È entrato nella stessa frase di Giacomo Agostini, Valentino Rossi e Casey Stoner, il desiderio è fare altrettanto con Mick Doohan – ultimo campione della classe regina “indossando” il numero 1 – ma alla vigilia del Mondiale 2023 Pecco Bagnaia si accosta ad altri giganti dello sport. Come Christian Eriksen, Tiger Woods, Klay Thompson, Annemiek Van Vleuten e Jakob Ingebrigtsen. La nomination per i Laureus World Sports Awards – categoria “comeback of the year” (lett. ritorno dell’anno) – pone il campione in carica della MotoGP in quella che lui stesso definisce una «lista degna di un Oscar. Per me è un grande onore». Il concetto di ritorno è ampio, se è vero che passa dal dramma a lieto fine di Eriksen – tornato in campo dopo essere tornato a vivere – al calvario di Woods e di quel Thompson che Pecco, da grande appassionato di basket (NBA, ma ora è spesso a vedere la serie A a Pesaro), ha seguito da vicino. Il suo, di ritorno, il torinese l’ha compiuto nella classifica della MotoGP, lasciando gli inferi del -91 da Fabio Quartararo per laurearsi campione della classe regina con la Ducati. Un titolo che il 26enne difenderà da domani, con le prime prove libere del GP del Portogallo, il primo di una MotoGP carica di novità. Tra queste, però, non sembra esserci il trend in vetta alla classe regina, poiché Bagnaia e la Ducati arrivano al Mondiale dopo l’entusiasmante passo mostrato nei test, tale da terrorizzare la concorrenza. Nuova Ducati, nuovo numero, è anche un nuovo Pecco quello che si appresta a vivere il primo GP con la corona in testa? «Nella vita di tutti i giorni non è cambiato granché, faccio le stesse cose. A livello sportivo è cambiata la consapevolezza: sotto quell’aspetto, sì, lo scenario è differente». Attenzione a dire che nella vita di tutti i giorni non è cambiato granché, altrimenti la sua fidanzata si arrabbia… «Sì, è vero, pochi mesi fa io e Domizia abbiamo annunciato il matrimonio». Aveva lasciato la data in sospeso. «Ora ce l’abbiamo: luglio 2024». Scherzando, c’è il rischio che senza il numero 1 sul cupolino salti tutto? «No (sorride), però farò di tutto per avere quel numero anche nel 2024». Quanto cambia lo scenario ora che ha “scoperto” la strada che porta sul tetto della MotoGP? «Le cose sono differenti, in effetti, anche perché il titolo è arrivato dopo un campionato veramente tosto. Un anno fa, arrivammo al primo GP partendo da una situazione critica, eravamo preoccupati per le prestazioni della moto. E infatti impiegammo alcune gare per approdare alla situazione voluta. Oggi, la vigilia è all’opposto, non c’è paragone, e questo anche per merito della GP23, che si è subito mostrata perfetta per il mio stile di guida».
La GP23 ha già superato la GP22 del titolo? «Per certi aspetti mi piace di più rispetto alla moto dello scorso anno. Ci sono tutti i presupposti per iniziare bene: a Portimão riesco a essere sempre veloce». Come dieci giorni fa nei test: alla concorrenza ha lanciato un messaggio forte. «Ho conosciuto la nuova versione della Ducati in Malesia, a inizio febbraio. Sulle prime non è stato tutto semplice, ma nel corso dei tre giorni di Sepang il miglioramento è stato enorme. Al punto che nei due giorni a Portimão ho potuto spingere dall’inizio alla fine, come accade raramente nei test. È stata una sessione perfetta e ora, con il grosso del lavoro già svolto, posso davvero concentrarmi sui dettagli per la gara. Anzi, le gare». La Sprint del sabato pomeriggio raddoppia le partenze e lo stress: qual è il suo giudizio? «La Sprint è il più grande cambiamento mai conosciuto nella mia esperienza nel Mondiale. Sono curioso di vedere come sarà, perché in gara non sempre puoi spingere dall’inizio alla fine, qui invece con pochi giri potresti farlo. Io di solito sono bravo in partenza e veloce nei primi giri…». Ventuno GP e 42 partenze stagionali: è troppo? «Anche qui, vorrei prima provare per giudicare. Penso sia complicato soprattutto a livello mentale, perché fisicamente siamo tutti preparati per uno sforzo del genere. Credo sarà difficile mantenere alta la concentrazione per così tanto tempo, soprattutto in una seconda parte di stagione che non concederà tempo per tirare il fiato».
Si ricorda l’ultimo vincitore della classe regina con il numero 1? «In MotoGP si sono ripetuti solo Valentino e Marc Marquez, ma non hanno mai usato quel numero… Riflettendo direi Mick Doohan, giusto?».
Esatto, nel 1998. Un lungo digiuno, però lei ha interrotto un sortilegio di 50 anni per un campione italiano su moto italiana. «Vincere è difficile, ripetersi lo è anche di più. Ma chi si ripete resta nella storia: più che un peso, il numero 1 è un grande stimolo». Quali consigli le ha dato il suo mentore Rossi? «Mi ha detto di rimanere tranquillo e continuare a fare ciò che ho fatto. Voglio concentrarmi su me stesso, e lavorare sulle lacune».
In passato i giudizi via social le davano fastidio, ora come reagisce di fronte a chi dice che vince grazie alla Ducati? «Ho capito che non si può piacere a tutti. Valeva persino per Rossi e Marquez: qualcuno diceva che vincevano grazie alla Honda. Ci sarà sempre un 10% di detrattori, non puoi farci niente. Credo di aver imparato a dare il peso giusto: conta vincere, perché nella storia restano i titoli e, con tutto il rispetto, non i commenti». E poi le Ducati in griglia sono otto, con la condivisione della telemetria. «A volte è buono per me, in altri casi mi rende le cose più difficili. Magari il sabato sono più veloce degli altri, poi in gara mi ritrovo con più di un parimarca con un gran passo. Però certe volte ero io a essere in difficoltà, e sono stato aiutato dalla condivisione dei dati, che è una forza della Ducati. È una sfida in più per me, essere primo tra i ducatisti è già un obiettivo importante”. Quest’anno nel box c’è un compagno diverso, più arrembante, e connazionale… «Io ed Enea Bastianini ci sfidiamo dal 2006, è uno dei più grandi talenti contro cui ho corso, è stato velocissimo in ogni categoria. Ora siamo compagni di team, finora abbiamo collaborato bene, poi è chiaro che con l’inizio delle gare le cose possono un po’ cambiare, poiché entrambi vogliamo vincere. L’importante è che l’atmosfera nel box rimanga così: battagliare in pista con rispetto è possibile». Lei è ufficiale Ducati da due anni, per Bastianini è la prima esperienza: si sente in vantaggio a livello di esperienza? «Credo che Enea farà presto ad acquisire il metodo richiesto. Il salto dal team satellite a quello ufficiale lo senti, perché capisci che il tuo lavoro cambia le sorti di una moto, nel bene o nel male. Secondo me nei test ha lavorato bene, facendo ciò che doveva, e me l’aspetto subito davanti». Enea è il primo rivale nella corsa al titolo? «Indico anche Fabio Quartararo e Marc Marquez, è inevitabile. I test, magari, hanno esaltato la Ducati ma in inverno non sai mai cosa fanno gli altri, e poi anch’io l’anno scorso ero indietro all’inizio, poi sono diventato campione. Ma la lista dei piloti competitivi è lunga: i quattro portacolori Aprilia, Jorge Martin, la coppia Ducati-Mooney VR46». Oggi è in nomination per il miglior ritorno: a quando la nomination per il premio Laureus “assoluto”? “Devo vincere qualche altro campionato. Per ora, sono felice di essere nella lista dei nominati per quello che è un vero e proprio Oscar. È buono per me e per il motociclismo, che cerca audience ora che Rossi non corre più. Valentino si è aggiudicato il Laureus, ci provo anch’io: del resto l’ho già imitato vincendo la MotoGP…”. LEGGI TUTTO