Borsoi, la convinzione comune è che la ricostruzione di Bagnaia sia iniziata con Aspar.
«Lo stesso Pecco me l’ha confermato, e il fatto che lo pensi anche la gente fa ulteriormente piacere. Il 2014 fu difficile per lui, non riuscì a dimostrare la sua grande velocità. In quel periodo iniziammo a parlare, giorno dopo giorno i discorsi si intensificarono, in particolare in Australia. Pecco era amareggiato e io volevo aiutare questo diciassettenne che per l’anno successivo rischiava di rimanere senza sella».
Perché credeva in Bagnaia?
«Mi ricordavo le sue gare nel campionato spagnolo, e in particolare la sua tenacia e le sue staccate: quegli elementi mi convinsero a cercare di inserirlo nel team, che aveva però già scelto entrambi i piloti per la stagione 2015. Convinsi prima Jorge Martinez (team principal, ndr) e poi, con il suo aiuto, la Mahindra: realizzare tre moto non era facile ma ci riuscimmo. Fu l’inizio della storia».
Cosa ha fatto la differenza nella sua maturazione?
«L’ambiente e la sua voglia di ripagare un team senza il quale, probabilmente, sarebbe rimasto fuori dal Mondiale. Vide l’opportunità di dimostrare il suo valore, non lamentandosi di fronte alle difficoltà della moto: noi stessi eravamo consapevoli di non avere il miglior mezzo, ma nessuno si tirò indietro. E nel 2016, se avesse avuto una moto migliore, Pecco avrebbe lottato per il titolo».
Come racconta l’evoluzione di Bagnaia?
«All’inizio era un po’ timoroso, anche se era convinto di poter sfruttare al massimo il potenziale della Mahindra. Nel secondo anno è emerso il suo carattere: non è mai stato un pilota difficile da gestire, nemmeno nei momenti di nervosismo, perché Pecco viene da una famiglia eccezionale, che ha sempre compreso cosa fare e cosa evitare. Mi fa molto piacere che il papà di Pecco, Pietro, passi a salutarci ogni volta che viene alle gare. Sono piccole cose che ti permettono di capire la bontà di una famiglia».
Qual è la forza di Bagnaia a livello tecnico?
«Penso sia il miglior pilota in frenata che abbiamo avuto. Anche Sergio Garcia, oggi secondo in Moto3, è un ottimo staccatore, ma Pecco oltre a staccare forte riusciva ad avere una grande velocità di percorrenza della curva. Se un pilota frena forte, il 90% del lavoro è fatto».
In cosa è migliorato anno dopo anno?
«In Moto2 ha dimostrato il suo valore, specialmente nell’anno del titolo. In MotoGP ha faticato all’inizio: lì c’è stato un riavvicinamento tra noi, lui mi ha spiegato le sue difficoltà. Ho cercato di ricordargli gli anni insieme e di come riuscisse a sfruttare una moto difficile come la Mahindra. In quel momento penso abbia compreso quanto il pilota possa fare la differenza, ed è uscito nuovamente il vero Pecco, che ha sempre ascoltato i consigli».
È stupito di vederlo così vicino al titolo?
«No, perché merita di vincere il Mondiale. Ma per il futuro deve imparare che quando non è possibile vincere deve raccogliere il massimo: spesso quest’anno non ha avuto mezze misure, o il podio o la caduta. Ma merita di coronare nel modo migliore la sua favolosa stagione».
Nel 2023 lo affronterà da avversario-alleato con Pramac.
«Sono contento di entrare in un team come Pramac, dove potrò lavorare con Johann Zarco e Jorge Martin, che per talento è molto simile a Pecco. Con Bagnaia il rapporto non cambierà».
Il suo titolo, in questo 2022, Borsoi lo ha già vinto.
«In una delle stagioni più brillanti del Team Aspar, paragonabile soltanto ai migliori anni in 125. Come il 2006, quando vincemmo con Bautista, che era rimasto senza una sella. E anche lui sta per trionfare con una Ducati…». LEGGI TUTTO