprire la casella che lascerà vuota Mattia Binotto, ma interpreterebbe un ruolo più tecnico, lasciando vuoto il ruolo di Team Principal. Per il quale, al momento, c’è solo e sempre il nome di Frederic Vasseur, anche se pare che – almeno in una prima fase – sia stato lui a proporsi piuttosto che la Ferrari a cercarlo. Altri nomi sono stati considerati, tutti teoricamente possibili, ma (da quel che pare di intuire) nessuno disponibile: dal tedesco Andreas Seidl (oggi McLaren) all’austriaco Franz Tost (da una vita in Italia, alla Toro Rosso che oggi si chiama AlphaTauri). Ma siccome, alla fine, la fila di persone che si candida non c’è, può farcela Vasseur. Sempre che – e questo, piaccia o non piaccia è un tema che a Maranello dovranno affrontare – si trovi il modo di mettere intorno a un tavolo lo stesso Vasseur e Nicolas Todt, manager di Charles Leclerc, visto che la rottura tra i due non c’è stata una rottura burrascosa che non risulta sia stata mai sanata. E sarebbe molto difficile pensare di aprire una nuova pagina di storia iniziando con una macchia sulla pagina bianca.
I piloti? Occhio a Mercedes e Audi
E i piloti, in tutto questo? Situazione fluida. Binotto e Leclerc un tempo erano strettamente legati, il team principal dimissionario aveva seguito la crescita del monegasco passo a passo. Ma oggi tra i due la sintonia non c’è più. Leclerc vuole un ruolo di prima guida che oggi non ha (e che difficilmente potrà avere, perché i contratti scritti non si possono certo cambiare dall’oggi al domani), spera di avere un’auto vincente, ma intanto tiene sott’occhio cosa accade alla Mercedes (visto che Hamilton va per i 38 anni). Carlos Sainz, sempre ambizioso, sta alla finestra. Ma intanto il padre, legato all’Audi da tempo (anche quest’anno correrà la Dakar con la Casa degli Anelli), ha sondato la Casa tedesca per capire che intenzioni avrà nel 2026. La sensazione è che anche su questo fronte siano necessari chiarimenti.
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