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    F1, ufficiale: Mattia Binotto si è dimesso, lascia il team principal Ferrari

    ROMA – Mattia Binotto non è più il team principal della Ferrari. Mancava solo l’ufficialità, adesso è arrivata. A renderlo noto è la stessa casa di Maranello con un comunicato ufficiale nel quale si legge che la scuderia di Formula 1 ha “accettato le dimissioni di Mattia Binotto che il 31 dicembre lascerà il suo ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari”. Una decisione che era già nell’aria e che ora è diventata ufficiale. “Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari, e in particolare per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione. Grazie a questo, siamo in una posizione di forza per rinnovare il nostro impegno, in primo luogo per i nostri incredibili fan in tutto il mondo, per vincere il più importante trofeo nel motorsport. Tutti noi della Scuderia e nella più vasta comunità Ferrari auguriamo a Mattia tutto il meglio per il futuro”, le parole dell’Amministratore Delegato, Benedetto Vigna.
    Binotto dice addio
    Mattia Binotto, arrivato ufficialmente a capo della gestione corse Ferarri nel 2019, lascia così con il secondo posto conquistato nel mondiale costruttori. Una storia, quella del team principal con la scuderia italiana, iniziata tanto tempo fa, prima con la squadra test, quella stessa squadra che gettava le basi per costruire la Ferrari dominante degli anni 2000, poi in pista dal 1997 al 2003 come ingegnere motorista, artefice dei 5 mondiali di Schumacher e dei sei titoli Costruttori. Nel 2007 diventa capo ingegnere poi responsabile operazioni e due anni dopo sale a direttore motori dell’era Power Unit nel 2014, infine reponsabile operazioni tecniche e dal 27 luglio 2016 responsabile tecnico, sostituendo James Allison. Nel 2019 l’ultimo passo, il più importante, che lo elegge a team principal al posto di Maurizio Arrivabene con 82 Gran Premi corsi nel ruolo di team principal raccogliendo sette vittorie prima dell’addio ufficiale alla scuderia che lo ha cresciuto.

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    Binotto via dalla Ferrari: dimissioni ufficiali!

    ROMA – Mancava solo l’ufficialità, adesso è arrivata: Mattia Binotto non è più il team principal della Ferrari. Lo ha reso noto la stessa casa di Maranello con un comunicato ufficiale nel quale si legge che la scuderia di Formula 1 ha “accettato le dimissioni di Mattia Binotto che il 31 dicembre lascerà il suo ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari”. Una decisione che era già nell’aria e che ora è diventata ufficiale. “Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari, e in particolare per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione. Grazie a questo, siamo in una posizione di forza per rinnovare il nostro impegno, in primo luogo per i nostri incredibili fan in tutto il mondo, per vincere il più importante trofeo nel motorsport. Tutti noi della Scuderia e nella più vasta comunità Ferrari auguriamo a Mattia tutto il meglio per il futuro”, le parole dell’Amministratore Delegato, Benedetto Vigna.
    La storia di Binotto in Ferrari
    Mattia Binotto, arrivato ufficialmente a capo della gestione corse Ferarri nel 2019, lascia così con il secondo posto conquistato nel mondiale costruttori. Una storia, quella del team principal con la scuderia italiana, iniziata tanto tempo fa, prima con la squadra test, quella stessa squadra che gettava le basi per costruire la Ferrari dominante degli anni 2000, poi in pista dal 1997 al 2003 come ingegnere motorista, artefice dei 5 mondiali di Schumacher e dei sei titoli Costruttori. Nel 2007 diventa capo ingegnere poi responsabile operazioni e due anni dopo sale a direttore motori dell’era Power Unit nel 2014, infine reponsabile operazioni tecniche e dal 27 luglio 2016 responsabile tecnico, sostituendo James Allison. Nel 2019 l’ultimo passo, il più importante, che lo elegge a team principal al posto di Maurizio Arrivabene con 82 Gran Premi corsi nel ruolo di team principal raccogliendo sette vittorie.

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    Binotto e l’addio alla Ferrari: “Azienda che amo, ma passo da compiere”

    ROMA – Mattia Binotto non è più il team principal della Ferrari. L’ingegnere italiano lascia così la scuderia di Maranello con all’attivo sette vittorie in 82 Gran Premi e il secondo posto nel campionato costruttori della stagione 2022. “Con il dispiacere che ciò comporta, ho deciso di concludere la mia collaborazione con Ferrari. Lascio un’azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro”, le sue parole affidate a un comunicato stampa diffuso dalla stessa casa italiana.
    Binotto dice addio alla Rossa
    Un addio, quello di Binotto, che era già nell’aria ma che ora è ufficiale. “Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile. Ringrazio tutte le persone della Gestione Sportiva che hanno condiviso con me questo percorso, fatto di difficoltà ma anche di grandi soddisfazioni”, il saluto di Binotto che dal 31 dicembre lascerà il ruolo di team principal Ferrari.
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    John Elkann, le mosse per il bene della Juventus e della Ferrari

    TORINO – (e.e.) La palla è passata a John Elkann. L’azionista di riferimento ha deciso, dopo un piano concordato in Famiglia. Risultato? Ecco la svolta in Ferrari e alla Juventus. Vincere conta in rosso e in bianconero. Anche avere una certa immagine. Si gioca di squadra e la squadra va rafforzata, di qua e di là, perché gli avversari aumentano e in questo momento sono al di là del campo di gioco e anche della pista.
    Juve, sotto con i tecnici. Muretto rosso da assegnare
    Così, Cda azzerato alla Juventus, con le dimissioni del presidente Andrea Agnelli e di tutti i membri. Fine di un’epoca a tratti gloriosa, che senza dubbi passerà alla storia con i 9 scudetti vinti consecutivamente e le due finali di Champions (perse sì, è questo il rammarico sottolineato da Andrea). Ora c’è il taglio netto, governo tecnico alla Juventus per parare gli attacchi (su più fronti) e ripartire per essere all’altezza del nome. Governo esperto in arrivo anche alla Ferrari per raccogliere finalmente quanto seminato e spesso depauperato da input errati. Via Mattia Binotto e ancora muretto senza padrone, anche se resta Frederic Vasseur il canidadato forte, ma non unico.
    Lapo mai tenero, ma super tifoso di Juve e Ferrari
    La Famiglia ha deciso, come si è visto. E ha scelto una linea precisa, concordata per il bene del club, innanzitutto. All’interno, in questi mesi, alcune avvisaglie di malumore c’erano state. I tweet di Lapo Elkann, innanzitutto. Fuori dai giochi, il fratello di John è più libero di veicolare il tifoso-pensiero. Mai tenero con Max Allegri dopo gli scivoloni in campionato e in Champions, però pronto a dare l’appoggio per la riscossa e la risalita in classifica in Serie A. E mai tenero, Lapo, con gli errori del box di Maranello: Leclerc e Sainz, i piloti, invece sempre sostenuti. Da qui il messaggio finale in vista della prossima stagione: «Il nostro posto deve essere quello di essere primi, ma ci arriveremo. Grazie Ferrari, Charles e Carlos e tutti i meccanici. Il nostro sogno per l’anno prossimo è di arrivare primi». Chiaro.
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    F1, Caso Binotto: il Direttore della Gazzetta replica ad Alesi, bollandolo come “perdente”

    “Uno dei piloti meno vincenti della Formula 1”. Sono queste le parole di Stefano Barigelli, Direttore Responsabile del quotidiano ‘La Gazzetta della Sport” che, nel suo editoriale di oggi ha usato per replicare alle dichiarazioni di qualche giorno fa di Jean Alesi.Jean AlesiL’ex pilota francese della Ferrari, in occasione dell’ultimo appuntamento del mondiale F1 2022 ad Abu Dhabi, aveva testualmente definito come “una palla” le prime indiscrezioni della Gazzetta che anticipavano il divorzio tra Mattia Binotto e la Scuderia di Maranello.“Allora non era una palla – si legge nell’editoriale di oggi di Barigelli -. La fine della stagione di Binotto alla Ferrari anticipata dalla Gazzetta è stata bollata proprio così, una palla, da Jean Alesi. La frase, di per sé insignificante considerato che l’ha pronunciata uno dei piloti meno vincenti della Formula 1, assume in realtà una sua importanza. La Ferrari è il marchio sportivo italiano più conosciuto al mondo, ha una storia gloriosa anche se il presente è complicato. Ma nei motori e in una storia così lunga, le difficoltà ci possono stare. Ci sta meno la corte dei miracoli che in questi anni, ma per la verità anche in passato, ha supportato il team di Maranello spesso più danneggiandolo che aiutandolo”.
    Il Direttore della Gazzetta, chiaramente infastidito da quanto aveva dichiarato Alesi, ha anche poi aggiunto: “D’altronde se ti affidi a piloti che hanno passato in pista più tempo a perdere che a vincere, a professionisti della comunicazione che nel curriculum vantano più licenziamenti che promozioni, non ci si può meravigliare se il risultato di tanti encomiabili sforzi sia il contrario di quello sperato”.

    L’editoriale di Barigelli si conclude citando una frase di Enzo Ferrari: «Non mi imbarazzano le domande dei giornalisti, ma quelle che faccio a me stesso».
    Leggi l’editoriale completo su Gazzetta.it LEGGI TUTTO

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    I veri motivi del divorzio tra la Scuderia Ferrari e Mattia Binotto

    La “caduta in disgrazia” di Binotto è da ricercarsi nei demeriti sportivi? E’ da ricondursi alle quattro stagioni da Team Principal dove la Ferrari ha vinto solo sette gare, la metà di Maurizio Arrivabene che lo aveva preceduto?Stando ad Alberto Antonini, no: i risultati sportivi non servono, da soli, a spiegare il divorzio tra l’ingegnere di Losanna e la Scuderia di Maranello.

    L’ex responsabile dell’ufficio stampa della Ferrari in Formula 1, in un recente articolo su FormulaPassion, ha ricordato come “a chi, memore dei bei tempi andati, gli faceva notare davanti a una pizza quanto fosse utopistico rivestire contemporaneamente il ruolo di Jean Todt e Ross Brawn, rispondeva laconico che non aveva scelta, perché ‘non posso fidarmi di nessuno’”.
    Antonini ricorda poi un episodio curioso che ha visto coinvolto lo stesso Binotto, subito dopo la sua promozione a Team Principal. Seconda la ex firma di Autosprint, questo aneddoto spiegherebbe, nella sua apparente irrilevanza, perché siamo arrivati alla situazione attuale.
    “È sabato – racconta Antonini -, e le sale della GeS non sono piene come al solito di attività. Il neo team principal discute animatamente con un gruppo di tecnici. Non sono motoristi. Non sono aerodinamici. Non sono telaisti. Sono idraulici, sono gli operai venuti a riparare i bagni di Maranello. E MB (come lo chiamano tutti, ormai, sul lavoro e anche fuori) li sta catechizzando sull’uso dei sifoni e il montaggio dei rubinetti”.
    E dopo i fatti, il commento, sempre di Antonini: “Ora, è comprensibile che un dirigente di squadra ci tenga alla struttura in cui lavora, tanto più che quell’edificio rosso e nero ha contribuito a disegnarlo (anzi, i maligni dicono che sia l’unica cosa che ha progettato in vita sua). Però si suppone che, arrivato al vertice, il capo della Ferrari F1 abbia altre cose a cui pensare. E invece questo episodio, quasi anedottico nella sua apparente irrilevanza, è l’icona di un atteggiamento che ha portato all’attuale situazione”.

    Il racconto, forse un po’ “romanzato” di questo episodio, serve all’ex addetto stampa Ferrari per arrivare ad affermare che “a tradire Binotto è stato soprattutto Mattia“. E questo perché dal momento in cui Binotto ha occupato quel ruolo, la Ferrari non ha più avuto un vero direttore tecnico. La direzione del team, quella dell’ufficio tecnico ma anche la comunicazione, erano tutte nelle sue mani.
    “Ma oggi – aggiunge Antonini -, nel giudizio (quello esterno, almeno) pesano soprattutto le indecisioni del muretto, l’incapacità di portare a casa il mondiale con una monoposto uscita vincente dalla matita del gruppo di lavoro. Se mi permettete, ho un punto di vista un po’ trasversale. Il male della Ferrari non è uscire con le gomme da bagnato sulla pista asciutta. Quello, col tempo, si può mettere a posto. Il male della Ferrari è sbagliare le gomme e poi, in debriefing e nelle interviste, avere qualcuno che sostiene che in fondo non era la decisione sbagliata. Mettere a posto quello è un po’ più difficile”.
    Infine, il giornalista di FormulaPassion, chiude il suo articolo con un commento su quello che viene indicato da (quasi) tutti come l’uomo che prenderà il posto di Binotto: “Puntare su Fred Vasseur – al termine di una serie incredibile di rifiuti [ LEGGI QUI ] – è una scelta in apparenza strana. Un uomo vicino a Tavares e al gruppo Stellantis, che rafforza l’impressione di una Ferrari controllata da una dirigenza più francese che italiana. Ma anche un uomo dalle abitudini lavorative ben diverse da quelle di un Todt o di un Binotto, disposto anche a dormire in azienda, mentre Vasseur in Svizzera divideva il suo impegno F1 con le tante attività esterne, dalle categorie minori alla Formula E. Soprattutto, però, mi chiedo che succederebbe, a livello di immagine, se il Milan, la Juve, il Napoli o l’Inter restassero senza allenatore e si rivolgessero – senza offesa! – a quelli di Cremonese e Sampdoria”. LEGGI TUTTO

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    Ferrari, i rischi e le opzioni per il 2023

    TORINO – Sono ore di intenso travaglio, quelle che si vivono a Maranello. Le dimissioni di Mattia Binotto sono diventate note urbi et orbi nei giorni scorsi, ma non sono un fulmine a ciel sereno: da dopo Abu Dhabi il Team Principal e la Ferrari stavano trattando l’uscita. Questione di dettagli. Del resto, Mattia Binotto non sentiva più la fiducia da parte dei vertici aziendali e la sua decisione di dire basta è stata una logica conseguenza. Non è stato licenziato, questo deve essere detto a onor del vero, caso mai la Ferrari avrebbe voluto aspettare almeno le prime gare del 2023 e decidere dopo aver valutato il valore dell’auto, del progetto e quindi la fondatezza delle ambizioni per il Mondiale futuro. Binotto ha detto no a questa strada. La Ferrari non sembra prontissima, tanto che prende corpo di un interim da parte dell’amministratore delegato, Benedetto Vigna, manager che non si è mai occupato di corse. Ma è ovvio che a Maranello il lavoro prosegue ugualmente, in fondo il progetto della futura monoposto è già ultimato.
    Ruolo tecnico e ruolo manageriale
    Tra le tante voci che si susseguono in queste ore c’è anche quella che vorrebbe un ritorno di Simone Resta, senior designer al tempo di Sergio Marchionne, che negli ultimi anni ha lavorato nelle scuderie satellite (prima la Sauber Alfa Romeo, poi la Haas). Ma anche questa è tutta da verificare. Il suo eventuale ritorno non andrebbe a coprire la casella che lascerà vuota Mattia Binotto, ma interpreterebbe un ruolo più tecnico, lasciando vuoto il ruolo di Team Principal. Per il quale, al momento, c’è solo e sempre il nome di Frederic Vasseur, anche se pare che – almeno in una prima fase – sia stato lui a proporsi piuttosto che la Ferrari a cercarlo. Altri nomi sono stati considerati, tutti teoricamente possibili, ma (da quel che pare di intuire) nessuno disponibile: dal tedesco Andreas Seidl (oggi McLaren) all’austriaco Franz Tost (da una vita in Italia, alla Toro Rosso che oggi si chiama AlphaTauri). Ma siccome, alla fine, la fila di persone che si candida non c’è, può farcela Vasseur. Sempre che – e questo, piaccia o non piaccia è un tema che a Maranello dovranno affrontare – si trovi il modo di mettere intorno a un tavolo lo stesso Vasseur e Nicolas Todt, manager di Charles Leclerc, visto che la rottura tra i due non c’è stata una rottura burrascosa che non risulta sia stata mai sanata. E sarebbe molto difficile pensare di aprire una nuova pagina di storia iniziando con una macchia sulla pagina bianca.
    I piloti? Occhio a Mercedes e Audi
    E i piloti, in tutto questo? Situazione fluida. Binotto e Leclerc un tempo erano strettamente legati, il team principal dimissionario aveva seguito la crescita del monegasco passo a passo. Ma oggi tra i due la sintonia non c’è più. Leclerc vuole un ruolo di prima guida che oggi non ha (e che difficilmente potrà avere, perché i contratti scritti non si possono certo cambiare dall’oggi al domani), spera di avere un’auto vincente, ma intanto tiene sott’occhio cosa accade alla Mercedes (visto che Hamilton va per i 38 anni). Carlos Sainz, sempre ambizioso, sta alla finestra. Ma intanto il padre, legato all’Audi da tempo (anche quest’anno correrà la Dakar con la Casa degli Anelli), ha sondato la Casa tedesca per capire che intenzioni avrà nel 2026. La sensazione è che anche su questo fronte siano necessari chiarimenti.

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    Binotto-Ferrari, da Elkann a Leclerc: tutti i motivi dell’addio

    Dopo la vittoria di Charles Leclerc in Australia (terza gara della stagione, secondo centro del ferrarista dopo il successo nella prova inaugurale in Bahrain) nessuno avrebbe pensato – o forse nemmeno avrebbe potuto pensare – che a fine stagione si scatenasse l’inferno a Maranello. Né che Mattia Binotto, l’uomo che – pur con varie difficoltà – aveva traghettato la Ferrari dalle secche del post-Vettel sino al secondo posto del Mondiale, si sedesse alla scrivania per scrivere la lettera di dimissioni. Invece è accaduto. La stagione è proseguita sino a metà estate con una appassionante testa a testa tra il pilota monegasco e Max Verstappen, ma alla fine il pilota olandese e la Red Bull sono riusciti a prevalere senza se e senza ma. Il che ha dato la stura ai malumori.

    Le dimissioni una strada obbligata

    Leclerc deluso

    Attenzione: non si parla di qualche mal di pancia serpeggiante dentro alla Ferrari (ci lavorano centinaia di persone, è naturale che qualcuno non sia contento), ma del senso di delusione che si è impadronito di Charles Leclerc. Deluso, il monegasco, per non avere avuto un’auto competitiva lungo tutto il campionato e deluso soprattutto del fatto di non essere mai riuscito a ottenere lo status di prima guida. Non nel contratto (normale, non c’è mai una clausola di questo tipo), ma nemmeno in pista. A parte questo, ha pesato una certa distanza – più o meno reale, comunque percepita come tale da Binotto – da parte dei vertici aziendali, a cominciare dal presidente John Elkann. Quando quest’insieme di voci, illazioni e pettegolezzi è sfociato in una tempesta mediatica che s’è abbattuta tra il GP del Brasile e quello di Abu Dhabi, la Ferrari se l’è cavata con la smentita formale di qualsiasi ipotesi di siluramento di Binotto. Il minimo sindacale, diciamo.

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